Palazzo Tarallo - Cottone d’Altamira è una testimonianza dell’architettura civile nobiliare “minore” seisettecentesca. Esso fa parte di un tessuto edilizio che sorge a.
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Transcript Palazzo Tarallo - Cottone d’Altamira è una testimonianza dell’architettura civile nobiliare “minore” seisettecentesca. Esso fa parte di un tessuto edilizio che sorge a.
Palazzo Tarallo - Cottone
d’Altamira è una testimonianza dell’architettura civile nobiliare “minore” seisettecentesca.
Esso fa parte di un tessuto
edilizio che sorge a ridosso
delle mura di Sant’ Agata,
nel contesto urbano della
Albergheria .
E’ un monumento d’arte barocca con una storia interessante legata a due famiglie aristocratiche: i Tarallo, baroni di Baida, duchi di
Miraglia e signori di Ferla, e
i Cottone, marchesi d’ Altamira.
Come la maggior parte dei palazzi palermitani,
è il frutto d’accorpamenti di diverse dimore.
Il nucleo principale era la domus magna di Pietro
Muscarello, edificata agli inizi del XVII sec.
Pietro Muscarello, facoltoso possidente terriero
originario di Partinico, si era trasferito a
Palermo dove si occupava, insieme al genero
Francesco Tarallo, di una florida attività
commerciale nel settore dei prodotti agricoli
(olio, vino e grano).
Alla morte di Pietro, Francesco Tarallo e la moglie Nunzia entrarono in
possesso di un cospicuo patrimonio
e, secondo una prassi diffusa nella
Sicilia del Seicento, acquisirono la
baronia di Baida con castello e feudi.
Francesco Tarallo morì il 4 febbraio del 1680, nominando suoi
eredi i figli: Simone, Pietro e l’abate Gaspare.
Il palazzo passa in eredità al figlio Simone che assunse il nome di Francesco, secondo barone di Baida.
Con l’acquisto della ducea di
Miraglia i Tarallo raggiungevano una condizione di prestigio
e trasferirono la loro residenza al Cassaro, in un palazzo
(oggi sede dell’Hotel Centrale)
sito in vicinanza dei Quattro
Canti.
Nel 1736, in occasione del matrimonio tra Isabella Tarallo Rau Impel lizzeri e Giuseppe Gaetano Cottone,
marchese di Altamira, tutte le pro –
prietà tra via Delle Pergole e la via
Chiappara al Carmine, vennero assegnate come dote nuziale e trasferite ai marchesi Cottone d’Altamira.
In seguito al terremoto che colpì
Palermo, tra luglio e agosto del
1751, il palazzo restò gravemente danneggiato.
I lavori di ristrutturazione e di riconfigurazione tipologica furono
avviati alla fine del 1751 e terminarono nell’agosto dell’anno successivo.
Nonostante il riordino del
palazzo, nel 1756 il marchese Giuseppe Gaetano
Cottone acquistò un unità
edilizia collaterale, sull’attuale via Chiappara, che
consentì l’aggiunta di una
nuova grande sala.
Il rifacimento riguardava per lo
più gli interni al fine di conferire al palazzo l’aspetto di una dimora signorile sontuosa, ricca
di affreschi, arredi, pitture e parati.
Su Via Chiappara si rese necessario uniformare la facciata dell’edificio aggiunto a quella del palazzo assumendo l’aspetto che ci è pervenuto.
Dopo la morte del marchese di Altamira, avvenuta
nel 1757, la moglie Isabella continuò ad abitare
nel palazzo e i beni dotali
vennero divisi tra le figlie
Emanuela Melchiorre e Maria Cirilla.
In seguito al matrimonio della
secondogenita con Girolamo
Marassi, figlio primogenito del
duca di Pietratagliata, l’edificio venne suddiviso in diversi
appartamenti.
Alla morte di Maria Cirilla
il palazzo venne assegnato
alla prima figlia, di nome
Cirilla, sposatasi con Luigi
Alliata Moncada, terzogenito del principe di Villafranca.
Le condizioni del palazzo erano
in degrado: l’introduzione di un
ammezzato e la suddivisione in
appartamenti d’affitto furono la
causa del suo precoce declino.
Alla fine dell’Ottocento l’immobile fu comprato dalla famiglia
Di Napoli, duchi di Melia e alla
fine degli anni Ottanta fu venduto al Comune di Palermo.
Gli ultimi avvenimenti sono
caratterizzati dal totale abbandono dell’edificio,dal saccheggio di tutti gli elementi
decorativi e delle parti asportabili.
Il crollo di alcuni tetti e dei
locali sottostanti causarono
la perdita di buona parte del
le volte affrescate con stucchi settecenteschi.
Tra i lavori realizzati nel palazzo
nel 1752, si distinguono quelli affidati a Pietro Martorana.
Non si hanno notizie certe né sulla vita né sulla formazione artistica di questo pittore nato a Nicosia intorno al1700.
A palazzo Tarallo Pietro Martorana realizza quattro grandi affreschi nelle volte delle
sale del piano nobile, di cui
uno soltanto è giunto sino a
noi.
Le ragioni della monotematicità sacra del ciclo
pittorico vanno ricercate
nella sottomissione alla
autorità dello zio, il padre
teatino Gaetano Cottone.
Ciò che si apprezza dell’affresco di Pietro Martorana
è la ricchezza iconografica
del tema compositivo e la
fedeltà della narrazione al
Primo libro dei Re del Vecchio Testamento.
Re Salomone riceve la madre
al suono delle trombe che recano negli stendardi lo stemma dei Cottone di Altamira
Il risultato della composizione è assicurato dalla profusione degli elementi, dalla
ampia serie tipologica delle
figure e dalla loro plateale
gestualità.
Il tema progettuale è stato
quello del recupero della
“memoria del palazzo” per una
sua completa restituzione
alla cittadinanza.
L’intervento può essere sin
tetizzato in quattro momenti sostanziali :
1) cancellazione di tutte le
superfetazioni;
2) ripristino delle parti mancanti a causa dei crolli;
3) restauro e risanamento di
tutti gli elementi strutturali;
4) adattamento del palazzo
alla nuova destinazione di
uso.
Ai primi due punti del progetto è
stata riportata l’indagine analitica
condotta sul fabbricato, attraverso
il ritrovamento di materiali d’archivio, attestanti le vicende edilizie.
Il lavoro di scoperta dello “scheletro” ha permesso il ritrovamento
di numerose tracce di elementi
architettonici preesistenti che rivelano le strutture più antiche.
Le ricerche archivistiche hanno
permesso di ricreare l’immagine
del palazzo sia per quanto riguarda l’ impianto tipologico e
la distribuzione dei locali, sia
per quanto riguarda gli impianti
de-corativi,
architettonici
e
pitto-rici.
.
Al restauro realizzato in cantiere,
è toccato il compito di rintracciare tutti gli elementi sopravvissuti ai successivi sviluppi rinnovativi del palazzo.
Sono stati ritrovati varchi e finestre, tra il primo e il secondo livello del prospetto su via
Chiappara rifacentesi ai pri mitivi nuclei costituiti dalle
“case mercantili” cinquecentesche.
La scrupolosa dismissione
degli intonaci ha rivelato
frammenti di figure antiche.
E’ ricomparso, nascosto da
strati di calce o di imbiancature, l’affresco del Martorana
Sono stati eliminati alcuni muri di
tamponamento e ristabilito l’originario collegamento tra i due androni del palazzo.
Per mezzo dello scalone d’onore
si può arrivare in un anticamera
da cui è possibile entrare in due
ampi saloni fronteggianti su via
Delle Pergole e su via Chiappara.
I saloni sono stati restituiti alla loro iniziale grandezza, rimuovendo le pareti divisorie
e i solai dei soppalchi reintegrando le volte ad “incannucciato”.
Nel secondo piano sono stati
risanati due ampi saloni destinati a seminari e ubicati
gli uffici relativi alle attività
espositive e culturali.
La Biblioteca del Museo Pitrè comprende complessivamente, circa 27. 500 titoli.
Numerosi volumi riguardanti le tradizioni popolari, la storia
e l’architettura siciliana e quelli donati dal professore Bonomo trovano gli spazi adatti nei saloni al secondo piano di
Palazzo Tarallo.
La Biblioteca comprende anche una prestigiosa raccolta
di stampe e fotografie di autori diversi, come Interguglielmi, Incorpora, Giannone, Uzzo che riproducono feste popolari e religiose, vedute e monumenti, eventi storici, costumi tipici del popolo siciliano, usi e mestieri ormai in via di
estinzione.
Nella sede storica della Palazzina cinese, che il Museo utilizza sin dal 1916, sono rimasti: il Fondo manoscritti e rari,
28 cinquecentine, 100 libretti popolari, l’archivio con la corrispondenza del Pitré e i 25 volumi della Biblioteca delle
tradizioni popolari siciliane.
•
Nato a Palermo il 30 aprile 1923, si laureò in Lettere e fu
assistente di Storia delle tradizioni popolari nell’ Università
di Palermo. Conseguita la libera docenza in Letteratura delle
tradizioni popolari fu professore incaricato di Storia delle
tradizioni popolari presso la facoltà di Magistero dell ’Università di Firenze e successivamente presso quella di Palermo.
Nel novembre 1996 andò in pensione, ma proseguì la sua
fervida attività di studioso e ricercatore appassionato. Fu dal
1965 al 1969 direttore del civico Museo etnografico siciliano
“Giuseppe Pitrè”.
Bonomo è stato autore di opere che costituiscono ormai un
punto di riferimento importante nel panorama degli studi
etnoantropologici. I suoi studi e il suo impegno furono pre miati con riconoscimenti prestigiosi.
La biblioteca di Giuseppe Bonomo è ricca di circa 1.600
unità, tra volumi e opuscoli. Di essi è stato redatto un
inventario, a cura dei bibliotecari del Museo Pitrè, che
adesso stanno procedendo alla catalogazione.
Nel Fondo Bonomo sono presenti i più importanti e si gnificativi studi del settore dalla seconda metà del ’900
in poi. La maggior parte dei volumi riguarda il territorio
siciliano, ma è presente anche una notevole quantità di
opere dedicate a studi di carattere regionale e generale.
Naturale è la presenza di opere di Pitrè, Salomone Marino,
Cocchiara, e dell’antropologia siciliana contemporanea,
accanto a testi dei più importanti studiosi italiani.
Il Fondo mostra oltre agli interessi generali, anche quelli
particolari relativi alle sue ricerche. Numerosi sono i testi
che studiano le danze e i canti popolari italiani e quelli
dedicati alla magia e all’ analisi delle figure delle streghe
e degli stregoni nelle culture di vari Paesi.
Promossa dall’Assessorato alla P. I. del Comune di Palermo e rivolta alle scuole d’ogni
ordine e grado della città è un’iniziativa nata
nel 1995, frutto della collaborazione tra il Comune ed il Provveditorato agli Studi di Palermo.
La manifestazione s’inserisce in un un progetto nazionale, proposto dalla Fondazione Napoli ’99, che a Palermo acquista la specifica
peculiarità di progetto d’educazione alla cittadinanza. Attraverso lo studio dei monumenti
adottati e della zona in cui ricadono s’intende
divulgare la conoscenza, non solo del patrimonio
palermitano, ma anche del territorio cittadino.
L’AUSER è un’associazione di progetto tesa alla valorizzazione delle persone e delle loro relazioni, ispirata a principi d’equità sociale e di rispetto delle differenze, di tutela dei diritti
e di sviluppo delle opportunità.
L’AUSER “L da Vinci” svolge attività culturali e del tempo libero mediante cicli di conferenze, corsi di approfondimenti per
singole materie (letteratura, lingue straniere, informatica, storia dell’arte, ginnastica, fotografia etc), di visite guidate ai
mo-numenti cittadini e a mostre temporanee di particolare
Inte-resse, di viaggi nella Sicilia “minore”, in Italia ed in
Europa, di convenzioni con teatri e cene sociali.
Via Principe di Palagonia, 215
90145 Palermo
Tel.349.4582596 – 091.6253556
Referente
Alberta Rondini
Preparazione CD
Alberta Rondini
Gruppo di lavoro
Beatrice Curti, Francesco Cancellieri, Rori Carra, Benedetto
Di Cara, Maria Teresa Migliorino, Giorgia Selvaggio, Carla Zeni,
Elio Bartolotta, Angelo Mineo, Dina Orlando, Antonino Selvaggio, Anna Spatola,Angelo Cambria, Franca Lo Bello, Sara
Maddalena, Matteo Stasi.