Cosa c`è dietro la chiusura del `Népszabadság`?

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venerdì 14 ottobre 2016, 16:30
Ungheria
Cosa c’è dietro la chiusura del ‘Népszabadság’?
Fine dei giochi per lo storico quotidiano della sinistra ostile al Governo
di Davide Zaffi
Questa settimana ha sospeso le pubblicazioni 'Népszabadság', il maggiore giornale di opposizione ungherese.
Se questa sospensione prelude alla chiusura definitiva è ancora incerto, visto che sono in corso trattative fra la proprietà e la
redazione, ma tutto lascia pensare che sarà difficile per lo storico giornale tornare in edicola e in rete. Il nome
stesso del quotidiano, Libertà di popolo, ricorda che era nato in epoca comunista, proprio all’indomani della fallita rivoluzione
democratica del ’56. Per i decenni successivi fu l’organo del regime, ma alla fine degli anni ’80 riuscì a riprofilarsi e
a diventare il punto di riferimento di una vasta area di sinistra liberal-socialista moderna, per nulla a disagio
nelle nuove condizioni capitaliste e anzi desiderosa di ricavarne il massimo dei benefici (di una sinistra ancora vagamente
classista e alternativa rimane unico portavoce l’ex- quotidiano dei sindacati 'Népszava'). Proprietari del giornale fino allo
scorso anno erano una fantomatica ditta svizzera e, socio di minoranza, il MSZP ovvero il Partito socialista ungherese.
Negli ultimi tempi il numero delle vendite era drasticamente sceso, ma rimaneva, seppur di poco, il giornale più diffuso
in Ungheria. Al 'Népszabadság' faceva capo anche una rete di tredici quotidiani locali. A inizio anno ci fu il cambio di
proprietà, rilevata da una ditta austriaca con sede a Vienna, la Mediaworks. Questa, dopo avere compiuto importanti
investimenti senza essere riuscita ad invertire il trend negativo, ha preso in questi giorni la decisione, arrivata abbastanza
improvvisa, di sospendere l’uscita del quotidiano sia nella versione cartacea che in quella online, assieme ovviamente ai
giornali locali del gruppo. Le reazioni sono state quelle che era facile prevedere. Per la redazione si tratta di una
manovra politica finalizzata a tacitare una voce scomoda per il governo, tanto che nell’ultimo numero stampato,
quello di mercoledì, si leggeva a tutta pagina: In Ungheria è finita la libertà di stampa. Questa affermazione, a dire il
vero, non è solo un atto di accusa verso il governo ma anche un giudizio poco lusinghiero per i colleghi di tutti gli altri
giornali. Il fatto è che 'Népszabadság' si è sempre sentito il primo della classe, nelle vendite ma soprattutto nella
qualità, riteneva di rappresentare la parte migliore dell’Ungheria ed è naturale che interpreti la sua fine come la fine del
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/sospensione-delle-pubblicazioni-per-il-nepszabadsag/
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mondo. La proprietà sostiene invece che dietro alla sua decisione di chiudere ci sono esclusivamente motivi
economici (i giornalisti del 'Népszabadság' erano forse i migliori ed erano certamente i meglio pagati del Paese), ma non
mancano voci secondo le quali in Mediaworks abbiano assunto un notevole peso finanzieri vicini al partito di Governo
Fidesz. E proprio per rendere un servizio al governo avrebbero scalato Mediaworks. Al momento queste voci non hanno
trovato prove d’appoggio, ammesso che sia possibile provare la provenienza e la natura dei finanziamenti su cui può contare
la ditta austriaca.
Il Primo Ministro Viktor Orbán non ha mai fatto mistero di considerare quella che lui chiama «la
stampa ostile» come un fastidio e in particolare 'Népszabadság' che specie nell’ultimo periodo aveva intensificato la linea
del giornalismo d’indagine ovvero delle rivelazioni su atti di corruzione (comunque abbastanza modesti nelle dimensioni,
almeno a quanto si sa fino ad oggi). Orbán e gli altri esponenti Fidesz hanno sempre fatto mancare anche quella dose di
ipocrisia che è utile e necessaria nel gioco democratico, trattando verbalmente in modo molto ruvido i media non allineati e
concedendo interviste solo a testate amiche. Nel caso del 'Népszabadság' poco costava manifestare qualche finto
rammarico, almeno per i posti di lavoro andati persi, e invece alla Fidesz si è festeggiato o quasi. Su questo
punto la riflessione va però approfondita. Non molti anni fa la situazione in Ungheria era esattamente capovolta.
Dal 1994 al 1998 il partito socialista aveva la maggioranza assoluta. In quegli anni diversi giornali di destra, malvisti dal
governo, come 'Népi Magyarország', e in calo di vendite chiusero. Chiusero anche alcune radio con simpatie di destra
e qui entrò anche una gestione un po’ partigiana delle frequenze da parte del governo, come nel caso dell’emittente 'Origo'.
A quell’epoca il 'Népszabadság' non trovava però che fosse in pericolo la libertà di stampa e osservava con
aristocratico distacco i guai dei confratelli. Il risultato però non non corrispose alle aspettative. In effetti quella che, a torto o
a ragione, venne sempre più percepita come un’arroganza di potere della sinistra fu ciò che permise nel 1998 a Orbán il suo
primo successo elettorale. Ora la storia rischia di ripetersi, sotto il segno della destra. In nessun paese, probabilmente, c’è
molto rispetto per l’avversario politico ma il modo con cui il governo di volta in volta in carica a Budapest attua la sua
politica verso i media, indica che i rancori di un passato non facile ancora guidano, in parte almeno, i dirigenti ungheresi, i
quali faticano ad ammettere la legittimità morale dell’opposizione, che quando è di destra è subito nazista e quando è di
sinistra è subito antinazionale. Tornando all’oggi resta comunque un interrogativo di non poco conto. Il Partito socialista
raccoglie in Ungheria le simpatie di molti capitalisti e di molte aziende di primo piano. Il primo ministro socialista
Gyrcsany nel periodo del suo mandato (2004-2009) era indicato come l’uomo più ricco del paese. Come è possibile che
nessuno si sia fatto avanti per rilevare e sanare il 'Népszabadság'? per impedire che finisse, se davvero così stanno
le cose, nelle mani degli 'oligarchi della Fidesz' che l’hanno strangolato? E poiché spesso in politica le cose prendono vie un
po’ tortuose: è possibile che i socialisti abbiano voluto lasciare alla controparte quella decisione di chiudere che avrebbero
finito col dover prendere in prima persona? Comunque sia, il panorama mediatico ungherese si è impoverito con la
scomparsa di un giornale di buon livello. E alla fine questo non dovrebbe giovare a nessuno.
di Davide Zaffi
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