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Recensioni cinema e film | Persinsala.it Michele Parrinello
27 ottobre 2016
The Accountant non mantiene le promesse e ristagna in un
limbo di noia e sorrisi stiracchiati. Squilibrato e poco rigoroso,
gode della discreta prestazione dei due attori principali ma si
perde in un labirinto di inutile complessità e sovrabbondanti
sottotrame.
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Christian Wolff lavora come contabile in uno studio di ragioneria nella
periferia di Chicago.
Soffre di una forma poco spiccata di autismo che lo porta a isolarsi dalle
altre persone ma che lo rende un genio nel suo campo. Un talento che gli
ha permesso di lavorare al soldo degli uomini più ricchi del mondo, fossero
essi magnati di grandi multinazionali, trafficanti d’armi o rappresentanti
dei cartelli della droga sudamericani.
Durante l’analisi dei conti di un’azienda di robotica conosce la contabile
Dana Cummings, ma le sue scoperte finiscono per mettere in pericolo la
vita di entrambi.
Christian si ritrova quindi a dover fuggire dai suoi aguzzini, proteggere
Dana e guardarsi le spalle anche da una approfondita indagine federale
nei suoi confronti.
L’avvio di The Accountant sarebbe, sebbene non sbalorditivo, almeno
promettente. Disegna un protagonista dai tratti riconoscibili, dalla
personalità marcata e dalla giusta presenza fisica, gli aggancia una storia
segnata da un’infanzia che, seppur non brillante per originalità, è
funzionale alla vicenda raccontata, e gli costruisce intorno il giusto alone
di mistero. Il compassato avanzare della trama, un intreccio
esageratamente complesso e la diluizione della tensione finiscono per far
impantanare la pellicola nelle sabbie mobili dell’anonimato.
Spezzato in due tronconi che sembrerebbero dover collimare all’apice
della tensione narrativa e al fiorire del tanto atteso colpo di scena
conclusivo, le due anime del film rimangono invece sostanzialmente
separate da una spessa coltre di impenetrabilità che non permette al
risultato finale di godere di una chiave di volta che fornisca tutte le
risposte agli indizi seminati. La narrazione infatti concede troppo spazio a
un’indagine poliziesca che ha come unico meta-obiettivo quello di svelare,
procedendo per deduzioni dalla logica discutibile e desunzioni dalle forte
componenti randomiche, il modus operandi di Christian Wolff e la sua
collaborazione con le forze di polizia attraverso indizi fatti trapelare ad
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uopo. Una rincorsa che avrebbe potuto avere tutte le caratteristiche di un
inseguimento spietato, con tanto di dilemma morale per il bene superiore,
ma che si perde in una sterile caccia all’uomo.
Poche note positive emergono dal mare di mediocrità: Ben Affleck ha il
giusto physique du role e rende bene l’apparente differenza, l’umorismo
involontario e la brutalità del protagonista, e Jon Bernthal non sfigura nel
ruolo di cacciatore di taglie. Un J.K.Simmons così sprecato invece
urlerebbe vendetta.
Gavin O’Connor, non nuovo a prestazioni altalenanti, dirige con mestiere
ma senza guizzi, stiracchiando la trama in più di due ore, privandola di
sobbalzi e incrinandone la compattezza nella sua ricerca della quadratura
del cerchio, finendo per fornire una chiave di lettura sociale e pseudo
medica che mal si adatta al registro delle premesse.
The Accountant non fallisce perché disegna la figura di un contabile che
sembra più John Rambo che Oscar Wallace. È semplicemente un film
d’azione che dovrebbe far staccare la spina e che invece, a parte qualche
timido raggio di luce, è immerso in un tristissimo grigiore.
Titolo originale: The Accountant
Nazionalità: Stati Uniti d’America
Anno: 2016
Genere: Azione
Durata: 127′
Regia: Gavin O’Connor
Interpreti: Ben Affleck, Anna Kendrick, J.K.Simmons, Jon Bernthal,
Jeffrey Tambor, John Lithgow
Sceneggiatura: Bill Dubuque
Produzione: Mark Williams, Electric City Entertainment, Zero
Gravity Management
Distribuzione: Warner Bros Pictures
Fotografia: Seamus McGarvey
Musiche: Mark Isham
Montaggio: Richard Pearson
Nelle sale italiane da giorno 27 Ottobre 2016
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