Transcript Caro Dario

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Cultura&Società > Opinioni
giovedì 13 ottobre 2016, 18:30
Il Contrappunto
Caro Dario
«Ha lasciato la vita con l'energia e la carica con cui l'ha sempre vissuta»
di Gabriele Della Rovere
Ciao, Caro Dario. Non verrebbe altro da dire, e non si dovrebbe aggiungere altro ad un personale dolore. Che è di molti,
tanti, certamente più di quanti (e quanto) si aspettassero di essere così personalmente segnati dall’uscita di scena di
Dario Fo. In questo 13 Ottobre 2016. A soli novanta anni e poco più di sei mesi. E dopo tre anni e poco più di quattro
mesi da quella della sua, e ‘nostra’, Franca Rame, a fine maggio 2013. A morire di maggio «ci vuole tanto, troppo
coraggio» come canta il loro amico Fabrizio (De André). A ottobre forse è un po’ più facile, ma rode comunque. Ma poi è
proprio la morte, in sé, ad essere ingiusta. Sarà pure biologicamente necessaria alla specie, darwinianamente, e peraltro
Darwin è il riferimento dell’ultima ‘Opera’ multimediale di Fo. Necessaria alla specie, certo, non certo alla persona. E a chi
resta. Che il tempo si stesse esaurendo lo sapeva, ed anche per questo negli ultimi anni e mesi era sempre più impaziente
di fare, scrivere, parlare, dipingere. Si riempiva di impegni, lavorava come se la personale corsa con il tempo volesse
vincerla ad ogni costo. E peraltro quando ti stai avvicinando ai novant’anni un qualche pensierino lo fai in ogni caso. Ma
sempre senza affanno, da uomo ‘risolto’. Oltreché, come sempre, risoluto. Serenamente quasi, per quanto ‘sereno’
realmente potesse essere senza Franca. «Mi dovesse capitare qualcosa, dite che ho fatto di tutto per campare» motteggiava
fino all'ultimo. Diverso modo di declinare l’indimenticabile «L’importante è che la morte ci trovi vivi» di Marcello
Marchesi. Se poi non ci trovasse proprio… Dario aveva novanta anni, appunto. Diciannove anni fa, quando ne aveva
settantuno, era stato ‘insignito’ del Premio Nobel. Come se un Premio, per quanto prestigioso, per quanto il più prestigioso,
potesse rendere più ‘insigne’ uno come lui. Che ha dominato le scene da Re, Re democratico ma neanche troppo,
reinventando la satira, la comicità, il grottesco e ben di più, con oltre cento commedie che continuano ad essere
rappresentate in tutto il mondo. E poi racconti, romanzi biografici, saggi, e da attore, scrittore, autore di canzoni, ma anche
pittore, regista, scenografo, saggista, politico… Un genio, certo, più che altro un genio rinascimentale, il più grande e
famoso artista italiano dei tempi moderni. E se la fama è cosa effimera, la grandezza no. «Ha lasciato la vita con
l'energia e la carica con cui l'ha sempre vissuta» racconta chi gli era accanto. E senza troppi rimpianti. (Qualcuno sì,
solo gli imbecilli non ne hanno). «Con Franca abbiamo vissuto tre volte più degli altri» diceva. Probabilmente
continuano a farlo, nuovamente assieme. Ci ha, come suol dirsi, lasciato. Non abbandonato. Ora per quanto riguarda
Gabriele Della Rovere e il suo amico Gabriele Paci, che a Franca Rame e Dario Fo erano da gran tempo affettuosamente
legati, è il tempo della dolorosa e contemporaneamente ‘calda’ nostalgia. Il ‘dolore del ritorno’. Colpito, colpiti, ben più di
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/caro-dario-2/
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quanto previsto. Analogamente a quanto accaduto per tre altri Grandi Amici (e Amiche) che pure abbiamo ricordato su
L’INDRO. Federico Orlando. Willer Bordon. Gabriella Fanello Marcucci. E adesso è proprio il momento del silenzio, e
volendo del pianto affettuoso e dolce, gli unici veri modi per salutare gli amici. Scusate. Scusateci.
di Gabriele Della Rovere
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