America: `La Fayette, adieu!`

Download Report

Transcript America: `La Fayette, adieu!`

L'Indro - L'approfondimento quotidiano indipendente
Cultura&Società > Opinioni
America: ‘La Fayette, adieu!’ | 1
giovedì 12 gennaio 2017, 13:30
America: ‘La Fayette, adieu!’
‘Bu’ & ‘Gu’, cattivo e buono degli Stati Uniti in un ‘viaggio’ in due puntate
di Giulio Colavolpe
Seconda ed ultima puntata di un viaggio nel ‘cattivo’ e ‘buono’ dell’America (nel senso degli Stati Uniti d’America),
all’interno delle ‘Lezioni americane’. La prima è ‘America ‘Bu & Gu’. Nella separazione di quanto di bene c’è venuto
dall’America, di quanto c’è venuto di male, e di quanto noi siamo riusciti a tramutare in male ciò che per loro era un bene,
un posto d’onore merita la questione sessuale. Gu, cioè ‘good’, ‘buono’, certamente è la liberazione sessuale apertasi
in America alla fine degli anni ’60 e poi giunta in Europa sull’onda del nostro ’68, mito anche questo tutto da rivisitare ma
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/america-la-fayette-adieu/
L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l.
Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati.
L'Indro - L'approfondimento quotidiano indipendente
Cultura&Società > Opinioni
America: ‘La Fayette, adieu!’ | 2
non questa volta. Si badi bene ‘liberazione’, perché la libertà c’era sempre stata per millenni, più o meno nascosta. Per una
Nazione puritana a volte all’eccesso significava che finalmente una donna era libera di fare del proprio corpo l’uso che
voleva, fino a cercarsi -udite udite- un compagno occasionale in appositi bar, proprio come facevano i maschietti da tempo
immemorabile. Il fatto. Successe così che un distinto signore italiano (malauguratamente non l’autore di queste note)
fu rimorchiato da una splendida quarantenne in carriera, convinto di essere lui il conquistatore con i suoi modi di
perfetto gentleman. Dopo una serata d’amore nell’appartamentino a Manhattan della signora, quella si addormentò è il
caso di dire soddisfatta. Il gentiluomo italiano vegliò sul suo riposo, dormicchiò un po’, poi si alzò e preparò una bella
colazione per due apparecchiando con cura il tavolo della cucina. Quando la signora si svegliò cacciò urla terribili e lo
sbatté fuori dalla porta in mutande (lui) scaraventandogli i vestiti sul pianerottolo. La spiegazione. Che cosa era
successo? Liberata sì, ma non da un residuo senso di colpa, la signora non vuole essere ricordata il mattino dopo di quella
che tutto sommato considera ancora una vergognosa trasgressione. Il nuovo galateo, ignorato dal tenero, romantico italiano,
impone che il fuco, compiuto il volo nuziale, non dico venga ucciso come nel regno degli insetti, ma rimuova ogni traccia
fisica della sua presenza. Il povero italiano ancora non sa che ha rischiato un intervento della polizia. Gu è indubbiamente in
quegli stessi anni la liberazione dei glutei delle donne americane, fino ad allora costretti a cancellare la loro identità in
un unico maxi-sedere. Per una interpretazione rancorosa di un passo della Bibbia (nella quale, come osservava lo scrittore
cattolico inglese G. K. Chesterton, è dato trovare di tutto) i due emisferi non potevano mostrare la loro divisione in entità
distinte. Il rogo dei reggiseno portò anche all’affrancamento del lato B da questa inutile quanto ridicola mortificazione.
Per chi non credesse a tutto ciò, l’Autore invita a rivedere i cataloghi della biancheria intima dell’epoca, o meglio ancora i
film degli anni ‘50/’60 che hanno come protagonista Wonder Woman. Potranno constatare che il suo addome visto da
dietro presenta un solo unico gluteo corazzato contro ogni possibile tentazione. Bu, cioè ‘bad’, ‘cattivo’, senza
dubbio è il fatto che a partire dalla metà degli anni ’80 sulla liberazione sessuale americana si sia allungata l’ombra
sinistra dell’Aids e che quindi di avventure simili a quelle su descritte non se ne parla più, a meno che, con certificato
medico alla mano anche se di dubbio valore, i due partner dimostrino il loro stato di perfetta salute. Gu sono i cocktail,
creazione tutta americana. Come li fanno negli USA non li fanno da nessuna parte. Un Manhattan confezionato da P. J.
Clarke di New York o un Whisky Sour concepito dal barman del Knickerbocker Hotel di Chicago varrebbero da soli un
viaggio transatlantico. Noi europei, con tutti i migliori sforzi dei nostri migliori barman, non ci avviciniamo neanche di un
millimetro. Bu tutte le altre bevande che hanno inventato i nostri amici oltreatlantico, tutte generatrici di obesità senza dar
sollievo alla sete. Donne, alcool, motori, la Trimurti di noi italiani d’antan. Per i motori dall’America solo dolenti note. Bu
sono tutti i mezzi da loro inventati, pratici per loro nelle loro condizioni ambientali ma assolutamente fuori luogo negli
angusti spazi europei. Cominciando dal SUV, noto negli ambienti come Stupid Users Vehicle, da noi acquistato solo perché le
sue enormi ruote consentono di montare sui marciapiede nei centri affollati delle nostre città. Bu è il pick up truck, usato
giustamente nel bel film ‘Gli spostati’, con una dolcissima Marilyn Monroe già prossima al suicidio, per trasportare cavalli
selvaggi catturati sulle colline della California: animali come è noto che popolano le nostre campagne, aggirandosi curiosi fra
le villette progettate da geometri in vena di abusivismo. Bu al cubo per i ridicoli Hummer, studiati per trasportare pattuglie
militari in zone ad alto rischio e protetti sotto il pianale da speciali pannelli anti-mina. Scarsamente utili da noi dove i Comuni
perseguitano sì gli automobilisti a suon di multe, ma non sono ancora ricorsi a ordigni distruttivi per sfollare le loro
congestionate città. Bu infine, anche se il fenomeno è stato fortunatamente transitorio, le dune buggies, che al principio
degli anni ’70 abbiamo visto aggirarsi smarrite sulla battigia di Ostia o Fregene, evitando i bagnanti e rimpiangendo le
grandi dune del litorale della California dove potevano scorazzare a loro piacimento su un migliaio di miglia di arenili
deserti. Così come sono Bu le automobili prodotte per il loro mercato interno, che per fortuna l’Europa non importa.
Ci volevano soltanto gli equilibri finanziari della vecchia irriconoscibile FIAT per smerciare in Italia sotto il suo storico
marchio brutti modelli di ideazione americana e per avvilire il nome glorioso della Lancia con la versione di una ‘ammiraglia’
priva di ogni forma di design nostrano. Gu sono ovviamente i jeans, un cavallo di ritorno da Genova da cui pare prendano il
nome: l’indumento che ha conquistato il mondo e per la prima volta alla fine degli anni ’50 ha dato una connotazione precisa
ai giovani europei dai dieci anni in su, fornendo in una infinita gamma di fogge stili e finiture un indumento ostico ai loro
genitori ma finalmente su misura per le esigenze di un secolo che dopo due belle guerre stava tornando a vivere. Bu,
per finire, è il loro amore delle armi, un amore morboso e smodato, non ultima causa dell’alto numero di omicidi
registrati negli USA in base al vecchio detto che «chi possiede un’arma prima o poi la usa». Ogni famiglia possiede un
piccolo arsenale di ogni tipo di armi, i più ricercati hanno anche armi da guerra, di quelle che sventrano un individuo o lo
riducono in poltiglia. Arsenale mostrato con orgoglio agli ospiti stranieri, con la stessa fierezza con cui noi mostriamo
loro la nostra piccola porcellana di Capodimonte o le tovaglie ricamate del corredo delle nonne. E corollario inestricabile
con le armi è l’aggressività, spiegabile agli inizi della loro storia quando dovevano strappare la terra agli orsi, ai bisonti, ai
serpenti a sonagli, ai puma e, non ultimi, a dei bipedi sostanzialmente inermi e del tutto simili ad esseri umani, che
calzavano morbidi mocassini e che per il colore della loro pelle venivano definiti Pellirosse. Bu è aver esportato in un’Italia
che non conosceva una aggressività simile gli stereotipi del poliziotto sparatore, del delinquente stragista, del serial
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/america-la-fayette-adieu/
L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l.
Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati.
L'Indro - L'approfondimento quotidiano indipendente
Cultura&Società > Opinioni
America: ‘La Fayette, adieu!’ | 3
killer. Oddio, non è che noi fossimo degli angioletti, con il prodotto nazionale, la mafia, che scioglie ragazzini nell’acido,
incapretta dei poveretti per farli strangolare da soli, mura nei piloni delle autostrade giornalisti intenti a denunciare i loro
misfatti. Diciamo che in questo caso il modello USA di una società iperviolenta ha solo incoraggiato sane tendenze latenti
nella nostra società ancora ‘babba’ (vedere dizionario Siculo-Italiano). Concludendo, gli USA restano sempre un
grande Paese, che si può visitare con le dovute cautele godendone gli aspetti migliori ed a noi più congeniali. Ma che il
continente nordamericano partecipi a quel movimento tellurico planetario che viene definito ‘deriva dei continenti’ è
palese a tutti. L’America, e anche quella del Sud per inerzia, si distacca pian piano sempre più dall’Europa. «La
Fayette, nous voici!». Contrariamente a quando si crede, a pronunciare la storica frase mettendo piede sul suolo francese
non fu il generale Pershing capo del contingente USA inviato nel 1917 a combattere in Europa contro gli imperi centrali,
ma uno sconosciuto colonnello Stanton del suo Stato Maggiore. La frase voleva indicare che, come il Marchese francese
Gilbert du Motier de La Fayette era andato in soccorso degli insorti americani nella Guerra d’indipendenza dalla
Gran Bretagna alla fine del 1700, così ora gli americani restituivano il favore soccorrendo la vacillante Intesa contro
gli austro-prussiani. Bene, la frase compie quest’anno un secolo esatto ed ora va riposta in archivio insieme a tutte le frasi
storiche similari. Ma non ha più nessun significato attuale. Oggi si capovolge in un commiato e l’America ci manda a dire
«La Fayette, adieu!».
di Giulio Colavolpe
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/america-la-fayette-adieu/
L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l.
Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati.