Addio botteghe storiche il commercio al dettaglio

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ENTRE quelle a conduzione
straniera sono cresciute del
36. E se — come insegna
l’ultimo caso del fast food pronto ad
aprire a Borgo Pio grazie al contratto di affitto con l’Amministrazione
del Patrimonio della Sede apostolica e il no dei commercianti e di 6 cardinali, tra cui Gianfranco Ravasi, a
cui è stato chiesto di pagare parte
della ristrutturazione del palazzo
in cui risiedono — la trattoria classica è sempre più rimpiazzata dalla
cucina mordi e fuggi (negli ultimi
dieci anni nel centro storico la ristorazione veloce è aumentata del
219%), il commercio al dettaglio è
ormai una prerogativa quasi esclusiva dell’imprenditoria straniera.
Tor Pignattara e Casilino, Pigneto e Tuscolana, piazza Bologna ed
Esquilino, ma anche Trastevere,
Borgo Pio, il centro storico e Prati:
secondo la Confesercenti almeno il
20% delle attività commerciali gestite da romani sono passate di mano negli ultimi anni, finendo nella
disponibilità di imprenditori principalmente africani e asiatici.
L’ultima fotografia sul fenomeno l’ha scattata quest’anno la Camera di Commercio di Roma, analizzando la composizione delle nuove imprese nate nel quarto trimestre del 2015. A fronte delle ormai
60mila società individuali a titolarità straniera, la comunità più numerosa proviene dal Bangladesh
(12.235 imprenditori), seguita da
quella cinese (3.333), egiziana
(3.051) e marocchina (3.036).
E se qualcuno volesse dare un numero alla capillarità dei minimarket e delle piccole rivendite al dettaglio, la risposta sarebbe semplice:
4.000 attività commerciali gestite
da cittadini bengalesi e circa 2.200
da cinesi.
Questo ha rivoluzionato il tipo di
offerta commerciale della Capitale,
dando al pubblico un servizio più
flessibile, aperto giorno e notte, sette giorni su sette, e in molti casi più
economico.
Sul fronte dell’occupazione il fenomeno si traduce in un esercito di
lavoratori con minore formazione,
ma vantaggiosi dal punto di vista
salariale. Nel report 2016 sull’economia laziale, la Banca d’Italia ha
calcolato che lo stipendio medio di
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uno straniero a Roma è inferiore
del 10% rispetto a quello di un italiano.
Un dato che racconta solo la faccia “pulita” del fenomeno. In una regione dove i richiedenti asilo hanno
raggiunto quota di 19mila unità
(una cifra raddoppiata in soli cinque anni), cresce una nuova classe
di giovani stranieri che vanno ad ingrossare le fila del lavoro nero o sottopagato, e forniscono manodopera a molti di questi esercizi commerciali.
Il pericolo che dietro l’esplosione
di una miriade di piccole realtà difficilmente controllabili, si nascondano fenomeni criminali, che vanno
dall’evasione fiscale al riciclaggio,
è reale. Il business è enorme e infatti la Banca d’Italia certifica che tra
il 2012 e il 2015 la comunità cinese
romana, quella economicamente
più attiva, ha spedito in patria 2,1
miliardi di euro sotto forma di rimesse. A suonare il campanello
d’allarme — alla fine del 2014 — è
stata la Guardia di Finanza che ha
scoperto un’organizzazione criminale capace di trasferire all’estero,
soprattutto in Cina, oltre un miliardo di euro, denari provenienti dalla
vendita di merci contraffatte, frodi
di mercato, evasione fiscale. Una
partita interamente giocata a Roma, con la complicità di una multinazionale britannica specializzata
nei trasferimenti di denaro e di sette agenzie di money transfer attive
sul territorio.
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ESSUNA slot machine. Stop alla vendi-
ta di alcolici di notte. Divieto di aperture di friggitorie, mini-market con
distributori automatici e esercizi commerciali che non rispettano, snaturano e cancellano il patrimonio della tradizione artigianale delle botteghe storiche della città.
Dopo anni di rimpalli di responsabilità e
il conseguente moltiplicarsi di rosticcerie,
negozi di souvenir e punti vendita di prodotti di bassa qualità, il I Municipio alza la
voce con la giunta Raggi perché adotti una
delibera simile a quella firmata dal sindaco
di Firenze per tutelare le vie attorno ai monumenti. Una norma invocata su3FQVCCMJ
DBnei giorni scorsi anche dal Coordinamento delle botteghe storiche (che riunisce circa 350 negozi) e che prevede, in base a
quanto stabilito dall’Unesco per i centri storici delle città d’arte, che sia istituita una
sorta di “zona rossa” in cui, per poter aprire, i negozi devono rispettare una serie di
regole. Un modo, insomma, per evitare l’estinzione di mercerie, sarti, liutai, orefici,
calzolai e artigiani di ogni tipo.
«Il Comune continua a ignorare i nostri
appelli, ma deve disciplinare il settore, vietando o sottoponendo a una specifica autorizzazione l’esercizio commerciale, individuando la tipologia di merce che può vendere e proibendo la nascita di attività che non
sono compatibili con le esigenze di tutela e
valorizzazione del patrimonio culturale e
che ledono la salute dei cittadini e la vivibilità dei rioni» ricorda Tatiana Campioni, assessore al Commercio del I Municipio.
Attualmente le nuove aperture di negozi e locali sono regolate dalla delibera comu-
nale numero 36 del 2010, ma si tratta di
norme facilmente aggirabili, come dimostra il caso del McDonald’s che sta per sorgere a Borgo Pio. «La legge dice che non possono aprire ristoranti internazionali in locali dove prima si facevano piatti della tradizione. Ma come si fa a stabilire, oggi, se un
panino fa parte o no della nostra cultura gastronomica?» si domanda Campioni. E così, tra cavilli e difficili interpretazioni normative, il centro storico è diventato una
mensa mordi e fuggi e un suk di chincagliere. Tutto ciò, però, potrebbe cambiare (in
tempi brevi) se l’area del I Municipio adottasse il regolamento di Firenze. Per farlo,
basta una nuova delibera di giunta e l’approvazione dell’assemblea capitolina.
Per accelerare i tempi, l’assessore Campioni nelle prossime settimane farà stilare
dalla commissione Commercio un testo
con le linee guida per il nuovo regolamento
del Campidoglio. «Bisogna fare un’inversione di marcia, la sindaca Virginia Raggi non
può continuare a ignorare il problema. Saremo al fianco dei cittadini in questa battaglia e la giunta 5Stelle dovrà approvare il
testo entro Natale».
Tra le regole previste, il divieto di vendita di alcolici, anche nei supermercati, nelle
fasce orarie notturne e l’obbligo per i titolari dei negozi, compresi quelli sfitti, di pulire ogni sera i marciapiedi. «Bar e tabaccherie non dovranno più avere all’interno slot
machine o apparecchi per il gioco d’azzardo — anticipa l’assessore del I Municipio —
e ci saranno norme chiare per la conservazione degli arredi all’interno delle botteghe storiche, che potranno godere di affitti
calmierati».
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