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Recensioni cinema e film | Persinsala.it
Edoardo
Ribaldone
19 ottobre 2016
Un dramma d’argomento sociale che costruisce un protagonista
intenso e vibrante, capace di sopportare il peso della necessità
senza abdicare alla propria dignità e umanità. Privo di virtuosismi
di regia, il film procede diritto senza perdersi in parentesi
melodrammatiche.
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A Newcastle, l’operaio di mezz’età Daniel Blake non può lavorare perché
reduce da un infarto. Schiacciato sotto il peso di una burocrazia
elefantiaca, il protagonista si trova costretto a vendere i mobili per
guadagnare quanto basta a sopravvivere. Nonostante le difficoltà, Daniel
aiuta una giovane madre con due figli a rendere abitabile l’appartamento
dove si è appena trasferita.
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Fin dai titoli di testa, il protagonista viene messo a confronto con uno stato
che attraverso le sue articolazioni, mira confinare il cittadino in condizione
di bisogno in una condizione d’inferiorità. Attraverso l’indifferenza e
l’arroganza dei dipendenti degli uffici pubblici, attraverso la lentezza e le
inefficienze della macchina pubblica, lo stato mira a far desistere i suoi
cittadini dalla richiesta di aiuti cui hanno diritto. Infatti, Daniel non riesce a
far comprendere ai suoi svogliati interlocutori seduti dietro alle loro
scrivanie che vorrebbe sì tornare al lavoro, ma semplicemente non può,
poiché il medico gliel’ha vietato, in quanto ancora sofferente per i postumi
di un infarto. Egli si trova dunque in un limbo, privo dell’assistenza che gli
spetta, abbandonato da uno stato che si disinteressa di lui e lo considera
un peso inutile. Alla sordità delle istituzioni cui si rivolge, egli oppone la
propria dignità e perseveranza, la forza derivante dalla convinzione e dalla
certezza di essere nel giusto. Anzi, è proprio Daniel a consolare e cercare
come può d’infondere fiducia e forza nella giovane Katie: aiuta lei e i suoi
figli a sistemarsi, si dimostra attento e disponibile e cerca come può di
rendersi utile. L’affetto dimostrato gli viene ricambiato nel finale, quando,
ormai ridottosi ad abitare in un appartamento senza più mobili, stanco e
privo d’energia, riceve la visita della piccola Daisy, la figlia di Katie, la
quale gli domanda, con disarmante semplicità: se tu hai aiutato noi,
perché ora noi non possiamo aiutare te? Così, sostenendosi l’un l’altro,
persone di genere e d’età diversa riescono a sopravvivere alla latitanza e
all’indifferenza dello stato. Accanto all’altruismo che può nascere fra
persone prive di similarità, il film mostra anche l’abbrutimento cui va
incontro chi non possiede più nulla, nemmeno il nutrimento necessario per
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non morire di fame, come mostra scena ambientata nella mensa per i
poveri dove Katie s’ingozza di sugo per da giorni digiuna. Contribuisce in
modo determinante alla riuscita del film l’interpretazione misurata e quasi
sottotono del protagonista, che immediatamente conquista la simpatia
dello spettatore, anche di chi solitamente non ama il cinema o più in
generale l’arte engagée. Impossibile non solidarizzare con lui, non
condividerne la sofferenza e il senso d’abbandono che sembrano averlo
definitivamente fiaccato nel finale. Ma quest’uomo comune riesce a
risollevarsi grazie a qualità come l’umana bontà e il rispetto di sé; perché,
come lui stesso dichiara, è solo un cittadino, niente di più e niente di
meno. Se, alla fine, l’unico modo che il protagonista ha per dimostrare di
essere malato è quello di morire, proprio morendo egli viene vendicato e
la sua morte non è stata vana, poiché ha insegnato a chi l’ha conosciuto i
valori che ne hanno informata l’esistenza. Con la sua vita e la sua morte, il
protagonista ha fatto conoscere le difficoltà che dove sopportare chi viene
abbandonato dallo stato e, insieme, ha testimoniato di come da quelle
difficoltà si possa uscire grazie a semplici qualità insite in ognuno, come il
rispetto di sé e degli altri e una sincera e spontanea vocazione al bene.
Titolo originale: I, Daniel Blake
Regia: Ken Loach
Soggetto e sceneggiatura: Paul Laverty
Fotografia: Robbie Ryan
Montaggio: Jonathan Morris
Musica: George Fenton
Scenografia: Fergus Clegg, Linda Wilson
Costumi: Joanne Slater
Interpreti: Dave Johns, Hayley Squires, Brianna Shann, Dylan
McKiernan, Kate Rutter, Sharon Percy, Kema Sikazwe
Prodotto da Rebecca O’Brien
Genere: drammatico
Durata: 100′
Origine: Gran Bretagna/Francia/Belgio
Anno: 2016
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