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“l’Internazionale
populista”. Nella Trumposfera in cui siamo inopinatamente piombati, l’imperativo
categorico risuona forte e chiaro. Dopo l’America, la minaccia
“aliena” incomberà sull’Italia,
dove l’ordalia referendaria su
Renzi apre la prospettiva che
prevalga “l’accozzaglia del no”.
ERMARE
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Merkel si candida
per la quarta volta. E si prepara a eguagliare Kohl.
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PARIGI
in controtendenza.
Sarkozy è stato eliminato
nelle primarie per l’Eliseo.
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E GRANDI crisi storiche im-
pongono al vero capo politico di prendere su di sé
delle responsabilità che prescindono dal proprio destino
personale.
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L FUTURO presidente dalla Re-
pubblica francese potrebbe
essere François Fillon, 62 anni, ex primo ministro ed esponente liberal-conservatore senza tracce populiste.
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paura: l’esplosione
di colori che investe quest’articolo non rappresenta una prova tipografica, bensì un
sensazionale esempio di foliage,
lo spettacolo offerto dalle foglie
degli alberi che cambiano livrea.
Divenuto un fenomeno di costume in Nord America, patria di
sterminate foreste di aceri, il turismo del foliage si è imposto anche
in Italia. Il termine inglese si riferisce alla trasformazione botanica
che si verifica tra l’equinozio d’autunno e l’estate di San Martino
(11 novembre). Davanti a questa
magnifica festa dello sguardo, resta però insistente un’eco funebre, dovuta al leggendario paragone fra gli uomini e le foglie.
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ON è da oggi che, non solo in Italia, si accentuano le spinte verso un
presidenzialismo di fatto. Verso una democrazia immediata, più-che-diretta, che rimpiazza ogni mediazione rappresentativa con i media. Ne
ho scritto altre volte in passato. E non solo io. Ma oggi, in Italia, questa tendenza si è accelerata.
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ARACK Obama diventerà
il capo dell’opposizione a
Donald Trump? L’ipotesi
sarebbe fanta-politica, in tempi
normali. Ma non viviamo in
tempi normali e anche la vittoria di Trump sembrava fanta-politica fino a pochi mesi fa.
In America la tradizione vuole
che un ex presidente si tenga
lontano dalla polemica politica:
lo fece George W. Bush, ritirandosi a vita privata. Bill Clinton
lo abbiamo visto un po’ di più,
ma perché tirava la volata alla
moglie. Bisogna risalire a Ted
Roosevelt per trovare il precedente di un leader che ha tentato di tornare sulla scena politica. Obama non ci pensava proprio, si stava preparando a dedicarsi a una Fondazione, a una
biblioteca presidenziale, a un libro di memorie, a una vita da
“filosofo” della politica. Ma ora
è lui stesso a indicare che potrebbe cambiare programma.
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PALERMO un professore è stato aggredi-
to dai genitori per aver punito un alunno che disturbava. Non si può pretendere di strapazzare la scuola e pensare che
questo non abbia conseguenze. Se gli insegnanti sono indicati come un problema da risolvere, uno sciame molesto da educare alla
devozione verso una scuola che deve essere
specchio acritico di una società che tutti dicono malata e però bisogna inseguire nel suo essere aggressiva e narcisista, ci vuole poi coraggio a cadere dalle nuvole quando questa
sfiducia viene agitata invece che proclamata.
ONO già 73, quest’anno, gli incidenti
fatali provocati dai selfie: cadute da palazzi e tralicci, arrotamenti sui binari
ferroviari, annegamenti, aggressioni di
animali e scosse elettriche.
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PARIGI. La Francia va in controtendenza. Il volto più populista
del centrodestra francese, Nicolas Sarkozy, è stato eliminato a
sorpresa nelle primarie per scegliere il candidato all’Eliseo.
L’ex presidente, 61 anni, che
aveva “trumpizzato” la sua campagna elettorale negli ultimi
giorni, non parteciperà al ballottaggio di domenica prossima.
L’eliminazione al primo turno
rappresenta per lui una clamorosa sconfitta. Gli elettori hanno
preferito due figure meno di rottura, più tradizionali, il moderato Alain Juppé e il conservatore
François Fillon, che si sfideranno tra una settimana per ottenere la nomination.
Il duello annunciato da settimane tra Juppé e Sarkozy dunque non ci sarà. Negli ultimi giorni, molti istituti avevano rilevato la spettacolare rimonta di Fillon, 63 anni, ma nessuno immaginava davvero che l’ex premier
che ha governato per cinque anni con Sarkozy sarebbe potuto
diventare il suo assassino politico, anche se la rivalità tra i due è
storica e acerrima.
È lui la vera novità di queste
primarie. L’outsider che nessuno si aspettava e che ha addirittura superato Juppé, il grande
favorito del voto di ieri, quasi
già incoronato leader e forse capo dello Stato.
E invece non è andata così. I
giochi si riaprono, le carte si mischiano. Ancora una volta i sondaggi sono stati smentiti. La partecipazione all’inedita consultazione per la scelta del leader del
centrodestra è stata molto più
alta delle previsioni: oltre 4 milioni di votanti, un record superiore anche a quelle organizzate
dal centrosinistra nel 2011 che
avevano registrato 2,7 milioni
di elettori. Segno che l’antipolitica non vince sempre. Il centrodestra francese non aveva mai organizzato una consultazione
aperta, esercizio democratico
difficile per gli eredi del gollismo.
Le primarie si sono trasformate in una sorta di referendum
pro o contro Sarkozy, almeno
per gli elettori centristi o addirittura di sinistra che hanno deciso
di partecipare alla consultazione pur di impedire all’ex presidente di ottenere la nomination. Secondo le stime hanno
partecipato al voto 63% di elettori del centrodestra, 15% della
sinistra, 8% del Front National e
14% senza partito.
Il ballottaggio tra Juppé e Fillon rappresenta una ritorno ai
fondamentali per il centrodestra francese, mentre Sarkozy
ha sempre incarnato una forma
di trasgressione. I due candidati
alla nomination hanno in comune l’antisarkozysmo, un’immagine pacata e sobria. Ma la loro
sensibilità politica e i program-
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mi si differenziano molto. Fillon
rappresenta la destra cattolica
conservatrice, radicata nelle
campagne e nella Francia profonda. Ha un approccio duro su
temi come l’immigrazione e terrorismo, ha pubblicato un libro
dal titolo: “Contro il totalitarismo islamico”. È liberale sull’economia, vuole tagliare oltre
100 miliardi di spesa pubblica.
In politica estera è un europeista prudente, dichiaratamente
filo-russo, si avvicina a una tradizione gollista antagonista rispetto agli Stati Uniti.
Per Juppé lo scenario si complica. Il sindaco di Bordeaux, 71
anni, resta forte nelle grandi città, moderato su immigrazione e
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Islam, promotore dello slogan
su una “identità felice” del Paese, meno liberale sull’economia,
difensore del Welfare State e favorevole a una maggiore integrazione europea.
Annunciato da mesi come il
favorito all’Eliseo, Juppé non è
più neanche certo di essere il
candidato prescelto. Il risultato
di ieri riapre la gara. Per Juppé
l’eliminazione di Sarkozy è una
falsa buona notizia. Si era preparato da mesi per affrontare l’ex
presidente e invece dovrà vedersela con un Fillon saltato fuori
dal nulla e già fortissimo. I due
candidati alla nomination avranno un faccia a faccia televisivo
giovedì, poi domenica il voto. Da
allora comincerà la vera campagna elettorale per le presidenziali previste il 23 aprile. La scelta
del leader del centrodestra rischia di condizionare l’intero
paesaggio politico, con ricadute
anche sulle primarie a sinistra.
Altre sorprese sono ancora possibili.
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fortuna Francia». Con un discorso pacato, Nicolas Sarkozy
ha riconosciuto ieri sera la sua sconfitta. «Non sono riuscito a convincere la
maggioranza degli elettori», ha detto l’ex presidente, escluso dal ballottaggio per le primarie del centrodestra. Era la sua ossessione: prendersi la rivincita e tornare all’Eliseo. Ci pensava dal 2012, quando era stato battuto da
François Hollande alle presidenziali del 2012. Nicolas Sarkozy aveva allora
annunciato il ritiro dalla politica, salvo poi ripensarci e tornare sulla scena
pubblica. Nel novembre 2014 aveva ripreso la guida dell’Ump poi ribattezzato Les Républicains. Le tante inchieste giudiziarie, gli scandali che lo perseguitavano, fino a qualche giorno fa con l’accusa di aver ricevuto soldi da
Gheddafi, non l’hanno mai fermato. Sarkozy continuava a credere nella sua
stella. E invece il meccanismo delle primarie aperte anche ai non tesserati si
è rivelato per lui fatale.
Protagonista della politica francese da almeno trent’anni, per Sarkozy si
tratta di un finale amarissimo. Era andato a votare nell’undicesimo arron-
dissement ieri mattina con Carla Bruni, promettendo di fare un po’ di jogging nel pomeriggio per allentare la tensione. Quando sono incominciate a
circolare le prime indiscrezioni, la moglie lo ha raggiunto nel quartier generale per sostenerlo nella sterminata attesa. «Ringrazio mia moglie e la mia
famiglia» ha detto poi lui. «Ora avrò più tempo per dedicarmi alla vita privata» ha aggiunto lasciando immaginare un nuovo addio alla politica, anche
se ha aggiunto che «voterà per Fillon» e chiederà ai suoi sostenitori di fare altrettanto. Il rigetto di uno dei politici francesi più famosi, anche all’estero, è
stato definitivo, irreversibile. Dalla militanza negli anni ‘70 fino all’ingresso
all’Eliseo nel 2007, Sarkozy è riuscito a imporre uno stile, spesso controverso: il famoso bling-bling, pacchiano e volgare. Scaltro, diretto, gaffeur, per
vincere non ha avuto paura di flirtare con l’elettore del FN. Il suo passaggio
all’Eliseo ha modificato profondamente l’immagine presidenziale, molti
non gli hanno perdonato di aver “sminuito” il ruolo di monarca repubblicano. Gli stessi che ieri hanno fatto barriera contro un suo eventuale bis.
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Angela Merkel si ricandida per la quarta volta. Prima
“Kanzlerin” donna e la più giovane della storia quando fu eletta
nel 2005, si prepara a superare
un altro record. Se vincerà l’anno
prossimo, eguaglierà il primato
di Helmut Kohl, rimasto in carica
per sedici anni. L’annuncio ufficiale, dopo giorni di indiscrezioni, è arrivato ieri. «Ci ho pensato
molto a lungo; le mie decisioni arrivano tardi», ha ammesso, con
riferimento ironico alla sua proverbiale cautela.
In realtà, era previsto che sciogliesse le riserve il 6 dicembre
prossimo, al congresso della Cdu
di Essen. Dopo altri due appuntamenti cruciali che potrebbero
cambiare il volto dell’Europa,
quelli con il referendum in Italia
e con le elezioni presidenziali in
Austria, il 4 dicembre. Troppo
tardi. Dunque, dopo una riunione coi vertici della Cdu, la cancelliera ha rivelato indirettamente,
senza mai citarlo, un altro motivo centrale della sua accelerazione: Donald Trump. Una delle frasi principali ricalca alla lettera la
sua prima reazione alla vittoria
del repubblicano populista. Mi
impegnerò, ha detto, per difendere «i valori della democrazia e
il rispetto per le opinioni altrui, a
prescindere dalla razza, dalle religione, dal sesso, dall’orientamento sessuale, dall’opinione politica».
Tuttavia la cancelliera ha tentato di frenare le aspettative di
chi, come il /FX:PSL5JNFT o l’&
DPOPNJTU, la considera l’ultimo
baluardo dell’Occidente liberale,
assediato dai populismi crescenti. Anche Barack Obama è sembrato nei giorni scorsi volerle trasmettere il testimone da «leader
del mondo libero», per citare Timothy Garton Ash. Ma Merkel,
fa capire lei, si sente issata su un
piedistallo troppo alto per il suo
caratteristico, asciutto pragmatismo. «Tutto ciò mi onora, ma lo ritengo grottesco e totalmente assurdo», ha precisato. La cancelliera ha scandito davanti ai cronisti
che «nessun singolo individuo,
anche con la più grande esperienza, può fare in modo che le cose
in Germania, in Europa e nel
mondo vadano di nuovo bene,
tanto meno la cancelliera della
Germania».
Non è falsa modestia: è anche
un messaggio interno. Uno dei
motivi per cui la cancelliera stava prendendo tempo era il contenzioso con una fetta del suo
partito e con l’alleato storico, i bavaresi della Csu, scoppiato l’anno scorso sulla crisi dei profughi.
A loro Merkel ha voluto dire che
non ci saranno assoli e fughe in
avanti come sulle «porte aperte»
ai rifugiati. Si decide insieme.
Quella di ieri, non a caso, «è stata
una decisione non semplice, né
per il Paese, né per il partito, né
per me». In una situazione «difficile», ha detto, «voglio mettere a
disposizione tutta la mia esperienza, salute permettendo», per
correre una quarta volta.
Sarà una campagna elettorale
«difficile» e «il mio compito sarà
ascoltare». La cancelliera ha anche detto che «il mio obiettivo sarà tenere insieme la società, scongiurare l’odio». Merkel vuole an-
“
che rimanere a capo del partito.
Una decisione sensata: in questi
ultimi undici anni ha lentamente
occupato il centro della scena politica mangiandosi tutti. Spazzando via i liberali della Fdp e assorbendo ampie fette di elettorato Spd con politiche attente al sociale. Sempre attentissima agli
umori dell’elettorato, per anni la
cancelliera ha preso decisioni anche contro le sue convinzioni,
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pur di non perdere consensi.
Dopo la tragedia di Fukushima, da convinta nuclearista, ha
deciso l’uscita dall’atomo. E ha
sempre fatto sue, con grande disinvoltura, riforme di sinistra come le unioni civili o il salario minimo. Fino alla crisi dei profughi,
gestita in solitario, ignorando
umori dei sondaggi, e dei suoi.
Una fetta della Cdu l’ha accusata
di aver snaturato il partito. Scoprendo il fianco a destra, favorendo la nascita del primo partito populista in grado di insidiare i conservatori, l’Afd. Sarà infatti contro un’altra donna, la capa dei populisti tedeschi, Frauke Petry, la
sua battaglia più difficile, l’anno
prossimo.
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A SOFFERTA decisione di Angela Merkel di candidarsi per la quar-
ta volta alla guida della Germania va letta per questo come testimonianza della coscienza dei pericoli che minacciano l’ordine
mondiale. E della necessità di fare delle Germania e attorno ad essa
dell’Europa una sorta di antemurale capace di respingere la minaccia
della demagogia populista che mira a sovvertire i valori politici e spirituali dell’Occidente liberale. Ed è fin troppo facile immaginare che l’inattesa vittoria di Donald Trump e il commosso commiato dalla politica mondiale preso proprio a Berlino da Barack Obama (ma anche le pericolose incertezze che si proiettano sul futuro di Paesi chiave del progetto europeista, come Italia, Austria, Francia e Olanda) abbiano contribuito a far superare alla cancelliera tedesca le ultime esitazioni. Cresciuta in un ambiente profondamente influenzato dalla religiosità luterana Angela Merkel, pur consapevole dei rischi di cui è carica questa sua scelta, ha ritenuto che qualunque altra decisione sarebbe stata interpretata come un segnale di resa dalle conseguenze imprevedibili. E, dunque, che fosse suo dovere agire coniugando etica della responsabilità ed etica della convinzione ripetendo a se stessa e al mondo: «Qui sto io e non posso fare altrimenti».
Qualunque sarà l’esito della vicenda politica tedesca e delle elezioni politiche che si terranno in Germania
nel settembre del prossimo anno che
si preannunzia davvero “fatale” per il
futuro destino europeo — nel 2017 ricorre anche il 60esimo anniversario
della firma dei Trattati di Roma —
con questa sua quarta candidatura alla Cancelleria in ogni caso Angela
Merkel si è assicurata un posto nella
galleria dei grandi statisti del secondo dopoguerra tedesco: accanto ad
Adenauer che riportò la Germania
dell’”anno zero” in Occidente, a Willy
Brandt che fece fare pace alla Germania col mondo, a Helmut Schmidt che
aiutò l’Europa a resistere alla minaccia sovietica e, infine, a Helmut Kohl
il cancelliere della riunificazione del
Paese dopo la caduta del Muro di Berlino.
Ma, come si diceva, quello che dovrà affrontare sarà per la Merkel un
percorso pieno di insidie ad iniziare
da quella più subdola ma anche in
qualche modo ineluttabile: il rischio
del progressivo appannamento del
suo carisma personale prodotto dal
tempo. Anche in considerazione del
logoramento psico-fisico che provoca
l’impegno del politico di professione
quando, come nel suo caso, è inteso
come vera e propria vocazione e non
come mero esercizio di potere. E questo in un mondo totalmente interconnesso in cui ogni crisi locale può trasformarsi in minaccia globale. Inoltre dopo la grande popolarità conosciuta lo scorso anno per aver deciso di dare accoglienza a quasi un milione di profughi nel segno dell’ottimistico «noi ce la facciamo», gli ultimi mesi sono stati molto difficili
per Angela Merkel. Una serie di sconfitte nelle elezioni regionali, l’emergere e poi il rafforzarsi nella destra dello schieramento politico del
movimento-partito della Alternative für Deutschland sempre più
orientato verso posizioni neonazionaliste e in qualche caso persino
razziste ha provocato malumori profondi nel suo elettorato e aperte
contestazioni nel suo stesso partito, e perfino a una sorta di guerra intestina con il partito “fratello” della Csu bavarese. Il futuro ci dirà se la
generosa decisione annunciata ieri da Angela Merkel si rivelerà un azzardo o, invece, una scelta conseguente nel segno della razionalità politica capace di dare risposta alla sfide che porteranno la politica tedesca ad affrontare questioni del tutto inedite come l’inevitabile trasformazione della Germania in Paese di immigrazione. O la determinazione di assumere su di sé la leadership dell’intera Europa nel momento
in cui questo compito appare improcrastinabile, basta pensare al minaccioso attivismo ad Oriente della Russia di Putin o al probabile allontanamento ad Occidente dell’America di Trump, se non al prezzo di
un fallimento di cui proprio la Germania per ragioni storiche e geopolitiche sarebbe la prima a sopportare le dolorose conseguenze.
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E L’ONDA favorevole, di cui ha usufruito negli ultimi giorni, l’accom-
pagnerà al ballottaggio di domenica prossima, e poi fino alle presidenziali di maggio, dovrà affrontare Marine Le Pen, campione
dell’estrema destra francese e del populismo europeo. La corsa al Palazzo dell’Eliseo si annuncia tuttavia piena di sorprese. Il successo di Fillon ne è già una. E non sarà la sola. Al primo turno delle primarie di destra lui, che era praticamente fuori gioco fino a una settimana fa, è arrivato in testa con il 44%, superando di parecchie lunghezze il favorito
Alain Juppé, rimasto al 28,1 ed eliminando dalla corsa Nicolas Sarkozy, rimasto a un umiliante 21%. L’ex presidente della Repubblica tentava la riconquista del palazzo dell’Eliseo ed è stato sconfitto dal suo ex
primo ministro. Subito dopo avere conosciuto il mediocre quoziente ottenuto ha annunciato il ritiro dalla vita politica.
La grande partecipazione alle primarie di destra, aperte a chiunque
versasse due euro, ha determinato il risultato. Quasi 4 milioni di francesi sono andati alle urne, superando l’affluenza (2 milioni e mezzo)alle
primarie di sinistra del 2011 apparse allora eccezionali. Ed era la prima
volta che si organizzavano in Francia voti del genere già in vigore in Italia. Nicolas Sarkozy, rappresentante
della corrente populista, contava su
un’affluenza moderata, limitata per
lo più agli iscritti al partito “I Repubblicani” di cui lui ha il controllo. Una
partecipazione più forte avrebbe significato un afflusso di votanti di centro e di sinistra, privi di candidati validi dei loro partiti e decisi a sbarrare la
strada al populista Sarkozy, la cui figura si è politicamente appesantita con
la vittoria di Donald Trump. La vera
versione francese di Trump è senz’altro Marine Le Pen, presidente del
Front National. Ma per recuperare i
suoi voti Sarkozy ha rincorso il populismo della Le Pen, che ricalcava in verità da tempo. Si capirà più tardi il peso
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avuto dagli elettori di sinistra rimasti
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orfani (per la forte impopolarità del
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presidente socialista François HollanUFEFTDP4PUUP
de) e che hanno partecipato, insieme
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ai centristi alle primarie aperte della
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destra.
Sarkozy e i suoi sostenitori se l’aspettavano e in più occasioni hanno
minacciato di considerare illegittime
le elezioni se gli avversari avessero favorito con le loro dichiarazioni un’irruzione di elettori estranei alla destra repubblicana. Forse, ha lasciato capire
Sarkozy, sarebbe in tal caso venuto
meno all’impegno di rispettare il risultato delle primarie restando ugualmente nella gara presidenziale anche
se perdente, come libero battitore. Le
smentite sono state tante e ferme, e
comunque ieri sera Sarkozy si è dichiarato fedele all’impegno, ha detto
che sosterrà al secondo turno François Fillon, il suo ex primo ministro, e poi rinuncerà alla politica. Nel
quartier generale di Sarkozy si seguiva il numero dei votanti con apprensione e il superamento dei tre milioni c’è stato l’annuncio della
sconfitta.
Alle primarie si confrontavano ieri tre correnti della destra repubblicana. Quella populista di Sarkozy è stata sconfitta. Ma è stata ridimensionata anche quella liberale di Alain Juppé. Ha prevalso quella liberista in economia e severa sui problemi come la sicurezza e l’immigrazione. François Fillon è definito un thatcheriano. La correttezza del linguaggio nei lunghi dibattiti durante la campagna elettorale, l’eleganza nei comportamenti, la discrezione, hanno contribuito alla veloce e
inattesa ripresa nei sondaggi. E l’hanno favorito rispetto al più anziano
Juppé (71 anni), forse troppo liberale, e all’agitato e radicale Sarkozy.
Il 27 novembre, domenica prossima, ci sarà il confronto Fillon-Juppé. Se Sarkozy manterrà la promessa, e cercherà di riportare i suoi voti
su Fillon, quest’ultimo non avrà problemi per arrivare al finale di maggio, quando il ballottaggio, stando ai pronostici, dovrebbe essere con
Marine Le Pen. Lo scarso quoziente ottenuto da Sarkozy fa tuttavia
pensare che egli non abbia un grande ascendente su quelli che considera i suoi elettori. E quindi non è escluso che molti voti attratti dal populismo si riversino sul Front National. La sfida non è conclusa.
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ho offeso qualcuno, mi scuso». La distanza tra i due,
comunque, non si accorcia: «È sbagliato dividere il
paese – sostiene il sindacalista – I padri costituenti
ROMA. Un tempo andavano d’accordo, ma adesso li
divide l’abisso del referendum. «Ho il sospetto che fecero acrobazie per unire, non vorrei che dopo gli
la riforma non l’abbia letta, Landini – attacca Mat- acrobati arrivassero i clown...».
Non è solo la Fiom a picchiare sul capo del goverteo Renzi - Bisogna cambiare le cose, non difendere
la Casta come fate voi. Che bisognasse cambiare il no. In vista del 4 dicembre torna in campo - anzi in
bicameralismo paritario non l’ha detto Jp Morgan, piazza - anche il Family day. La manifestazione, conma la Cgil...». «Non è vero – ribatte il leader della vocata a Verona per il prossimo 26 novembre, serve a dire No al referendum e a
Fiom - la Cgil era per un Senato
una riforma che «mette in un anvero delle autonomie. Questa rigolo la famiglia». A sostenere lo
forma è malfatta». Il duello si con- 4BCBUPUPSOBJOQJB[[B
sforzo di Renzi, invece, interviesuma durante *ONF[[PSB. I due JM'BNJMZ%BZB7FSPOB
ne il condirettore del 'JOBODJBM
contendenti si conoscono bene,
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ma non si risparmiano nulla.
innescherebbe una serie di even«Compito di un sindacalista è di- MBMFHHF#PTDIJ
ti che solleverebbero dubbi sulla
fendere i lavoratori, non i consipermanenza dell’Italia nell’Euroglieri regionali – stuzzica il premier – Lei sembra vivere nel Paese delle meravi- zona». E, forse, al collasso della moneta unica.
Chi è già contro l’euro è infine il Movimento cinglie, lei è Alice. In cuor suo sa perfettamente che le
que stelle. Per i grillini, nessuna clemenza va riserragioni del No non sono le ragioni della Cgil...».
Botta e risposta, va avanti così per l’intera tra- vata a chi sceglie il Sì. «Michele Santoro? È passato
smissione. Finché Landini lo attacca per aver defini- all’establishment – giura Carla Ruocco durante l’*O
to “accozzaglia” il fronte del no. E il premier compie UFSWJTUB su SkyTg24 - È tornato in Rai recentemenuna parziale marcia indietro: «Non sto dicendo che te. Beh, chissà quanto guadagna adesso?».
è un’accozzaglia chi non vota come me o per me. Se
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ROMA.
ROMA. Attore di lunga carriera, Massimo Ghini è tra i
firmatari dell’appello del mondo della cultura per il Sì.
E motiva questa scelta così: «Sono un uomo di sinistra
e per me è inconcepibile votare No assieme alla destra, ai grillini e a Salvini».
Qual è il rischio se vince il No?
«La riforma Boschi è imperfetta, lo so,
e le priorità del Paese sono altre. Tutta- 4POPGJHMJP
via non penso che sia l’anticamera del to- EJQBSUJHJBOP
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talitarismo. Mi spaventa altro».
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Di che cosa ha paura?
«Che possa saltare il governo nell’at- EFMM"OQJ
tuale situazione di confusione generale. TUBWPMUB
Mi piacerebbe che si uscisse fuori dallo OPO
schema del referendum ad personam e MBDBQJTDP
della guerra fratricida».
Si riferisce alle divisioni interne al Pd?
«Non sono un renziano della prima ora. Ma vorrei
che la sinistra perseguisse l’unità».
Suo padre è stato un partigiano. Cosa pensa dell’Anpi schierata per il No?
«C’è anche una parte dell’Anpi che vota Sì, ma questa dei partigiani è l’ennesima strumentalizzazione
politica. Ora è il momento delle responsabilità».
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Nel mondo dello spettacolo è stata fra le prime a
schierarsi per il No al referendum costituzionale accanto
al giudice Ferdinando Imposimato. Alba Parietti non ha
cambiato idea anche se lo scenario internazionale è mutato: «Dopo la vittoria di Trump negli Usa, sono terrorizzata
dalla prospettiva di una deriva populista e filo-fascista anche in Italia».
È ancora convinta del suo No?
«Sono di sinistra da sempre e antirenzia$BNCJBSFDPTÖ
na e resto ferma nella mia idea che questa
MB$PTUJUV[JPOF riforma sia sbagliata, a maggior ragione se
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non si cambia la legge elettorale ».
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E allora che cosa la preoccupa?
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«Il referendum sta spaccando il Paese e il
dibattito sta prendendo una piega che non
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ha nulla a che vedere con il merito della riGBWPSFWPMF
forma. La Carta non si cambia, ma non vorBMMFEFTUSF
rei che l’esito del referendum si trasformasse in un’occasione per la destra estrema e populista di riappropriarsi del potere».
E in che modo?
«La strana alleanza fra M5s e la Lega di Salvini va proprio in questa direzione».
Qual è la priorità secondo lei in questo momento?
«Cambiare il più velocemente possibile l’Italicum. DopoNS
diché palla al centro». ª3*130%6;*0/&3*4&37"5"
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<SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
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A FORMULA del premier
suona irrispettosa della
verità e della società. Ma
in fondo non dispiace al degasperiano “Quarto Partito”,
quello degli imprenditori,
che rilancia una discesa in
campo molto discussa: «Nei
giorni scorsi - ragiona il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia - ho visto il leader degli industriali tedeschi
che mi ha chiesto: “Come possiamo fermare i populismi in
Europa?”. Il tema è cruciale.
Per questo siamo ancora più
determinati nel sostegno alla riforma costituzionale».
Se Banca d’Italia constata,
Confindustria milita: «E’ normale: siamo un corpo intermedio che vuole contribuire
a cambiare il Paese, in termini di maggiore competitività
per le imprese. Solo il 30% degli italiani sa che l’Italia è il
secondo paese industriale
d’Europa dopo la Germania.
E potremmo essere i primi.
Ma per questo serve stabilità. Le imprese devono poter
contare su un assetto istituzionale e normativo semplice e certo, nel medio periodo, altrimenti la macchina
degli investimenti non riparte. Poi è decisivo rivedere il
Titolo V e ristabilire un equilibrio virtuoso tra centro e
territori. Queste posizioni
fanno parte della tradizione
riformista di Confindustria:
il 23 giugno il nostro Consiglio Generale le ha approvate all’unanimità». Resta un
fatto: il “voto” dei mercati,
come quello delle élite finanziarie, è diventato un’arma
impropria. Boccia nega: «La
vittoria del No sarebbe un segnale che l’Italia non vuole
cambiare, perchè tutto rimarrebbe com’è: non possiamo permettercelo».
La “svolta politica” di Confindustria produce maldipancia. C’è una “fronda” interna
pronta a uscire allo scoperto
dopo il 4 dicembre: «Questa
è una leggenda, siamo molto
più compatti di quello che
raccontano. Confindustria è
e resta rigorosamente a-politica e a-governativa. Detto
questo, non è facile far capire a tutti perché vogliamo
passare dalla difesa degli interessi a una dimensione più
generale della rappresentanza. Ma è un passaggio neces-
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sario...». Il sospetto di una forma impropria di collateralismo con il governo c’è. Nel luglio scorso Confindustria ha
previsto il peggio: se non passa la riforma il Pil cala
dell’1,7% e gli investimenti
del 12,1%.
Un’Apocalisse. Fondata su
evidenze scientifiche, o tarata su esigenze politiche?
«Era un momento diverso. Il
referendum era previsto in
ottobre, proprio all’inizio della sessione di bilancio, e il
premier minacciava di dimettersi in caso di sconfitta
del Sì. Questo avrebbe voluto dire incertezza sulla legge
di bilancio e sulla flessibilità
Ue. In altre parole, grande instabilità, con forte impatto
sullo spread...». In ogni caso
il sostegno al referendum è
stato “ripagato” da una legge di bilancio molto generosa con le imprese. Boccia ammette: «Il governo ha messo
in campo una serie di “stimoli” importanti. Il piano Industria 4.0 è positivo non perché aiuta Confindustria, ma
perché aiuta il Paese a fare
un salto verso la modernizzazione. Lo stesso ragionamento vale per la detassazione
del salario di produttività. Se
il governo avvia una politica
industriale che ci porta “dai
settori ai fattori” non fa un favore a noi, ma all’Italia».
Anche il Jobs Act non sfugge alla chiave di lettura dello
“scambio”. Senza la decontri-
buzione (costata 20 miliardi) i 650 mila nuovi posti di
lavoro non ci sarebbero mai
stati. «Ma anche il Jobs Act
non è “un favore alle imprese”. Il bilancio è positivo anche per i lavoratori. Certo, ha
funzionato il combinato disposto con la decontribuzione. Ora gli obiettivi per andare avanti sono due. Il primo è
rendere davvero convenienti le assunzioni a tempo indeterminato, con un serio abbattimento del cuneo fiscale. Il secondo è combattere
davvero la precarietà: se vivi
da lavoratore “somministrato” non hai futuro, non puoi
costruirti una famiglia».
Il “fantasma dell’instabilità”, agitato da Confindustria, sembra un alibi che giustifica il crollo degli investimenti (meno 25% dal
2007): «Per noi un recupero
di “passione imprenditoriale” è necessario - ammette
Boccia - dobbiamo agire secondo il pessimismo delle
previsioni e l’ottimismo delle aspettative. Ma il clima di
incertezza che regna nel Paese è un macigno sulle scelte
degli imprenditori. Simon Peres diceva che “l’attesa della
guerra è peggio della guerra”...».
La sensazione è che la
guerra sia iniziata da un pezzo. E noi, con una produzione
industriale collassata del
25%, la stiamo perdendo.
«Abbiamo un 20% di medie
imprese che vanno molto bene, scambiano salari con produttività, hanno alta innovazione di processo e di prodotto, alta intensita di capitale e
alta proiezione sui mercati
esteri. Poi abbiamo un 20%
di imprese che non ce la fanno, operano in settori maturi
o ad alto valore aggiunto, ma
non hanno innovato e non
reggono la competizione globale. E poi c’è un 60% di imprese che stanno in mezzo al
guado». Ora la sfida è «come
si fa a traghettare quel 60%
in mezzo al guado verso il
20% che sta sull’altra sponda, e non verso l’altro 20%
che sta affondando». Per Confindustria Renzi «ci sta provando». Per un’altra metà
del Paese, pronta a scrivere
No sulla scheda, non ci sta
riuscendo. Chiunque vinca,
dopo il 4 dicembre sarà un
miracolo rimette insieme
queste due metà.
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Dallo staff di Beppe
Grillo sono pronti a passare dagli
“inviti” alla linea dura. Non appena arriverà un solo passaggio formale della Procura sulle firme false per le comunali del 2012, saranno avviate delle sospensioni
d’imperio. Nel mirino in primis i
due deputati palermitani coinvolti nella vicenda, Riccardo Nuti e
Claudia Mannino, che mantengono la loro linea fin dall’inizio,
quella cioè di non aver avuto alcun ruolo. La decisione dello staff
d’intervenire con durezza è però
maturata sia dopo la resistenza
di Nuti e Mannino a qualsiasi autosospensione, a differenza degli
esponenti regionali che hanno
già fatto un passo indietro. Ma
anche dopo la rivelazione di 3F
QVCCMJDB riguardo ad alcuni professionisti che avrebbero non solo disconosciuto la loro firma a sostegno della lista per le scorse comunali, ma ribadito anche di
non aver mai firmato per quelle
amministrative bensì per il referendum sull’acqua del 2011.
Fino a oggi la linea difensiva
del Movimento è sempre stata
quella che «si è tratto di un errore, ma nessuno si è inventato firme». Se confermate le testimonianze, la realtà sarebbe diversa.
Non a caso tutto il Pd, a partire
dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, punta il dito proprio su
questo passo in avanti nelle indagini: «Entrano nel palazzo e diventano peggio degli altri — dice
Renzi da Ercolano — quando sono fuori urlano “onestà” “onestà”, poi scopri che copiano e falsificano le firme».
Ieri Alessandro Di Battista era
in Sicilia per un mini tour a sostegno del No in vista del referendum, in una campagna che lo vede impegnato in prima linea. Oggi esce online un nuovo capitolo
di Supernova, il racconto dei due
ex dipendenti della Casaleggio
associati Nicola Biondo e Marco
Canestrari, che tirano in ballo
proprio Di Battista e il suo attivi-
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smo sul referendum. In questo
nuovo capitolo si spiega l’avvicinamento di Grillo e dei suoi alla linea del leader russo Vladimir Putin. Un avvicinamento talmente
spinto che avrebbe fatto invoca-
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re a Di Battista un aiuto di Putin
per il 4 dicembre: «Perché non ci
facciamo aiutare nella campagna referendaria dall’ambasciatore russo? Con tutto quello che
stiamo facendo per loro...». Il de-
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e qualcuno crede che gli italiani all’estero siano poco informati di ciò che avviene politicamente in Italia, dovrebbe vedersi il video del dibattito sul referendum che si è consumato ieri a Monaco, ospite il senatore Roberto Cociancich, sponsor del Sì. Appuntamento alle
11 di domenica, il terzo a Monaco sullo stesso argomento,
organizzato dal Comites locale. Prima di Cociancich erano
stati invitati Pier Luigi Bersani e il professor Sabino Cassese. Sala attenta, domande mirate. «Senatore Cociancich ci
può dire se il bicameralismo sopravvive per le direttive europee? Non le pare che sia eccessivo il premio di maggioranza attuale rispetto alla effettiva espressione di voto?».
Cociancich, accaldato, spiega. «Perché voi del Sì dite che se
vince il No arriva Salvini? Abbiamo già avuto Andreotti e
Berlusconi, Salvini che vuole che sia...». Si chiude in perfetto orario, poi tutti a mangiare la pizza.
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putato tiene molto al referendum e non ha certo gradito la distrazione che il caso firme false
sta creando dentro e fuori il Movimento in vista del voto. Incalzato
sul tema a Messina, ha ribadito
la linea ufficiale del Movimento:
«Non facciamo sconti a nessuno,
valutiamo chi sono gli indagati e
chiederemo loro di autosospendersi». Ma il segretario del Pd di
Palermo, Carmelo Miceli, ironizza: «Li hanno talmente mandati
via che all’appello di Grillo hanno
risposto presente solo in due su
circa trenta coinvolti». E a Palermo il meet-up grillino “Attivisti liberi” ha lanciato un sondaggio
online per sfiduciare «tutti i dirigenti e deputati coinvolti nelle
firme false», convocando anche
uno «sfiduciaday».
Nel mirino della base ci sono
tutti i deputati, compresa Claudia La Rocca, la prima ad andare
dai magistrati per confermare
quanto accaduto nel 2012 e la prima ad autosospendersi. Da giorni non parla pubblicamente, salvo lasciarsi andare a uno sfogo su
Facebook: «Ho fatto un errore
stupido, ma dovevo dire la verità». In settimana sono previsti
nuovi interrogatori in Procura.
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Sostiene Pier Ferdinando Casini, leader
dei centristi per il Sì, che sul referendum – e nella
politica italiana – è in atto un nuovo tipo di scontro: «Tra riformismo e serietà da una parte e demagogia e irresponsabilità dall’altra».
Non crede sia un giudizio troppo netto? Il fronte del No è composito, difficile ricondurlo a
un’unica matrice.
«Mettiamo che vinca il No. Da un lato avremmo una coalizione politica che magari perde il referendum per qualche punto, dall’altra una sorta
di armata Brancaleone dove difficilmente Zagrebelsky e Brunetta o Grillo e Berlusconi potrebbero andare d’accordo».
Condivide l’idea dell’“accozzaglia”, quindi?
«Al netto del folklore è giusto. Ma questa non è
la resa dei conti all’interno del Pd e sono i moderati che faranno la differenza. È così in tutt’Europa:
in Germania la Merkel fa presidente della Repub-
blica un socialista e si ricandida; in Francia gran
parte della sinistra si appresterà a votare il candidato della destra per evitare la Le Pen; in Spagna
i socialisti devono votare Rajoy per bloccare Podemos. E in Italia non c’è alternativa a Renzi».
C’è un’intera opposizione e perfino un pezzo di
Pd che non pensa sia così.
«Dico che non c’è alternativa per le persone responsabili. E la vicenda del centrodestra, il buco
nell’acqua che ha fatto Stefano Parisi, ne è la dimostrazione. Lo schema di oggi è peggio di quello
del passato: Bossi aveva accettato una Lega in posizione subordinata. Salvini gioca a fare il leader
e questo condanna i moderati a un ruolo di subalternità».
Il premier intende pescare proprio nel voto moderato per recuperare sugli indecisi. Fa bene?
«Tutti i sondaggi dicono che un terzo degli elettori di centrodestra vota sì. Questo è un punto fondamentale sia per il referendum sia per il prosieguo della vita politica. E chi ha più esperienza de-
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ve evitare di vivere di rivalse. Gli ateniesi dicevano che le città si difendono con le armi dei giovani
e con i consigli degli anziani. Mi piace quest’immagine che contrasta con la rottamazione, chi ha
una storia alle spalle, però, se è saggio veramente, non può vivere di rancori, della serie “non ci sono riuscito io non deve farlo nemmeno lui”».
Perché parla di buco nell’acqua di Parisi?
«Ha commesso un errore ricorrente, pensare
che gli venisse consegnata la leadership del centrodestra. Ma le eredità in politica non esistono».
Come pensa che si rimescoleranno gli schieramenti?
«Vedo un’alleanza tra Renzi e un’area politica
fuori dal Pd, come quella rappresentata da Giuliano Pisapia, insieme a un’area moderata che può
avere un grande consenso nel Paese - proprio nel
centrodestra – se però evita di essere una zattera
per personale politico screditato. O avrà un certo
tipo di immagine o difficilmente prenderà voti».
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MONFALCONE.
«Siamo stanchi,
abbandonati. Il cambiamento
c’è, ma in peggio. La rottamazione c’è stata, ma i nuovi sono
peggiori dei vecchi. Il Pd ora
mangia con i padroni, non ha
tempo per parlare con i lavoratori. E noi siamo poveri». E’ ancora buio, tira la bora, tre gradi
sopra zero. La massa degli operai Fincantieri preme ai cancelli nel quartiere storico di Panzano. I «bisiachi», a costruire le
grandi navi, sono rimasti in pochi. Erano cinquemila, non arrivano a settecento. La mano d’opera, di appalto in subappalto,
arriva da lontano: Bangladesh,
India, Europa dell’Est, meridione d’Italia. Il cantiere resta la
«mamma»: prima dell’alba migliaia di auto, di corriere e di tir
fanno tremare le casette inizio
Novecento. Chi arriva in bicicletta viene fermato dai caporali che offrono contratti più lun-
gita. «Una sberla storica – ha
detto – non ci dormo la notte».
Agli operai e ai vecchi di Panzano gli equilibri dentro il Pd e gli
scenari aperti dalle urne non interessano. Qui conta solo la vita
e la realtà è che farcela è ogni
giorno più difficile, quasi sempre più umiliante. «Umanamente – dice Tiziana Colautti, 47 anni, impiegata – siamo al limite.
Monfalcone viene venduta agli
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stranieri, i nostri figli per sopravvivere devono andare via,
ognuno è solo. Il nostro problema è mettere un piatto sulla tavola: il centrosinistra litiga sulle tasse per Airbnb, per non irri-
tare i ricchi che affittano i patrimoni immobiliari. A questo
punto meglio provare chi promette di difenderci». La parola
d’ordine è negare l’impatto della xenofobia, ma la paura di
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un’invasione straniera è pari
all’indignazione contro la sudditanza delle istituzioni pubbliche rispetto alle imprese formalmente private, da Fincantieri alla centrale elettrica di
«A2A». In piazza della Repubblica le radici della rivolta sono
sotto il sole. Prima del cambio
turno in cantiere, gruppi di immigrati si contendono gli ingaggi di un subappalto, 3 euro all’ora e sacco a pelo in dieci in una
stanza. Sulle panchine gli anziani piangono gli amici uccisi dal
mesotelioma e i nipoti ancora
intossicati dal carbone. «L’ex
sindaca Pd – dice l’operaio Biagio Boscarol – ha transato con
Fincantieri per 140 mila euro,
un insulto ai caduti sul lavoro di
tutta Italia. Lo Stato è il primo
azionista, come l’ente pubblico
che governa la centrale a carbone. Così nel cantiere è proprio
lo Stato a sfruttare gli immigrati che rubano il lavoro ai residenti. Se il centrosinistra ignora la povera gente e liquida la
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ghi e anticipi sulla paga. Anche
uno straniero, da 600 euro, può
superare i mille al mese. Alle finestre sono appesi manifesti:
«Panzano libero», «Basta Tir»,
«Stop Bangla». Lo tsunami che
in Friuli Venezia Giulia scuote il
centrosinistra di Debora Serracchiani e Matteo Renzi, nasce
qui. Monfalcone era la roccaforte rossa del Nordest: punte del
75%, sinistra al potere da un
quarto di secolo. Mai un sindaco di destra. Domenica 6 novembre, poche ore prima che
Donald Trump si prendesse la
Casa Bianca, Anna Maria Cisint
ha più discretamente consegnato anche la “Danzica d’Italia” alla destra e alla Lega. Silvia Altran, ex sindaca Pd, al ballottaggio è crollata al 37,5%. Per il Pd
locale della vicesegretaria nazionale Serracchiani e del presidente dei deputati Ettore Rosato, pure renziano, un 2016 da
incubo. In luglio hanno perso
Trieste, Pordenone e il resto
dell’Isontino. Ora lo spettro del
tracollo e della destra si allunga
sul referendum del 4 dicembre
e sulle regionali 2018. «Di questa finta sinistra – dice Carlo Visintin, da trent’anni operaio
Fincantieri – non ci fidiamo più.
A Roma vara il Jobs Act e consegna i lavoratori al precariato e
ai boss dei voucher. A Trieste
ignora gli anziani e taglia la sanità. A Monfalcone accetta una
centrale a carbone e ubbidisce
a Fincantieri, rinunciando a difendere le vittime dell’amianto». A Pierluigi Bersani la frana
politica nel Nordest non è sfug-
solidarietà, la sua esistenza è
inutile». Per Matteo Salvini, alla vigilia del ballottaggio, in
centro è accorsa la folla del selfie. Assenti i leader Pd e 5 Stelle. «Non ci siamo accorti – dice
Marco Rossi, segretario provinciale del Partito democratico –
che le divisioni interne producono disorientamento e fanno
marcire i problemi. Il riformismo dell’Ulivo accendeva la speranza, la sua brutta copia liberista e centralista moltiplica l’indifferenza». Sotto accusa però
sono proprio i vertici del partito, rei di affannarsi solo quando, come con la riforma elettorale, ci sono in palio le poltrone.
Per il resto, ciechi. Umberto Pacor, tecnico di 25 anni, mantiene la figlia neonata con i turni
di notte, lavorando in straordinario domenica e festività. «Ci
riempiono di gente che non
c’entra – dice - e regalano le imprese a oligarchi, emiri e mandarini dell’Oriente. Non ascoltano i giovani, facendoci passare
per sfaticati. Forse anche noi abbiamo bisogno di qualcuno con
il coraggio di dire, se non “prima gli italiani”, almeno prima
le persone». In via Marconi è di
nuovo notte. I lavoratori con il
casco in testa corrono a timbrare. Dopo una vita a sinistra, a
Monfalcone per disperazione
hanno votato la destra. In Friuli
Venezia Giulia e nel Nordest
per l’Italia si annuncia il prossimo terremoto: difficile che fra
due settimane cambino idea e
votino Sì al referendum.
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me quelli di Sinistra italiane e
Forza Italia. Scontro acceso: alla
fine la questione è stata accantonata ma il governo, come ha spiegato il viceministro dell’Economia Enrico Morando è decisamente contrario Le ragioni a favore di una regolazione tuttavia
non rientrano. Lo stesso presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, ha sottolineato che la cedolare secca «non è una nuova tassa», anzi consente di pagare meno rispetto alle aliquote Irpef ordinarie. Quanto alla necessità di
regolamentare il settore l’espo-
ROMA.
Si apre con uno scontro
all’interno della maggioranza la
maratona della manovra in Commissione Bilancio della Camera.
Causa dell’incidente, affrontato
anche in una riunione notturna
con il governo, è ancora una volta la questione della tassazione
di Airbnb, dei bed&breakfast e
delle nuove forme “alberghiere”
online che caratterizzano la sharing economy e che spesso si
muovono nell’incertezza fiscale
o nel sommerso. Nei giorni scorsi
la pd Silvia Fregolent aveva pre-
go di pagare l’Iva per chi vende i
servizi online, che ieri è stata oggetto anche di una apertura da
parte del governo. Il tiro si sposta
dunque sulle multinazionali del
web che in realtà vedrebbero lesi
i propri interessi anche con la cedolare del 21 per cento: la piattaforma che gestisce il sistema, come Airbnb, infatti, sarebbe chiamata a rispondere in solido a garanzia dell’incasso delle tasse se
il proprietario dell’appartamento evade o non paga.
Il governo comunque, sotto
pressione sul “comparto” casa, rilancia: presenterà oggi un emen-
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sentato una norma che imponeva agli affitti brevi una cedolare
secca del 21 per cento, in sostituzione dell’Irpef. L’iniziativa fu
bloccata da Matteo Renzi in persona che si pronunciò contro:
«Nessuna nuova tassa», disse.
Ma ieri, gli emendamenti sulla
cedolare secca sono tornati: fotocopie della proposta Fregolent co-
nente Pd ha aggiunto: «Chiavi di
condomini e garage vengono distribuiti a chiunque e se gli esercenti sono abusivi non c’è nessun
controllo». Nessun dubbio, invece, nei deputati Pd nel bloccare,
insieme alla Lega, la proposta,
avanzata da Sinistra italiana, di
legalizzare la cannabis e destinare le entrate aggiuntive alla ricostruzione post-terremoto.
Il clima della maratona, che
prevede l’esame di circa 1.000
emendamenti, sembra riscaldarsi anche in vista dell’articolo 67
che ripropone la web tax, cavallo
di battaglia di Boccia, con l’obbli-
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damento per consentire anche
agli incapienti, cioè coloro che
hanno basso reddito e non possono usufruire delle detrazioni, di
poter beneficiare degli sconti (fino al 75 per cento per cinque anni) in caso di ristrutturazione delle parti comuni dei condomini.
Una correzione resa necessaria
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per incoraggiare coloro che, per
mancanza di risorse, bloccherebbero la decisione di ristrutturare
le parti comuni. Tra gli altri
emendamenti del governo anche la proroga dell’opzione donna per il pensionamento anticipato. Resta, invece, in bilico l’ottava salvaguardia degli esodati
mentre tramonta l’abbassamento dei requisiti anagrafici per
l’anticipo pensionistico da 36 a
35 anni. Novità anche per il piano di decontribuzione al Sud per
le nuove assunzioni: dovrebbe essere circoscritto ad una platea di
giovani e non a tutti i lavoratori.
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NEW YORK. «Sarà un grande giorno, stanno
arrivando grandi persone, vedrete…». È iniziata così, con poche parole di saluto ai cronisti in attesa, il giorno più lungo di Donald
Trump per le nomine ai posti-chiave “pesanti” (Dipartimento di Stato, Pentagono,
Tesoro) della sua prossima Casa Bianca.
Era mezzogiorno e ha assicurato che qualche nuovo incarico «potrebbe essere deciso
oggi» rientrando dalle funzioni domenicali
in una chiesa presbiteriana nel Trump International Golf Club di Bedminster nel
New Jersey (uno dei tanti resort che possiede) da dove durante il week end ha guidato
il Transition Team.
La fila dei candidati è lunga. Per il posto
di Segretario di Stato il più accreditato resta l’ex-nemico Mitt Romney, come ha indi-
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rettamente confermato (in un programma
tv del mattino) anche il nuovo capo dello
staff di The Donald Reince Priebus («è stato molto contento della visita di Romney,
hanno avuto un buon colloquio, potrebbe
essergli offerto il posto»). Rudolph Giuliani
ci spera ancora, ma per l’ex sindaco di New
York — che è stato insieme al governatore
del New Jersey Chris Christie il politico più
vicino a Trump durante la campagna — il
genero di Trump Jared Kushner (che è il
più ascoltato consigliere del presidente
eletto) avrebbe altri progetti. Sia Giuliani
che Christie sono stati ricevuti ieri pomeriggio nel Golf Club, con loro anche il Segretario di Stato del Kansas Kris Kobach, consigliere di Trump sui problemi dell’immigrazione e difensore del “registro per bloccare
gli immigrati musulmani” di cui molto si
era parlato in campagna elettorale.
Anche di questo ha parlato Priebus.
«Bloccare gli immigrati che arrivano da
paesi sospettati di terrorismo, ma niente
registri basati sulla religione. C’è bisogno
di un miglior sistema di controlli, ci sono
persone fra i musulmani di cui abbiamo
paura. Cercheremo di sospendere temporaneamente l’arrivo di immigrati da alcune
aree, quelle dei paesi implicati nel terrorismo, fino a quando non avremo un sistema
di controlli migliore. Ai musulmani radicali
dovremo impedire di entrare negli Usa».
Per il Pentagono resta favorito il generale James Mattis (incontrato sabato e definito dallo stesso Trump «un eccezionale patriota»), per il Tesoro il nome più insistente resta quello di Steven Mnuchin (finanziere di Wall Street, nel suo passato ha fatto una fortuna a Goldman Sachs, ha lavorato con George Soros ed ha anche finanziato
Hillary Clinton). Un incarico lo avrà anche
Rick Perry, ex governatore del Texas che
vedrà oggi Trump: per lui sarebbe pronta
una poltrona come ministro dell’Energia o
quella dei Veterani.
Quanto alle critiche crescenti per i possibili conflitti d’interesse di Trump (da quelli
del suo business a quelli che coinvolgono
anche i suoi figli) secondo Priebus “sono ridicoli”. La notizia del recente incontro tra il
nuovo presidente Usa con tre uomini d’affari indiani che lavorano in una Trump Tower in India ha rinfocolato le polemiche. E
le rivelazioni del Washington Post sugli inviti ai diplomatici stranieri (con tanto di riffa e premi vari) nel nuovo hotel di lusso che
Trump possiede a pochi passa dalla Casa
Bianca non hanno certo contribuito a raffreddarle.
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vranno sforzarsi di garantire. E
che ha già spinto il sindaco Bill
LA CASA Bianca può attendere:
de Blasio a chiedere aiuto al goalmeno fino a quando il piccolo verno federale: «Devono rimborBarron, 10 anni, finirà la scuola. sarci i costi».
Il presidente eletto Donald
Ma elaborare un piano di sicuTrump non vuole infatti saper- rezza è particolarmente compline di far lasciare al figlio minore cato. L’edificio di 58 piani ospita
l’istituto privato nell’Upper We- gli uffici del tycoon e dei suoi più
st Side di Manhattan. E dopo l’in- stretti collaboratori che occupasediamento di gennaio, scrive no 25° e 26° piano. Ci sono poi
l’informatissimo /FX:PSL1PTU 250 abitazioni private, comprecitando fonti vicine al presiden- sa quella al 63° piano acquistata
te, The Donald non porterà a Wa- dal calciatore Ronaldo per 18 mishington la famiglia. La first la- lioni di dollari. Ma soprattutto,
dy Melania resterà a New York: grazie a un accordo stretto da
per seguire il bambino, certo. Trump con il comune negli Anni
Ma anche — dicono i ben infor- ‘70, l’atrio del palazzo è pubblimati — per dare a Trump una va- co. E l’accesso a curiosi e turisti
lida scusa per tornare spesso nel- (nonché ai clienti di Nike e Gucla tripla QFOUIPVTF tutci che hanno lì i loro GMBH
ta marmi e stucchi in ciTUPSF) garantito dalle 8
ma alla Tower sulla Fifdel mattino alle 10 di seth avenue che portava
ra ha già costretto a siil suo nome scritto a lettuare metal detector
tere d’oro. «Donald adoall’ingresso. Preoccupa
ra mangiare cheesburanche la posizione
ger sul divano di casa. A
dell’abitazione
di
Washington non si senTrump, su cui si affactirebbe a suo agio» ha
ciano diversi edifici che
andranno monitorati:
raccontato alla Reuters
occupa gli ultimi tre piail suo amico (e finanzia- *MOFPMFBEFS
ni della torre, raggiuntore)Roger Stone. Ecco %POBME5SVNQ
gibili solo tramite
perché potrebbe traascensore e dunque difsformare la Tower in
una Casa Bianca formato gigan- ficili da evacuare in fretta. Senza dimenticare la difficoltà di
te. E ovviamente dorata.
Una scelta che per la città ri- scongiurare eventuali attacchi
schia di trasformarsi in sciagu- dal cielo, incubo sempre presenra. Non solo perché le proteste te nella città ferita dall’11 setdel popolo anti-Trump si concen- tembre.
Eppure perfino la necessità di
trano lì, nella strada più chic e
trafficata del mondo, sotto gli rafforzare la sicurezza rischia di
TUPSFdi Armani, Omega e Dolce trasformarsi in un buon affare
e Gabbana dopo che l’area di per Trump. Servizi segreti e il
fronte alla Torre è diventata PGG “White House Military Office”,
MJNJU, chiusa persino al traffico che si occupa della sicurezza delaereo. Ma anche perché la pre- le dimore presidenziali, dovransenza di un presidente nella via no aprire i loro uffici nella torre.
più celebre di New York a due E l’affitto di quegli spazi dovranpassi da Tiffany, richiede un im- no pagarlo: almeno fino a quanponente sistema di sicurezza do Barron non finirà la scuola.
che polizia e servizi segreti doª3*130%6;*0/&3*4&37"5"
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PECHINO. House of Cards: non è
altro che una IPVTFPGDBSET. Ma
si sarà reso conto, il portavoce
della presidenza, accusando i
magistrati di aver costruito un
“castello di carte”, che in tutto il
mondo )PVTFPG$BSET è diventato ormai un marchio legato alle
malefatte di Kevin Spacey alias
Frank Underwood? Poco importa: l’inchiesta che a questo punto vede la presidenta Park
Geun-hye ufficialmente indagata per “attività criminale” ormai
da tempo mischia fiction e realtà, personaggi che sembrano
usciti da una telenovela e insospettabili manager delle mitiche DIBFCPM, gli agglomerati industriali che portano nomi famosi in tutto il modo come Samsung e Hyundai. Sì, mezzo milione di persone sono scese in piazza questo sabato, una marcia da
un milione di contestatori ha invaso Seul la settimana scorsa e
la mobilitazione non si placa, tutto il Paese è sottosopra e l’economia è semplicemente sotto, in
calo le esportazioni del 3.2%, in
calo la produzione industriale
del 2%, la crescita del Pil ridimensionata dal 2.8% al 2.5% e il
governo praticamente paraliz-
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e proprio ring per costringere le
più grandi compagnie del paese, una cinquantina in tutto, a
versare 65 milioni di dollari alle
fondazioni di famiglia. Oltre a
procacciare alla stessa combric-
cola contratti per 12 milioni di
dollari. Oltre a far sborsare altri
5.9 milioni di dollari a un’altra
DIBFCPM, in questo caso la Lotte.
E pensare che quattro anni fa
l’elezione di Park fece davvero
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storia: la prima donna al comando. Invece adesso diventa pubblica questa storiaccia che per la
verità era sempre circolata come chiacchiera, la signora praticamente schiava della sua ami-
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ca-sciamana,
l’inarrestabile
Soon-sil vera padrona della
”Blue House”, la dimora presidenziale, correggeva perfino i discorsi ufficiali. Sembra un romanzo invece è soltanto il frutto
della storia impazzita di qui. Perché Geun-hye raccoglie un’eredità pesantissima, quella del padre Park Chung-hee, il dittatore
ucciso nel 1979 dal suo stesso capo della sicurezza dopo essere
sopravvissuto a diversi golpe:
dal tristemente celebre assalto
alla “Blue House” che nel 1968
fece 30 morti a quell’altro in cui
perse invece la vita la moglie
Yuk Young-soo. Un despota: al
governo per 18 anni. Eppure
considerato padre della patria.
Perché è con lui che la Corea del
Sud, che agli inizi degli Anni ’60
era più povera della Repubblica
Democratica del Congo, diventa
la Tigre dell’economia che l’Occidente non ha smesso di ammirare. Certo, un’industrializzazione segnata anche qui da familismo e corruzione, tutto il potere
economico delegato alle DIBF
CPM come Samsung, Hyundai,
Daewoo, Lg: che in cambio naturalmente hanno sempre nutrito
la politica, tant’è che almeno sei
leader prima della signora sono
finiti nei guai, uno perfino suicida. «È la debolezza del sistema
Stato-famiglia», dice a 3FQVCCMJ
DB Sea-Jin Chang, uno dei più
grandi studiosi del miracolo coreano «e gli elettori ne terranno
conto nelle prossime elezioni».
Sì, ma quando?
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zato dalla gravissima crisi istituzionale. E però no, la signora
Park, che mica per niente è figlia dell’ex dittatore, non vuole
mollare, piuttosto che dimettersi rischia di far avviare l’JNQFB
DINFOU, la cacciata decisa dal
parlamento che può aggravare
ancora di più la crisi anche economica, perché invece dei 60
giorni che ci vorrebbero per indire nuove elezioni (tra i possibili
candidati, ricordate il leader
dell’Onu Ban Ki-moon?) la procedura costringerebbe a un iter
lungo minimo sei mesi. Ma finirà davvero così?
La procura non può incriminare formalmente un presidente
in carica, lo dice la Costituzione,
ma se è per questo sono giorni
che non può neppure interrogarla: e la “testimonianza” ufficialmente promessa a questo punto
potrebbe anche non arrivare
più. Eppure le tesi dei magistrati sono solidissime: la figlia
dell’ex dittatore è accusata di
complicità con la sua amica Choi
Soon-sil, anche lei figlia di, in
questo caso dello sciamano che
già soggiogò suo padre. Un vero
Park è l’ultimo anello di questa catena arrugginita e il suo
appeal era rimasto mica per
niente attaccato alla figura paterna: tutti ricordano la giovane
Geun-hye a fianco del padre, first lady mica TVBTQPOUF dopo
l’uccisione della mamma. E indovinate chi c’era già allora a tramare? Il padre della sua amichetta, Choi Tae-min lo sciamano, un potere senza freni riassunto nella definizione di “Rasputin coreano” appiccicata da
un diplomatico Usa in un DBCMF
reso pubblico da WikiLeaks. Di
padre in figlia dunque: lo sciamano e il presidente, poi la figlia
dello sciamano e la figlia del presidente, diventata presidenta
lei stessa della Corea finalmente democratica — ma democratica quanto con il palazzo così sordo alle proteste? Sì, ha proprio
ragione il portavoce presidenziale, anche se non è certo a questo
che pensava: è una House of
Cards, questa storia non è altro
che House of Cards. Ma chi glielo dice alla signora Park che questa puntata è finita?
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Gli scatti ad alto rischio
Morti
dal 2014 ad oggi
Incidenti
32 morti
Altezza
Acqua
Altezza
e acqua
Treni
Animali
Guida
Armi
Elettricità
5
«SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
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N tutto il 2015 se ne sono con-
tati 39, mentre nel 2014 soltanto 14: il “killfie”, così si indica nel gergo millennial il selfie
con esito tragico, è un fenomeno
in crescita. Ecco perché, per prevenire queste morti del tutto evitabili, un gruppo di studenti di
origine indiana ha messo in campo la tecnologia digitale più sofisticata. Si tratta di allievi della
Carnegie Mellon University e del
“Precog Lab” (nome che ricorda
Minority Report) dell’Indraprastha Institute di Delhi. «Non sarebbe bello avere un sistema automatico, incapsulato in un’app,
dissuada dal selfie ad alto rischio? Così è partito il nostro progetto» spiega a Repubblica l’informatica Megha Arora, coautrice dello studio ”Me, myself and
my Killfie: preventing selfie deaths” appena pubblicato su arXiv.
«Innanzitutto abbiamo definito la “morte da selfie” come “morte evitabile se la vittima non fosse stata impegnata
a scattare il selfie”.
Poi abbiamo cercato le notizie che corrispondono a questa descrizione — sono 127 dal 2014 ad
oggi — e abbiamo
classificato gli incidenti per luogo geografico e causa della
morte». Chi ha notato il diluvio di condivisioni e retweet
che premiano le foto di pazzi spericolati in bilico su passerelle, cornicioni, torri e orli di burroni e
scogliere, non sarà
sorpreso dai dati
raccolti: l’incidente
più frequente è la caduta da grandi altezze. Segue, per numero di fatalità, il selfie preso in prossimità di corsi d’acqua.
Poi il selfie sui binari, micidiale soprattutto in India (dove
avviene oltre la metà degli scatti mortali). Se fatto in compagnia, è ritenuto
prova di un’amicizia che durerà per
tutta la vita: previsione tragicamente più vera
quando, proprio a causa del selfie, la vita si accorcia.
L’ultima tipologia di scatti dove nel “click” la mano del fotografo si accompagna a quella del tristo mietitore è il selfie con armi
da fuoco: fatale soprattutto negli
Stati Uniti e in Russia. «Con questi dati abbiamo allenato un algoritmo, tramite apprendimento
automatico, a identificare le foto
più a rischio» spiega Megha Aro-
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ra. «Non soltanto rilevando ciò
che si vede nell’inquadratura —
come un’arma da fuoco, o un corso d’acqua — ma anche usando
dati geografici. Il sistema geolocalizza via Gps lo smartphone, e
calcola — usando servizi come
Google Maps Elevation — la diffe-
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renza tra il punto più alto e il punto più basso nei dintorni: ossia
l’altezza massima da cui si rischia di precipitare. Sempre via
Gps il sistema rileva se si è troppo vicini a un bacino d’acqua o alla ferrovia». L’algoritmo salva-scavezzacolli così ottenuto è
stato sperimentato su 3.000 selfie pubblicati su Twitter: «Il risultato è incoraggiante: il 73% delle
fotografie oggettivamente rischiose è stato riconosciuto
dall’algoritmo» spiega Arora.Per
ora il software non è ancora stato
incorporato in un’app, che quan-
do sarà pronta potrà giovare soprattutto a un preciso gruppo
anagrafico: «I ragazzi tra 20 e 24
anni, che sono la maggioranza
delle vittime dal 2014 ad oggi, e
soprattutto i maschi: coinvolti
nel 75% degli infortuni» sottolinea Arora. «Ma il nostro progetto
non si ferma ai “selfie”. L’obiettivo è salvaguardare l’utente disattivando, per chi si trova in una zona a rischio, non solo la fotocamera, ma anche applicazioni di realtà aumentata come PokemonGo.
E la mappa usata dall’algoritmo
si arricchirà di “zone no selfie” anche grazie a segnalazioni in crowdsourcing da tutto il mondo».
Basterà per fermare chi scatta foto spericolate essendo conscio
del pericolo? «Oltre ai temerari
veri e propri, chi rimane vittima
di un “killfie” è spesso chi tenta
d’impulso una foto rischiosa solo
per avere più “like” » commenta
Arora. «Non tutti riflettono sul rischio: la nostra app li aiuterà».
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l’ho portato al suo proprietario, non capisco il motivo di tanto stupore: se una cosa
non è tua devi restituirla». Dietro alla
bancarella del mercatino di Lecce, il quarantenne marocchino Abdul scuote la testa e sorride. Per l’ennesima volta racconta la storia del portafogli trovato a terra
vicino alla villa comunale e restituito
all’imprenditore salentino Carlo Merenda, dopo aver percorso 40 chilometri e setacciato la cittadina di Maglie palmo a
palmo pur di trovarlo.
Abdul, immaginava tanto clamore?
«Non lo capisco ancora adesso, ho fatto ciò che dovrebbe fare chiunque. Mentre tornavo dal market e andavo verso la
moschea, ho notato il portafogli a terra,
l’ho aperto, ho visto che conteneva denaro, ho cercato la carta d’identità su cui
era scritto l’indirizzo della persona che
l’ha perso e ho deciso di restituirlo».
Senza pensare, neppure per un attimo, di prendere i soldi e buttare il portafogli o di restituire solo i documenti?
«Perché avrei dovuto? La nostra religione è chiara: Dio dice che quando trovi
qualcosa se sai di chi è devi restituirla, se
non è di nessuno può diventare tua. Ho
letto che l’uomo abitava a Maglie e sono
andato a cercarlo, ho chiesto a qualche
persona e poi sono arrivato al suo negozio, dove ho consegnato tutto a un commesso, che poi mi ha fatto parlare per telefono con il proprietario».
Che l’ha ricompensata per il suo gesto.
Ci sperava?
«Io non sapevo neanche chi fosse
quell’uomo. Lui mi ha ringraziato tanto
per telefono quando ha saputo che avevo
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trovato il portafogli e non avevo preso
nulla, poi ha voluto incontrarmi e mi ha
dato del denaro per la benzina che avevo
consumato. Ha anche detto che mi aiuterà a trovare lavoro in una delle sue aziende, come operaio o magazziniere. Io so fare tante cose e la fatica non mi spaventa,
se mi darà fiducia non lo deluderò».
Perché si è trasferito proprio in Salento?
«Mio padre viveva qui e dieci anni fa,
mi trovò un posto in una masseria-albergo, facevo il giardiniere, l’uomo delle pulizie, il tuttofare. Sono arrivato dopo un
viaggio di tre giorni in autobus. Poi ho fatto il cameriere per quattro anni ma l’anno scorso ho lasciato il posto per tornare
in Marocco da mia madre, perché lei abita sola ed è malata e avrei voluto restare
lì. Dopo pochi mesi però ho capito che in
Italia avrei avuto qualche possibilità in
più e sono tornato».
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BARI. Una ragazzina di soli 12 anni ha partorito un bimbo del peso di tre
chilogrammi. La notizia è stata confermata dalla clinica privata barese in cui è
avvenuto il parto. Sulla vicenda, resa nota dal giornale online 2VPUJEJBOPJUBMJBOP,
è stato informato anche il Tribunale per i minori che interverrà per garantire la
tutela del neonato e dei due baby genitori (anche il padre del bimbo ha 12 anni).
«“I ragazzini hanno esperienze sessuali sempre più precoci, ma non sanno nulla di
educazione sessuale — denuncia Rosy Paparella, garante per l’infanzia della
Regione Puglia — anche a causa della scarsa informazione fornita sul tema dagli
adulti e dal mondo della scuola».
Ma un posto fisso non lo ha ancora trovato. Come sopravvive in Italia?
«Quando lavoravo ho messo qualcosa
da parte, con la vendita delle borsette riesco a guadagnare 25-50 euro al giorno,
ogni tanto mi aiuta mia sorella, che vive
anche lei a Lecce e fa la badante, intanto
continuo a cercare lavoro, sono pronto a
fare qualunque cosa. Chi mi conosce dice
che e ho un cervello che impara in fretta.... Certo non starò senza far nulla, perché i 300 euro di affitto devo pagarli e
l’ambulante non voglio farlo a vita: si guadagna poco, è un lavoro irregolare, spesso i vigili ci mandano via, sabato mi hanno persino fatto una multa».
Spesso voi migranti siete accusati di
non voler far nulla, c’è diffidenza, qualcuno esagera e vi definisce tutti criminali. Un gesto come il suo farà ricredere in molti...
«Guardi, non voglio essere considerato un eroe, non è proprio il caso. E poi io
qui sto benissimo. Lecce è una città ospitale, non ho mai avuto problemi o percepito intolleranza. Anche negli ultimi anni, in cui si guarda ai musulmani con maggiore sospetto a causa del terrorismo, qui
non è cambiato nulla e spero che non accada perché l’Islam vero non ha nulla a
che fare con il terrorismo. Quelli sono dei
pazzi, che non rispettano la nostra religione e stanno danneggiando tutte le persone normali come me che in Italia vogliono vivere in pace e onestamente».
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«Si parla tanto del numero
elevato dei Comuni che rifiutano
l’accoglienza, ma credo ci si debba
domandare perché questo accade».
Piero Fassino, ex sindaco di Torino e
presidente dell’Anci fino a poche settimane fa, è il presidente del CeSPI,
il Centro studi di politica internazionale.
Fassino, Giuseppe Sala punta il dito sui sindaci leghisti, Giorgio Gori, che amministra Bergamo, dice
che anche i sindaci Pd rifiutano
l’accoglienza. Far crescere la disponibilità è così difficile?
«Sala e Gori hanno ragione a chiedere un impegno a tutti i Comuni.
Ma per ottenerlo bisogna che lo Stato dia ai sindaci garanzie precise. Se
si vuole estendere la platea dei Comuni che accolgono, si devono realizzare due condizioni fondamentali.
La prima è il rapporto di proporzionalità fra la dimensione demografica dei Comuni e i profughi che vengono inviati. Molti sindaci sono restii
ad aprire le porte delle loro città non
perché non siano sensibili, ma perché hanno timore di ricevere una
quantità di profughi non gestibile.
Mi metto nelle condizioni del sinda-
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co di Bagnoli di Sopra: 3.700 abitanti e 900 profughi. Come restituire
tranquillità ai tuoi cittadini con numeri così evidentemente sbilanciati? Ci vuole un patto chiaro: i Comuni si aprono all’accoglienza e lo Stato
si impegna a inviare soltanto un numero di profughi sostenibile. Il secondo punto è che l’accoglienza sia
gestita insieme con i sindaci. Non
possono arrivare semplici comunicazioni da parte dei prefetti sul numero di profughi in arrivo senza che ci
sia un coinvolgimento dei primi cittadini. Perché sono loro che poi devono gestire la situazione ogni giorno»
Si può ipotizzare un obbligo ad accogliere?
«L’imposizione sarebbe controproducente. Meglio creare le condizioni perché un Comune sia invogliato ad aprirsi all’accoglienza. Ci sono
altre due azioni che ritengo determinanti e che sono incluse nel piano nazionale siglato da Anci e Viminale».
Quali?
«Un sistema premiale di incentivi
per i Comuni disponibili. La proposta è contenuta nella legge di stabilità che il Parlamento sta per approvare. Il quarto punto è la possibilità di
utilizzare i profughi in attività socialmente utili. Una forma di restituzio-
ne verso la comunità che ospita facilita la disponibilità all’accoglienza».
La partenza del piano è in ritardo.
Che tempi si ipotizzano?
«È previsto che parta dal prossimo gennaio»
Matteo Renzi ieri ha ripetuto che
non può essere l’Italia a pagare
per gli altri Paesi. I problemi
dell’immigrazione partono soprattutto da Bruxelles?
«Tutta l’Europa deve farsi carico,
perché chi sbarca in Italia ha spesso
come destinazione altri Paesi europei. Renzi ha ragione: non possiamo
essere noi a finanziare muri costruiti da altri. Ma per ridurre il numero
delle partenze, serve anche una politica di investimenti nei Paesi da cui
si emigra»
Giorgia Meloni dice che i soldati
di Milano non sono che una toppa
ad una situazione che è fuori controllo. È così?
«Il sindaco di Milano ha giustamente chiesto che lo Stato rafforzi i
meccanismi di sicurezza. I militari
sono stati usati a Roma e in tante altre città per il progetto “Città sicure”. Non è certo la prima volta. E in
ogni caso tutto ciò che rende sicuri i
cittadini va fatto».
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PALERMO.
Si è chiuso in casa.
Adesso ha paura il professore
pestato a Palermo dai genitori
di un suo alunno. La sua colpa?
Avere mandato fuori dall’aula
lo studente che disturbava la
lezione. «Sono molto scosso e
preoccupato per il mio ritorno
a scuola. Non mi aspettavo tanta violenza per una punizione
che rientra nella normale routine della vita scolastica», ha
confidato al sottosegretario
all’Istruzione Davide Faraone
che lo ha chiamato ieri per
esprimere la sua solidarietà.
L’insegnante di Scienze e
Matematica della scuola media Antonino Caponnetto di
Tommaso Natale, alla periferia ovest della città, è stato vittima di un raid punitivo al quale ha preso parte, oltre ai genitori del ragazzino, un’altra
coppia. Calci e pugni in testa e
alle ginocchia. Il professore è
stato lasciato a terra, davanti
alla scuola, quasi privo di sensi. «Sono stato accompagnato
subito in ospedale e ho preso
la decisione di denunciare perché avevo riconosciuto tra gli
aggressori i genitori del mio allievo e non deve passare il concetto che si possa essere così
violenti senza pagarne le conseguenze. In cinque anni di insegnamento alla Caponnetto
una cosa del genere non mi
era mai capitata», ha ricostruito l’insegnante.
Mercoledì scorso nell’aula
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di prima media il professore
aveva dovuto imporre la sua
autorità. «Due miei allievi invece di seguire la lezione chiacchieravano tra loro. Prima —
ha riferito anche alla polizia —
ho deciso di farli spostare al
primo banco, poi, visto che
non accennavano a smettere,
li ho messi alla porta». Il professore, 49 anni, ha sempre utilizzato metodi alternativi per catturare l’attenzione di studenti
dal profitto meno brillante.
«Anche quel giorno a fine lezione — ha raccontato al sottosegretario Faraone — ho distribuito le caramelle ai miei allievi. E ovviamente anche ai due
che avevo mandato fuori».
Uno dei due ragazzini, però,
quello vendicato poi dai genitori, ha fatto un gestaccio al
prof e ha rifiutato le caramelle. «Gli ho detto che non me lo
aspettavo da lui, è sempre stato educato. Pensavo fosse finita lì», ha detto il docente. Invece, due mattine dopo, all’entrata dell’istituto, l’insegnante è stato chiamato ad alta voce da un uomo mentre posteggiava la moto dentro il parcheggio della scuola. «Mi sono
voltato ed è arrivato anche il
papà del mio alunno e subito
dopo la madre e un’altra donna. Hanno cominciato a picchiarmi. Ho ancora la testa
molto dolente, forse hanno utilizzato alcuni oggetti per ferirmi. Ma ero spaventato, non ne
sono sicuro».
Sotto shock anche i colleghi
del professore. «Siamo molto
turbati. Non sospettavamo —
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<SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
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GENITORI di Palermo
che aspettano il professore fuori dalla
scuola e lo aggrediscono
agiscono per una sfiducia a prescindere. A prescindere dai fatti, che
non sono mai semplici
quando si tratta di persone, dinamiche educative, sfide, provocazioni e
si sa quanto possono provocare i ragazzi soprattutto in gruppo. E tutto
questo normale groviglio di vita di scuola chiede la pazienza della parola con cui si racconta, ci
si spiega, si riconosce
quello che è capitato.
Ma la sfiducia è anche a
prescindere dal ruolo.
Non si dà più un credito
di fiducia all’insegnante. Al primo sbaglio, e ci
può essere, lo si crocifigge di parole, «guardi che
le mando l’avvocato»,
«guardi che scrivo al
provveditore», o di botte, direttamente.
Nel caso di Palermo
c’è anche in gioco un’inedita logica di clan. I genitori si sono portati appresso persone “amiche
loro”, complici assurdi
di una spedizione punitiva a prescindere. Noi
contro lui. La dualità di
una società spaccata
che si riproduce in mille
rivoli di male. Ci sono
tante cose in gioco in un
fatto così. C’è anche la
confusione generazionale, i genitori confusi con
i figli, quel che penso offesa a mio figlio è offesa
a me e rispondo a muso
duro tanto e più di lui
adolescente. Con quale
serenità può lavorare un
insegnante
normale,
normalmente bravo e
professionale, in un clima così è qualcosa che
dobbiamo chiederci tutti.
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ammette la dirigente scolastica Graziella La Russa — che
dietro al nostro alunno ci fosse
una famiglia così violenta».
Stamattina il sottosegretario
Faraone farà visita all’istituto.
«Quello che è accaduto — dice
— è molto preoccupante. Bene
hanno fatto docente e dirigente a sporgere denuncia».
MONZA. È stato fermato dall’Interpol in Turchia, in esecuzione
di un mandato di arresto internazionale emesso dal Tribunale di Monza, Mohamed Kharat,
il quarantenne che cinque anni
fa rapì la sua bambina Emma
Houda di 4 anni, portandola via
alla madre Alice Rossini, residente a Vimercate (Monza), e
facendone perdere le tracce dopo averla probabilmente trasferita in Siria. È lo stesso paese in
cui Kharat potrebbe essere rimandato. Nessuna notizia invece su dove si trovi la piccola. «Il
nostro paese non vale nulla, se
non riporta a casa mia figlia» dice la mamma Alice.
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no un mese, il 17 dicembre, Jorge Mario Bergoglio compirà 80
anni. E al termine del suo terzo
Concistoro, e anche alla conclusione del Giubileo con la chiusura della Porta Santa, Francesco
ha risposto in un’intervista alla
domanda su quale sia il segreto
dei suoi 80 anni così pieni d’energia. «C’è un tè speciale? Non so
come faccio, ma... io prego: quello mi aiuta tanto. Prego. La preghiera è un aiuto per me, è stare
con il Signore. Poi, dormo bene:
è una grazia del Signore, questa. Dormo come un legno».
Lo fa per 6 ore di fila, svelano
a Casa Santa Marta. Dalle
10.30, quando si addormenta
con un libro in mano, alle 4.45,
quando il Pontefice è solito levarsi. Nemmeno ha sentito il terremoto dell’agosto scorso, quando in Vaticano lo avevano avvertito tutti, ha confessato lui stesso a TV2000, il canale della Conferenza episcopale italiana.
Un colloquio frizzante, intenso, pieno di dettagli gustosi. In
puro stile bergogliano. Gli viene
chiesto: fa più fatica a sopportare gli insulti dei suoi detrattori o
la finta ammirazione degli adulatori? E lui: «Il secondo! Io ho allergia degli adulatori. Ho aller-
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gia. Perché adulare un altro è
usare una persona per uno scopo, nascosto o che si veda, ma
per ottenere qualcosa per sé
stesso. Anche, è indegno. Noi, a
Buenos Aires, gli adulatori li
chiamiamo “lecca calze”, e la figura è proprio di quello che lecca le calze dell’altro. È brutto masticare le calze dell’altro». Poi aggiunge: «Ma i detrattori parlano
male di me, e io me lo merito,
perché sono un peccatore: così
mi viene di pensare [ride]. Quello non mi fa pensare, non mi preoccupa. Ma l’adulatore è... non
so come si dice in italiano, ma è
come l’olio», viscido.
E ancora: «Il senso dell’umorismo è una grazia che chiedo tutti i giorni. E prego quella bella
preghiera di san Tommaso Moro: “Dammi, Signore, il senso
dell’umorismo; che io sappia ridere davanti a una battuta”. È
bellissima, quella preghiera,
no? Perché il senso dell’umorismo ti solleva, ti fa vedere il provvisorio della vita e prendere le
cose con uno spirito di anima redenta. È un atteggiamento umano, ma è il più vicino alla grazia
di Dio».
Al mattino il Papa aveva chiuso davanti a 70mila fedeli la Porta nella Basilica di San Pietro,
l’ultimo battente rimasto aperto nel mondo, concludendo il
Giubileo straordinario della Misericordia aperto l’8 dicembre
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CITTÀ DEL VATICANO. Tra nemme-
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scorso, e che aveva simbolicamente anticipato nella cattedrale della martoriata Bangui, in
Centrafrica. Guai però, per il “regista” dell’Anno Santo, monsignor Rino Fisichella, a parlare di
flop: per la fine dell’evento — assicura — saranno passati sotto
le porte sante di Roma più di 20
milioni di pellegrini. Un evento
dal sapore nettamente spirituale, dice lo stesso Francesco, che
parla piuttosto di «avvicinamen-
'050ª"/4"(*64&11&-".*100-
to della gente alla Chiesa».
Al termine della celebrazione, il Papa ha poi firmato la Lettera Apostolica “Misericordia et
misera”, che sarà presentata oggi in Vaticano, ed è «indirizzata
a tutta la Chiesa per continuare
a vivere la misericordia con la
stessa intensità sperimentata
durante l’intero Giubileo straordinario». Molto significativo il
fatto, secondo gli osservatori
più attenti, che Francesco l’ab-
bia consegnata, oltre ad alcuni
vescovi, sacerdoti e suore, a un
solo cardinale: Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila. Che è
sì il custode spirituale di una delle più grandi metropoli del mondo. Ma è notoriamente un porporato giovane, dinamico e capace, su cui la Chiesa punta per il
futuro. E sul quale Francesco ancora una volta ha posato lo
sguardo.
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REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA - ASSESSORATO DEI LL.PP.
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AVVISO DI GARA PER ESTRATTO
Stazione Appaltante: Azienda Policlinico Umberto I – U.O.C.
Provveditorato.
1) Sulla G.U.R.I. n. 135 del 21-11-2016 è stato pubblicato
il bando di gara relativo la gara a procedura aperta urgente,
ai sensi dell’art. 60 del D. Lgs. 50/2016, finalizzata alla conclusione di un accordo quadro per l’acquisizione di dispositivi medici occorrenti alle esigenze delle UU.OO.CC. di
Neurochirurgia A e B, dell’Azienda Policlinico Umberto I.
Importo complessivo presunto posto a base di gara dell’appalto: € 3.139.081,00 più IVA di legge.
La presente fornitura di durata annuale è suddivisa in centoquaranta lotti indivisibili.
2) Il Bando di gara relativo la gara a procedura aperta urgente, ai sensi dell’art. 60 del D. Lgs. 50/2016, finalizzata
alla conclusione di un accordo quadro per l’acquisizione di
dispositivi medici occorrenti alle esigenze delle UU.OO.CC.
di Neurochirurgia A e B, dell’Azienda Policlinico Umberto I
è stato inviato all’Ufficio Pubblicazioni dell’Unione Europea
in data 15-11-2016.
Il Direttore Generale: Dott. Domenico ALESSIO
Oggetto: Procedura espropriativa preordinata all’acquisizione delle aree occorrenti per l’esecuzione dei lavori
di “Sistemazione Idraulica del Rio San Gerolamo - Masone Ollastu e interventi di ricostruzione delle opere
pubbliche danneggiate nelle località Poggio dei Pini ed altre frazioni - Dalla S.S. 195 verso monte - LOTTO
RIO SAN GEROLAMO”.
Comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art 11 del DPR 327/2001 e artt. 7 e 8 della L 241/90..
AVVISO
di avvio del procedimento di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, e di occupazione temporanea,
dei beni interessati dalla realizzazione delle opere in oggetto.
Il sottoscritto Ing. Alberto Piras, in qualità di Responsabile del Procedimento, ai sensi e per gli effetti degli artt.
7 e 8 della Legge n 241/1990 e dell’artt. 11 del D.P.R. n. 327/2001,
RENDE NOTO
che è intendimento della Regione Autonoma della Sardegna - Assessorato dei Lavori Pubblici – Servizio
Interventi nel Territorio attivare la procedura di cui all’oggetto per i mappali sotto riportati così come da piano
particellare e planimetrie catastali, relativi agli immobili siti in territorio del Comune di Capoterra, interessati
dal progetto relativo alla realizzazione dell’opera in oggetto; le aree interessate dalle procedure di esproprio
e/o di occupazione temporanea, ricadenti nel Comune di Capoterra sono le seguenti:
Agricola Immobiliare Frutti D’oro S.r.l. Foglio 27 – Mappale 1930, 1934, 1928, 1932; Argiolas Marcello F. 30 –
Mapp. 2194; Atzori Rita F. 30 – Mapp. 454; Baire Alessandra F. 30 - Mapp. 2694; Baire Carmela F. 30 – Mapp.
2694; Baire Maria Cristina F. 30 – Mapp. 2694; Baire Palmira F. 30 – Mapp. 546, 544; Baire Patrizia F. 30 –
Mapp. 2896, 2897, 2898, 2694; Baire Rosalba F. 30- Mapp. 2694; Baire Silvestro F. 30 – Mapp. 2836; Boi
Corrado F. 25 – Mapp. 793, 81, 549; Boi Fausto F. 25 – Mapp. 793, 81, 549; Boi Simonetta F. 25 – Mapp. 793,
81, 549; Campus Patrizia F. 29 – Mapp. 2309, F. 30 – Mapp. 2310; Cappai Anna Maria F. 25 – Mapp 638, 789;
Cappai Emanuele F. 25 – Mapp. 638, 789; Cappai Giovanna F. 25 – 638, 789; Cappai Lazzaro F. 25 – Mapp.
638, 789; Cappai Marco F. 25 – Mapp. 638, 789; Cappai Rita F. 25 - Mapp. 638, 789; Cara Michele F. 30 Mapp.453; Comune di Capoterra F. 30 - Mapp.2602; Dessi’ Pierluigi F. 30 - Mapp. 527, 527; Dessi’ Stefania
Elena F. 25 - Mapp. 647, 648; Ente Nazionale per l’Energia Elettrica F.25 - Mapp.191; Farigu Efisia F. 25 Mapp. 643, 644; Farigu Elisabetta F. 30 - Mapp. 2645; Farigu Tomaso F.25 - Mapp. 639, 640; Fenza Domenico
F. 30 - Mapp. 2701, 2698, 2583, 2582; Frongia Gianluca F. 30 - Mapp. 527; Frongia Giuseppe F. 30 - Mapp.
527; Frongia Marco F. 30 - Mapp. 2307, 2306, 2309, 2310; Gerina Giulia F. 30 - Mapp. 2872; Gerina Simone
F. 30 - Mapp. 2864; KAREDIL S.r.l. F. 30 - Mapp. 812; Lilliu Stefano F.30 - Mapp. 2809, 2702, 2699; Locci
Sandra F. 30 - Mapp. 1302; Mameli Efisia F. 30 - Mapp. 35 (fraz.2600 2601); Manca Gianfranco F. 30 - Mapp.
2612, 2830, 2831, 2832; Manca Peronia F. 30 - Mapp. 2701, 2698, 2583, 2582; Mannoni Salvatore F. 30 Mapp. 1302; Marcia Maria Pina F. 30 - Mapp. 2308, 2400, 2614, 2305; Marcia Vittorio F. 30 - Mapp. 981;
Marras Angela F. 25 - Mapp. 643, 644; Marras Anna F. 25 - Mapp. 643, 644; Marras Elisa F.25 - Mapp 643,
644; Marras Giuliana F. 25 - Mapp. 643, 644; Marras Mariano F. 25 - Mapp. 643, 644; Marras Maurizio F. 25
- Mapp. 643, 644; Marras Michelino F. 25 - Mapp. 643, 644; Marras Porfirio F. 25 - Mapp. 643, 644; Marras
Raffaele F. 25 - Mapp. 643, 644; Melis Elena F. 25 - Mapp. 248, 225, 228, 311, 223, 247, 651, 652, 114; Mulas
Elia F. 25 - Mapp. 114; Muscas Guglielma F. 25 - Mapp. 388, 792, 642, 790; Palmas Maria Teresa F. 25 - Mapp.
311; Pandino Rita F. 25 - Mapp. 642, 791; Parisi Fiammetta F. 30 - Mapp. 2871; Piscedda Andrea F. 25 - Mapp.
794, 791; Piscedda Anna Maria F. 25 - Mapp. 794, 791; Piscedda Gabbriella F. 25 - Mapp. 794; 791, Piscedda
Giorgio (1942) F. 25 - Mapp. 388, 792, 642, 790; Piscedda Giorgio (1966) F. 25 – Mapp. 791, 794; Piscedda
Giuseppe F. 25 – mapp. 794, 791; Piscedda Ignazio F. 25 – Mapp. 794, 791; Piscedda Lucio F 25 – Mapp. 388,
792, 642, 790; Piscedda Luigi F. 25 – Mapp. 388, 792, 642, 790; Piscedda Maria F. 25 – Mapp. 388, 792, 642,
790; Piscedda Marisa F. 25 – Mapp. 794, 791; Piscedda Pinna Giovanni F. 25 - Mapp. 388, 792, 642, 790;
Piscedda Pinna Guglielmo F. 25- Mapp. 388, 792, 642, 790; Piscedda Salvatore F. 25 - Mapp. 794, 791; Selene
Agricola Immobiliare Srl F. 25 - Mapp. 654, 653, 285, 279, 649, 650, F. 30 - Mapp. 2696, 2697, F. 25 – Mapp.
66; Serra Amedeo F. 30 - Mapp. 591; Serra Fabiana F. 25 - Mapp. 548, 755, 753, 645, 636, 634, 646; Serra
Marco F. 30 – Mapp. 454; Serra Mauro F. 30 – Mapp. 2835, 2690; Sestu Rita F. 30 - Mapp. 2837; SIFID SPA F.
30 - Mapp. 2606, 2607, 934, 933, 2312; Soru Consolata F. 30 – Mapp. 401(fraz. 2604 2605); Soru Erminia F.
30 – 401 (fraz. 2604 2605); Soru Francesco F. 30 – Mapp. 401 (fraz. 2604 2605); Soru Maria F. 30 – Mapp.
401 (fraz. 2604 2605); Soru Raimondo F. 30 – Mapp. 401 (fraz. 2604 2605); Tatalo Nicola F. 25 – Mapp. 647,
648; Tronci Anna Maria F. 30 – Mapp. 2194; Trovato Francesco F. 25 Mapp. 548, 755, 753, 645, 636, 634, 646;
Zuddas Rina F. 30 – Mapp. 453; Ente Urbano F. 25 – Mapp. 799, 800, 801, 795, 798, 797, 585, 602, 601;
che il Responsabile del Procedimento è l’ing. Alberto Piras;
che il progetto dei lavori in oggetto è consultabile presso l’Assessorato dei LL.PP. della R.A.S. – Viale Trento n°
69, 09100 Cagliari, previo contatto telefonico con il Responsabile del Procedimento ing Alberto Piras 070
6062054 e-mail [email protected].
Entro trenta giorni dalla data del presente avviso, a pena di decadenza, gli eventuali portatori di interessi
pubblici o privati individuali o collettivi, potranno far pervenire al Responsabile del Procedimento le proprie
osservazioni che saranno valutate qualora pertinenti all’oggetto del procedimento. Entro lo stesso termine, ai
sensi dell’art . 3, comma 3, del citato D.P.R 327/2001, qualora gli intestatari non siano più i proprietari degli
immobili in esame, sono tenuti a comunicarlo, indicando altresì, ove ne siano a conoscenza, il nuovo proprietario
o comunque fornendo copia degli atti in possesso utili a ricostruire le vicende degli immobili interessati
Il R.U.P Ing. Alberto Piras
E parole
hanno — come
le idee — le loro stagioni.
L’inconsueto anno giubilare chiuso ieri, forse, ha avuto un effetto anche sul vocabolario: la parola “misericordia”
— millenaria come quella che
contiene, “cuore” — è tornata
al centro del discorso pubblico. Papa Francesco l’ha ripetuta come se dovesse risvegliarla — ed è così che l’ha rinnovata.
Un termine nobile, antichissimo e opaco si fa caldo e
rivoluzionario in un tempo di
parole fredde. La porta santa
si chiude, dice il pontefice, ma
quella della misericordia rimane spalancata. C’era da
aprire, prima di tutto, un’altra porta, e da lì tornare a
guardare l’imperfezione degli esseri umani: «Il nostro bisogno, il nostro vuoto, la nostra miseria».
Quando il Papa usa un’espressione come «avere il cuore a pezzi» sta tornando, è già
tornato in un campo da cui
troppi uomini di Chiesa si erano assentati. Lo spazio del nostro quotidiano, lo spazio
dell’errore, del disagio, del
malessere più difficile da confessare. Ma — dice il Papa —
un cuore a pezzi è l’offerta più
gradita a Dio, «il segno che siamo coscienti del nostro bisogno di perdono, di misericordia». Dà sollievo al credente
come al non credente poter
pensare al proprio sentimento di vergogna “come grazia”.
«Non mi sento migliore di
chi ho di fronte», «Chi sono io
per giudicare?»: Bergoglio ha
fatto del «Neppure io ti condanno» detto da Gesù all’adultera un asse del pontificato.
Traducendolo così: «Prima c’è
la persona, nella sua interezza e dignità». Se una parola si
sveglia, torna viva, questo riguarda il lessico di tutti. Mi
piace pensare che sia come
riaddomesticata, che torni
quotidiana senza per questo
logorarsi. E che significhi quello che davvero dice.
Se nel paese che sognava
Zavattini, “buongiorno” vuol
dire davvero “buongiorno”,
misericordia è — prima che
un atto di compassione — un
sentimento del mondo. Spendibile nella quotidianità come
una forma di gentilezza: «Siate gentili sempre» dice un personaggio di Charlie Kaufman
nel film (quasi) d’animazione
Anomalisa, «ciascuno sta
combattendo una battaglia di
cui non sapete niente»; «Eccedete in gentilezza» ribadisce
lo scrittore americano George
Saunders. Una forma di attenzione all’altro, all’altro «come
se fossi io».
Avere misericordia di sé
per averla di chi ci vive accanto. Dove il titanismo della provocazione e dello scontro
avanzano e desertificano, dove la “trumpizzazione degli
spiriti” incendia il discorso
pubblico, dove ogni antitesi al
cinismo è presa per melensaggine, dove ogni dito è puntato
contro qualcosa o qualcuno,
una misericordia tutta laica,
onesta, giornaliera somiglia a
un argine, a un sovrappiù di
ossigeno, a una soluzione.
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ROMA. Notizie da portare in tasca, notizie nelle quali
immergersi: è una doppia evoluzione (e una vera
rivoluzione) quella che coinvolge il mondo
dell’informazione. Una rivoluzione in cui il Gruppo
Espresso è in prima fila. Il boom degli smartphone e
dei social ha cambiato profondamente il rapporto
tra lettori e informazioni. Le notizie si leggono
ovunque e escono dai contesti di fruizione
tradizionali: condivise dagli amici, oppure sulle
applicazioni di chat. Ormai i lettori del mobile
superano quelli del desktop, in certe ore della
giornata. Bisogna raggiungerli in tempo reale.
3FQVCCMJDB ha appena lanciato il suo servizio di
notifiche che permette di ricevere le breaking news
sulla app Facebook Messenger allo stesso modo in
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ROMA. Una
piattaforma pensata per i telefonini per raccontare in diretta lo svolgimento delle partite di calcio e degli eventi
sportivi, migliorando così per i
lettori la profondità e la precisione della cronaca, arricchita
di grafica, dettagli e statistiche. È questo il tema del progetto del Gruppo Espresso che si è
aggiudicato un finanziamento
di 450mila euro da parte del
fondo della Digital News Initiative (DNI), l’organizzazione creata in collaborazione tra Google e gli editori europei per sostenere il giornalismo di qualità e incoraggiare un ecosistema
sostenibile
dell’informazione attraverso l’innovazione e la
tecnologia.
L’annuncio è stato dato giovedì scorso in occasione di un evento DNI a
Berlino, durante il quale
sono stati svelati i vincitori del secondo round di finanziamenti del fondo.
Sono stati selezionati
124 progetti da 25 paesi
tra le centinaia di richieste pervenute. Per l’Italia
sia -B4UBNQB sia -&TQSFTTP,
con due diverse proposte, sono
risultate tra le aziende scelte
nella categoria grandi progetti.
Il progetto Espresso, presentato da Elemedia - divisione digitale di Gruppo - in collaborazione con Goalshouter, si chiama Real Time Sports 4 All
(Sport per tutti e in tempo reale), e consiste nell’ideazione di
un’interfaccia tecnologica dedicata alla raccolta e alla gestione
dei dati e dei contenuti sportivi.
La piattaforma permette la
gestione centralizzata di tutti i
flussi di dati sportivi prove-
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NA testa nera e riccia che da lontano
sembra una boa, cadaveri stipati nelle
stive come sacchi di mercanzie, sulle
spiagge gli avanzi che porta il mare. Una scarpa, un telo strappato, dei jeans, una bambola, un bambino che non respira più. Corpi che
galleggiano fra le onde, corpi calpestati dai
piedi nudi sui barconi, corpi restituiti con l’ultima burrasca. Poi ci sono quegli altri incastrati nel blu più profondo, aggrappati a un
argano o a una cima, abbracciati a un figlio,
un fratello, una madre, schiacciati dai loro
compagni che rassegnati si sono lasciati scivolare sino alla sabbia. Immobili, somigliano
a manichini. Circondati da pesci curiosi, branchi di sgombri, di orate, di piccole cernie.
Cambiano solo le coordinate nautiche: al
largo di Malta, davanti alle isole Kerkennah, a
est di Kelibia. O ancora più vicino, quasi a terra, quasi in salvo: Cala Creta, la Tabaccara, Ca-
6
nienti da diverse fonti, e
garantisce la possibilità
per i giornalisti di raccontare in tempo reale
attraverso terminali
mobili gli eventi sportivi. Per gli editori i benefici derivanti dall’adozione
della piattaforma saranno
molteplici: abbattere i costi
tecnologici sostenuti per la gestione dei dati sportivi; ottimizzare i flussi di lavoro della redazione; semplificare la gestione dei fornitori esterni di dati; aumentare la
qualità del prodotto editoriale e il suo valore
commerciale.
I lettori invece potranno disporre di un numero di dirette assai più ampio, con informazioni più
precise, di maggior profondità e aggiornate in
tempi più brevi rispetto
a quanto non accada ora.
Con quest’assegnazione si conclude l’anno di
attività del fondo, che ha
finanziato finora iniziative degli editori europei
per poco più di 50 milioni
di euro. Nei prossimi due
anni di vita dell’iniziativa sono
previsti altri quattro bandi,
per un totale di 150 milioni.
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impensabile fino a poco fa. È il caso del primo video
a 360° realizzato da 3FQVCCMJDB nei luoghi del
terremoto in Centro Italia, che permette di vedere
gli effetti del sisma come se ci si trovasse sul posto.
In un mix tecnologico inedito in cui lo stesso
smartphone diventa un visore di realtà virtuale. E a
misura di smartphone vengono prodotte le nostre
webserie, inchieste declinate al digitale.
cui si ricevono i messaggi degli amici. Informazioni
sempre più veloci, versatili, capaci di adattarsi ai
diversi canali di distribuzione e alle dimensioni
degli schermi degli smartphone, come nel caso dei
video in verticale. Ma non solo: se l’evoluzione
tecnologica da un lato miniaturizza, dall’altro può
creare contesti virtuali in cui l’utente si immerge
per sperimentare l’attualità in maniera
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la Madonna, Punta Rossello, Siculiana. Quanti sono? Statistiche,
approssimative per difetto, dicono 10 mila negli ultimi tre anni.
Ma come si fa la conta? Come si
calcolano i morti in fondo al mare? È sempre e solo una questione
di numeri. I numeri delle traversate, i numeri dei barconi, i numeri
dei cadaveri ripescati, i numeri
dei dispersi. I nomi degli uomini e delle donne
e dei bambini che diventano anche loro numeri, sulle banchine o sui tavoli di marmo degli
istituti di medicina legale. E numeri ci sono soltanto anche sulle croci dei piccoli cimiteri dei
paesi siciliani che guardano l’Africa.
Tirarli su o lasciarli per sempre nel loro mare. Provate a chiederlo a quel sommozzatore
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dei vigili del fuoco di Catania che,
all’alba del 15 settembre 2001 –
quanto tempo è passato e quante altre “tragedie del Mediterraneo” abbiamo raccontato – si tuffava ogni due ore al largo dello
scoglio che c’è davanti ai lidi di
Realmonte e poi risaliva su con
una ragazzina nuda, un vecchio
con addosso un salvagente sgonfio, un uomo che nelle tasche dei pantaloni
aveva sei datteri gialli. Il suo cibo per due giorni di viaggio da una sponda all’altra.
Ogni volta che il sub scendeva, s’infilava
nel barcone sfasciato e passava per un varco
stretto nascosto dalle reti. Ogni volta rischiava di incastrarsi con le sue bombole di ossigeno troppo grandi, rischiava di diventare un
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manichino pure lui. E continuava a issare sul
gommone i cadaveri che non voleva abbandonare giù. «Tira, tira», gridava agli altri con la
fune quando aveva fra le braccia il cadavere.
E gli altri tiravano con il mezzo marinaio. Difronte, a mezzo miglio, c’era la Scala dei Turchi con la sua marna accecante. Al tramonto
il gommone dei sommozzatori di Catania era
colmo di cadaveri che non meritavano di avere come tomba il mare.
Dai moli vediamo tutto e niente. Quei legni fradici che si avvicinano o si capovolgono,
le motovedette che si dispongono a cerchio,
le braccia tese per caricare a bordo i sopravvissuti. E poi le voci nel buio. Quelle metalliche delle radio della Capitaneria, le altre che
salgono dal mare di notte. Il racconto di un superstite a Lampedusa: «Tutti gridavano intorno a me, tutti avevano paura, erano urla umane ma sembravano gabbiani».
Ma chi l’ha detto che ne muoiono così tanti? «Le prove ci vogliono le prove. C’è forse
una lista passeggeri e un diario di bordo sui
barconi?» si chiedono quelli con il cuore gonfio di rancore e paura. Le prove, le prove sono
a duecento, trecento, quattrocento metri più
sotto. Bisogna immergersi negli abissi per
trovarle, ripescarle, per riportarle in superficie e mostrarle in tutta la loro crudeltà sugli
attracchi di «Lambadoza», come i morti-vivi
del mare chiamano l’isola di Lampedusa.
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ICIAMOLO subito: la vittoria
di Trump si spiega innanzitutto con l’esplosione delle disuguaglianze economiche e territoriali negli Stati Uniti,
in atto da vari decenni, e con l’incapacità dei successivi governi di far
fronte a questi problemi.
Per lo più le amministrazioni Clinton e Obama non hanno fatto altro
che accompagnare l’avanzata delle
liberalizzazioni e la sacralizzazione
del mercato portate avanti con Reagan e quindi coi Bush padre e figlio
— quando non l’hanno addirittura
esacerbata, come nel caso della deregulation finanziaria e commerciale approvata sotto Clinton. L’incapacità delle élite politico — mediatiche dell’area democratica di trarre
insegnamento dal voto per Sanders
e dai sospetti di contiguità con la finanza hanno fatto il resto.
Hillary Clinton ha prevalso di
stretta misura nel voto popolare
(60,1 milioni di voti contro 59,8 per
Trump, su una popolazione adulta
totale di 240 milioni), ma la partecipazione delle fasce più modeste e di
quelle giovanili è stata di gran lunga insufficiente per consentirle di
vincere negli Stati chiave.
Sfortunatamente il programma
del nuovo presidente non farà che
aggravare la tendenza all’aumento
delle disuguaglianze. Trump si prepara a sopprimere l’assistenza sanitaria faticosamente concessa sotto
Obama ai lavoratori poveri, e a lanciare il suo Paese in una fuga in avanti nel dumping fiscale — mentre finora gli Usa avevano resistito a questa
rincorsa senza fine proveniente
dall’Europa — con la riduzione dal
35% al 15% del tasso d’imposta federale sui profitti delle società.
Oltre tutto, la connotazione etnica sempre più marcata del conflitto
politico americano non promette
nulla di buono per il futuro, se non si
troveranno nuovi compromessi: in
questo Paese il 60% dei voti della
maggioranza bianca va strutturalmente a uno dei due grandi partiti,
mentre l’altro ottiene più del 70%
dei voti delle minoranze; e la maggioranza si avvia a perdere la sua superiorità numerica (il 70% dei suffragi espressi nel 2016 contro l’80%
nel 2000 e il 50% da qui al 2040).
La principale lezione per l’Europa e il mondo è chiara: è urgente riorientare la globalizzazione. Le disuguaglianze e il riscaldamento climatico sono le principali sfide del nostro tempo. Da qui la necessità di stipulare trattati internazionali che
consentano di rispondere a queste
sfide promuovendo un modello di
sviluppo equo e sostenibile.
Questi accordi di nuovo tipo potranno anche contenere, ove necessario, alcune misure volte a facilitare gli scambi commerciali; ma non
dovranno più essere centrati sulla
loro liberalizzazione. Il commercio
deve ridiventare ciò che non avrebbe mai dovuto cessare di essere: un
mezzo al servizio di obiettivi più elevati.
Concretamente, bisogna smettere di firmare trattati internazionali
di abbattimento dei diritti doganali
e di altre barriere commerciali che
non includano, fin dai loro primi capitoli, una serie di regole quantificate e vincolanti, per contrastare il
dumping fiscale e climatico, ad
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esempio sotto forma di tassi minimi
comuni d’imposizione sui profitti
delle società e di obiettivi verificabili per le emissioni di carbonio, con le
relative sanzioni. Non è più possibile negoziare trattati di libero scambio in cambio di nulla.
Da questo punto di vista, l’accordo economico e commerciale globale (CETA) tra l’Unione Europea e il
Canada è un trattato d’altri tempi, e
va quindi respinto. È di natura strettamente commerciale, e non contempla nessuna misura vincolante
sul piano fiscale o climatico, mentre
dedica alla «tutela degli investitori»
un’intera sezione che consente alle
multinazionali di citare gli Stati davanti a corti arbitrali private, aggirando così i tribunali pubblici chiamati a giudicare la generalità dei cittadini.
L’inquadramento proposto è palesemente insufficiente, soprattutto riguardo alla questione cruciale
della remunerazione dei giudici-arbitri, e condurrà a ogni genere di derive. Nel momento stesso in cui l’imperialismo giuridico americano raddoppia il proprio peso, imponendo
alle nostre imprese le sue regole e i
suoi tributi, quest’indebolimento
della giustizia è più che mai aberrante.
La priorità dovrebbe andare invece alla costituzione di un potere pubblico forte, con un procuratore e
un’istanza europea capaci di far rispettare le proprie decisioni.
Che senso aveva firmare gli accordi di Parigi, con l’obiettivo puramente teorico di limitare il riscaldamento a 1,5° — il che richiederebbe la rinuncia all’estrazione di idrocarburi
come quelli ricavati dai sali bituminosi dell’Alberta, dei quali il Canada ha rilanciato di recente lo sfruttamento — per stipulare poi, a pochi
mesi di distanza, un trattato commerciale realmente vincolante, in
cui non si fa il minimo cenno a questo problema?
Un trattato equilibrato tra il Canada e l’Europa, volto a promuovere un partenariato di sviluppo equo
e sostenibile, dovrebbe precisare innanzitutto gli obiettivi di emissione
per ciascuna delle parti, e gli impegni concreti per raggiungerli.
Sulla questione del dumping fiscale e dei tassi minimi d’imposizione sui profitti delle società, si tratterebbe evidentemente di un cambiamento totale di paradigma per l’Europa, costruita fin qui come zona di
libero scambio senza regole fiscali
comuni.
Ma questo cambiamento è indispensabile. Che senso ha accordarsi
su una base impositiva comune — il
solo cantiere in cui l’Ue abbia fatto
finora qualche piccolo passo in avanti — se poi ciascun Paese può fissare
un tasso vicino allo zero per attirarsi le sedi delle imprese?
È tempo di cambiare il discorso
politico sulla globalizzazione: il commercio è un’ottima cosa, ma per
uno sviluppo sostenibile ed equo servono anche servizi pubblici, infrastrutture, sistemi di istruzione, formazione e salute, che a loro volta esigono tassi impositivi equi. Altrimenti sarà il trumpismo a prendersi tutto.
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RA meno di due settimane si voterà a un referendum, per decidere — anzitutto
ma non solo — di ridimensionare i poteri del Senato. E, dunque, il bicameralismo paritario. Per rendere i processi decisionali più rapidi. Più diretti. Più immediati. Il referendum stesso è un metodo di democrazia immediata. Che affida la scelta e la decisione al “popolo sovrano”. Ma la posta in palio di questo referendum va ben oltre la riforma costituzionale, peraltro, importante. Chiama in causa, in
modo diretto, anzi, immediato, il premier, Matteo Renzi. Il quale, per primo, ha attribuito al referendum una finalità “politica” e “personale”. Annunciando che, nel caso
non fosse stato approvato dal voto popolare, si sarebbe dimesso. Così, per citare Gianfranco Pasquino, il referendum si è trasformato in un plebiscito. In un’investitura o,
al contrario, una dis-investitura. Diretta. Anzi im-mediata. Questa “piega” è divenuta
esplicita nelle ultime settimane. Perché, al di là di tutto e di tutti, il confronto pone, ormai, di fronte il Capo e il Popolo sovrano. Al quale Renzi si è rivolto. Saltando ogni mediazione. Così sarà difficile, in caso di approvazione, mettere in discussione i suoi poteri. La sua legittimità. Riconosciuta dal Popolo sovrano. Direttamente. Così, nei verso le primarie. Tuttavia, anch’egli ha
prossimi giorni, il premier si rivolgerà di- centralizzato decisioni e poteri. Si è cirrettamente ai cittadini. Inviando ad ogni condato da una cerchia di persone fedeli
famiglia un opuscolo che spiegherà le ra- e amiche. Ha, di fatto, rimpiazzato i congioni del Sì. Al tempo stesso, Renzi ha de- gressi con la convention “personale” alla
nunciato «l’accozzaglia di tutti contro Leopolda. La stazione di Firenze vicino a
una sola persona». Lui. Solo. Di fronte ai casa. Sua. Per questo ho ri-definito il Pd:
nemici che operano contro di lui e contro PdR. Partito di Renzi. D’altronde, Renzi
la riforma.
interpreta in modo esemplare il tempo
Al tempo stesso, Renzi ribadisce che, della “democrazia im-mediata”. Oppure,
se il referendum non venisse approvato, per citare Nadia Urbinati, “in diretta”.
il governo seguirebbe il destino del pre- Certo, come Berlusconi, sa comunicare
mier. Cioè, le dimissioni. Ripeto e metto efficacemente attraverso i media tradiin fila cose note. A tutti. Perché espresse zionali. Per prima la televisione. Ma, più
e comunicate pubblicamente. Tuttavia, e meglio di altri, utilizza i social media.
non mi interessa tanto entrare nei conte- Twitter e Facebook. I canali della “comunuti del dibattito sul referendum. Ma, nicazione im-mediata”. Che bypassano
piuttosto, ragionare sulle dinamiche del ogni “mediazione”. E mettono in relaziorapporto fra società e politica che emer- ne diretta, anzi, im-mediata, il Capo con
gono in questa fase. In particolare, sulla il suo popolo. Non è un caso e non è per carapida riduzione delle distanze fra autori- so che il principale soggetto politico di optà e cittadini. Insieme alla personalizza- posizione sia il M5S. Fondato e guidato
zione della politica e delle istituzioni. Og- da Beppe Grillo, ispirato da Gianroberto
gi, infatti, ma non solo da oggi, il gover- Casaleggio. Il M5S ha utilizzato la rete cono e i partiti sono personalizzati, in mo- me una nuova Agorà. Dove i cittadini posdo sempre più estremo. In Italia in parti- sono deliberare direttamente sulle quecolare, il Pd, partito di maggioranza e di stioni di maggiore interesse pubblico. Cogoverno, appare iper-personalizzato. Di- me nell’Atene di Pericle. Il M5S: un sogrei quasi personale, com’era Forza Italia. getto e un progetto di democrazia diretAnche se Renzi ha “conquistato” demo- ta. Meglio: im-mediata. Senza mediaziocraticamente la guida del partito, attra- ni. Anzi: contro ogni mediazione e ogni
mediatore. E, dunque, contro i “media” e
i giornalisti. Visto che al tempo del digitale ogni cittadino può e dovrebbe discutere e decidere sulle questioni di interesse
comune. Nell’Agorà digitale.
I canali e gli attori tradizionali della
mediazione, d’altronde, si sono rarefatti. I partiti per primi, sempre più personalizzati e abbandonati dagli iscritti. Intorno a noi vediamo leader senza partiti e
partiti senza società e senza territorio.
Così i leader si rivolgono direttamente ai
cittadini. Senza mediazioni. D’altronde,
le mediazioni sono sempre più difficili da
proporre e da imporre. Perché i cittadini
appaiono, a loro volta, più soli. Visto che
non solo i partiti, ma anche le associazioni tradizionali si stanno indebolendo. Il
sindacato, le organizzazioni di rappresentanza degli interessi: hanno perduto
la loro base sociale. E, insieme, la fiducia
dei cittadini. Ormai, meno del 20% delle
persone, in Italia, esprime fiducia nei sindacati. Mentre, fra le istituzioni, mantengono un buon grado di credibilità solo le
Forze dell’ordine, il presidente della Repubblica. E Papa Francesco. Sintomi e segni della diffusa domanda di sicurezza. E
di “fede”. In qualcuno. In qualcosa.
Per questa ragione, in questi tempi di
democrazia im-mediata, attraversati e
interpretati da uomini soli al comando,
chiamati a decidere subito e senza mediazioni, in rete o attraverso i referendum popolari, mi sento un po’ a disagio.
D’altronde, Evgenij Morozov ha insegnato a diffidare della visione ottimista di internet, (non sempre) canale di promozione democratica. E ha mostrato il “lato
oscuro della rete”.
Così a volte provo un po’ di nostalgia.
Dei (buoni) partiti. Capaci di rappresentare la società. Capaci di indicare percorsi futuri, perché hanno un passato, una
storia. E ammetto la mia preferenza per
la democrazia rappresentativa. Per la
“buona” mediazione, realizzata da “buoni” mediatori.
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O HA DETTO al raduno di un movi-
mento di sinistra, Organizing for
Action: «Ci sono dei limiti alla
mia azione, finché non torno ad
essere un privato cittadino. Ma quel
giorno si avvicina». I limiti che lo condizionano finché è ancora il presidente in
carica, li abbiamo visti nel suo viaggio
in Europa. Con lealtà verso il suo Paese,
e fair play verso il vincitore dell’elezione, Obama ha detto a Merkel e agli altri
alleati: giudicate Trump sui fatti, non
abbiate pregiudizi. È lo stesso messaggio che diede agli americani nelle sue
prime reazioni pubbliche dopo il voto.
Un comportamento che è anche un dato di costume, di fiducia nella democrazia. Poi, però, quando sarà tornato privato cittadino? Quella sua frase è stata
interpretata dai media americani come una promessa: Obama non starà a
guardare, se gli atti di Trump dovessero rappresentare la demolizione sistematica di tutte le sue conquiste; o peggio ancora, se dovessero attentare alla
Costituzione. L’ipotesi non è del tutto
teorica, se si ricordano alcune promesse-minacce della campagna elettorale:
bavagli alla stampa (leggi sulla diffamazione contrarie al Primo emenda-
mento); esami di religione all’ingresso
del Paese, e altro. Se l’azione del nuovo
presidente dovesse minare le fondamenta della convivenza civile, i valori
che tengono unita l’America, sarà importante sentire la voce di un “padre nobile”. Tanto più che l’ex presidente
avrà concluso i suoi otto anni con un livello-record di popolarità, attorno al
55% dei consensi, un dato raro (Bush finì sotto il 30%). Obama non è mosso solo dalla preoccupazione di proteggere
la propria eredità storica. Lo spinge anche il desiderio di aiutare il suo partito,
in preda alle divisioni. Hillary Clinton
non potrà fare il capo dell’opposizione,
la sua carriera politica si è conclusa l’8
novembre. Anche se ha avuto due milioni di voti popolari in più — concentrati
nelle “zone sbagliate”, come la California, dove non servivano a rimpinguare
il bottino dei grandi elettori — la Clinton viene vista come una candidata debole, che ha regalato la vittoria a un rivale tutt’altro che irresistibile. I seguaci di Bernie Sanders continuano a rimpiangere il verdetto delle primarie.
Il calendario offre la prima possibilità di rivincita già fra due anni alle elezioni legislative di mid-term. Ma biso-
gna arrivarci con una strategia chiara.
Affiorano già le prime spaccature tra i
democratici. Il leader al Senato, Chuck
Schumer, vuole fare un’opposizione
pragmatica e costruttiva, è pronto a votare il piano di investimenti nelle infrastrutture promesso da Trump (la stessa idea figurava nei programmi di Hillary e Bernie). Una leader della sinistra
radicale, Elizabeth Warren, invece vuole un’opposizione dura. I movimenti di
base organizzano due grandi manifestazioni a Washington a gennaio vicino
all’Inauguration Day. Il rischio è occupare le piazze senza spostare i voti. Accadde nel 2003, dopo l’invasione dell’Iraq tanti americani manifestarono contro Bush, e questo non gli impedì di farsi rieleggere l’anno dopo. La vera sfida
è non farsi catturare dalle provocazioni
di Trump; non inseguire ogni giorno il
suo ultimo tweet. Bisogna riconquistare quel voto bianco, operaio o middle
class, che si sente tradito dai democratici e da una crescita economica troppo
diseguale. Reinventare l’American
Dream perché sia alla portata di tutti:
Obama su questo avrà qualcosa da dire.
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a similitudine ha una ricca tradizione letteraria,
che va dalla Bibbia all’Iliade, dall’Eneide all’Inferno
dantesco, passando per Mimnermo, Bacchilide,
Aristofane e Apollonio Rodio. Non meno insistente
è la traccia rimasta nella poesia moderna,
dall’inglese Shelley al russo Tjutcev, dal francese Lamartine
al tedesco (di Praga) Rilke. A noi, comunque, basta ricordare
Soldati, la folgorante quartina di Ungaretti: «Si sta come /
d’autunno / sugli alberi / le foglie». Cadiamo come loro, non
c’è dubbio.
Strano, però, che tanti poeti abbiano colto più la mortalità
del foliage, che il suo splendore. Comunque, se dal punto di
vista letterario la metamorfosi del fogliame appare
sconvolgente, non meno suggestiva risulta la sua spiegazione
scientifica.
Per prima cosa bisogna precisare che tale avvenimento
riguarda solo le fasce temperate. Manca difatti laddove non
esistono una stagionalità ben distinta e boschi di latifoglie
spoglianti. Ecco perché, all’equatore o all’estremo nord,
questo spettacolo non si ha quasi per nulla o solo in misura
ridotta. Noi abbiamo invece la fortuna di assistere a un
meccanismo creato in millenni di evoluzione, e teso a
proteggere la struttura portante delle piante. Da un punto di
vista chimico, insomma, questo strepitoso arcobaleno
vegetale non è altro che una “risposta” all’imminente
inverno, quando, nel percepire le mutate condizioni
ambientali (discesa della temperatura, accorciarsi delle
giornate, variare dell’intensità luminosa), le piante
cominciano a spogliarsi.
Se fino a quel momento, grazie alla fotosintesi, le foglie
sono state il motore della pianta, con l’inverno tutto cambia,
dato che la loro chioma diventerebbe un pericolo,
trattenendo la neve, appesandosi e minacciando le branche e
la stabilità del fusto. Pertanto, in autunno, il freddo spinge
zuccheri e altre sostanze organiche verso il tronco, mentre la
clorofilla, degradandosi, determina il mutamento del colore.
Come mai, tuttavia, vediamo tanti colori diversi? Cosa
produce questo caleidoscopio?
Il segreto sta nel fatto che la rapidità dell’invecchiamento
varia sia secondo la specie delle piante, l’andamento
climatico, lo stato nutrizionale, la posizione e l’esposizione del
fogliame. Questo è il motivo per cui il foliage può squadernare
il suo sgargiante ventaglio. Ma vediamole da vicino, queste
tinte.
Mentre il verde scompare, il rosso avanza, grazie a
antocianine e flavonoidi. I pigmenti che vanno dal giallo
all’arancione sono invece i cosiddetti carotenoidi. Venendo
meno la clorofilla, esaltati per i processi di ossidazione, essi si
manifestano in tutto il loro splendore. Godiamoci dunque
questa gloria cromatica, cercando però di affrettarci, dato
che il mutamento climatico in atto sta cancellando la bellezza
del foliage. È infatti assodato che le estati calde ritardano la
comparsa dei colori autunnali e abbreviano la permanenza
delle foglie colorate sui rami, mentre gli autunni con notti
calde e piovose contrastano la formazione di tinte accese.
Addio foliage, dunque? Speriamo davvero di no, benché la
sua miracolosa sopravvivenza dipenderà soltanto dal rispetto
dell’ambiente. Una cosa è certa: se lo sfarzo dei timbri
ottobrini e novembrini dovesse venire meno, la nostra
parentela con le foglie, e con la loro disperata mortalità, non
potrà che accentuarsi.
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Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana
Direzione Urbanizzazioni Secondarie - U.O. Impianti Tecnologici
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Compendio denominato “Molo Polisettoriale” del Porto di Taranto, mediante la procedura del dialogo competitivo. Criterio di
selezione delle offerte: offerta economicamente più vantaggiosa.
Si infoma che l’Autorità Portuale:
- Con Decreto n. 70/16, in data 07/07/2016,
ha disposto la non ammissione della Italcave
Spa alla 2^ fase procedurale.
- Con Decreto n. 104/2016 del 04/11/2016, ha
concluso la procedura di gara con l’esclusione del Consorzio Ulisse “Ionian Shipping
Consortium, Tecnomec Engineering srl e Taranto Iniziative produttive srl”.
I suindicati provvedimenti sono stati pubblicati
sul sito istituzionale dell’Ente nelle Sezioni
“Albo Pretorio” e “Trasparenza”.
L’avviso di esito è stato inviato in G.U.U.E. in
data 7/11/2016 e pubblicato sulla G.U.R.I. 5^
serie Speciale, n. 131 in data 11/11/2016.
F.to Il Commissario Straordinario
Prof. Avv. Sergio PRETE
CONSORZIO PIANO INSEDIAMENTI
PRODUTTIVI VALMONTONE
COMUNE DI VALMONTONE
BANDO PER L’ASSEGNAZIONE DEI LOTTI
LIBERI DEL PIANO INSEDIAMENTI
PRODUTTIVI DI VALMONTONE.
1. E’ indetta la selezione delle aziende, per l’assegnazione in
proprietà dei seguenti lotti liberi del Piano di Insediamento
Produttivo, di cui all’art. 27 della legge 22/10/1971 n. 865,
sito in Valmontone, località Colle Le Mura: Lotto C: superficie fondiaria mq 2947,55 e superficie coperta 1.017
mq; Lotto E – F: superficie fondiaria di mq 26.337,13 e
superficie coperta di mq 10.524,00; Sub-Lotto Il: superficie fondiaria mq 2.000,45 e superficie coperta 800 mq;
Sub-Lotto I2: superficie fondiaria mq 2.000,74 e superficie coperta 800 mq; Lotto L: superficie fondiaria mq
22.042,48 e superficie coperta 8.814 mq; Sub-Lotto M1:
superficie fondiaria mq 1.461,00 e superficie coperta
500,0 mq; Sub-Lotto M2: superficie fondiaria mq
1.461,00 e superficie coperta 500,0 mq; Lotto N: superficie fondiaria mq 7. 745,67 e superficie coperta 3094 mq;
2. Sono ammessi a partecipare alla selezione le aziende artigianali e le imprese che operano nei settori di cui all’art.
27 della legge 865/71.
3. Il bando integrale e la documentazione utile per la partecipazione alla selezione potranno essere scaricati dal sito internet
del Comune www.comune.valmontone.rm.it In alternativa
potrà essere ritirata presso la sede del Consorzio sita in Via
Antonio Gramsci n. 81 - 00038 Valmontone c/o Piacentini
Costruzioni srl previa richiesta al seguente indirizzo di posta
certificata: [email protected]
4. La domanda di partecipazione dovrà essere sottoscritta
con firma autenticata, pena l’esclusione, e dovrà pervenire,
pena l’esclusione, in busta chiusa e controfirmata ai lembi
ed entro le ore 12 del giorno 15 dicembre 2016 e dovrà
essere indirizzata a: Consorzio Piano Insediamenti Produttivi di Valmontone, c/o Piacentini Costruzioni srl, Via Antonio Gramsci n. 81 - 00038 Valmontone.
Consorzio Piano Insediamenti Produttivi di Valmontone
Il Presidente Geom. GIANLUCA PIACENTINI
REGIONE VENETO
AZIENDA SOCIO SANITARIA
LOCALE N. 10 “VENETO ORIENTALE”
AVVISO DI GARA
L’Azienda Ulss n. 10 “Veneto Orientale”, sede
legale piazza De Gasperi n. 5 – 30027
San Donà di Piave, indice gara comunitaria,
mediante procedura aperta (art. 60 del D.
Lgs. 50/2016), suddivisa in quattro lotti, con
aggiudicazione a favore della ditta che avrà
presentato l’offerta al minor prezzo, per
l’affidamento di servizi assicurativi vari
(n. gara 6560843). Importo a base d’asta
complessivo 622.100,00
Termini, modalità e requisiti per la
presentazione delle offerte sono contenuti
nel bando trasmesso in data 07/11/2016 per
la pubblicazione sulla GUUE.
Analogo avviso è stato inviato per la
pubblicazione sulla G.U.R.I.
Copia integrale della documentazione di gara
è disponibile sul sito www.ulss10.veneto.it
(percorso pubblicazioni/gare).
Per chiarimenti: Ufficio Economato
(tel.0421/228128; fax 0421/228122) PEC:
[email protected]
Il RUP è la dott.ssa Marzia Capitanio
(tel.
0421/228144
email:
[email protected]).
Il responsabile unico del procedimento
dott.ssa Marzia Capitanio
Direzione Acquisti
AVVISO DI GARA
RFI S.p.A. informa che ha indetto una gara a procedura aperta n. DAC1.2016.0031 per la manutenzione
e la conduzione di centrali termiche, impianti di
riscaldamento, impianti di produzione di acqua calda,
impianti di climatizzazione, comprensivi degli interventi di riparazione/ sostituzione di impianti o parti
di impianti non più funzionanti, nonché (eventuale)
impianti di pompaggio acqua, tutti ricadenti nella
giurisdizione della Direzione Territoriale Produzione
Firenze. composta dai seguenti lotti:
- Lotto n.1 – Firenze Nodo- CIG 68121625EA Importo a base di gara € 250.000,00 al netto dell’ IVA
- Lotto n.2 – Firenze Sud – CIG 6812191DD6 Importo a base di gara € 435.122,10 al netto dell’ IVA
- Lotto n.3 – Livorno – CIG 6812204892 - Importo
a base di gara € 250.000,00 al netto dell’ IVA
- Lotto n.4 – Pisa – CIG 6812231ED8 - Importo
a base di gara € 250.000,00 al netto dell’ IVA
Il testo integrale del bando è visionabile sul sito
www.gare.rfi.it canale Materiali per l’infrastruttura/Lavori e Servizi.
Il termine di presentazione delle offerte è il
09/12/2016 ore 12:00.
Per chiarimenti: come indicato nel bando.
Il RUP Andrea Fratini
Direzione Acquisti
AVVISO DI GARA
RFI S.p.A. informa che ha indetto una gara a
procedura aperta relativa alla fornitura di PEPL.
Lotto n. 1 - CIG 6822524CE6 - importo posto a
base di gara 5.000.000,00 euro al netto dell’ IVA;
Lotto n. 2 - CIG 6822526E8C - importo posto a
base di gara 3.000.000,00 euro al netto dell’ IVA.
Il testo integrale del bando è visionabile sul sito
www.gare.rfi.it canale Materiali per l’infrastruttura.
Il termine di presentazione delle domande di
partecipazione è il 13/12/2016
Per chiarimenti: come indicato nel bando
Il RUP
Edgardo Greco
ADDENDUM
OGGETTO: “Procedura aperta per l’affidamento del servizio di conduzione e manutenzione degli
impianti termici installati negli edifici di proprietà e pertinenza di Roma Capitale:
Lotto 1: edifici adibiti ad asili nido, biblioteche, canili, case di riposo, centri anziani, centri sociali,
musei, scuole e uffici nei Municipi 1,2,7,8,9,10 e 11;
Lotto 2: edifici adibiti ad asili nido, biblioteche, canili, case di riposo, centri anziani, centri sociali,
musei, scuole e uffici nei Municipi 3,4,5,6,12,13,14,15;
Lotto 3: edifici adibiti ad abitazioni di edilizia residenziale pubblica, nelle aree territoriali dei Municipi
di Roma Capitale e nei Comuni limitrofi: Ciampino, Marino, Pomezia, Tivoli, Guidonia, Castelnuovo di
Porto e Capena” - Pos.26/2016S
In merito al bando di gara afferente all’appalto indicato in oggetto, in pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, V serie speciale - contratti pubblici n. 128 del 4 novembre 2016, si comunica che si renderà necessario
procrastinare il termine ultimo per la presentazione delle offerte e, di conseguenza, la seduta pubblica di espletamento
della gara, in quanto, l’inizio della stagione termica, evento che comporta un impiego massiccio di personale tecnico e
di mezzi, impegnati nella fase di avvio degli impianti, unitamente all’estensione del perimetro manutentivo caratterizzante
l’appalto, hanno causato il prolungarsi della fase relativa all’espletamento dei sopralluoghi obbligatori da effettuarsi sugli
impianti termici come richiesto nella sezione 14 del disciplinare di gara.
Si comunica, quindi, che il termine di scadenza per la presentazione delle offerte, già fissato per il giorno 12/12/2016,
è prorogato al 31/01/2017 ore 10:30, mentre il giorno della seduta pubblica di espletamento della gara, già fissata per
il 20/12/2016, alle ore 9,30 è prorogata al 13/02/2017 alle ore 9:30.
Fermo il resto
IL DIRETTORE (Ing. Maurizio Di Tosto)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
PROVVEDITORATO INTERREGIONALE PER LE OPERE PUBBLICHE
TOSCANA - MARCHE - UMBRIA - FIRENZE
Via dei Servi, 15 - 50122 Firenze - Tel. 055/2606305-306 - Fax 055/2606307
ESITO GARA APPALTO
In data 5-6-9-16-23-24-30.5.2016 e 6-8-9.6.2016 è stata esperita la procedura aperta per
lavori di restauro di parte delle coperture, di parti delle facciate e di infissi storici dell’edificio
demaniale sede della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze - Restauro dei Gruppi scultorei posti sulla facciata principale - Completamento dell’ultimo piano dell’Ala Nuova, perizia
n°13668. Importo base gara € 744.949,62=, oltre a € 218.505,15= per costi di sicurezza. Sistema di aggiudicazione: Criterio prezzo più basso determinato mediante massimo ribasso
sull’elenco prezzi, costi della sicurezza esclusi, con esclusione automatica offerte anomale.
Imprese partecipanti: n°260. Aggiudicataria: “De Marco S.r.l.” con sede in Bari per l’importo
di € 743.307,26=. Copia integrale presente esito è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Italiana n°135 del 21.11.2016 parte Vª - serie contratti pubblici.
IL PROVVEDITORE
F.to (Arch. Maria Lucia Conti)
COMUNE DI GENOVA
STAZIONE UNICA APPALTANTE del COMUNE
Via Garibaldi 9 Genova 16124
mail [email protected]
ESTRATTO DI AVVISO DI GARA
Si rende noto che il giorno 15/12/2016 dalle
ore 14,00 avrà luogo procedura aperta per
l’affidamento dei servizi assicurativi RCT/O e
infortuni suddivisa in tre lotti da aggiudicarsi
ai sensi dell’art. 95 del Codice dei Contratti,
per l’importo complessivo di Euro
5.764.000,00. Le offerte dovranno pervenire
entro 13/12/2016 ore 12,00; il bando integrale
è scaricabile dai siti internet
www.comune.genova.it
www.appaltiliguria.it
www.serviziocontrattipubblici.it
IL DIRIGENTE
Dott.ssa Cinzia MARINO
LAZIODISU
Ente pubblico per il Diritto
agli Studi Universitari nel Lazio
BANDO DI GARA PER ESTRATTO
LAZIODISU - Via C. De Lollis n. 24b- 00185
Roma, [email protected] indice la procedura aperta procedura aperta
per l’affidamento delle coperture assicurative rischi vari di Laziodisu suddiviso in
6 Lotti con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’art.
95, comma 3, lett. a) del D.Lgs 50/2016.
Valore stimato Euro 449.317,50. Scadenza
presentazione delle offerte: ore 12.00 del
giorno 29 dicembre 2016. Il bando integrale, che riporta tutte le condizioni di gara è
stato pubblicato il giorno 17/11/2016 sulla
GUCE n. 2016/S 222-404421 ed è pubblicato sulla GURI n. 135 del 21/11/2016. Il
bando integrale e gli elaborati di gara sono
consultabili e scaricabili dal sito http://
www.laziodisu.it/bandi-di-gara/gare-servizi/.
IL VICE DIRETTORE GENERALE
F.to Ing. Antonio De Michele
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e sei una superstar della letteratura popolare planetaria, la donna fenomeno che in pochi anni ha creato una saga per adolescenti da oltre 100 milioni di copie e ispirato film dal valore complessivo di 2 miliardi e 800 milioni di dollari, non sei più solo una scrittrice. Sei un brand. Ecco perché intervistare Stephenie Meyer,
l’autrice di “Twilight”, è una faccenda complicata. Niente contatti diretti via
telefono o Skype, l’unica opzione
è l’invio di domande via email, in
numero limitato: lei deve promuovere il nuovo libro — la
spy-story “adulta” 5IF$IFNJTU,
in uscita per Rizzoli — sul mercato internazionale, così il suo tempo è contingentato, equamente
diviso fra le testate dei diversi
paesi. Ma alla fine anche da un
pugno di riposte affidate al computer emerge una personalità
forte, senza mezze misure. Innamorata ancora dei vampiri, che
scelse come protagonisti della
sua saga: «Sono gli unici mostri
in cui ci identifichiamo, domineranno sempre il nostro immaginario». E allergica «alle classificazioni dei romanzi per generi o
per fasce d’età del pubblico»: perché una buona storia è una buona storia, senza etichette.
E stavolta l’avventura con cui
spera di agganciare i lettori è
all’insegna del puro thriller, genere in cui si cimenta per la prima volta. La protagonista è una
ex agente di un’agenzia governativa segreta che si ritrova a lottare per la sua vita, in un mix di
azione, adrenalina, doppi giochi,
colpi di scena. Con un tocco di
quel romanticismo che lei maneggia da sempre.
Signora Meyer, dopo una saga piena di creature fantasti-
che come “Twilight” e un tuffo nella fantascienza col romanzo “L’ospite”, si cimenta
con una vicenda “umana”:
breve vacanza dal paranormale o svolta definitiva?
«Ogni storia che racconto la vivo come una breve vacanza, per
me è sempre un tentativo di fuga
dal mondo reale. Un meccanismo analogo mi spinge a immergermi nei libri degli altri autori:
letture, le mie, assolutamente
trasversali, così come trasversali
sono i miei romanzi. Non voglio
alcun genere di limitazioni nello
stile o nei contenuti della scrittura. Anzi, ho già in programma di
dedicarmi, in futuro, a storie che
abbracciano i più diversi generi
letterari».
Questa volta tocca allo
spionaggio, con un libro che lei sulla pagina dedica a Jason
Bourne e Aaron
Cross, eroi della serie “Bourne”: un
colpo di fulmine?
«In realtà 5IF$IF
NJTU è dedicato non
ai personaggi dei romanzi (creati da Robert Ludlum ed Eric
Van Lustbader, OES)
ma alle loro incarnazioni cinematografi-
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che, che hanno i volti, rispettivamente, di Matt Damon e di Jeremy Renner. Sono stati i film della
serie #PVSOF a farmi venire voglia di cimentarmi con il thriller.
Sul fronte letterario, invece, i
miei autori preferiti sono Thomas Perry e John Grisham».
Ma cosa c’è in questo genere
che attrae tanto i lettori?
«Io amo le spy story perché col
loro ritmo veloce mi regalano
una sensazione di pericolo che
nella mia vita reale non esiste. È
confortante sapere che non dovrò mai preoccuparmi del tipo di
cose che accadono ai personaggi:
non è certo il mio mondo. Al contrario, una vicenda che avesse al
centro un serial killer mi spaventerebbe, perché sono cose che potrebbero accadere perfino a me.
Ma forse in fondo è questo il segreto dei thriller in generale: tutti vogliono avere la loro bella do-
se di adrenalina senza rischiare
nulla. Per potere poi abbandonare la storia senza paure».
È la magia della suspence, già
presente in “Twilight”: come
vive il passaggio dalla letteratura per ragazzi a quella per
adulti?
«Così come non faccio troppa
attenzione alla distinzione tra i
generi, così non mi interessa la
differenza d’età fra i miei potenziali lettori. Per me tutto questo
non ha importanza: se un libro
mi sembra buono, lo leggo e basta. E, quando scrivo, metto nero
su bianco sempre la storia che
vorrei leggere, senza focalizzarmi su particolari fasce di pubblico, adolescente o adulto che sia.
È solo il mio editore che, una volta finito il romanzo, decide a quale tipo di platea rivolgerci».
Eppure lei è considerata una
regina della letteratura
Chemist” sembra scritto apposta per diventare film.
«In effetti in un primo momento avevo pensato alla storia come
soggetto per un’opera da grande
schermo: forse è per questo che il
libro ha il cinema dentro di sé.
Per una scrittrice come me, il processo di trasposizione è nello stesso tempo affascinante e frustrante: ci sono tante cose belle che
possono accadere, momenti sorprendenti a cui tu non avevi pensato mentre scrivevi. Ma il film
implica compromessi: nel libro
puoi creare in una scena tutti gli
elicotteri che vuoi, sul set devi tenere conto del budget e ti ritroverai con un unico elicottero. E poi
gli attori non sono mai come i personaggi che avevi in testa».
Al cinema e in tv dopo “Twilight” i vampiri si sono moltiplicati. Ma così non si rischia
l’effetto stanchezza?
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young adult, che proprio dai
tempi del suo exploit vive
un’epoca d’oro…
«Non penso di essere stata
una regina, al massimo una duchessa o baronessa. In ogni caso
sono contenta di aver fatto parte
di un fenomeno così grande e così intenso. Tante lettrici hanno
trovato la propria voce attraverso questo genere. E sono sicura
che tornerò al mondo dei ragazzi, così come so che non sarà una
decisione cosciente. Proprio ora
ho in mente una storia che ha
una giovanissima protagonista».
Un altro suo punto forte è la capacità di fare centro sugli
schermi: dopo il boom della saga sui vampiri, anche “The
«Da sempre le arti sono catturate dai vampiri. Forse perché sono i mostri più vicini, più accessibili a noi, creature a cui attribuiamo una parte di noi stessi. Quale
altro mostro ci offre bellezza, immortalità, fascino, raffinatezza?
Perciò noi temiamo i vampiri e
nello stesso tempo ne siamo attratti. Diventare un vampiro non
è come trasformarsi in un fantasma, uno zombie o un licantropo.
Perciò i vampiri non ci stancheranno mai. In un primo tempo
5XJMJHIU fu rifiutato come storia
per il cinema perché “i vampiri
sono fuori moda”: beh, direi che
alla fine hanno fatto la loro figura».
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hissà se oggi – nelle condizioni certo sfavorevoli che ci troviamo a vivere – incontreremmo mai, in un caffè parigino, quel
giovane trio che agli inizi degli anni Trenta discettava delle novità accadute in Europa. Chissà, insomma, se le labbra da cernia di Sartre o quelle più altezzose di Aron, o magari la giovane
e ambigua vestale, che rispondeva al nome di de Beauvoir, si sarebbero messe concitatamente a discutere della fine della democrazia e dell’avanzata imperiosa dei populismi. Non è difficile immaginare che quel periodo presentasse alcune forti analogie con il nostro oggi: come la perdita di fiducia in quelle
élite politiche che avrebbero dovuto affrontare il caos e non seppero farlo. In
un certo senso, i tre i nostri protagonisti hanno offerto nel corso
delle loro prestigiose carriere risposte intelligenti, ma non sempre adeguate. Hanno immaginato – soprattutto la coppia JeanPaul e Simone – che l’impegno (il
famoso FOHBHFNFOU) sarebbe
stato utile agli intellettuali stanchi di essere chiamati chierici e
per giunta traditori. Quanto ad
Aron, dopo quel breve periodo di
intesa tra QFUJUTDBNBSBEFT, proseguì autonomamente sulla sua
strada disseminandola di valori
atlantici e liberali, i soli baluardi
efficaci, a suo dire, contro il ritorno di fascismi e di comunismi.
Troppa acqua è passata sotto i
ponti per non chiedersi se l’esistenzialismo, del quale almeno
Sartre e de Beauvoir, furono interpreti ascoltati e autorevoli, abbia ancora qualcosa da dire alle
nostre coscienze e ai nostri occhi
sotto i quali scorrono le pagine di
"MDBGGÒEFHMJFTJTUFO[JBMJTUJ, di
Sarah Bakewell (Fazi).
Avendo già scritto un bel libro
su Montaigne, era fatale che prima o poi Bakewell mettesse il naso in quel pulviscolo filosofico
che è stato l’esistenzialismo contemporaneo. E lo ha fatto, con
molte buone ragioni, raccontando la vita e il pensiero di diversi fi-
losofi, divertendosi a “fotografarli” ai caffè, molto in voga nella Parigi del dopoguerra.
L’autrice palpita dopo aver letto -BOBVTFB di Sartre, preferendo il romanzo sartriano allo 4USB
OJFSPdi Camus. Non manca di apprezzamenti ironici verso la promiscuità sessuale di certi protagonisti (de Beauvoir in testa), segue con commozione le difficili vicende di un personaggio come
Husserl, apprezza Heidegger
pur cogliendone la povertà umana e l’insolenza teorica. Ne usciamo, insomma, dopo oltre quattrocento pagine, con la sensazione di avere a disposizione un qua-
dro abbastanza fedele di che cosa sia stato quel fenomeno filosofico e quanta moda abbia prodotto il suo stile. Come in un’istantanea Bakewell ne fissa l’origine
tra il 1932 e il 1933 «Quando tre
giovani filosofi siedono al caffè
Bec-de-Gaz in Rue de Montparnasse, a Parigi, aggiornandosi sugli ultimi pettegolezzi e bevendo
la specialità della casa: cocktail
all’albicocca». Ne viene fuori un
quadretto istruttivo. Aron sempre informatissimo (a quel tempo studiava a Berlino) suggerisce a Sartre di trascorrere un po’
di mesi in Germania. Perché è lì
che la filosofia sta facendo passi
notevoli: grazie alla fenomenologia di Husserl, e a un certo Heidegger il cui libro &TTFSFFUFNQP
sta mettendo a soqquadro l’ambiente accademico. Per dei francesi, piuttosto disinvolti, che cosa poteva avere di eccitante la fenomenologia? Al di là delle complicazioni, dovute soprattutto alla lingua tedesca, la fenomenologia agli occhi di Sartre sgombrava il campo filosofico da tutte le
incrostazioni interpretative. Husserl invitò i suoi allievi ad andare
alle “cose stesse”. Come se dicesse: lasciate perdere tutto quello
che la filosofia ha pensato fino a
questo momento, ignorate i sistemi, non perdete tempo a esaminare le scuole filosofiche che si sono susseguite. Badate solo al senso delle cose. Più che ai concetti
pensate alle situazioni. Siate fenomenologi: sospendete i giudizi
e raccontate quello che vedete.
L’invito del vecchio filosofo fu accolto da Sartre: se Husserl ci inco-
raggia a descrivere il mondo, chi
meglio di me, che sono anche
scrittore, potrà farlo? Chi più di
me potrà parlare di tutto: dai
-&*.."(*/*
cocktail, appunto, ai camerieri
che li servono, fino all’esistenza
umana che li precede. «L’esistenza precede l’essenza», così Sar-
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Domani Stephen King
debutterà nelle librerie
americane con il suo primo
racconto per bambini, scritto
all’età di 69 anni. Il volume si
intitola $IBSMJFUIF$IPP$IPP,
ha come protagonista una
locomotiva parlante ed è
pubblicato da Simon &
Schuster, che lo presenta
come il bestseller di Natale.
Ma il nome del maestro
dell’horror non comparirà
sulla copertina: al suo posto lo
pseudonimo Beryl Evans, lo
stesso nome di un personaggio
che compare in 5FSSFEFTPMBUF,
terzo libro della sua saga de -B
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tre formulò il suo programma filosofico. Quella frasetta l’aveva
in qualche modo orecchiata da
Heidegger e adattata alla sua visione umanistica. Il contrario, insomma, di ciò che il filosofo tedesco intendeva con la parola “esistenza”, cioè un prerequisito antimetafisico e non un programma per una filosofia che avrebbe
preso il nome di “esistenzialismo”. Fu grazie al successo di Sartre che l’esistenzialismo si trasformò in una sottocultura o meglio in una moda che Parigi cavalcò con raro tempismo: musica,
pittura, letteratura, cinema, tutto finì tra gli anni Cinquanta e
Sessanta sotto il segno di una filosofia che decretava, con qualche
ritardo rispetto a Nietzsche, la
morte di Dio, la solitudine dell’uomo, il peso drammatico della decisione. E quindi della libertà.
Mai parola più compromessa e
ambigua fu adoperata con tanta
disinvoltura.
Infastidito e preoccupato che
si potesse ricondurre l’esistenzialismo ai suoi “sentieri interrotti”
e al suo piccolo “Dasein” (Bakewell lo riduce a l’”essere quotidiano”), Heidegger scrisse un libello che deluse Sartre e i suoi
amici. -BMFUUFSBTVMM6NBOJTNP
non solo decretava la distanza hedeggeriana dall’esistenzialismo
ma ne coglieva la fragilità speculativa. Immaginare, insomma,
che l’uomo, per quanto malconcio ed esasperato, potesse essere
protagonista di una rivoluzione
filosofica era per Heidegger un
controsenso. Sartre e Heidegger
si videro una sola volta. Nel
1953, a Zähringen, la residenza
cittadina di Heidegger. L’incontro, come nota Bakewell, non andò bene, fu un dialogo tra sordi,
dal quale Sartre si congedò di pessimo umore. Ciascuno, in fondo,
chiedeva ciò che l’altro non poteva dargli. Heidegger glissò sul
suo passato nazista, Sartre non rinunciò mai all’idea dell’uomo
portatore di un progetto di libertà. Affermazione che inorridì il filosofo tedesco.
C’è da dire in conclusione che
mentre la filosofia di Heidegger
– nonostante i 2VBEFSOJOFSJ –
continua a sollecitarci, l’esistenzialismo di Sartre non ha trovato
nessuna nuova reincarnazione.
Soppiantato dai postmodernismi (a loro volta messi da parte
dai nuovi realismi), e dalla post-cibernetica, e dal post-colonialismo, l’esistenzialismo sembra
vivacchiare con lo sguardo rivolto più al passato che all’oggi. Il
suo trionfo (ma forse anche la
sua rovina) fu il Sessantotto. È vero, come sostiene Bakewell, che
ha fornito un contributo fondamentale al cambiamento delle
basi del nostro vivere odierno, sostenendo il femminismo, i diritti
degli omosessuali, l’abbattimento delle divisioni sociali, nonché
le lotte contro il razzismo e il colonialismo. Ma è come se quella carica libertaria si fosse infranta
sulla durezza contorta della realtà. Trasformando le proprie esigenze in una democrazia del vaniloquio dove parole e simboli
hanno soppiantato i fatti e deluso ogni idea di verità possibile.
ª3*130%6;*0/&3*4&37"5"
Nel centenario della morte,
avvenuta il 22 novembre 1916,
da domani a giovedì a Trieste si
tiene il “Jack London Tribute”:
tre giorni di racconti, reading,
spettacoli curati dal regista
Massimo Navone e dallo
scrittore e traduttore di London
Davide Sapienza. Il tributo si
apre il 22 novembre al Teatro
Miele con +BDL-POEPOMVPNP
WFOVUPEBMGVUVSP, con un
intervento in video di Marco
Paolini. Tra gli altri protagonisti
Claudio Bisio, Marco D’Amore,
Paolo Pierobon, Gigio Alberti,
Antonio Catania.
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Il /FX:PSL5JNFTdedica un
articolo, con giudizi più che
positivi, ad Artissima, la fiera
torinese d’arte
contemporanea che ha
chiuso i battenti due
settimane fa. Il giornale
scrive, tra l’altro, che
«l’intenso autunno delle fiere
d’arte internazionali non è
solo Art Basel e Frieze a
Londra. Anche se non ha il
peso commerciale delle fiere
più celebri, Artissima sa
attrarre curatori e
collezionisti dall’estero».
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MILANO
iù di 160 mila partecipanti con
una crescita del 10% rispetto allo scorso anno: chiude alla grande BookCity, il festival letterario milanese giunto alla sua quinta edizione. E il gran finale è all’insegna del bagno di folla per Roberto Saviano, ieri
mattina al Teatro Carcano, con posti
esauriti già subito dopo l’annuncio della
sua presenza. Due ore di firmacopie e
più di cinquecento persone in fila per farsi autografare il suo nuovo romanzo, -B
QBSBO[BEFJCBNCJOJ (Feltrinelli), partito direttamente in testa alle classifiche.
Nel talk di BookCity, accanto a Pif e a
Chiara Gamberale, lo scrittore si racconta con la consueta generosità. Tracciando un identikit degli adolescenti di oggi,
che non sono solo i baby criminali protagonisti del romanzo: «L’unica rivoluzione in cui credono è quella dei soldi, ma
senza fatica, come il multimilionario
campione di poker Dan Bilzerian che esibisce spreco di soldi e armi. Per loro il futuro è inesistente, c’è solo il presente: come un post, che si consuma subito».
Una denuncia forte, quella dello scrittore. Che è anche un monito a chi guarda le vicende della criminalità organizzata nel sud con lo sguardo sbagliato:
«Qui ha fatto notizia l’accoltellamento
dei latinos, ma dall’altra parte dell’Italia c’è una battaglia fatta di pistole. È in
atto una guerra, con i ragazzi abituati a
usare armi da combattimento. Da come
riproducono il rumore del mitra capisci
quanta dimestichezza abbiano con questi strumenti di distruzione, per arrivare ai rapper che mettono nei video bandiere che somigliano a quelle dell’Isis. Si
fanno crescere le barbe per assomigliare agli hipster, ma soprattutto per mettere paura. Alcuni dei paranzini sono
dubbiosi sui terroristi, perché non hanno ammazzato per fare soldi. Ma il protagonista Maraja dice: “Hanno ucciso qualcuno che ti appartiene? Chi è disposto a
fare male e morire tiene sempre le palle”».
Un’età ingrata, l’adolescenza. Anche
per lo scrittore: lui da ragazzo leggeva
«talmente tanto che mia madre mi ha
comprato il motorino per farmi uscire di
casa e mia zia, la mia seconda mamma,
mi sgridava perché andavo troppo piano». E «mi piaceva da pazzi andare a vedere i morti ammazzati, arrivare per primo sul luogo del delitto. Ero sempre in
prima fila, quando si trattava di cronaca».
Un’indole, quella dello storyteller,
che è il suo vero marchio di fabbrica. Ma
le storie che Saviano racconta non sono
neutre, sono scomode per definizione:
«Sono uno specialista nello scrivere libri
che mi mettano nei guai e che facciano
venire alla luce emergenze che il Paese
ignora», rivela, il cui scopo non è intrattenere i lettori, ma “invaderli” con parole che incidano sulla realtà, senza mai
perderli di vista. «È per questo – assicura – che, pur vivendo da dieci anni sotto
scorta, non smetterò mai di fare incontri come questi».
Una giornata intensa, quella di Saviano. Che in serata va nel salotto televisivo di Fabio Fazio. Dove racconta come il
fenomeno delle città nelle mani delle
gang di giovanissimi non sia solo italiano. E dove, sollecitato dal conduttore,
spiega come questo sistema di valori sia
in qualche modo coerente con la vittoria
di Donald Trump: «L’80 per cento delle
sue dichiarazioni è risultato falso» ma
questo non importa, «perché, semplicemente, funziona».
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TORINO
EDICI ANNI, uno skateboard per
zigzagare nel traffico e nella vita. Una madre single, un padre
irresponsabile, un prontuario
pratico – la biografia del guru
degli skater Tony Hawk – per i piccoli problemi e un amico che si chiama “Lepre”
ma che “ci arriva” sempre un po’ dopo. A
stravolgere la normalità della vita del giovane Samuele è l’incontro con la coetanea
Alice, con il sesso e con un evento che avvera la “maledizione” di famiglia: diventare
genitore a sedici anni.
Al 5PSJOP'JMN'FTUJWBM, sezione Festa mobile, ecco
4MBN5VUUPQFSVOBSBHB[
[B, ambizioso adattamento
firmato da Andrea Molaioli
del best seller di Nick Hornby del 2007. Tradurre l’ambientazione e l’umorismo
dello scrittore inglese non
era facile (nel 2012 ci aveva
provato Luca Pellegrini con μ
OBUBVOBTUBS ) ma Molaioli
aveva già trasformato il romanzo -P THVBSEP EJ VOP TDPOPTDJVUPdella norvegese
Karin Fossum nel bel -BSB
HB[[BEFMMBHP e quindi non si
è tirato indietro. «Sono un affezionato lettore di Hornby,
ma questo libro mi era sfuggito. L’ho scoperto dopo e ho capito subito
che volevo farne un film che davvero raccontasse l’adolescenza, quella fase difficile in cui la tua identità è incerta e tutto
sembra complicato, ma senza che fosse infestata da contesti antropologici troppo
forti, droga o malavita. Volevo due ragazzi-
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)PSOCZMPTLBUF
FVOCJNCPJOBSSJWP
ni qualunque costretti a confrontarsi con
l’angoscia perenne delle giovani coppie:
che lei resti incinta». 4MBN (nelle sale il 23
marzo 2017) arriva a poca distanza da 1JV
NB di Roan Johnson, su un tema analogo:
«Ma credo che si tratti di due storie affrontate in modo molto diverso», taglia corto
Molaioli. La sfida è piuttosto il confronto
con Hornby, che al cinema è stato portato
spesso (da "CPVUBCPZ a 'FCCSFB¡),
con risultati altalenanti. E il romanzo - costruito come un monologo interiore - non
era facile da tradurre in immagini: «Certe
situazioni umoristiche andavano rese oggettive, evitando di buttarla in macchietta». Coraggiosa la scelta di mantenere la
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peculiarità del romanzo: i salti nel futuro
del protagonista, che si ritrova immerso
in situazioni che non ha ancora vissuto,
ma che lo aiuteranno ad affrontare il presente. Accanto ai due debuttanti, Ludovico Ravigni e Barbara Ramella, ci sono Luca Marinelli e Jasmine Trinca a interpretare i giovani “nonni”. Racconta l’attrice,
che è anche madrina del Festival: «Molaioli è stata la prima persona che ho incontrato, ragazzina, al provino per -BTUBO[BEFM
GJHMJP quando lavorava con Nanni Moretti.
Mi piace il suo sguardo, da regista e genitore, che non giudica. È stato bello partecipare a un film con ragazzi che iniziavano a fare questo mestiere, mi hanno fatto emozionare con il loro essere autentici». L’altro elemento
che Molaioli ha voluto mantenere rispetto al romanzo
è la passione per lo skateboard: «Dalle nostre parti
non è molto seguito e invece
è diventato una ricchezza»,
racconta il regista, «centinaia di skater hanno risposto
alla chiamata e sono entrati
nel film e uno di loro, “Lepre”, è tra i protagonisti».
Tra le scene più spettacolari
la valanga a rotelle che sfila
davanti al Colosseo: «Abbiamo girato molto anche
nell’unico parco cittadino
dedicato allo skateboard, a
Cinecittà, aiutandoli a rimetterlo a posto». Francesca Cima della Indigo è consapevole della sfida: «L’industria italiana deve cercare il dialogo e l’estetica giusta per le nuove generazioni. La
vecchia commedia sugli stereotipi sessuali non li fa ridere, semmai li imbarazza».
ª3*130%6;*0/&3*4&37"5"
/
TORINO
1974 Christine Chubbuck, conduttrice televisiva di
un’emittente di Sarasota, in Florida, si sparò in diretta. Maniacale, ossessionata dal
trovare un proprio posto e un
proprio stile nel mondo del giornalismo, Christine era vittima
di se stessa e di un mondo dei
media in cambiamento. La sua
fine ispirerà, pare, anche 2VJO
UPQPUFSF di Sidney Lumet, uscito l’anno dopo. Dalla vera vicenda il regista newyorchese Antonio Campos ha tratto ora un film
minuzioso, visto in concorso al
5PSJOP'JMN'FTUJWBM. Protagonista è Rebecca Hall, attrice emergente e figlia d’arte (suo padre è
il noto regista teatrale inglese
Peter Hall). La sua interpretazione è uno dei punti di forza del
film; l’altro è la capacità di interagire con un’epoca in maniera
non superficiale. Certo, la storia
della Chubbuck, così peculiare
ed estrema, può rischiare si ricondurre il tutto a questioni personali (la donna aveva dei blocchi enormi nelle relazioni con gli
altri, soprattutto con gli uomini,
e aveva già tentato il suicidio anni prima), ma il film riesce a raccontare anche altro rifacendosi
allo spirito di certo cinema degli
anni Settanta. $ISJTUJOFpotrebbe essere un film di un buon regista di quel decennio: non cerca il
vintage né imita pedantemente
il cinema dell’epoca, ma si segue il personaggio con tempi dilatati, ne osserva il quotidiano,
illumina il contesto lasciando intravedere uno sfondo di cupa paranoia (sono i mesi del Watergate, Nixon si dimetterà poche settimane dopo). Curiosamente, a
Torino viene presentato anche
,BUFQMBZT$ISJTUJOF, documentario su un’attrice che compie
delle ricerche per un altro film
dalla stessa storia: un’indagine
sull’etica del biopic che rimette
indirettamente in discussione
Christine, come in un gioco di
specchi.
EL LUGLIO
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ROMA
EFINIRLA la
“regina delle serie
tv” è scontato, ma è di certo “il
personaggio televisivo dell’anno”, come ha sancito il premio
vinto al MipCom di Cannes, il festival internazionale della televisione. Shonda
Rhimes, 46 anni, una infinità di premi e di
successi alle spalle, ottenuti come autrice,
sceneggiatrice, regista e produttrice di cinema e televisione, è in questi anni la più
prolifica e geniale tra le personalità della
serialità televisiva americana. Il successo
ottenuto con (SFZTBOBUPNZ, ogni lunedì
su Fox Life per la tredicesima stagione
(«Ormai posso dire di essere abbastanza
pratica di medicina, potrei praticare un cesareo o un appendicectomia»), sta lì a confermarlo. Il segreto? Mettere insieme realtà e finzione. Spesso anticipando il futuro.
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ROMA. Un match musicale clamo-
roso, con due scuole di pensiero
sonoro a confronto, diventa uno
spettacolo, acquista sostanza
teatrale, mette in gioco i linguaggi della scena. #FBUMFTDPOUSP3PM
MJOH4UPOFT è il lavoro che realizza una sfida epocale tra due modi di vedere e sentire il rock, la vita, l’arte, da domani a domenica
27 al Teatro Greco di Roma. Anche protagonisti della serata, Ernesto Assante, Gino Castaldo e
Max Paiella sono gli autori dei testi, e se i brani musicali sono di
Lennon & McCartney, Harrison,
e di Jagger & Richards, la band
che opererà dal vivo è quella di
Mark Hanna. La drammaturgia
scaturirà da una sorta di duplice
racconto mitico degli anni Sessanta, dalla storia speculare dei
Beatles a base di canzoni generazionali, psichedelia, India, Liverpool e il Cavern, scenario cui s’opporrà la vicenda degli Stones,
con gli inni di una generazione,
il rock e il diavolo.
Ernesto Assante (sostenitore
degli Stones) e Gino Castaldo
(impegnato per i Beatles) contribuiranno come padrini dello
scontro, e a Max Paiella toccherà il ruolo di giudice arbitro, col
compito anche di cantare le canzoni. L’impresa avrà una teatralità indotta che rifletterà tendenze, mode, segni, abitudini e tic
di un decennio, al punto che più
che la messa in campo di due concerti paralleli in competizione, il
vero contenuto destinato a dare
spettacolo è il muro contro muro
di due culture altrettanto pionieristiche, elettriche, irrequiete,
formative, che hanno emozionato e istruito masse di giovani.
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Come con 4DBOEBM quando immaginò che
il governo americano spiasse ogni cosa,
prima che il mondo conoscesse Edward
Snowden. «Avemmo un’idea semplice», è
la sua spiegazione, «ogni telefono ascolta
quello che dici, ogni computer può guardarti, mettemmo insieme queste cose.
Tre mesi dopo scoprimmo che era vero».
Come è diventato vero uno strano candidato repubblicano alla Presidenza degli
Stati Uniti come il personaggio di Holly
Doyle, sempre in 4DBOEBM: «Dopo Trump
hanno pensato che fossimo degli stregoni.
Ma no, non lo siamo».
Con le sue fiction ha seguito i cambiamenti dell’America e non solo. «Guardate
il caso delle coppie gay, gli standard televi-
sivi hanno seguito il cambiamento di mentalità degli americani, allo stesso modo in
cui i matrimoni gay sono oggi legali in
ogni stato della nazione, puoi mostrare
una coppia gay che si bacia senza creare
scandalo. Ricordo che nella stagione 2 o 3
di (SFZT"OBUPNZ Callie era fidanzata e
toccava con una mano la coscia di un’altra
donna. Era un problema, ho dovuto combattere per poter inserire il gesto nella scena, ho quasi dovuto chiamare l’associazione in difesa dei diritti dei gay. Oggi sembra assurdo, puritano, ma all’epoca è stato un momento importante».
Una passione, quella per la tv, nata tardi. «Facevo la sceneggiatrice per il cinema, ma avevo appena adottato un bambi-
no e in casa avevo tempo per la tv. Così ho
guardato l’intera stagione di esattamente in 24 ore. Ho iniziato a capire che
volevo fare tv, è li che si possono raccontare storie nelle quali i personaggi crescono,
cambiano, si sviluppano nel tempo. Inizialmente pensavo di essere la prossima Toni
Morrison ma il suo posto era occupato da
lei. Ho dovuto convincere i miei genitori
che studiare cinema era più impegnativo
di studiare legge ad Harward, ma alla fine
mi sono diretta a Hollywood, non avrei potuto fare altro». E come vive il successo?
«Mia figlia di 14 anni mi tiene con i piedi
per terra. Pensa ancora che i miei show
facciano schifo».
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4*&(.6/%(*/;#&3(
3
AI 5 aveva annunciato
per ieri mattina un
omaggio alla scomparsa del soprano Daniela Dessì mandando in onda la sua
interpretazione di"ESJBOB-F
DPVWSFVS. Hanno invece trasmesso un’"ESJBOB-FDPVWSFVS interpretata (mirabilmente invero)
da Mirella Freni. Direttore un impareggiabile, già molto incanutito, Gianandrea Gavazzeni.
Si sono confusi? Forse. Erano
due edizioni diverse, del 1989 e
del 2000 entrambe alla Scala. Si
sono guardati bene dal dircelo. Il
problema è che su Rai 5 il depistaggio è sistematico. Come sistematica è la cattiva abitudine di
non fornire indicazioni su quel
che si sta trasmettendo. E men
che meno si curano di leggere le
proteste e i garbati suggerimenti che da anni (vedi internet per
credere) gli vengono dagli utenti
di questo servizio pubblico (per il
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quale paghiamo un canone). Snobismo? Sospetto qualcosa di più
banale: sciatteria più arroganza.
Quello con l’Opera la domenica mattina su Rai 5 è un appuntamento praticamente a sorpresa:
non sai mai che opera trasmetteranno. Dà il brivido del gioco a
quiz. Accendi la tv e devi provare
a indovinare di quale opera si
tratta, quale edizione e in quale
teatro, chi conduce… In rete, il palinsesto di Rai 5 è introvabile. Se
vai sulla diretta, rinvia al sito. Sul
sito in genere non si trova nulla,
o non quello che uno vorrebbe sapere. La cosa più perversa è però
un’altra: che quando si trova
un’indicazione, spesso è sbagliata e fuorviante. Più di una volta
mi è capitato che l’opera che veniva trasmessa non era quella annunciata sul sito, o non in quella
edizione. Mi sono detto: mettono
alla prova lo spettatore. Immagino che gli appassionati dell’opera la domenica mattina non siano più giovanissimi. Quindi la
ginnastica mentale, spremersi le
meningi per cercare di capire di
che opera si tratta, non può che
farci bene. Ma perché metterci
deliberatamente fuori strada?
Forse ritengono che un appassionato debba riconoscere i pezzi
musicali dopo poche note. Se uno
non ci riesce peggio per lui. Il solo
modo per sapere che cosa e chi e
dove stanno suonando e cantando è all’inizio. Oppure alla fine.
Spesso però, come nel caso della
"ESJBOB-FDPVWSFVS di ieri, manca l’indicazione di direttore e artisti anche all’inizio. Ai concerti bisogna arrivare puntuali. È ovvio.
Ma per chi guarda un concerto al
televisore di casa sua dovrebbe
valere la possibilità di sedersi in
ritardo, o di potersi distrarre un
attimo senza troppe rampogne.
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EMMENO Allegri, forse, s’a-
spettava un turno così sorridente. Alla teoria di avversarie che si scansano, oggetto
di forte attrito tra le vieilles dames del nostro sport (Juve e Gazzetta) si oppone la realtà di avversarie che si scassano, di meccanismi che s’inceppano. La Roma di
ieri, al di là dei meriti di un’Atalanta sempre più bella, ne è la dimostrazione lampante. Gioca un
buon primo tempo, punge con Salah che però sbaglia troppo, va in
vantaggio e poi sparisce. Non riesce a uscire dagli ultimi 20 metri.
Perde contrasti su contrasti. L’Atalanta attacca come uno sciame
di vespe. Gasperini non s’accontenta del pareggio e fa bene. La
Roma, a leggere le formazioni,
dovrebbe avere più risorse, più
mestiere, più esperienza. L’Atalanta ha 5 giocatori nati dal ‘93 in
avanti. Ma si muovono con la determinazione dei veterani, giocano senza paura. Facile, direte,
quando le cose vanno bene. L’Atalanta nelle ulti*- me 8 partite ha
16/
fatto un punto più
50
della Juve, non
eleggiamola anti-Juve, ma resta una squadra
che, di questi tempi, nessuno vorrebbe affrontare. Regge la bandiera della provincia, ma non gioca all’italiana. Come fanno squadre più forti, dal Milan alla stessa
Juve, per cui sarebbe fuorviante
parlare di catenaccio. Preferiscono aspettare che attaccare in
massa. Per la Juve, Allegri ha dato appuntamento a marzo. Gioca
male, bene, così così? Poco importa, ha 7 punti sulle seconde e il
tempo gioca a suo favore. Ci sono
tre partite, dall’inizio alla metà
di dicembre, che diranno altre cose sulla forza della Juve: con Atalanta, Torino e Roma. Questo
campionato è il contrario del precedente. Falsa partenza della Juve, a freccia le altre. Juve salmone, risalite su risalite. C’era più
pathos che con la Juve lepre, ma
l’effetto sulla concorrenza è lo
stesso: tensione e depressione. E
ci si scassa. Se il Napoli ha l’alibi,
indiscutibile, dell’infortunio di
Milik e la colpa di non aver pensato in anticipo a un supplente, la
Roma sembra legata a oscuramenti difficilmente spiegabili, a
sfaldamenti improvvisi.
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<DALLA PRIMA DI SPORT
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UANDO pareva avviata a
vincere grazie al gioco sulle corsie esterne (Salah imprendibile per Masiello) sulle
corsie esterne l’ha persa. La svolta: l’ingresso di D’Alessandro.
Rüdiger è terzino improvvisato,
Peres è terzino poco portato a difendere. Visto il buon lavoro di
Fazio e Manolas, l’Atalanta ha
sfondato sui fianchi, e a nulla sono serviti i cambi di Spalletti.
Campionato dei giovani, finalmente. Letto in settimana che la
Juve, occhio lungo e contante
non esiguo, avrebbe già stanziato 20 milioni ( ma basteranno?)
per Kessié, possibilmente a gennaio. A me è piaciuto anche Gagliardini, simulazione a parte.
Ha qualcosa di Tardelli nel movimento e di Antognoni nell’impostazione, e non va dimenticato
Caldara, stopper che ha già segnato tre gol. Fa il pompiere, giustamente, Gasperini quando gli
chiedono se l’Atalanta può essere il Leicester nostrano. Sa che
c’è molta casualità in questo calcio: se avesse perso col Napoli si
sarebbe ritrovato senza panchina. Se Lotito avesse raggiunto
l’accordo con altri tecnici, Inzaghi non sarebbe alla guida della
Lazio, e guida bene, la Lazio non
sembra una meteora. Nel paese
che fu delle ferree difese, il Sassuolo riesce a prendere tre gol
negli ultimi 7’. Insigne dopo lungo sonno, Belotti, Bernardeschi:
buoni segnali anche per Ventura.
Il derby meneghino-cinese finisce pari. Risultato giusto, partita più fisica che tecnica, ma per
palati buoni i due gol di Suso e
quello di Candreva. Utile quello
di Perisic, a un sospiro dalla fine
del recupero. L’Inter lo festeggia
come se avesse vinto e anche alla Juve sarà piaciuto: prima, il Milan era a 5 punti. Dopo, a 7. Due
cose prevedibili. La prima: Pioli
in pochi giorni fa quello che può,
dà un certo equilibrio a una squadra che da tempo aveva smarrito la rotta. Può lamentare l’uscita anticipata di Medel, che dava
sicurezza alla difesa. Ha caricato
la truppa, troppo frettolosa nelle
conclusioni. La seconda: il Milan
è fedele al copione. Aspetta. L’Inter s’incarica di fare la partita,
nel primo tempo ha almeno tre
occasioni da gol, ma Perisic non
ne sfrutta e due e Icardi latita e
latiterà. Si sente poco l’assenza
di Romagnoli, si sentirà nell’ultimo quarto d’ora, nell’assalto
non lucidissimo ma continuo
dell’Inter. Alla prima occasione,
Suso infila un gran gol. E si ripeterà, a dimostrazione che i tiri in
porta conviene lasciarli a chi sa
farli. Suso e Bonaventura sono i
pilastri del Milan, l’Inter per ora
non ne ha. Pioli ha dato fiducia a
Kondogbia, che alterna buone
giocate ad altre censurabili. E,
quando tutti s’aspettavano
Eder, ha puntato su Jovetic. Il
punto arrivato quando nessuno
ci sperava più a qualcosa serve: a
pensare che verranno tempi migliori, ma c’è ancora molto da fare. Arrivato al secondo posto, il
Milan non può nascondersi. Fin
qui, l’attendismo ha pagato.
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MILANO
l derby tra la multinazionale
dell’Inter cinese e il Milan
non ancora tale e parecchio
italiano lo stava vincendo uno
spagnolo, il favoloso doppiettista ex carneade Suso. Invece
l’ha pareggiato all’ultimo respiro il croato Perisic, che carneade
non è mai stato. La sintesi geopolitica è che hanno vinto un po’
tutti: il Milan di Montella rafforzato nell’autostima e nelle speranze di andare in Champions,
la nuova Inter di Pioli che ha evitato l’immeritata batosta e il
pubblico, che si è finalmente goduto uno spettacolo all’altezza: i
quattro gol, a cominciare
dall’1-1 di Suso e dal 2-1 di Candreva, stavolta hanno soddisfatto i palati più fini.
Il più noto rappresentante
fensivistica del 4-2-3-1, con il fattivo contributo di Candreva e Perisic sulle fasce. Nella difesa davanti a Donnarummae il ballottaggio sudamericano tra Gomez e Zapata si è risolto a favore
del paraguaiano, che ha dovuto
testare, sui numerosi cross, le
proprie capacità acrobatiche in
assenza dello specialista Romagnoli. Lo stazionamento nella
metà campo altrui non ha fruttato all’Inter occasioni proporzionate all’egemonia: due testate a
lato di Kondogbia e due deviazioni ravvicinate di Perisic e Icardi,
che hanno rispettivamente sbagliato mira e perso il passo.
L’infortunio muscolare di Medel, rimpiazzato da Murillo, ha
tolto sicurezza tattica. Ne ha approfittato il vero regista del Milan, il pendolo Bonaventura, per
alimentare con le sue percussioni longitudinali l’efficacia della
mossa principale di Montella:
l’innesco del contropiede attraverso il pressing, di Locatelli in
particolare, sui palleggiatori avversari. Bacca ha sciupato la prima fuga, ignorando Niang libe-
rissimo, ma Bonaventura ha fatto tesoro della seconda: ha atteso l’arrivo di Suso e lo ha imbeccato per il gioco di gambe su Ansaldi e l’angolato sinistro radente dell’1-0.
Lo svantaggio all’intervallo
ha indotto l’Inter al fisiologico
sbilanciamento, così Bonaventura ha rischiato d’infilzarla. Invece la stoccata improvvisa è stata
di Candreva: accentramento da
contestata rimessa laterale e folgore di destro all’incrocio. Altrettanto improvvisa, per quanto originata dal disagio di Ansaldi in marcatura, è arrivata l’invenzione bis di Suso: dribbling
secco in area su Miranda e destro in controtempo. Le sostituzioni in sequenza hanno obbedito alle rispettive esigenze di pareggiare e di conservare la vittoria. L’Inter si è avvicinata all’obiettivo con due girate di Perisic, a lato, e di Icardi, flebile. Lo
ha infine centrato col tocco volante di Perisic, su sponda di
Kondogbia, e l’esito è parso
equo.
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della categoria era Berlusconi.
Non è ancora dato sapere se la
sua frase prepartita («non sarà
il mio ultimo derby») fosse un’allusione ai lati grigi della trattativa per la cessione del club al fondo cinese Sino Europe o la constatazione del fatto che anche
da presidente onorario nulla gli
impedirebbe di presentarsi a
San Siro. Fatto sta che, mentre
la Curva Sud ispirata (azzeccato, tra i vari striscioni, quello di
omaggio a Umberto Veronesi)
dedicava al demiurgo del più celebrato trentennio milanista un
maxidisegno di commiato, la
squadra in campo ha disatteso il
primo comandamento berlusconiano: non lasciare il pallino del
gioco agli altri.
Montella, però, è seguace dichiarato della filosofia pragmatica, che consiste nell’evitare innanzitutto di scoprirsi, senza disdegnare l’attendismo e il contropiede. La tattica era anche obbligata, perché Pioli al debutto
ha plasmato un’Inter di superiore impatto fisico, con Kondogbia in mediana e Medel al centro
della difesa. L’avanzamento di
Joao Mario alle spalle di Icardi
ha accentuato la vocazione of-
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MILANO
tava per essere il derby più
spagnolo di sempre: non accadeva dai tempi di Luisito
Suarez che un giocatore iberico
segnasse in un Milan-Inter, e
qui Suso ne aveva messi addirittura due. Il quasi ripudiato Suso, che poi è andato a risciacquare i panni nel Bisagno ed è tornato rigenerato dalla cura-Gasperini, ed eccolo smazzare una doppietta contro l’Inter.
Ma c’era un’altra ala con cui
fare i conti, e mica era Candreva
che aveva già segnato l’1-1. Alla
fine è spuntato il piedino di
Stefano Pioli esordire con una
sconfitta, troppe ne erano arrivate coi suoi predecessori e non
si poteva proprio. Così, come
Mancini due anni fa, il nuovo tecnico inizia con un derby pareggiato, anche se all’epoca fu un
1-1 assai più triste di questo 2-2.
Pioli viene premiato dalle ali,
da Candreva («Ma basta parlare dei miei presunti dissidi con
Pioli», ruggisce) e da Perisic, e alla fine il pari è meritatissimo,
dal suo punto di vista, senza contare che l’Inter ha tenuto il pallone per il 66% della partita, quindi l’ha dominata sul piano territoriale. «Nel primo tempo abbiamo giocato praticamente solo
noi e abbiamo concesso qualche
ripartenza. Il pareggio mi sembra il risultato più giusto. Ho
chiesto alla squadra anima e cuore, me li hanno dati. Io ho cercato di dare equilibrio. Dobbiamo
lavorare sulla compattezza, sia
in fase di attacco che di difesa.
Mi è piaciuta la voglia di aggredire, dobbiamo fare un po’ di lavoro ma non si tratterà di sistemi
di gioco, piuttosto di altre situazioni. Ho visto in campo gli atteggiamenti che ho chiesto in settimana. Ma dobbiamo essere più
cattivi e determinati sotto porta. Quanto ai gol incassati, sul
primo si poteva fare meglio».
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Ivan, e per Stefano Pioli è stata
una liberazione. Da un bugigattolo vicino al palo di Donnarumma, sotto un grappolo di uomini, nell’afrore intenso dell’area
di rigore quando ormai il 90’ è
passato da un pezzo e si pensa
solo a blindare spazi e narici, insomma dove c’è il massimo calore e la massima tensione sai che
può spuntare Ivan Perisic e farti
molto male. Così è 2-2, nel recupero. Croati. Affidabilissimi e
inaffidabili al massimo grado,
come scappò detto a Roberto
Mancini qualche mese fa. Ma
avercene, di pedalatori di genio
come Ivan Perisic. Quando conta, lui c’è (quasi) sempre. Aveva già segnato, stessa porta, il
2-1 alla Juventus, quando si credette di aver compiuto un bel
pezzo di cammino e invece non
era per niente così. Ma Perisic
c’è stato sempre, con i gol (4 finora, 9 la scorsa stagione) e con
gli assist. Anima interista quasi
quanto Icardi, o suo degno compare, non a caso i due si cercano
e bisticciano spesso perché è da
loro che passa il meglio delle cose interiste. Ivan Perisic è uno
che parla pochissimo, e per lo
più in croato o in inglese, si è fatto da sé prima in Belgio, poi in
Germania, infine è approdato
qui, fortissimamente voluto dal
Mancio. Non parla, Ivan, ma corre. Lui è tutto in quel suo cercare l’ispirazione con quella testa
inclinata in modo strano, che si
piega mentre affonda lo sprint,
poi la alza e cerca il cross, o la
stoccata in porta. Ne ha provate
almeno tre contro il Milan, e
non entrava mai. Poi al 92’,
quando poteva dare il massimo
dolore, ecco il piedino di Ivan.
Non sarebbe stato carino per
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ntrambe le maglie sono
scure. Poi l’Inter ha i calzoncini bianchi e il Milan
neri, e casomai dovrebbe essere
il contrario. Morale, il derby diventa un uragano di proteste di
telespettatori che non distinguono i giocatori. Quando c’è un contrasto in corsa a due non si capisce niente. Chi ha voluto e autorizzato questo è un pazzo pericoloso e di mestiere dovrebbe fare
altro. E le tv che in un caso simile
lasciano fare e non bloccano tutto sono anche peggio.
***
Su Premium mostrano gli ingressi vip a San Siro e in un gruppetto si riconosce Toni Servillo.
Il cronista precisa che in teoria è
un tifoso del Napoli ma «è stato
spesso visto insieme a tifosi vip
del Milan». Servillo intanto sfila
via, come sempre con interpretazione perfetta, come se dovesse
impersonare Toni Servillo.
***
A Foggia passa Matteo Renzi
in campagna elettorale, ieri sera. Purtroppo alla stessa ora si
giocava Foggia-Catanzaro. E nel
pomeriggio accanto alla sede del
Pd locale sbuca lo striscione:
«Renzi, per qualsiasi cosa siamo
allo stadio».
***
La domanda dallo studio di
Premium era: «Da questa partita la Roma esce ridimensionata?». Spalletti risponde: «Beh,
ogni partita ha un suo racconto».
E quindi ci siamo: la prossima volta dirà storytelling.
***
«All’ingresso in campo il fischiometro ha registrato il record per Handanovic. Però non
so se esiste il fischiometro» (Marco Nosotti, Sky). «L’indicazione
di Giampaolo è: non buttiamo
via le palle, teniamole basse»
(Riccardo Re, Sky). «Intanto sul
mercato DESTRO È PIÙ DI UNA
SUGGESTIONE!» (Franco Lauro
a un certo punto delle frasi urla a
caso, 90 Minuto, Raidue)
***
Facile fare i fenomeni alle
Olimpiadi invernali e basta. Il tv
bisogna accenderlo in questi
giorni, su Eurosport, dove sono
in corso gli Europei di curling.
***
«C’è qualche accenno di motosega in mezzo all’orchestra». «È
come quando sposti il gatto dal
divano, che poi cadi giù». «Forza!
Raggruppiamogli le canottiere!». «Piuttosto che sotto di uno,
ricordatevi, è meglio essere sopra di due». «Simone Favaro…
beh, Simone Favaro se gli insegni ad andare a tartufi lui ti torna a casa con un soldo». «Non credo che sia una marca. Quindi si
può parlare di gorgonzola, vero?». «Abbiamo segnato la prima meta in una situazione simile di canottiere riunite». «Sì, certo, ma lì doveva usare la tomaia
come Raffaello usava il pennello». «Mancano cinque minuti!
Cinque minuti e un jet partirà!».(Vittorio Munari collection.
Italia-Sudafrica
di
rugby,
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BERGAMO
A CHE bella Atalanta. Ma
che brutta Roma. Non sarebbe stata una partita
facile per Spalletti, si sapeva, con
un avversario reduce da 6 vittorie e un pari. Ma il 2-1 è davvero
stretto per i bergamaschi che nella ripresa si sono abbattuti come
un fortunale sugli avversari: le
ondate dei fantastici Kessié e Gagliardini (e Gomez, e Freuler, e
Spinazzola, e gli altri) hanno portato al naufragio romanista nel
recupero, col rigore di Kessié,
premio a una partita da tuttocampista.
Merito anche di Gasperini,
netto vincitore su Spalletti nella
gara di lettura tattica. Nel primo
tempo l’Atalanta è timida, sopraffatta dalle verticalizzazioni
di De Rossi e Nainggolan e in
chiusura arriva pure il rigore di
Perotti (mani di Toloi), anche se
il dominio romanista meriterebbe almeno un paio di reti, ma un
Salah in versione piede a banana
puntualmente distrugge in contropiede almeno tre palle gol. Poi
Gasperini ribalta il tavolo in due
mosse: prima D’Alessandro per
Masiello, poi Freuler (palo) per
Kurtic. Il 5-3-2 lascia il posto al
3-4-3 classico del tecnico piemontese, basato su aggressività e
agonismo ancor più che sulla tecnica, che comunque non manca.
Si veda Gagliardini, che per ora
in Nazionale va solo da stagista
ma non aspetterà molto la convo-
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cazione vera: fosforo, fantasia,
corsa. E col nuovo modulo Kessié
porta in area il suo strapotere fisico, risultando imprendibile.
La Roma, poi, si ribalta immediatamente: sulle fasce Peres palesa i soliti limiti sia a destra che
a sinistra, e il centrocampo crolla
fisicamente giusto quando le
gambe bergamasche hanno finito il riscaldamento. Ne esce un assalto all’arma bianca, roba da calcio inglese se non scozzese, complice un’atmosfera bollente allo
stadio. Lasciamo stare che il pari
di Caldara sia un gollonzo con Manolas che gli fa carambolare il pallone sul corpo: il pari è giusto e il
2-1 finale ancor di più.
Di sicuro, anche se la Roma
non ha certo perso per questo,
Spalletti mostra minor lucidità
di Gasperini negandosi con le sostituzioni il contropiede, più che
possibile con avversari così sbilanciati. Salah, pur sciagurato, è
un bell’apriscatole, ma esce per
un El Shaarawy ingiudicabile. E
il cambio di Paredes (che, dopo
aver pensato di mettere al posto
di De Rossi o Strootman, poi Spalletti inserisce per Perotti) è dop-
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piamente infausto. Proprio lui
causa il rigore chiave, agganciando sotto gli occhi di Rocchi (bravissimo, si può dire?) Gomez in
area, diretto sul fondo.
«Una ripresa che non mi aspettavo – ammette Luciano Spalletti – , specie dopo un primo tempo
che ci aveva fatto rabbia chiudere con un solo gol di vantaggio. Invece, crollo totale: quando c’è da
lottare noi abbassiamo la guar-
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dia». Il modo migliore, questo,
per perdere non solo i match, ma
anche gli scudetti: la Juve ora è a
+7, il discorso si fa molto più duro. Ma non dimentichiamo, stavolta, i meriti di un’Atalanta che
al momento è semplicemente la
miglior squadra d’Italia: «Sono
esterrefatto io stesso dalla nostra ripresa – ammette Gian Piero Gasperini – al momento non
so che limiti abbiamo. Vogliamo
stare coi piedi per terra ma se alla fine saremo a questo punto, ce
la giocheremo come mi è successo anche al Genoa». Ma non provate a parlargli di nuovo Leicester: «Troppo, anche se prestazioni e ambiente sono simili». C’è anche la consapevolezza che un Kessié così non lo puoi tenere a Bergamo a lungo: il richiamo delle
big e del denaro sarà presto superiore a quello dei casonsei. Già a
gennaio? «Una cessione comporterebbe comunque il nostro rafforzamento, i Percassi sono ambiziosi», glissa il tecnico.
Chiusura per salutare, diciamo così, il ritorno dei tifosi romanisti a Bergamo dopo tre anni di
assenza. 450 tra agenti e carabinieri e meticolose (dicono) perquisizioni dei circa 1.300 giallorossi entrati allo stadio non hanno impedito lanci di fumogeni,
bomboni e petardi durante la partita. Alla fine le forze dell’ordine
si sono frapposte tra le tifoserie,
non si capisce bene quale delle
due abbia tentato l’aggressione,
forse entrambe, ma si capirà solo
oggi analizzando i filmati in questura. Bilancio finale: quattro
steward e un agente lievemente
feriti, 500 romanisti identificati.
Alla fine tutto tranquillo, in rapporto a quel che si temeva.
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ro a Crotone toccando quota 24
gol di un 2016 strepitoso. I padroni di casa si dannano l’anima, ma nel finale Belotti firma
l’uno-due e fa infuriare Nicola:
«Il primo gol è in fuorigioco e
poi ci è stato negato un rigore
netto (Rossettini su Falcinelli,
OES). Così diventa difficile» sottolinea il tecnico rossoblù.
In casa Toro, Mihajlovic non
è contento della prestazione
dei suoi e cancella il giorno libero, ma, dopo averlo strigliato
nell’intervallo, si coccola Belotti: «È un attaccante potente, alla Casiraghi o Bobo Vieri, ma
può diventare più forte di loro».
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EMPOLI. Quattro gol e una parti-
ta mai in discussione. La Fiorentina si è presa i tre punti, e dopo
un primo tempo non certo entusiasmante ha preso in mano la
partita e non l’ha più mollata.
La prima rete al 26’: Skorupski butta giù Kalinic, sarebbe rigore ma il pallone arriva a Bernardeschi che segna. Poi nel secondo tempo la Fiorentina diventa padrona assoluta del gioco e dopo appena un minuto Ilicic raddoppia su rigore. L’Empoli è incapace di reagire, così
al 16’ Bernardeschi mette dentro il terzo gol e Ilicic chiude il
conto(22’). L’Empoli se la prende con l’arbitro Massa, reo di
non aver espulso Tomovic.
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GENOVA. Un pirotecnico finale
condanna il Sassuolo ad una sconfitta da incubo, con Di Francesco
che teme di essere finito su
“Scherzi a parte” e invita i suoi a
pensare alla salvezza, ed esalta
una Samp che non si arrende sotto di due gol (Ricci al 19’ della ripresa, Ragusa 9 minuti più tardi) e in sette minuti rimonta e
sorpassa, mandando il proprio
pubblico in delirio. La scintilla
che cambia volto al verdetto è la
centesima rete in A di Quagliarella al 39’: subito dopo (41’) il facile tocco a porta vuota di Muriel e
infine (46’) il netto (Schick atterrato da Antei) rigore trasformato dal colombiano, alla sesta rete
in campionato. TUFGBOP[BJOP
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BOLOGNA. Il Bologna non vinceva
da due mesi, il Palermo incassa la
sesta sconfitta consecutiva ed è
inevitabile definire a rischio la
panchina di De Zerbi, per altro
sempre difeso, anche negli ultimissimi giorni, dal presidente
Zamparini. Decisivo l’impiego di
Destro dall’inizio. Il centravanti
ha segnato il gol dell’1-1 (il primo di testa dei rossoblu quest’anno) agguantando quello di Nestorovski, che ne ha già realizzati
sette sui dieci dei rosanero. Che
giostrano a lungo, ma al solito
non graffiano. Di Dzemaili la rete
del sorpasso, prima del sigillo di
Viviani. Fischiato il ritorno di DiaTJNPOFNPOBSJ
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biancocelesti andati a segno in
campionato, un record. Ora però c’è il pericolo giallo: Anderson è diffidato, un’ammonizione a Palermo e niente derby.
Ma giocherà lo stesso, è troppo
importante. Anche se in realtà
questa Lazio sembra solo Inzaghi-dipendente.
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ROMA
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on è Immobile-dipendente, questa Lazio che piega il Genoa all’Olimpico,
arriva a 8 risultati utili consecutivi (18 punti) ed è quarta, a un
punto dalla Roma. Stavolta il
suo centravanti non segna, ma
Inzaghi ritrova quel genio irrisolto di Felipe Anderson: tecnicamente strepitoso il tiro che
fulmina Perin e spacca la partita. «Deve fare sempre la differenza», dice il tecnico a proposito del brasiliano. E infatti lui
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crea anche l’azione del 2-1, dopo il pareggio di Ocampos: scatto impressionante, sgambetto
di Orban, siluro su rigore di Biglia. Ecco, l’argentino mancava
all’appello del gol come Wallace, che risponderà presente poco dopo per il 3-1 finale: con il regista e il difensore — sempre
più convincente — sono 13 i
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no di un quarto d’ora per capire
quanto, già a 8 anni, fosse bravo.
Tre anni dopo la Juve lo prese e
lo portò via: a quell’età i vincoli
sono solo stagionali.
La classe è davvero fuori dal
comune e Allegri ne è rimasto
stregato, pur conoscendone i limiti caratteriali: anche per questo gli sta appresso, per tallonarlo e casomai reprimerlo: «Ha la
fortuna di stare vicino a dei grandi veterani che possono insegnargli, deve essere molto sveglio a capire come ci comporta
all’interno di un gruppo. Le qualità tecniche potrà migliorarle,
ma la differenza la farà il comportamento che avrà». Ieri Kean ha
scritto su Instagram: «Contento
per il mio esordio nonostante la
mia età, ma è solo l’inizio».
Però qualche giorno prima
aveva citato un verso del rapper
Sercho che trasudava presunzione («Mi volevano diverso/ma è
troppo tardi/se mi vuoi insegnare come comportarmi/lascia
sta’»), al punto che sullo stesso
social Stefano Sturaro lo ha rimproverato con un emoticon poco
amichevole. Va così, a 16 anni.
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l’aria. Raiola sogna di avere in tasca un altro Pogba. Marotta teme che altri possano fare a lui
quelli che lui ha fatto ad altri,
per esempio sfilando Coman al
Psg. Kean, d’altronde, la Juve lo
fregò al Toro, cui bastò un provi-
come Balotelli gestito da Raiola,
che sul suo futuro nicchia cosicché la Juve non è ancora riuscita
a vincolare Kean con un contratto (soltanto al compimento dei
16 anni si può firmare un triennale). Arsenal e City annusano
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della Juve nato nel terzo millennio (il secondo in Europa dopo il
lussemburghese del Metz Vincent Thill, che ha già persino segnato in nazionale): il suo debutto è stato ampiamente preceduto dalla sua fama e da un’aneddotica già ricchissima di meraviglie e sciocchezze, perché è uno
che segna da sempre più di un
gol a partita ma che ha pure l’insana ambizione di definirsi «il
nuovo Balotelli». È attivissimo
sui social, posta pose sfrontate e
una volta (Juve-Perugia, campionato Allievi) fece un gol e poi mostrò la maglietta della salute dove c’era scritto 8IZBMXBZTNF ,
proprio come quello che un tempo chiamavano Super Mario.
Sabato sera lo Stadium, che fino a non molto tempo fa ritmava
lo slogan «non ci sono negri italiani», si è sciolto in un’ovazione
emozionata (mentre Giovanni,
il fratello maggiore, scoppiava
in pianto), per l’apparizione di
questo ragazzo sfrontato (prima palla giocata? un giochetto
di gambe irriverente per guadagnare un corner) e fortissimo,
nero e italianissimo (è nell’under 17 di Bigica) come Balotelli e
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l ragazzo del 2000 certe volte
è già un po’ troppo adulto oppure pensa di esserlo, così alla Juventus tocca al tempo di
stesso di proteggerlo e stimolarlo, in un equilibrio complicato.
La storia è piena di ragazzi che si
sono affacciati prestissimo al balcone del grande calcio e non sono mai andati oltre a quell’affaccio. Il primo giovane del ‘90 a
esordire in A, per esempio, fu Salvatore Caturano, che l’Empoli
lanciò sedicenne, come Kean, e
ieri segnava il gol della vittoria
del Lecce sulla Juve Stabia nel
duello al vertice in Lega Pro: la serie A non l’hai mai più rivista.
Non tutti sono Amadei o Cassano, Rivera o Pelè. Ma forse un
giorno si dirà che non tutti sono
Moise Kean, il primo giocatore
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minori italiani. Alessio Casula
fa lo stesso mestiere ma nella
anno Youtube per Mara- Torres, una partita intera e due
dona e la Play per giocar- scampoli contro avversarie che
ci su. Van Basten e Ro- si chiamano Monterosi, Ostiaberto Baggio sono nomi remo- mare, Foligno.
ti, sfumati nei racconti dei paFabio Rizzi (Avezzano, sei
dri che, poi, loro, dai padri ave- minuti appena), Antonio Panavano sentito di Rivera e Mazzo- ia (Roccella) e Lorenzo Palmila. Le Notti magiche non le han- giano (Verbania), con Traorè,
no vissute e forse a stento ricor- fanno la linea di centrocampo.
deranno quelle del 2006, avran- Davanti, la coppia d’oro dell’Uno ascoltato un pugno di volte nion Feltre: Alex Cossalter e
4NFMMT-JLF5FFO4QJSJU, ma mil- Alex Boschett, 32 anni in due,
le Fedez. I giovani sono e per un compagni di cortile, di scuola,
po’ saranno loro, ragazzi nati nella città di Fra Bernardino e
nel 2000, quelli che Kean «è bra- di Maurizio Zanolla, detto Mavo, ma arriveremo anche noi». nolo, però la pubblicità del comPresto o tardi. Partono da più paesano scalatore, dell’orololontano, dalla provincia profon- gio e dei muscoli allo spasimo,
da e senza Raiola. Sono anche lo- mica l’hanno vista mai, loro.
ro ragazzi del Terzo millennio. Cossalter è titolare ma la porta
E giocano. Nei campionati ita- non l’ha ancora inquadrata:
liani dalla A alla D sono una doz- «Ho giocato bene contro il Camzina i NJMMFOOJBMT
podarsego e ho viad aver indossato
sto segnare Mauna maglia con
diotto, che un anun numero, ad
no fa era il mio miaver sentito il mito. Sono al terzo anster dire “tocca a
no del liceo di sciente”, ad aver sentize applicate, lo
to il cuore battere
scientifico senza il
forte una volta
latino, ma lo stupassata la linea ladio non è che mi
terale, dentro e
piaccia tanto, in
non fuori. Uno stacampo mi ispiro a
dio, la porta, soDybala e Giovinco
gni.
perché un po’ sono
Si potrebbe già
come loro, brevilimettere in campo
neo e veloce, oppuquesta squadra
re all’ultimo Del
immaginaria, i Piero perché il priNJMMFOOJBMT vengomo, beh, non ero
no tutti dalla D
nemmeno nato...
meno Moise Kean
Mi piace il calcio vee il perugino Ab- 5*50-"3&%&--6/*0/'&-53& ro, quando vedo
doulaye Traorè, "MFY$PTTBMUFSOBUPJM
un pallone impazziattaccante scuola NBHHJPHJËUJUPMBSF sco, ho girato un
Inter, 12 minuti OFMM6OJPO'FMUSFTFSJF%
po’ la provincia
in serie B contro
per giocarci. A cal’Entella, il resto finora tutto sa la Play, ma sì, certo, e Kean è
nella Primavera del Grifone.
stato bravo, la A per me è lontaIn porta, nella squadra im- na ma non è ancora tardi per armaginaria, ci va Salvatore Pitta- rivarci». Tardi proprio no.
lis, Latte Dolce Sassari, 28 miIeri ha fatto gol contro il Munuti giocati contro l’Arzache- ravera Federico Pireddu, ancona, serie D, girone G, «ho anco- ra Latte Dolce, «sono di Ozieri,
ra tanta gavetta da fare, il mio un’emozione incredibile e tutidolo è Buffon, ho coraggio nel- to al momento mi sembra increle uscite e vado ancora a scuo- dibile, anche che un ragazzo cola», vanno ancora tutti a scuola, me Kean, mio coetaneo, abbia
hanno 16 anni appena.
già esordito in A. Vuol dire che
Iliass Amal del Montebellu- un posto per i ragazzi nel calcio
na è nato in Italia da genitori italiano c’è, dobbiamo essere
marocchini, giovanili e poi in bravi noi a prendercelo». Sì ma
campo contro il Cordenons, per- il gol? «Cross di Sanna, una zamsa, mestiere di ora e per sem- pata, alla Ronaldo, il mio mito,
pre difensore. Al centro Riccar- Cristiano naturalmente. Sentido Di Stefano, già titolare a 16 re lo stadio scandire il mio noanni del San Nicolò Calcio Tera- me è una cosa che avevo solo somo, roccioso ex giocatore di ba- gnato ma adesso testa ai libri,
sket che, però, con quel cogno- domani c’è scuola». Una manme, solo a calcio poteva gioca- ciata di gloria anche per Federire. È stato il primo NJMMFOOJBM ca- co Sanzari del Vultur Rionero, 5
pace di segnare un gol, bella sto- minuti contro il Trastevere, la
ria, accaduta a fine ottobre con- prima squadra di Totti. Esorditro il Campobasso, big del giro- re, dal latino FYPSEJSJ, cominciane F, il più giovane (22,5 l’età re a tessere. Che sia lunga la vomedia) dei 9 raggruppamenti stra tela, ragazzi.
del maggiore dei campionati
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tro il Middlesbrough, balza in testa con un punto su Liverpool e
City. La gioia con cui il tecnico italiano ha abbracciato a fine partita Diego Costa, autore del gol, ed
è poi andato a complimentarsi
uno per uno con tutti i giocatori
si spiega con qualche dato illuminante. È la prima volta che i
Blues guidano la Premier da
quando vinsero il titolo due sta-
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tolo di “allenatore del mese” della Premier, commentando: «Ora sono proprio
contento di essere in Inghilterra». Adesso Antonio Conte si ritrova al primo posto: il suo Chelsea, con l’1-0 di in trasferta con-
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gioni fa con Mourinho. Quella di
ieri è la loro sesta vittoria consecutiva senza concedere una rete
– la decima volta che un club
compie un’impresa simile nella
storia della Premier (e la quinta
per il Chelsea). Hanno la migliore differenza gol, il secondo attacco più prolifico (dopo il Liverpool), la seconda difesa più impenetrabile (dopo il Tottenham).
Contro il Boro non hanno giocato
al meglio, ma dopo quasi un terzo di campionato dimostrano la
grinta, la sicurezza, la cattiveria
di una squadra che può andare
lontano. I giornali inglesi parlano del “colpo da maestro” di Conte nel passare al 3-4-3 quando,
un mese e mezzo fa, tirava aria
di crisi (e i tabloid riportavano
che il proprietario Abramovich
era già pentito della sua scelta
per la panchina). Ma evidentemente non è solo questione di
tattica, bensì di atmosfera, morale, carica emotiva. Come segnalano la ricostruzione di Hazard (eletto giocatore del mese)
e di Costa, artefici della conquista della Premier due anni fa, deludenti e dati addirittura in partenza l’anno scorso: ora lo spagnolo è capocannoniere con dieci reti, il primo in questa stagione ad avere segnato in doppia cifra. «Il campionato non finisce
oggi», dice Conte negli spogliatoi, «ma è la prima volta che siamo in testa. Ne sono molto orgoglioso, ma dobbiamo sapere che
bisogna continuare così. Non sarà facile, ma dobbiamo essere felici per i risultati del duro lavoro
e dell’impegno che ci abbiamo
messi fino a qui. Dirò ai miei ragazzi che dobbiamo proseguire
il lavoro».
Lavoro, lavoro, lavoro: il suo
mantra dalla prima conferenza
stampa a Londra. E il re della Premier, a forza di lavorare, per il
momento è un italiano.
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il destino è un cognome. Nagelsmann in tedesco significa “l’uomo
del chiodo”. A quel chiodo ha appeso gli scarpini, a vent’anni, perché il ginocchio faceva crac:
«Avessi continuato avrebbero dovuto sostituirmelo». Ma il calcio è
un amore ostinato, morboso, alcolico. Un chiodo fisso, appunto.
Ti fa soffrire, tocchi il fondo, e poi
all’improvviso sei Fenice. Oggi
Julian Nagelsmann ha 29 anni, è
l’allenatore più giovane della storia della Bundesliga, è terzo con
l’Hoffenheim e le sue tremila anime, altro miracolo teutonico dopo il Lipsia capolista. Eppure l’inizio non è stato facile: mesi fa il
quotidiano 3IFJO /FDLBS ;FJ
UVOH bollò il suo arrivo come
«una trovata pubblicitaria, un’idea squinternata». E invece. «Essere ‘mister’ a quest’età non è
stata una fortuna nella disgrazia», spiega Nagelsmann in questa intervista esclusiva a 3FQVC
CMJDB. «Era solo destino».
Perché Nagelsmann, già un figlio e una passione smodata per
la natura e l’Europa unita, una
decina di anni fa era una giovane
promessa del calcio tedesco. Capitano delle giovanili del Monaco
1860, poi l’Augsburg, poi il menisco e la cartilagine delle ginocchia si sbriciolano. Ciao Julian. «Il
mio sogno da bambino è morto
all’improvviso. Tutte le mie speranze sono svanite in un attimo.
Così ho deciso di mettermi a studiare economia aziendale».
Ma poi non ha resistito.
«Un giorno all’università ho ricevuto una chiamata dalle giovanili del Monaco 1860. Subito mi è
tornata la febbre del calcio, era altissima. Ho abbandonato la laurea, mi son messo a studiare per
diventare allenatore».
Era il 2008. Lì diventa il secondo di Thomas Tuchel, oggi kaiser del Borussia Dortmund.
Due anni dopo passa alle giovanili dell’Hoffenheim, dove
trionfa nel 2014. Poi, l’anno
scorso, la prima squadra punta tutto sul 28enne Nagelsmann. Lei salva l’Hoffenheim dalla retrocessione e
quest’anno è già terzo in Bundesliga, alla sua età.
«So bene che devo imparare
tanto. Ma la mia età è questa, coVOLTE
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sa posso farci? Per me non è un
problema. Non ho mai avuto paura, e mai ne avrò. Posso vivere anche senza il circo della Bundesliga e tornare alle giovanili, sarei
felicissimo ugualmente».
Ma per favore, in Germania
già la chiamano “Mini-Mourinho”.
«Quello è un soprannome che
mi dato Tim Wiese (ex portiere
dell’Hoffenheim e della nazionale tedesca, oggi wrestler, OES).
Non mi dà fastidio, anche se fra
me e Mourinho c’è molto poco in
comune, e non parlo solo di filosofia di gioco. Ma oramai non posso
farci niente».
E invece chi sono i suoi allenatori modello?
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«Guardiola, Tuchel, Klopp.
Hanno un ottimo approccio tattico e fanno divertire i tifosi. Ma
non è che uno come me può solo
copiarli, anche perché tra allenatori c’è una competizione feroce.
Bisogna trovare la propria filosofia, la propria strada».
E dove la porterà la sua strada? Tutti sono convinti che lei
sia un predestinato.
«Il mio unico obiettivo adesso
è ripagare la fiducia che mi ha dato l’Hoffenheim e portare la squadra più in alto possibile. Per il momento mi basta la vittoria del
campionato delle giovanili di due
anni fa».
Come fa a mantenere l’autorità con giocatori più grandi di
lei?
«Ricordo il primo incontro con
la squadra e il discorso che feci,
dopo essermelo preparato tutta
la notte precedente. I giocatori
erano seduti ai loro posti. Io ero
molto teso, lo spogliatoio a un certo punto mi sembrò enorme. Dovevo stare attento non solo a
quello che avrei detto, ma anche
ai modi, ai movimenti del corpo.
È fondamentale se sei un allenatore. Ma andò tutto bene. In quel
momento ho capito che saremmo stati una squadra».
Oltre a essere il loro mister, è
anche un amico nei confronti
dei suoi giocatori-coetanei?
«Assolutamente no. Ho un rapporto aperto con loro, e la mia età
lo facilita. Ma non potrò mai essere un loro amico. Anche nelle giovanili, finito l’allenamento, ognuno per la sua strada. Perché bisogna sempre averne la guida, salda. La tattica conta solo per il
35-40 per cento del risultato finale. Il resto lo fa il rapporto con i
calciatori. Puoi essere un genio
del calcio, ma se hai un cattivo
rapporto con il gruppo il successo
durerà poco e con molte squadre
fallirai».
Parla già come un Trapattoni,
lo sa?
«Invece parlo semplice. In una
squadra tutti devono remare dalla stessa parte. Anche i nostri calciatori, non li scegliamo solo per
le loro qualità. Il carattere conta
moltissimo. Se vuoi giocare
nell’Hoffenheim, devi superare
anche un colloquio, come un lavoro normale. E per noi è fondamentale».
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TAVAMO uscendo dalla tribu-
na stampa, un poco sorpresi
per la sconfitta del peggior
Djokovic dell’anno, quando un collega, Angelo Mancuso, non meno
profondo dell’esperto di religione, indicava la causa principale
della rovinosa vicenda: “Trenta errori gratuiti Djokovic, per solito, li
commette in un torneo “. Un paradosso, certo, che come i paradossi
contiene una parte di verità. Infatti, volgendomi ai miei conti scarabocchiati, riuscivo a ricucire che il
vincitore della serata, Murray, e
confermato numero uno mondiale, di errori ne aveva commessi solo 15, 8 nel primo set e soltanto 7
nel secondo.
Un simile Djokovic di fine stagione non l’avevo sinceramente
aspettato, soprattutto dopo la prime serata del Masters, che l’avevano visto vincitore con maggior
facilità di Djokovic. Non solo io,
avevo atteso una vittoria del serbo, ma quegli iperprofessionisti
dei bookmaker, che avevano offerto Nole a 7 a 4, e Andy a 4 a 9. Il
match di questa sera è stato un
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po’ un film a rovescio dei soliti incontri tra i due, nei quali Djokovic
conduceva per qualcosa come 24
vittorie a 10. Esaurita, in qualche
modo l’emozione, che ancora visita il vecchio scriba, soprattutto
all’ora di chiusura del giornale, le
cosiddette dead lines, rimane da
spiegare il perché della vittoria
dell’uno, e della sconfitta di chi
era ancora ritenuto il favorito. Al
di là di umane ragioni famigliari,
che influiscono certo, ma non possono essere indagate, il Djokovic
di questa sera ha giocato più corto
del solito, e con varietà inferiore.
Per solito, al termine dei lunghi
palleggi che ci procurano ormai i
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perfezionamenti delle racchette,
Nole conclude con qualche rimbalzo vincente, o con qualche drop
che gli concede la manina dolcissima. Di queste armi per solito alternate non si è visto quasi nulla questa sera, mentre i palleggi di Andy erano raramente, molto raramente, turbati da errori gratuiti.
È così accaduto che, giocando
quasi sempre più profondo, e più
angolato del serbo, lo scozzese riuscisse a dirigere la vicenda, mentre Nole non faceva che accorciare, e quindi concedere un campo
di proporzioni teoricamente più
vaste. Nel suo box Vajda, che è da
sempre il suo allenatore, scuote-
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va il capo, quasi già sapesse che cosa stava accadendo, mentre Becker rimaneva al solito perplesso,
quasi la perplessità fosse il miglior modo di esprimere una personalità che mi è sempre parsa incerta, dal giorno dell’uscita dal
campo. Per chi non abbia seguito
le vicende televisive, trasmesse
purtroppo da bravi commentatori che siedono a Milano, mi par giusto ricordare alcuni numeri, con il
break in favore di Murray, che
aveva iniziato a battere, nell’ottavo game del primo set. Ancora più
in discesa il secondo per Andy il secondo, in cui è stato avanti per 4
a1, dopo una serie di 13 punti a 7,
ed è stato soltanto visitato dalla
paura di vincere nell’ultimo gioco, in cui gli sono serviti 3 match
point, tra le abituali recriminazioni per il disturbo procuratogli da
spettatori che credono la vicenda
simile a un grossolano festival della musica irrorato di birre. Ma simile cosiddetto Masters rimarrà
a Londra, dato il successo economico, nonostante contraddica i
principi che hanno fatto di Wimbledon il sacrario del tennis. Era,
il nostro, il gioco del silenzio, e della sconfitta che costava l’eliminazione. Al Masters non è più, ahinoi, la stessa cosa.
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ATE spazio al saggio. Del ra-
gazzone scapestrato e ricciolone del 2011 non è rimasto più nulla. Eccetto il sorriso,
con il quale Federico Pellegrino
oggi porta, da solo e per intero, il
peso dello sci di fondo italiano. Sabato prossimo, a Ruka in Finlandia, comincia la nuova stagione
di Coppa del mondo. E il 26enne
aostano è il campione in carica
dello sprint.
Pellegrino, comincia la stagione più difficile, quella della
conferma.
«Allora, nessuno ha vinto come me in Coppa del mondo: più
di Piller e Zorzi. Quindi posso dire
che sono forte».
E se queste sono le premesse...
«Ora devo dimostrare di essere un campione. Ma è da quando
avevo 21 anni che dicevano che
solo io potevo portare la medaglia. Reggo la pressione da un
po’, ormai».
E cosa si è prefisso per il 2017?
«L’obiettivo è la gara dei Mondiali, a Lahti».
La gara sprint?
«Sì. Sarà a tecnica libera, quindi può succedere qualsiasi cosa.
La cosa più bella sarebbe una medaglia con la staffetta».
La staffetta, l’indicatore del
movimento totale.
«Già, solo che lo sci di fondo italiano è retto da una manita...».
Siete in cinque?
«In cinque. Se non altro siamo
parafulmine per i più giovani».
Così possono crescere senza
stress.
«Pensando che tanto c’è Pellegrino, capito il punto?».
Ma se è questo lo stato dell’arte dello sci di fondo…
«Oh, ma io sono ben contento
se grazie alle mie vittorie posso
aiutare gli altri. In fondo faccio
sci di fondo, non devo fare il gol
nella finale di Champions».
Sta diventando saggio?
«Sono i fatti. È che lo sci di fondo ha avuto un passato recente
troppo forte mediaticamente. E
fino a due anni fa c’era ancora
Giorgio Di Centa, cioè atleti di oltre trent’anni a reggere la pressione. Ora ci sono dei 24enni».
Lei però fa storia a parte.
«Io l’attenzione me la sono presa».
Non parliamo poi del movimento femminile…
«Non è che nascono tutti campioni. E nella storia femminile so-
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lo Stefania Belmondo è stata precoce. Arianna Follis ha vinto a 29
anni».
Cioè, anche le ragazze dello
sci sono mammone?
«No, è che non hanno avuto i riferimenti dei maschi. Queste ragazze ogni anno si sentono dire
che non vanno, invece hanno un
gran potenziale».
Dice così per difendere anche
la sua fidanzata, Greta Laurent.
«Non ne ha bisogno. Ci ha provato anche Chenetti con loro».
Sepp Chenetti, il ct azzurro.
«Uno dei migliori allenatori
del mondo. Con lui ho avuto la
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svolta. È super: attento alla biomeccanica, ad aspetti profondi.
Ho creduto subito in lui. Gli dissi:
“Per te faccio anche i balzi sulla
luna, ma mi devi dare i risultati”».
Dica al grande pubblico chi è
Federico Pellegrino.
«Un ex scapestrato, non timido. Uno più vecchio della mia età,
cresciuto presto. Ora diventato
schematico. E lo devo a Greta».
L’ha messa in riga.
«La convivenza mi ha aiutato
a capire meglio regole e rispetto.
Certi ritardi non sono ammissibili, ho battuto il mio disordine».
Invece prima, con mamma?
«La mamma, e il papà, hanno
fatto qualcosa di più importante:
mi hanno educato senza esasperazioni. Senza dover fare sport
per vincere. Così ho avuto il mio
tempo e trovato la mia strada.
Oggi vinco per me, ma ringrazio
chi mi ha aiutato».
Parla come un libro stampato.
«E allora la dico tutta: io non
voglio solo vincere, ma lasciare
un segno. Un messaggio per chi
viene dopo, far sapere a tutti
cos’è lo sci di fondo».
Può farlo ora, se vuole.
«A questa società che va di corsa e ha bisogno sempre di staccare la spina, di trovare momenti di
relax, io dico di voltare lo sguardo allo sci di fondo, che è un centro benessere all’aria aperta. La
cosa più sana del mondo».
Lei è il testimonial perfetto.
«Sono serissimo. Noi del fondo
siamo gli uomini dei boschi, no?
Provatela la bellezza dei boschi,
immergetevi nella natura, provate le piste come quelle di Saint
Barthelemy. Poi mi direte».
Si è dato una bella missione.
«È compito mio trasmetterla
al pubblico. Dipende da come mi
racconto, con il mio stile, la mia
vita, i social. Sono andato in tv.
Da Fazio. Due volte. Trovate un
altro fondista che c’è stato. Dicono che ho bucato lo schermo. Noi
velocisti siamo la parte più vivace e divertente del fondo. L’istinto è una delle cose più utili nella
mia gara: lo sprinter può programmare tutto, ma il piano A al
90% non va mai a segno».
Per fortuna c’è un piano B.
«Ormai il problema lo aspetto,
per inventarmi qualcosa».
In attesa del rush finale.
«Ho uno degli spunti finali migliori. Io ci credo, credeteci anche voi».
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ROMA
RA non
tira più al cuore,
lo protegge. Elisa cambia vita, città, pedana.
Oro a Londra nel fioretto, argento a Rio, e a Tokyo chissà. Elisa si
è sempre bevuta e fumata tutto,
si è fatta attraversare da tante
lame. Ha ballato senza maschere sulla sua diversità: istinto, sincerità, aggressività. Il destino le
ha dato e tolto: oro per una stoccata, argento per una stoccata.
Il cerchio si è chiuso sullo stesso
numero: 12-11, 11-12. A Di Francisca va bene così. «È più difficile
vincere che perdere. Il successo
dà dubbi, la sconfitta rabbia.
Nel primo caso ti consumi, nel
secondo bruci. Convivere per
quattro anni con la gloria crea responsabilità con se stessi, gli altri nel mio caso non c’entrano.
Difendere il titolo a Rio è stato
pesante e io quella cappa pesan-
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te l’ho avvertita. Ho ripreso ad
allenarmi da tre giorni e tutti a
dirmi, dai, bene, che così ti prendi la rivincita sulla russa Deriglazova. Rivincita, e perché? Si è
meritata l’oro, quel giorno è stata migliore di me, e volete sapere una cosa: non m’interessa
vendicarmi, anzi voglio cambiare aria, assaggiare il mondo,
uscire dallo sport, e soprattutto
vivere il mio amore. Oltre allo
stress, alle gare, alla rivalità c’è
altro e io voglio buttarmi in questo altro. A 34 anni direi che me
lo merito». Nausea, stanchezza,
rifiuto? No, solo una svolta. «Il
mio compagno Ivan, produttore
tv, lavora a Roma quindi mi sono trasferita, per ora lascio Jesi,
che resta la mia casa e la mia famiglia. E dove sono arrivate Beatrice Monaco da Livorno e Alice
Volpi da Siena. Io mi sono presa
una pausa, rientrerò in gara a
gennaio, non so se arriverò fino
a Tokyo, mi metto in viaggio,
con la passione di sempre per la
scherma, quella non mi è passata, ma quattro anni per una destinazione sono tanti e io voglio
molti figli. Però non programmo, mi sono iscritta a un corso di
dizione perché mi piacerebbe fare qualcosa in tv, ma non nello
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sport, insomma voglio esplorare, con umiltà, e non escludere
più il resto».
Con Elisa che si allenerà al
club scherma Roma si spezza il
sodalizio con Giovanna Trillini,
amica, maestra, campionessa.
«Ci siamo parlate, mi ha dato
tanto, mi ha arricchita, mi ha insegnato a fare scherma con le
più piccole, a distanza ravvicinata. Ma ora che sono a Roma mi allenerà Giulio Tomassini che per
me è il maestro. Anche se andranno presi accordi visto che
lui insegna ad Avignone. Giulio
non ti dice mai dove sbagli, esalta le tue caratteristiche, è disposto a dare, cura i particolari, 4
ore solo a studiare e a ripetere il
movimento del polso. Annalisa
Coltorti continuerà a seguire la
mia preparazione atletica, a volte verrà lei, a volte rientrerò io a
Jesi. Il cordone ombelicale non
si stacca, si allenta, tra l’altro
partecipo al Dabl, un programma di formazione triennale, per
raccontare il mio legame con le
Marche. A tutte noi mancherà
quella quotidianità fatta di fisicità e di complicità, ma crescere significa cercare altre strade. E se
lo fai a Roma città bellissima,
ma caotica, significa che i tempi
della tua vita non li decidi più tu,
come capita nel piccolo centro,
dove fai sei cose al giorno, ma li
decide la città. Questo io lo patisco molto, non mi sento libera».
Com’è andata l’esperienza
con un team femminile per una
che ha sempre detto di aver bisogno di un domatore di leoni? «Le
donne hanno un merito, se hanno una meta da raggiungere
sanno fare squadra, ma siamo
anche molto sensibili, abbiamo
antenne che captano il minimo
ultrasuono. Ci siamo parlate, in
più Giovanna si è appena operata al ginocchio. E quando i cervelli sono raffinati tutto è più complicato, ma lavorare insieme è
stato bello e utile. A Rio non riuscire a perdere la concentrazione con la tunisina Boubakri che
si fermava ogni cinque minuti
per un supposto male fisico è stato un esercizio zen». Per la verità dal labiale si percepiva altro.
«Be’ non esageriamo, un po’ di
parolacce le avrò dette, anche la
filosofia zen ha dei limiti. Però
conoscendomi potevo andare
via di testa. Da tempo ho detto
al mio compagno Ivan che la lucina accesa sul letto mi dava fastidio, l’altra sera l’ho fatta a pezzi». Con Arianna Errigo i rapporti restano freddi? «La stimo, con
lei sono sempre stata bene, ma
sì qualcosa in avvicinamento a
Rio è cambiato, non da parte
mia. Non l’ho più sentita, ma sono qui, quando vuole. Un po’ di
delusione c’è, si può superare».
Elisa Di Francisca si toglie la
maschera? «Il mio fuoco per la
scherma non è spento, quella
magia per me è eterna, quando
mi sfidano con l’arma in mano,
sono sempre pronta ad accendermi. Ma è la mia consapevolezza che è cambiata, ho conquistato una forza come persona, e anche un amore, che sto costruendo. Tokyo è una destinazione
lontana, sento molta responsabilità verso i miei compagni di
viaggio, e sono stata chiara con
tutti, non so se mi fermerò prima o se ci arriverò. Conosco solo
uno spicchio di mondo, è ora di
allargarlo».
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Le auto di grandi numeri si
comprano on line: grazie
all’accordo Amazon-Fca, la Fiat
500, la Panda e la 500L si
possono acquistare oggi con un
paio di clic. La macchina si
ritira in concessionaria ma on
line si ottiene un “vantaggio
cliente” che arriva fino al 33%
rispetto al prezzo del listino. E
dopo aver ordinato la
macchina on line si ha a
disposizione un kit di
benvenuto del valore di 180
euro. Dopo aver perfezionato il
processo di acquisto su
Amazon si sceglie un dealer, si
rilasciano i codici ricevuti dal
sito e si ritira l’auto.
Il cliente ha a disposizione tre o
quattro colori e due o tre
allestimenti, non una scelta
sconfinata come quella di serie
ma comunque un’offerta ricca,
in linea con quelle che sono poi
le scelte finali del clienti.
L’offerta riguarda anche le
richiestissime Panda 4x4 e
tutto si svolge all’insegna della
massima trasparenza.
«Il prezzo di acquisto finale è
definito - spiega infatti
Gianluca Italia, responsabile
Fca per il mercato italiano - e il
cliente ha la garanzia assoluta
di aver colto la migliore offerta
possibile».
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La passione per le auto d’epoca
non passa mai di moda.
Prossimo appuntamento per
gli appassionati sarà
Autoclassica, dal 25 al 27 alla
Fiera di Milano, una delle più
grandi vetrine della storia
dell’automobilismo dove
ammirare le icone del passato
ma anche le ultime novità
commercio.
In progrtamma anche la più
grande asta europea di veicoli
organizzata da Sotheby’s. Tra
Ferrari, Maserati,
Lamborghini e Alfa Romeo
saranno oltre 140 le vetture
sportive italiane di interesse
storico che saranno battute
all’asta. Sarà possibile
aggiudicarsi rare Ferrari, come
una 275 GTB Alluminio, varie
vetture del Tridente tra cui
una MC12 da competizione,
numerosi esemplari di Lancia
Delta Integrale.
In catalogo ci sono inoltre 72
Porsche e 62 Jaguar storiche,
oltre a Bentley e Rolls-Royce di
vari anni e differenti
modelli.
Prevista anche la messa
all’incanto di moto, bici,
motoscafi e memorabilia, per
valori stimati da poche
centinaia di euro sino ai 2,6
milioni, appunto, della Ferrari
275 del 1966.
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LOS ANGELES
a presentazione di una novità come
L’Alfa Romeo Stelvio è un elemento
che basta, e avanza, per dare un valore aggiunto all’edizione 2016 del Salone di Los Angeles e conferirgli, se si può dire,
una valenza “storica”. Di sicuro l’arrivo del
primo Suv (o crossover, a seconda di dove si
voglia porre il confine fra le due tipologie)
rappresenta un punto di discontinuità nella
storia e nelle vicende del marchio del Biscione in generale e soprattutto in questo caso
coincide con il vero e proprio ritorno sul mercato americano.
Il giorno è arrivato e ora la scelta di venire
in California a festeggiare l’arrivo dello Stelvio spiega anche qualcosa delle prospettive
del gruppo Fca riguardo l’Alfa Romeo. Se questo originale Suv è stato concepito fin dall’inizio come strumento fondamentale per imporre il marchio negli States, il fatto di partire
dalla versione più “cattiva” e spettacolare come la Quadrifoglio, oltre che ripetere la cronologia seguita per la Giulia, rende evidente
la strategia di costruire la nuova immagine
del marchio dandogli un’intonazione distintiva ed elitaria. Un modo efficace per smarcare
l’Alfa dai più forti e diffusi brand premium (i
soliti tedeschi) che hanno una presenza consolidata e numericamente oggi fuori portata.
Visto così lo Stelvio Quadrifoglio è il modo
giusto per dimostrare che il marchio è in gra-
do di proporre modelli che vogliono rappresentare un’alternativa di élite ai vertici prestazionali. Qualcosa che ricorda molto il “caso Maserati” e infatti lo stesso capo del brand
Reid Bigland non lo nega, arrivando addirittura a fare (numeri a parte) un parallelo fra
l’immagine e il ruolo sul mercato dei due
grandi nomi italiani e dichiarare senza mezzi
termini che questa versione da 510 Cv e trazione integrale ha l’ambizione di essere il
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Suv più sportivo e veloce in assoluto.
Ovviamente lo Stelvio Quadrifoglio, in arrivo in Usa nel primo trimestre 2017, è il punto
di partenza della gamma americana che comprenderà anche la motorizzazione 2000 turbo da 280 Cv. Per l’Europa il calendario è differente e si comincerà nel secondo trimestre
quando saranno disponibili le versioni diesel.
Per tutte in comune la trazione integrale e il
cambio automatico a 8 marce.
Protagonista indiscusso del Salone, Stelvio è anche capofila di una schiera di nuovi
Suv-crossover che danno la sensazione che il
mercato globale ha assunto oramai un orientamento comune e trasversale a tutti i segmenti. Si parte dalla piccola Ford Ecosport
per arrivare alla Volkswagen Atlas a 7 posti
da 5,04 metri, in mezzo una nutrita rappresentanza di quanto la categoria si sia differenziata: la rinnovata Mini Countryman, sempre meno mini, la Jeep Compass, che colma
lo spazio fra la Renegade e la Cherokee, la
nuova Mazda CX5, e la massiccia Subaru Viziv-7 che anticipa il futuro Suv di taglia americana.
Fra i “non Suv” le novità non sono moltissime e improntate allo spirito di un mercato ricco come quello californiano. Si giustificano così la Mercedes Maybach S 650 Cabriolet, il pickup sportivo Chevrolet Colorado ZR2, la Porsche RSR da corsa per la categoria GT della
prossima 24 Ore di Le Mans (presentata dal
pilota-attore-proprietario di scuderia Patrick
Dempsey) e la quasi normale Cadillac CT6
Plug-in Hybrid che riporta l’attenzione nel
mondo dell’efficienza energetica, in passato
tanto caro allo Stato americano più attento
all’ambiente.
Da questo punto di vista la sensazione è
che l’enfasi elettrica sia un po’ calata o, almeno, rientrata nella normalità di un segmento
tuttora numericamente poco significativo. A
tenere alta l’attenzione sulle emissioni zero
c’è solo il concept Jaguar, che se non è ancora
un fatto concreto è sicuramente un oggetto
originale e bellissimo.
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LOS ANGELES
ell’auto avverranno più rivoluzioni nei prossimi quindici
anni che negli ultimi cento”.
In questa frase di Ian Callum,
direttore design della Jaguar, c’è l’essenza
del primo modello del marchio totalmente
elettrico, presentato (in versione concept)
al Salone di Los Angeles.
Il Suv sportivo I-Pace è una ventata di ottimismo che può avere per il gruppo Jaguar-Land Rover un fenomenale effetto galvanizzante. «Questo è il progetto più interessante al quale io abbia mai lavorato», ag-
giunge Callum che nel mondo delle quattro ruote risiede stabilmente da decenni.
Il modello, che verrà presentato in versione definitiva al prossimo Salone di Francoforte a settembre 2017 e arriverà su mercato a metà 2018, è stato sviluppato come
un progetto totalmente nuovo e può trarre
per questo i massimi benefici dalle caratteristiche della trazione elettrica. Il sistema
di trazione, due motori elettrici a magneti
permanenti, con una potenza di 200 cavalli
ciascuno è dotato di controllo elettronico
della potenza e di un pacco batterie al litio
della prossima generazione adagiato completamente nella base dell’abitacolo che
consente di ottenere una spaziosità interna impensabile per un modello con motore
a benzina o diesel, oltre a prestazioni da vera supercar, anzi da supersuv del futuro: silenzioso, senza emissioni e con l’accelerazione di un razzo.
«Le batterie al litio per le quali è progettata la Jaguar I-Pace – conferma Wolfgang
Ziebart, direttore dello sviluppo tecnologico della Jaguar – non sono ancora disponibili sul mercato. Oggi esistono dei prototipi
funzionanti della tecnologia che abbiamo
scelto ma non ancora delle vere e proprie
batterie. Un’auto del futuro si progetta pensando alle soluzioni del futuro, non a quelle
già esistenti». Come dargli torto, l’evoluzione degli smartphone nell’ultimo decennio
è stata tutta costruita seguendo questa filosofia. Così per la Jaguar I-Pace ci sono aspettative molto ambiziose in termini di prestazioni, che secondo Ziebart non verranno però minimamente tradite. Il pacco batterie
di prossima generazione, già nel 2018 sarà
in grado di accumulare 90 kWh di energia
in uno spazio tutto sommato abbastanza ridotto, che non incide minimamente sull’abitabilità interna.
Il fornitore non viene indicato con precisione: «Si tratta di un gruppo asiatico», dice il progettista. E al momento non è sicuramente la giapponese Panasonic, che però
«Potrebbe entrare nella competizione se
nel prossimo anno e mezzo offrirà batterie
con le caratteristiche che servono a noi»,
aggiunge sempre Ziebart.
La ricarica veloce permetterà di accumulare in un’ora e mezza l’80% della capacità
totale, mentre anche grazie al bassissimo
coefficiente aerodinamico di 0,29 l’accelerazione da zero a 100 km/h avverrà in soli 4
secondi. Un fulmine, praticamente. Capace però di viaggiare per oltre 500 chilometri con una ricarica completa. Numeri che
suonano come una melodia per chi si aspetta dall’auto un vero scatto evolutivo nel
prossimo decennio. Ma che devono fare i
conti con un prezzo annunciato del 10-15%
superiore rispetto a una Jaguar F-Pace a pari equipaggiamento. Quindi il listino della
prossima elettrica dovrebbe aggirarsi tra
gli 80 e i 90 mila euro. Non una cifra fuori
mercato per quello che potrebbe essere il
primo supersuv elettrico della storia.
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ROMA
ompagni inseparabili di milioni di
persone nelle forme più elementari
di “fit band” o “smartwatch”, gli strumenti biometrici indossabili si stanno imponendo prepotentemente anche a bordo dei veicoli. Un’opportunità di sviluppo che
non è sfuggita agli analisti della Frost & Sullivan, società internazionale specializzata nella ricerca e nel supporto alle nuove soluzioni
di business con una profonda conoscenza del
settore automotive.
L’analisi di Frost & Sullivan, dal titolo “Biometrics in the Global Automotive Industry,
2016–2025”, evidenzia come, sia le case automobilistiche, sia i fornitori, stiano investendo in modo cospicuo in strumenti biometrici
avanzati basati su concetti di interazione uomo-macchina come il linguaggio
naturale e il riconoscimento dei gesti. Molti di questi
dispositivi sono
già realtà tant’è
che un’auto nuova
su tre è equipaggiata con funzioni
come il riconoscimento delle impronte digitali,
dell’iride, il riconoscimento vocale,
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dei gesti, il monito*MTJTUFNBWBMVUB
raggio del battito
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cardiaco, il rilevaCBUUJUPEFHMJPDDIJ
mento della stanchezza, del battito
delle palpebre.
Secondo gli analisti della multinazionale
americana, nei prossimi anni l’ecosistema
della biometria in ambito automobilistico sarà soggetto a un forte sviluppo come dimostrato anche dall’interesse dei maggiori
brand automobilistici che stanno finanziando start-up rilevanti per assicurarsi le competenze necessarie all’introduzione di queste
tecnologie sui futuri modelli.
Insomma, salute e benessere in auto sono
destinate a essere rivoluzionati dai dispositivi biometrici con importanti risvolti anche
per la sicurezza, basti pensare agli attuali sistemi in grado di identificare i comportamenti anomali del guidatore, lanciando immediatamente l’allerta con vibrazioni sul volante e
segnali acustici, prevenendo così il fatale “colpo di sonno”, tanto per fare un esempio.
“Le partnership tra case automobilistiche
e aziende che producono dispositivi indossabili si tradurranno in una più rapida diffusione degli strumenti biometrici nel settore automobilistico - ha sottolineato Joe Praveen Vijayakumar, analista di Frost & Sullivan - ed
emergeranno anche nuovi modelli di business tra cui dispositivi-come-servizi e salute-come-servizio”.
Tra le ultime novità spiccano alcuni interessanti dispositivi come l’orologio della Empatica, in grado di monitorare i segni vitali
dei conducenti con una storia di epilessia e di
prevedere un attacco prima che avvenga; gli
occhiali Optalert che utilizzano i raggi infrarossi per monitorare gli occhi del conducente
e rilevare l’insorgenza di sonnolenza oppure
gli auricolari intelligenti Vigo capaci di captare i movimenti della testa per rilevare distrazione, postura incassata e sonnolenza del conducente fino al Sober Steering con sensori
che possono essere inseriti nel volante per verificare se il conducente è ubriaco e se il tasso
alcolemico è nei limiti consentiti.
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BARCELLONA
portività fuori, comfort dentro. La formula con cui Seat Leon traina il marchio da ben 17 anni continua ad essere
semplice ma mai banale. Con 150 mila
unità vendute solo nell’ultima serie - una quota di mercato del 4,3% - la best seller spagnola
raggiunge oggi una quarta generazione più
matura. All’esterno un restyling leggero, giusto per aggiungere un pizzico di grinta in più
al design riuscito, nell’abitacolo, invece, un
nuovo mondo di tecnologia. Per fare un esempio, se prima la Leon era uno dei capisaldi per
chi voleva un’auto tutto pepe, adesso si potrà
anche salire a bordo e mettere in moto senza
chiave, disattivare il freno di stazionamento
elettrico, avviare l’Easy connect per integrare
il cellulare all’auto mentre già parte la ricarica
della batteria ad induzione. Non solo. La plancia, ora rialzata, accoglie un display da 8’’ con
cui modificare le impostazioni del nuovo sistema multimediale a sfioramento o a controllo
vocale. Inoltre, in epoca di telecamere e radar,
arriva anche il cruise control adattativo con sistema di mantenimento automatico della corsia e la funzione Traffic Jam Assist che permette di accelerare e frenare automaticamente al
di sotto dei 60 km/h, come quando si è in coda
o in fila al semaforo, con tanto di riconoscimento dei pedoni che attraversano.
Una vera e propria corsa al rinnovamento
da parte del brand, soprattutto alla luce del
precedente debutto di Ateca, primo Suv del
marchio (con oltre 300.000 ordini in pochi mesi), del restyling già in programma per la più
piccola Ibiza, del lancio di Arona nel segmento
dei crossover previsto per la fine del 2017.
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«Tra i competitor abbiamo sempre attirato la
clientela più giovane – afferma Gianpiero Wyhinny Direttore Seat Italia – ora lanceremo 4
prodotti in 18 mesi rivolgendoci anche ad un
nuovo pubblico amante dell’eleganza oltre
che della sportività. Negli ultimi mesi abbiamo già avuto il profitto operativo migliore di
sempre con 137 milioni di euro (gennaio-settembre 2016) e 345.000 unità vendute».
Leon, del resto, rimane davvero un veicolo
comodo anche per ospitare la famiglia, vantando uno dei bagagliai più ampi della categoria (380 litri). Seat, dunque, questa volta mette l’accento sulle rifiniture estetiche: troviamo divani in pelle e Alcantara, illuminazione
ambientale a LED, maggiori equipaggiamenti dedicati, inserti in alluminio per la carrozzeria. Sul fronte delle motorizzazioni, infine, ecco l’aggiunta del 1.4 TSI ACT da 150 Cv con cilindri on demand, e il 1.6 TDI (115 Cv, 5 in più
rispetto al passato. Questo, in attesa della Cupra: debutterà a febbraio con 300 Cv erogati
dal 2.0 TSI. La più potente mai realizzata. Già
in prevendita, nuova Leon è disponibile in diverse varianti di carrozzeria (3, 5 porte e station). Il prezzo parte da 20.300 euro.
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a mafia vista con gli occhi di un bambino che nella Palermo della fine degli anni Settanta chiede consigli a
Boris Giuliano mentre Vito Ciancimino si
mangia la città. È -BNBGJBVDDJEFTPMP
EFTUBUF - -BTFSJF tratta dal film di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, e firmata
dal regista Luca Ribuoli con Claudio
Gioè, Anna Foglietta, Francesco Scianna, Angela Curri, Nino Frassica, Nicola
Rignanese, in onda da stasera su RaiUno
alle ore 21 e 25. La mafia sfiora una fami-
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DIGITALE TERRESTRE
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5.15
Tg 1 Flash
Tg 1
Storie Vere
Tempo & denaro
La prova del cuoco
Telegiornale
La vita in diretta - conducono Marco Liorni, Cristina
Parodi
Torto o ragione? Il verdetto
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Tg 1
Tg 1 Economia. All’interno:
Che tempo fa
La vita in diretta - conducono Marco Liorni, Cristina
Parodi
L’Eredità
Telegiornale
Affari tuoi
La mafia uccide solo d’estate
Tribuna Referendum Costituzionale 2016 - Il
Confronto. All’interno:
23.25 Tg 1 60 secondi
Porta a Porta
Tg 1 Notte
Che tempo fa
Cinematografo. Speciale
Torino Film Festival
Italiani con Paolo Mieli:
Tina Anselmi
I ragazzi di celluloide 1 con Massimo Ranieri, Lino
Troisi, Alfredo Pea
Da Da Da
RAInews24
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CANALE 5
Detto Fatto
Sorgente di vita
Le sorelle McLeod - Tf
Un ciclone in convento - Tf.
All’interno: Meteo 2
Tg 2 - Lavori in corso
Tg 2 Flash
I Fatti Vostri - conducono
Giancarlo Magalli, Adriana
Volpe, Marcello Cirillo
Tg 2 Giorno
Tg 2 Costume e Società
Tg 2 Medicina 33
Detto Fatto
The Good Wife - Tf
Rai Parlamento Telegiornale
Tg 2 Flash L.I.S.
Tg 2
Rai Tg Sport. All’interno:
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Blue Bloods - Tf
N.C.I.S. - Tf
Tg 2 20.30
Criminal Minds - Tf, con
Joe Mantegna, Thomas
Gibson, Shemar Moore
Milano-Roma
Protestantesimo
Film: Saw V - Non crederai ai tuoi occhi - di David
Hackl, con Scott Patterson,
Costas Mandylor, Tobin
Bell, Betsy Russell
Film: Saw VI - di Kevin
Greutert, con Tobin Bell,
Costas Mandylor, Mark
Rolston, Betsy Russell
Ai confini della realtà - Tf
Videocomic - Passerella di
comici in tv
Detto Fatto - conduce
Caterina Balivo
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Rai News 24
TGR Buongiorno Italia
TGR Buongiorno Regione
Agorà
Mi manda Raitre. In difesa
degli indifesi
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2016
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Spada, Silvia Bencivelli
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Tg 3
Chi l’ha visto? 12,25
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Il tempo e la storia
Tg 3 Fuori TG
TG Regione
Tg 3
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TGR Piazza Affari
Tribuna - Referendum
Costituzionale 2016
Aspettando Geo
Geo - conducono Sveva Sagramola, Emanuele Biggi
#cartabianca
Meteo 3
Tg 3
Tg Regione
Blob
FuoriRoma
Un posto al Sole
Indovina chi viene a cena
Report
I Dieci Comandamenti
Tg 3 Linea Notte
Meteo 3
Rai Parlamento Telegiornale
Rai News 24
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GJMNEJ1JG
ITALIA 1
6.00 Tg 5 Prima pagina. All’interno: 7.55 Traffico; Meteo.It
8.00 Tg 5 Mattina
8.45 Mattino cinque - conducono Federica Panicucci,
Francesco Vecchi
11.00 Forum
13.00 Tg 5. All’interno: Meteo.It
13.40 Beautiful
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Maria De Filippi
16.10 Il segreto - con Megan
Montaner, Alex Gadea,
Maria Bouzas
17.10 Pomeriggio cinque - conduce Barbara D’Urso
18.45 Caduta libera - conduce
Gerry Scotti
20.00 Tg 5. All’interno: Meteo.It
20.40 Striscia la notizia - La voce
dell’impudenza - conduce
Ezio Greggio ed Enzo
Iacchetti
21.10 Selfie - Le cose cambiano conduce Simona Ventura
24.00 Supercinema
0.30 X-Style
1.00 Tg 5 Notte. All’interno:
Meteo.It
1.45 Striscia la notizia - La voce
dell’impudenza - conduce
Ezio Greggio ed Enzo
Iacchetti
2.15 Uomini e donne - conduce
Maria De Filippi
4.20 Centovetrine - con Roberto Alpi, Jgor Barbazza, Alex
Belli, Linda Collini
5.00 Mediashopping
5.15 Tg 5. All’interno: Meteo.It
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RETE 4
Mediashopping
I puffi
Spank tenero rubacuori
Heidi
Sailor moon
Everwood - Tf
Dr. House - Medical Division - Tf
Cotto e mangiato - Il menù
del giorno
Studio Aperto. All’interno:
Meteo.It
Sport Mediaset
I Simpson
Gogglebox
I Simpson
Big Bang Theory
2 Broke Girls
Due uomini e 1/2 . Jones,
Marin Hinkle
Baby Daddy
How I Met Your Mother
Friends
Studio Aperto. All’interno:
Meteo.It
C.S.I. - New York - Tf
Film: Die Hard - Un
buon giorno per morire - di John Moore.
All’interno: 22.05 Tgcom;
Meteo.It
Tiki Taka - Il calcio è il
nostro gioco
Magazine Champions
League
Studio Aperto - La giornata
Premium Sport
Mediashopping
What a mess Slump e Arale
Suits . Adams, Rick
Hoffman
Mediashopping
Dance accademy - Tf
LA SETTE
6.05 Mediashopping
6.35 Practice - Professione
Avvocati - Tf
8.30 Cuore Ribelle
9.30 I Cesaroni - Tf
10.40 Ricette all’italiana
11.30 Tg 4 - Telegiornale. All’interno: Meteo.It
12.00 Detective In Corsia - Tf
13.00 La Signora In Giallo - Tf
14.00 Lo Sportello Di Forum
15.30 Hello Goodbye
16.05 Film: Vento selvaggio
- di Cecil Blount De Mille,
con Ray Milland, John
Wayne, Paulette Goddard.
All’interno: 16.45 Tgcom;
Meteo.It
18.55 Tg 4 - Telegiornale
19.35 Dentro La Notizia. All’interno: Meteo.It
19.55 Tempesta d’amore
20.30 Dalla Vostra Parte
21.15 Quinta Colonna - conduce
Paolo Del Debbio
0.30 Terra! - conduce Tony
Capuozzo
1.30 Modamania - conduce Jo
Squillo
2.00 Tg 4 Night News
2.20 Mediashopping
2.35 Lou Reed in concerto 1983
3.25 Help
3.35 Film: Il massacro della
foresta nera - di Ferdinando Baldi, con Hans von
Borsody, Antonella Lualdi,
Cameron Mitchell, Beba
Loncar
5.00 Rosa Shocking 1984
5.45 Tg 4 Night News
7.55
9.40
11.00
13.30
14.00
14.20
16.30
18.00
20.00
20.35
21.10
23.00
0.50
1.00
1.35
Omnibus dibattito
Coffee Break
L’aria che tira
Tg La7
Tg La7 Cronache
Tagadà
Sfera
Joséphine, Ange Gardien Tf
Tg La7
Otto e mezzo
Grey’s Anatomy - Tf
Grey’s Anatomy Memories
- Tf
Tg La7
Otto e mezzo (r)
L’aria che tira (r)
TV8
15.45 Vite da copertina tutta la
verità su
16.45 Film: Nicky Deuce - di
Jonathan A. Rosenbaum
18.10 Alessandro Borghese - 4
ristoranti
19.25 Top 20 Countdown
20.30 Edicola Fiore della Sera
21.20 Film: Total Recall - Atto
di forza - di Len Wiseman, con Colin Farrell,
Kate Beckinsale, Jessica
Biel
23.30 Film: Faster - di George
Tillman Jr., con Dwayne
Johnson, Billy Bob Thornton, Maggie Grace, Michael Irby
1.20 Magazine Uefa Europa
League
NOVE
14.45
15.45
16.45
17.15
18.15
19.15
21.15
23.00
23.55
0.50
1.45
3.30
4.15
Delitti di famiglia
Airport Security
Airport Security
Come è fatto il cibo
Che diavolo di pasticceria!
Boom!
Film: In questo mondo
di ladri - di Carlo Vanzina
Undressed
Untraditional
Sex ER: tutta colpa del
sesso
Malattie imbarazzanti
L’isola di Adamo ed Eva 5
XXX
L’isola di Adamo ed Eva 2
XXX
LA EFFE
16.50 RED - L’artista vagabondo
17.50 RED - Bourdain: Cucine
segrete
18.45 RED - Il cuoco vagabondo
19.45 RED - Bourdain: Cucine
segrete
20.40 Effe come Festival
21.10 Film: A Dangerous
Method - di David
Cronenberg, con Michael Fassbender, Keira
Knightley, Viggo Mortensen, Vincent Cassel
23.05 Annika: Crime reporter Serie Tv
0.50 RED - Racconti dalle città di
mare
2.40 RED - Racconti dalle città di
mare
4.30 RED - Viaggi nudi e crudi
RAI
QRAI 4
6.10
6.50
7.35
8.00
8.45
9.30
10.15
11.00
11.45
12.30
13.15
14.00
14.45
15.15
15.40
16.05
16.50
17.35
18.20
19.00
19.45
20.30
21.05
23.00
1.05
1.35
1.40
2.30
3.10
3.55
5.00
5.40
QPREMIUM
14.30
14.35
16.20
18.00
18.50
19.40
20.30
21.20
24.00
2.00
2.50
3.15
5.00
5.50
Andromeda
Star Trek - The Next Generation
Don’t Blink - A me gli occhi
Body of Proof
Body of Proof
Numbers
Numbers
Numbers
Medium
Medium
Rookie Blue
Rookie Blue
Pechino Addicted
Generation Gap
Don’t Blink - A me gli occhi
Doctor Who
Doctor Who
Reign
Reign
Body of Proof
Body of Proof
Ah ah Car
Film: Push - di Paul McGuigan
Film: Mongol - di Sergej Bodrov
Ah ah Car
Anica appuntamento al cinema
Ray Donovan
Dominion
Doctor Who
Doctor Who
Sabrina Vita da Strega
Andromeda
Anica Appuntamento Al Cinema
La Squadra
La Prova Del Cuoco
Il Commissario Rex XIV
Il Commissario Rex XIV
Cedar Cove
Cedar Cove
Tale E Quale Show
Terra Ribelle
Attori E Divi Italiani
7 Vite
La Squadra
Swing!
Orgoglio
QMOVIE
14.05 Film: Harry Brown - di Daniel Barber
15.50 Film: Reality - di Matteo Garrone, con
Aniello Arena, Paola Minaccioni, Loredana
Simioli
17.50 Film: Butter - di J. Field Smith, con Jennifer
Garner, Yara Shahidi, Ty Burrell
19.20 Film: Sei mogli e un papà - di Howard
Michael Gould, con Tim Allen, Barbara Barrie,
Elisha Cuthbert
21.00 Ospedale di contea
21.20 Film: Le pistole dei magnifici sette - di
Paul Wendkos, con George Kennedy, James
MEDIASET PREMIUM
15.11
16.01
16.50
17.45
18.40
19.31
20.25
21.15
22.05
23.00
23.51
0.40
1.30
2.21
Factory Made
Prehistoric
I segreti della Terra
Diamante nero
I misteri dell’oceano con Jeff
Corwin
America: vero o falso?
Factory Made
Hubble: l’occhio sul cosmo
Disastri in orbita
Marchio di fabbrica
Alieni: nuove rivelazioni
Io e i miei parassiti
Panorami cosmici
Medioevo da brivido
16.30
18.00
18.30
18.35
19.05
19.55
20.45
21.15
22.05
23.30
1.10
1.15
2.00
3.30
4.20
Manet
I Segreti Dei Capolavori
Rai News - Giorno
Passepartout
Tesori Dell’Antica Grecia
I Tesori Dell’Architettura
Passepartout
Amabili Testi
Il Giuoco Delle Parti
Lynard Skynard
Rai News - Notte
Rock Masters
The Jam
Tesori Dell’Antica Grecia
I Tesori Dell’Architettura
GIALLO
7.37 Miss Magic - di Clare Peploe Premium
Cinema
9.28 Moglie a sorpresa - di Frank Oz
Premium Cinema
11.05 Due vite in gioco - di Taylor Hackford
Studio Universal
13.04 La cosa - di Matthijs van Heijningen Jr.
Premium Cinema
13.10 Jungle Fever - di Spike Lee Studio
Universal
14.02 Sapori e dissapori - di Scott Hicks
Premium Cinema Emotion
14.10 Fog - di John Carpenter Premium
Cinema Energy
15.43 Chernobyl Diaries - La mutazione - di
Bradley Parker Premium Cinema
Energy
17.00 That’s Amore - Due improbabili seduttori
- di Howard Deutch Studio Universal
17.08 Un Amore Senza Fine - di Shana Feste
Premium Cinema
17.15 Psycho - di Gus Van Sant Premium
Cinema Energy
QRAI 5
QCINEMA
FOCUS
Whitmore, Monte Markham
Torino daily
Hell on wheels 4 - Sangue sul kansas
Hell on wheels 4 - Tredici scalini
Hell on wheels 4 - Ancora più a ovest
Film: Ironclad: Battle for Blood - di
Jonathan English, con Michelle Fairley,
Roxanne McKee, Danny Webb
3.20 Torino daily
3.35 Film: La cosa giusta - di Marco Campogiani
5.00 Film: Due inglesi a Parigi - di Robert
Hamer, con Alec Guinness, Odile Versois,
Vernon Gray, Élina Labourdette
23.10
23.25
0.10
0.55
1.35
17.41 Radio America - di Robert Altman
Premium Cinema Emotion
18.45 Yes Man - di Peyton Reed Studio
Universal
19.04 Inside Man - di Spike Lee Premium
Cinema Energy
19.20 Fighting - di Dito Montiel Premium
Cinema
19.27 Quo vadis, baby? - di Gabriele Salvatores
Premium Cinema Emotion
21.15 Magic Mike - di Steven Soderbergh
Premium Cinema
21.15 Le parole che non ti ho detto - di Luis
Mandoki Premium Cinema Emotion
21.15 La regola del sospetto - di Roger
Donaldson Premium Cinema Energy
21.25 Intrigo internazionale - di Alfred
Hitchcock Studio Universal
23.16 Nei Miei Sogni - di Brett Haley Premium
Cinema
23.45 Ritorno a Cold Mountain - di Anthony
Minghella Studio Universal
CIELO
15.05
16.55
18.05
19.15
20.15
21.15
23.30
0.35
1.10
MasterChef Australia
Fratelli in affari
Buying & Selling
Affari al buio
Affari di famiglia
The Social Network
Love Jessica
Love Jessica
The Mary Millington Story - La
regina del porno Made in UK
3.20 Terrordactyl
5.05 Most Dangerous - Pericolo
reale
PARAMOUNT
CHANNEL
6.40
8.10
10.10
12.40
13.40
14.10
15.40
18.10
19.40
20.40
21.10
23.00
1.00
2.30
8.45
9.45
10.35
11.30
12.20
13.10
14.05
14.45
15.35
16.40
17.35
18.25
19.20
20.10
21.05
22.50
23.40
0.40
1.30
2.20
3.10
4.10
5.05
Law & Order - I due volti della giustizia
Law & Order - I due volti della giustizia
Bones
Bones
Law & Order - I due volti della giustizia
Law & Order - I due volti della giustizia
Law & Order - I due volti della giustizia
Law & Order - I due volti della giustizia
Crossing Jordan
Crossing Jordan
Bones
Bones
Bones
Bones
Vera
Cherif
Cherif
Nightmare Next Door
Nightmare Next Door
Crossing Jordan
Crossing Jordan
Crossing Jordan
Crossing Jordan
Relic Hunter
Sperduti a Manhattan
Giardini e Misteri
Tutto in Famiglia
Tutto in Famiglia
Relic Hunter
McBride - Omicidio dopo
mezzanotte
Relic Hunter
Tutto in Famiglia
Tutto in Famiglia
Breakdown - La trappola
Eagle Eye
Spartacus - Sangue e sabbia
Scream 2
REAL TIME
10.55
11.55
13.50
14.45
15.50
17.00
17.55
18.20
20.10
21.10
23.05
0.05
1.50
3.30
5.10
ER: storie incredibili
Cortesie per gli ospiti
Amici di Maria de Filippi
Il boss delle torte
Il boss delle torte
Abito da sposa cercasi
Abito da sposa cercasi
Quattro matrimoni - Sudafrica
Take Me Out: esci con me
Senza diagnosi
La donna bambina
Malattie misteriose
ER: storie incredibili
Disastri di bellezza
Alta infedeltà
SATELLITE
9.30
9.55
10.00
11.05
11.50
13.30
14.00
ª3*130%6;*0/&3*4&37"5"
RAI 3
RAI 2
RAI 1
glia come tante, i Giammarresi (padre
impiegato, mamma insegnante). Il filo
rosso del racconto segue il piccolo Salvatore (Eduardo Buscetta), un bambino curioso alla prese con la sorella sedicenne
che legge 1PSDJDPOMFBMJ e sogna l’emancipazione. La fiction si intreccia con la
Storia: il giorno in cui Cosa Nostra uccide
il vicebrigadiere Filadelfio Aparo, braccio destro di Giuliano, il padre del bambino, (Gioè), incrocia l’auto dei killer.
SKY
[servizio a pagamento]
QCINEMA MATTINA
7.20 Star Trek - Il futuro ha inizio - di J. J.
Abrams Sky Cinema 1 HD
8.55 The Innocent - di John Schlesinger Sky
Cinema Passion HD
9.55 The Peacemaker - di Mimi Leder Sky
Cinema Max HD
10.05 I girasoli - di Vittorio De Sica Sky
Cinema Classics
11.25 Fuori in 60 secondi - di Dominic Sena
Sky Cinema 1 HD
12.30 Mickey Matson e la macchina alchemica
- di Harold Cronk Sky Cinema Family
13.45 Fuga da Los Angeles - di John Carpenter
Sky Cinema Max HD
14.05 Dreamer - La strada per la vittoria - di
John Gatins Sky Cinema Family
QCINEMA POMERIGGIO
QCINEMA SERA
QCINEMA NOTTE
15.25 Sballati d’amore - di Nigel Cole Sky
Cinema Passion HD
16.00 Cenerentola - di Kenneth Branagh Sky
Cinema Hits HD
17.40 Ipotesi di reato - di Roger Michell Sky
Cinema Max HD
17.50 Humandroid - di Neill Blomkamp Sky
Cinema Hits HD
19.15 Boeing Boeing - di John Rich Sky
Cinema Classics
19.15 Eddie - Un’Allenatrice Fuori Di Testa - di
Steve Rash Sky Cinema Passion HD
19.35 La gang del bosco - di Tim Johnson,
Karey Kirkpatrick Sky Cinema Family
19.55 St. Vincent - di Theodore Melfi Sky
Cinema Hits HD
21.00 Il ponte sul fiume Kwai - di David Lean
Sky Cinema Classics
21.00 Labyrinthus - di Douglas Boswell Sky
Cinema Family
21.00 Il castello - di Rod Lurie Sky Cinema
Max HD
21.00 Prima o poi mi sposo - di Adam
Shankman Sky Cinema Passion HD
21.15 Quo Vado? - di Gennaro Nunziante Sky
Cinema 1 HD
21.45 Quo Vado? - di Gennaro Nunziante Sky
Cinema Hits HD
22.45 Windstorm - Liberi nel vento - di Katja
von Garnier Sky Cinema Family
22.50 Revenant - Redivivo - di Alejandro G.
Iñárritu Sky Cinema 1 HD
22.50 Tutti pazzi in casa mia - di Patrice
Leconte Sky Cinema Passion HD
23.15 Pride and Glory - Il prezzo dell’onore - di
Gavin O’Connor Sky Cinema Max HD
23.20 True Lies - di James Cameron Sky
Cinema Hits HD
23.45 La gabbia - di Giuseppe Patroni Griffi
Sky Cinema Classics
0.15 Third Person - di Paul Haggis Sky
Cinema Passion HD
1.30 Sicario - di Denis Villeneuve Sky
Cinema 1 HD
1.30 La banda degli onesti - di Camillo
Mastrocinque Sky Cinema Classics
1.30 The Gunman - di Pierre Morel Sky
Cinema Max HD
13.55 Calcio: Atalanta - Roma Serie A Sky
Sport 1 HD
14.15 Calcio: Benevento - Brescia Serie B Sky
Sport 3 HD
16.00 Basket: Jesi - Fortitudo Bologna Serie
A2 Sky Sport 2 HD
17.00 Curling: Svezia - Germania Campionato
Europeo Eurosport 2
18.10 Calcio: Udinese - Napoli Serie A Sky
Sport 1 HD
19.00 Calcio: Corea del Sud - Germania Coppa
del Mondo U20 F Eurosport 2
19.00 Wrestling: WWE Experience Sky Sport
2 HD
19.10 Automobilismo: Gara 2 World Touring
Car Championship Eurosport
19.35 Calcio: Milan - Inter Serie A Sky
Supercalcio HD
19.45 Automobilismo: Gara 2 World Touring
Car Championship Eurosport
19.50 Calcio: Milan - Inter Serie A Sky Sport
3 HD
20.25 Calcio: Trapani - Spal Serie B Sky Sport
1 HD
20.25 Calcio: Trapani - Spal Serie B Sky
Supercalcio HD
20.30 Calcio: Nuova Zelanda - Francia Coppa
del Mondo U20 F Eurosport
20.30 Pattinaggio di figura: Cup of China ISU
Grand Prix Series Eurosport 2
20.40 Basket: Brindisi - Cantù Serie A Sky
Sport 2 HD
20.50 Calcio: West Bromwich Albion - Burnley
Premier League Sky Sport 3 HD
22.05 Biliardo: Finale Northern Ireland Open
2016 Eurosport 2
22.30 Calcio: Crystal Palace - Manchester City
Premier League Sky Sport 1 HD
22.30 Calcio: Crystal Palace - Manchester City
Premier League Sky Supercalcio HD
22.45 Equitazione: Fei World Cup Eurosport
23.00 Calcio: Middlesbrough - Chelsea
Premier League Sky Sport 1 HD
14.25 Stupidi al quadrato National
Geographic
15.10 Elementary Fox Crime HD
15.45 American Dad Fox HD
16.00 Bones Fox Crime HD
16.10 American Dad Fox HD
16.55 I Griffin Fox HD
17.00 Castle Fox Life
17.05 Crash Science National Geographic
17.20 Chuck Fox HD
17.40 NCIS Fox Crime HD
17.55 Castle Fox Life
18.00 Megafabbriche - Lego National
Geographic
18.15 Scrubs Fox HD
18.30 NCIS Fox Crime HD
19.05
19.15
20.00
20.10
20.10
20.25
22.50
22.55
23.40
23.40
QSPORT
6.45 Calcio: Nuova Zelanda - Francia Coppa
del Mondo U20 F Eurosport 2
7.45 Calcio: Udinese - Napoli Serie A Sky
Supercalcio HD
9.30 Calcio: Bologna - Palermo Serie A Sky
Sport 1 HD
10.00 Biliardo: Finale Northern Ireland Open
2016 Eurosport 2
10.25 Calcio: Atalanta - Roma Serie A Sky
Sport 1 HD
11.30 Rugby: Inghilterra - Sudafrica Test
Match Sky Sport 2 HD
12.25 Calcio: Chievo - Cagliari Serie A Sky
Supercalcio HD
12.40 Calcio: Sampdoria - Sassuolo Serie A
Sky Supercalcio HD
FOX
6.55
8.10
8.30
9.20
10.10
10.15
11.05
12.35
12.40
12.45
13.35
14.00
Unforgettable Fox Crime HD
I Griffin Fox HD
Elementary Fox Crime HD
Senza traccia Fox Crime HD
Senza traccia Fox Crime HD
I Simpson Fox HD
Chuck Fox HD
Crash Science National Geographic
NCIS Fox Crime HD
How I Met Your Mother Fox HD
2 Broke Girls Fox HD
Stupidi al quadrato National
Geographic
14.05 I Simpson Fox HD
14.25 Elementary Fox Crime HD
21.00
21.05
21.05
21.50
21.55
21.55
22.00
22.45
How I Met Your Mother Fox HD
Ghost Whisperer Fox Life
2 Broke Girls Fox HD
Senza traccia Fox Crime HD
Ghost Whisperer Fox Life
Stupidi al quadrato National
Geographic
The Walking Dead Fox HD
Major Crimes Fox Crime HD
Grey’s Anatomy Fox Life
Wild: dall’alba al tramonto National
Geographic
Major Crimes Fox Crime HD
The Exorcist Fox HD
This Is Us Fox Life
NCIS Fox Crime HD
23.50
0.30
0.35
0.45
0.45
1.20
1.25
1.35
1.40
Marte National Geographic
Grey’s Anatomy Fox Life
NCIS Fox Crime HD
Antartide: il settimo continente
National Geographic
Empire Fox Life
Major Crimes Fox Crime HD
The Exorcist Fox HD
Castle Fox Life
Megafabbriche - Lego National
Geographic
Major Crimes Fox Crime HD
I Griffin Fox HD
Castle Fox Life
Stupidi al quadrato National
Geographic
.&5&0
la Repubblica -6/&%¹ /07&.#3& METEO.REPUBBLICA.IT
Oggi in Italia
LEGENDA
Sole
MARI E VENTI
N
Bolzano
Trento
Nuvoloso
NORD
Variabile
Aosta
Piogge diffuse al Nord ovest,
anche forti. Locali piogge anche
sulla Lombardia. Nevicate a
1500/1600 m su Alpi. Meglio
altrove.
Coperto
Pioggia
Milano
Trieste
Torino
Venezia
Bologna
Rovesci
Genova
Grandine
Ancona
Firenze
Temporali
Perugia
Nebbia
Neve
CENTRO
MARE
Calmo
Mosso
Agitato
Tempo asciutto e ampiamente
soleggiato salvo addensamenti e
locali temporali su alta Toscana.
Temperature massime tra 15 e
19˚.
L’Aquila
Roma
Campobasso
SE
23
SE
19
SE
22
SE
24
SE
24
SE
32
SE
32 SSE
14
SE
10
SE
28 SSE
7
SE
11
SE
17
SE
16
S
8
SE
Potenza
SUD
Prevale il bel tempo soleggiato e
stabile un po' ovunque, salvo
qualche rovescio sulla Calabria
ionica, est Sicilia e sud Lucania.
INDICE UV
6-7
19
Napoli
Calmo
Moderato
Forte
Molto
forte
3-5
Bari
Ancona
Anzio
Bari
Cagliari
Civitavecchia
Genova
La Spezia
Livorno
Messina
Napoli
Olbia
Palermo
Pescara
Taranto
Trieste
Venezia
Olbia
VENTO
0-2
LE TEMPERATURE MASSIME E MINIME - UV
Vento: km/h e provenienza
MARE VENTO
Basso
Cagliari
Catanzaro
Palermo
Reggio Calabria
Moderato
Catania
Alto
8 - 10 Molto alto
>11
Estremo
Bari
IL SOLE
SORGE
TRAMONTA
Napoli
6.49
16.29
Palermo
6.56
16.40
Roma
6.54
16.51
Bologna
7.06
16.45
Firenze
7.18
16.42
7.17
16.45
Milano
7.29
16.48
Genova
7.28
16.52
Torino
realizzazione:
LA LUNA
1˚ QUARTO
7 DIC
7.34
16.55
dati:
PIENA
14 DIC
ULT. QUARTO
21 NOV
NUOVA
29 NOV
IERI
Alghero
12
Ancona
14
Aosta
4
Bari
14
Bologna
7
Bolzano
8
Brindisi
14
Cagliari
13
Campobasso 9
Catania
16
Catanzaro 13
Firenze
13
Genova
13
Imperia
13
L'Aquila
9
Messina
18
Milano
8
Napoli
14
Olbia
9
Palermo
16
Perugia
12
Pescara
13
Pisa
12
Potenza
6
Reggio C. 18
Rimini
12
Roma Fium. 15
Roma Urbe 12
Torino
6
Trento
8
Trieste
12
Venezia
9
Verona
8
OGGI
16
21
18
12
17
12
17
9
6
7
7
8
19
13
20
13
20
13
11
17
11
17
13
10
12
12
15
18
15
18
14
18
20
15
20
18
20
16
7
16
7
16
18
16
20
16
20
16
13
16
14
16
16
13
18
13
17
15
13
15
16
16
14
14
15
15
16
15
9
16
7
16
19
17
20
18
20
10
10
12
12
14
19
13
19
13
20
20
13
21
15
21
21
16
20
16
21
15
11
15
9
15
18
13
16
13
17
16
14
16
14
16
14
6
14
8
14
19
17
19
18
20
16
14
18
13
17
18
14
18
14
19
19
12
19
12
19
10
8
9
8
10
14
12
14
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15
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17
13
18
14
12
15
14
17
13
11
16
12
16
DOMANI POMERIGGIO
MERCOLEDÌ
GIOVEDÌ
Nord: rovesci e temporali
ovunque forti su alto
Piemonte. Neve a
1700/1800 m su Alpi.
Meglio tra basso Veneto e
Romagna. Centro:
piovaschi su alta Toscana.
Nubi irregolari altrove. Più
sole a est. Sud: locali
piogge sulle aree ioniche,
meglio altrove.
Nord: rovesci e temporali
sparsi n po' ovunque, forti
tra alto Piemonte e
Liguria. Meglio su basso
Veneto e Romagna. Neve
a 1700 m. Centro: qualche
addensamento su alta
Toscana, più sole altrove.
Sud: qualche rovescio su
aree ioniche, meglio
altrove.
Nord: intenso maltempo
al Nord ovest, verso
buona parte dei settori la
sera. Neve a 1700 m sulle
Alpi. Centro: temporali su
Toscana, medio alto
Tirreno, Sardegna. Rovesci
sul Nord a Lazio, meglio
altrove. Sud: qualche
pioggia in Sicilia più sole
altrove.
EUROPA
Una profonda depressione atlantica interessa tutta
l'Europa centro-occidentale con molte nubi e
piogge diffuse. Fenomeni più intensi sulle aree
meridionali del Regno Unito, sulla Penisola iberica,
sulla Francia e anche su ovest Alpi. Piogge diffuse
sulla Scandinavia centrale, qui con nevicate fino a
quote medio basse. Fronti instabili portano nubi e
altre piogge anche sul Mediterraneo occidentale,
localmente su quello centro meridionale. Sul resto
del continente, segnatamente su Centro Est Europa,
maggiore alta pressione con più sole.
Helsinki
Oslo
2/5
Stoccolma
5/8
2/4
Tallin
Riga
5/7
Copenaghen
Dublino
3/6
5/9
4/7
Minsk
Amsterdam
Londra
Berlino
7/12
5/11
10/13
Parigi
0/2
4/11
Praga
Bruxelles
0/9
Varsavia
7/12
-2/1
Vienna
9/13
Budapest
Berna
3/11
5/10
Lubiana
Bucarest
10/14
Belgrado
Sarajevo
7/9
5/12
9/18
Madrid
10/16
Kiev
Bratislava
8/15
Lisbona
Vilnius
So a
-1/10
6/13
Roma
Tirana
8/18
Atene
11/17
Istanbul
9/13
Auckland
Mosca
Beirut
Bombay
Buenos Aires
Caracas
Chicago
Città del Capo
Città del Messico
Dubai
Filadelfia
Gerusalemme
Hong Kong
Il Cairo
Johannesburg
L'Avana
Los Angeles
Manila
Melbourne
Miami
New Delhi
New York
Pechino
Rio de Janeiro
San Paolo
Santiago
Seoul
Shanghai
Singapore
Sydney
Tokyo
Toronto
Washington
13 16
-7
-2
18 26
18 32
13 21
20 22
-3
3
16 22
8 17
20 29
2
5
15 24
23 25
14 29
14 26
18 25
14 17
25 31
13 31
14 24
15 26
3
4
-5
0
17 28
12 27
12 27
4 15
16 19
26 28
18 26
10 14
-1
0
1
6
UV
20
DOMANI MATTINA
Nel mondo
DOMANI
15
Nord: molte nubi con
rovesci e temporali diffusi,
ancora una volta più
intensi su alto Piemonte e
anche su Liguria. Neve a
1800 m. Centro: nuvoloso
con qualche pioggia su
alta Toscana. Meglio
altrove. Sud: piogge sulle
aree ioniche, meglio
altrove.
TEMPERATURE
NEL RESTO DEL MONDO
MASSIME E MINIME
UV
19