Medio Oriente, test curdo per la Russia

Download Report

Transcript Medio Oriente, test curdo per la Russia

L'Indro - L'approfondimento quotidiano indipendente
Politica > News
Medio Oriente, test curdo per la Russia | 1
giovedì 02 febbraio 2017, 17:00
La situazione
Medio Oriente, test curdo per la Russia
In questo quadrante Mosca ha la possibilità di inserirsi al posto degli Usa
di Franco Soglian
La grande marcia russa nel Medio Oriente, iniziata una quindicina di mesi fa, prosegue risoluta ma meno imperiosa
e quasi trionfale di come poteva apparire fino a ieri. Un certo rallentamento era prevedibile se non altro per effetto del suo
stesso ampliamento militare, politico-diplomatico e anche territoriale, con annesso aumento degli ostacoli che incontra e
delle complicazioni che deve affrontare. Scontata in partenza, quanto meno in teoria, era qualche battuta di arresto sul
piano militare. Come nel caso, non grave e comunque rimediabile benchè increscioso, della ricaduta di Palmira in mano
all’ISIS, dopo tanta risonanza persino musicale della sua conquista da parte delle truppe di Bashar Assad con il
determinante appoggio russo, poi festeggiata con il concerto pure russo tra le rovine, ora ancor più tali. Che le forze del
Califfo costituissero un osso duro per chiunque lo si sapeva. Tra gli ostacoli più seri non figurano ancora vere e proprie
resistenze e opposizioni frontali da parte di potenze maggiori più o meno equiparabili alla Russia. Benchè forse solo parziale
e temporaneo, il distacco dallo schieramento occidentale della Turchia, potenza regionale priva di armi nucleari ma più che
rispettabile militarmente, rappresenta per Mosca un successo di prima grandezza. Gli Stati Uniti, con Barack Obama
sempre poco propenso a scelte recise, hanno lasciato fare accettando anche un minimo di coordinamento delle rispettive
operazioni belliche. La scena ora è destinata a mutare sia per il sopravvento preso in Siria, col suggello della conquista di
Aleppo, dall’informale coalizione russo-iraniana-alauita ecc., sia per l’avvento alla Casa bianca di un Donald Trump proteso
a cambiare rotta rispetto al predecessore. Come esattamente, riguardo al conflitto in Siria, resta da vedere, anche se per il
momento tutto sembra volgere a favore delle posizioni e degli obiettivi di Mosca. Accade però che resti altresì da
domandarsi quali siano esattamente questi obiettivi, riconducibili con ogni probabilità alle reazioni russe alla crisi ucraina ma
non per questo incontrovertibilmente evidenti. A meno che non ci si accontenti di presumere che il Cremlino li modulerà
sulla scorta delle mutevoli circostanze e opportunità. Per andare invece più in là si deve partire da una constatazione
apparentemente obbligata: nell’area mediorientale la situazione e le prospettive attuali offrono alla Russia uno
spazio di manovra e un ventaglio di scelte che ancora fino a pochi mesi fa sarebbero stati impensabili. All’inizio
l’intervento in Siria, nell’ambito di una rivendicazione di principio della parità di diritti con le altre potenze maggiori, poteva
mirare come minimo alla conservazione della base navale di Tartus preziosa per “mostrare la bandiera” nel Mediterraneo,
esibendo con ciò stesso i muscoli per indurre l’Occidente a più miti consigli riguardo all’Ucraina. Oggi, col tendenziale
disimpegno di Washington dalla regione, già avviato da Obama e, a quanto sembra, destinato ad accentuarsi
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/medio-oriente-test-curdo-per-la-russia/
L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l.
Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati.
L'Indro - L'approfondimento quotidiano indipendente
Politica > News
Medio Oriente, test curdo per la Russia | 2
con Trump, Mosca potrebbe addirittura aspirare, come obiettivo massimo, a subentrarvi in un ruolo egemonico
ovvero di 'gendarme'. Per esercitare il quale la Russia manca certo di un requisito essenziale come un potenziale
economico paragonabile a quello americano. Può però vantare in compenso una maggiore capacità, almeno rispetto agli
USA ultima maniera, di usare le armi in difesa di veri o presunti interessi nazionali correndo i relativi rischi e a costo di
pesanti sacrifici per la propria popolazione. Nel Medio Oriente, del resto, si decidono in larga misura le sorti del
mercato energetico mondiale dal quale tuttora dipendono in misura ancora più ampia le fortune o sfortune
dell’economia russa, imperniata sulle esportazioni di petrolio e gas, anche in quanto fonte sinora insostituibile delle
risorse necessarie per avviare il potenziamento e l’ammodernamento di uno scarno apparato produttivo, ben dotato solo nel
settore degli armamenti oltre che dei combustibili. Il subentro agli USA si presenta dunque impegnativo e
problematico sotto vari aspetti, comprese naturalmente la cronica turbolenza e l’instabilità spesso esplosiva
della regione, al di là delle relative responsabilità che, non senza ragione ma fin troppo spesso, vengono attribuite alla
superpotenza finora egemone. Ma proprio da questo precedente deriva un problema tutt’altro secondario per la Russia, che
anche indipendentemente dai contrasti e tensioni con il colosso d’oltre oceano gli ha sempre rimproverato di comportarsi in
modo prepotente, arbitrario e per di più avventato in ogni parte del mondo. Mosca, per meritarsi il credito che chiede, è
quindi chiamata a comportarsi in modo diverso da Washington. Lo deve ovviamente ai Paesi e alle forze politiche
straniere che oggi si aspettano qualcosa di buono dalla Russia piuttosto che dagli USA, inclusi i suoi amici di più grosso
calibro (Cina, India, ecc.) che insieme ad essa reclamano la 'democratizzazione dei rapporti internazionali'. Ma lo deve anche
all’opinione pubblica e all’uomo della strada russi, che sinora hanno concesso a Vladimir Putin una fiducia larghissima non
solo perché più o meno forzatamente o ciecamente ligi al 'nuovo zar' oppure vittime della propaganda governativa. Una
parte dei creditori domestici potrebbero anche accontentarsi dell’imperioso ritorno della patria sulla scena internazionale, di
un ritrovato prestigio dopo le umiliazioni e frustrazioni accumulate per oltre un ventennio. Ma il teatro mediorientale, in
particolare, nell’attuale contesto planetario consente di più e di meglio, offrendo l’occasione per dimostrare che Mosca
intende sfruttare i suoi recenti successi per contribuire davvero alla creazione di un nuovo ordine mondiale più equilibrato e
al limite più giusto anziché approfittarne per risfoderare vecchie aspirazioni espansionistiche ed egemoniche, tentazioni
restauratrici e disegni ostili o comunque penalizzanti nei confronti, innanzitutto, dei Paesi più vicini, come accusano la Russia
postsovietica di voler fare i suoi più accaniti avversari o detrattori. Putin e compagni sapranno e vorranno cogliere
l’occasione proprio nel momento apparentemente più favorevole anche all’opzione peggiore? Quando, cioè, la
Casa Bianca non solo enuncia propositi distensivi (tutti da verificare quanto si voglia) verso il Cremlino, ma per la prima volta
dopo la seconda guerra mondiale annuncia di volersi occupare prioritariamente degli affari ed interessi americani (e sia pure
di un’America da rendere di nuovo 'grande') a scapito di quelli del resto del mondo. Anche il ventilato neoisolazionismo
di marca trumpiana va messo naturalmente alla prova dei fatti, e il Cremlino sarà certo in prima fila a tenerne
conto. Si spiega perciò una certa cautela riscontrabile nelle sue prime reazioni alla svolta di Washington, che non vanno
comunque sopravvalutate, analogamente alle più recenti mosse russe in generale, tra le quali non manca qualcuna che
denota un’apparente continuità e semmai un’accentuazione degli indirizzi fino a ieri prevalenti. E’ il caso, ad esempio, della
conferma alquanto spettacolare, specie se guardata dalla vicina Italia, dell’antico ma risvegliato interesse di Mosca per la
Libia, sempre destabilizzata e lacerata come la Siria benchè in modo meno violento e devastante. L’accordo appena
stipulato con il governo di Damasco per la concessione della base di Tartus, rinnovata per 45 anni, non ha impedito al
Cremlino di mandare presso la costa della Cirenaica una nave da guerra a bordo della quale è salito un membro del governo
separatista di Tobruk per firmare con l’ammiraglio russo un’intesa preliminare per una base aggiuntiva o magari di riserva. Il
tutto in suggestivo contrasto con l’apparente rinuncia delle varie flotte occidentali a muoversi in acque libiche anche solo
per combattere i trafficanti in profughi o le milizie dell’ISIS. Tutto sommato, però, meritano maggiore rilievo e attenzione gli
ultimi sviluppi nel cuore dell’eterna crisi del Medio Oriente e dintorni o, se si preferisce, della sua più recente edizione. Nel
segno di una certa continuità si colloca anche la tregua tra le parti più direttamente combattenti in Siria concordata per
iniziativa e sotto la regìa del terzetto Russia-Iran-Turchia, che sostiene il regime di Damasco ovvero lo tollera, nel caso del
governo di Ankara parzialmente convertitosi dall’iniziale ostilità. Una tregua in certo qual modo di parte, dunque, e tuttavia
avallata dall’ONU e rimasta formalmente in vigore dalla fine di dicembre benchè infranta da innumerevoli violazioni. I tre
promotori e cosiddetti garanti, lungi dallo scoraggiarsi, hanno proceduto sulla loro strada invitando i belligeranti al proprio
vertice di Astana, la capitale del Kazakistan, per aprire tra tutti colloqui di pace. Il tentativo non ha avuto buon esito, perché
nessuna decisione è stata presa ed è mancato un dialogo diretto tra il governo di Damasco e le variegate componenti della
ribellione siriana, parlatisi solo indirettamente attraverso intermediari. Non è stato però un tentativo inutile. Si è convenuto
infatti di rinviare tutto all’imminente e più ampio appuntamento di Ginevra al quale, sotto il patrocinio dell’ONU, saranno
presenti anche i protettori delle forze ribelli, con USA e Arabia saudita in testa. E qualcosa è inoltre emerso ad Astana che
dovrebbe favorire un dialogo meno ingessato di prima. Da parte russa si è rinunciato a bollare come terroristi (e quindi a
porre praticamente sullo stesso piano dell’ISIS) quasi tutti i gruppi ribelli, con l’unica esclusione di al-Nusra, una filiazione di
al-Qaeda che costituiva il maggiore ostacolo ad un avvicinamento tra gli opposti schieramenti e che finisce adesso col
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/medio-oriente-test-curdo-per-la-russia/
L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l.
Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati.
L'Indro - L'approfondimento quotidiano indipendente
Politica > News
Medio Oriente, test curdo per la Russia | 3
ritrovarsi isolata e addirittura allo scontro aperto con gli altri. Con il grosso di questi ultimi Mosca aveva già allacciato da
tempo un dialogo separato e sinora inconcludente, ma mai cessato e affiancatosi a quello sempre mantenuto e coltivato con
i governi arabi della parte sunnita nonostante la loro multiforme ed inasprita collisione con lo schieramento sciita capeggiato
dall’Iran, amico e partner regionale della Russia. Il tutto nel quadro e ad apparente comprova della propensione di Mosca a
svolgere un ruolo pacificatore a largo raggio nel Medio Oriente anzichè spalleggiare ad oltranza una singola fazione. Ma c’è
di più, a questo riguardo, dopo avere messo naturalmente nel conto anche il buon rapporto stabilito con Israele. La novità
più rimarchevole emersa in occasione del vertice di Astana è la diffusione di una proposta russa di nuova
Costituzione per la Siria che tende a modificare profondamente quella attuale e potrebbe rivelarsi utile per
una soluzione del conflitto e dei conflitti non solo in quel Paese, oltre a fornire indicazioni altrettanto utili circa
l’evoluzione dell’approccio di Mosca in proposito. Anziché puntare su un eventuale smembramento dello Stato siriano di cui
si parlava nei mesi scorsi, la bozza in questione mira piuttosto ad una sua democratizzazione. Ne prevede infatti il
decentramento mediante una drastica riduzione dei poteri del presidente della Repubblica e il rafforzamento, invece, del
parlamento, da trasformare in un’assemblea delle regioni adeguatamente rappresentativa delle varie minoranze etniche e
religiose. La religione, peraltro, dovrebbe essere relegata in secondo piano sopprimendo l’obbligo della fede musulmana per
il presidente e il richiamo alla giurisdizione islamica come fonte principale (così la dicitura attuale) dell’attività legislativa.
Dalla denominazione ufficiale della Repubblica siriana dovrebbe inoltre scomparire l’aggettivo 'araba', e si tratta di una
proposta da ricollegare ad un altro motivo chiave del documento russo, probabilmente il più scottante e significativo:
l’autonomia particolarmente ampia da concedere ai curdi, che tra tutte le minoranze del Paese sono quella più
battagliera e più scomoda sotto vari aspetti. Per Mosca, comunque, ha il merito di avere dato sinora il contributo più
prezioso alla lotta contro l’ISIS. La bozza con cui mostra di volerli premiare, almeno in Siria, ha il difetto di
dispiacere in partenza a buona parte del Medio Oriente e dintorni a cominciare dai due grandi Paesi più vicini
alla Russia in questa. La Turchia teme più di ogni altro l’indipendentismo e lo stesso autonomismo curdo interno ed
esterno, anche perché alle prese, in casa, con la sua versione terroristica. Non per nulla si è opposta, con successo, alla
partecipazione dei curdi al convegno di Astana, dopo averli contrastati anche militarmente sia in Siria che in Irak, dove sono
più avanti che altrove sulla strada che potrebbe portarli a realizzare il loro sogno massimo. Per l’Iran il problema è analogo a
quello della Turchia, benchè vi si ponga in termini e dimensioni meno esplosive, in tutti i sensi. C’è però l’altra faccia
della medaglia, messa in luce dalle stesse prime reazioni turche alla comparsa, per la verità piuttosto in
sordina, del documento russo. Reazioni non di immediato rigetto, come ci si poteva aspettare, ma semmai di tipo
freddamente attendistico, spiegabili forse con una certa sorpresa oltre che, di sicuro, con il necessario rispetto per la
posizione dominante e al tempo stesso equilibratrice che la Russia svolge e può svolgere anche più efficacemente nella
regione e in prospettiva anche al di fuori del Medio Oriente. Non sorprende invece che Mosca, con la sua proposta,
abbia automaticamente smentito le previsioni di un suo abbandono dei curdi alla loro sorte per consolidare
l’avvicinamento con Ankara. E, al contrario, che abbia accennato a voler rimpiazzare gli USA in ritirata nel ruolo di
maggiore protettrice dei curdi. Dato il nuovo e migliore rapporto che si profila con Washington grazie a Trump la mossa
acquista una sua logica. Resta da vedere se Putin e compagni avranno la capacità di portare avanti il gioco fino in fondo, in
un contesto così difficile come quello mediorientale. La volontà non dovrebbe mancare, essendo in gioco anche la
credibilità della Russia più in generale.
di Franco Soglian
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/medio-oriente-test-curdo-per-la-russia/
L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l.
Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati.