Dario Fo: soltanto un giullare?

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giovedì 13 ottobre 2016, 15:00
Scomparso stamattina
Dario Fo: soltanto un giullare?
Oltre il personaggio, uno sguardo all'artista
di Marcello Lazzerini
La notizia della scomparsa di Dario Fo è di quelle – al di là del dolore più o meno grande – che suscitano sconcerto,
smarrimento. D’improvviso ci troviamo a fare i conti, il bilancio anche critico di una esistenza ingombrante, che ci trova
impreparati, mancando il giusto distacco, anche temporale, rispetto alla sua opera ed alla ingombrante personalità. È come
se un pezzo importante della nostra storia culturale e sociale improvvisamente si distaccasse da noi, dal nostro vissuto, dalla
percezione che abbiamo della sua senza dubbio gigantesca presenza. La domanda che sorge spontanea, almeno in chi
scrive, è: che cosa rappresenta o ha rappresentato Dario Fo? Qual è l’attualità e il messaggio che ci lascia? Da quale punto
di vista ci coinvolge? Quello dell’autore di teatro, dello scrittore, del pittore e scenografo, del cittadino immerso – sempre
nei panni dell’opinion leader - nella politica militante? O quello del giullare, di colui cui sorprendentemente (ma solo per la
nostra cultura) fu assegnato nel 1997 il premio Nobel per la letteratura con la motivazione: «Perché, seguendo la tradizione
dei giullari medievali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi». Tanti sono i campi nei quali si è distinto
che, da qualunque punto di vista lo si guardi, non possiamo né abbiamo potuto evitare la sua presenza, per taluni
affascinante, per altri forse irritante e contraddittoria, ma senza alcun dubbio stimolante, irripetibile, unica. Un pungolo
forte, costante, alla riflessione su ciò che eravamo, e su quello che siamo diventati oggi. Sebbene Dario Fo debba essere
ripensato nella sua globalità, vi è nella sua intensa opera di drammaturgo, di autore satira politica e di recupero della
grande tradizione medievale e giullaresca (ecco che il termine ricorre ancora una volta, quasi ad indicarci un file rouge di
lettura della sua vicenda umana e professionale), un grande elemento creativo e innovativo: il recupero di quel
grammelot, sorta di linguaggio teatrale che si rifà alle improvvisazioni giullaresche e alla Commedia dell’Arte, costituito da
suoni che imitano il ritmo e l’intonazione di uno o più idiomi popolari dell’area padana. È questa sua invenzione a darci la
grandezza della sua cifra stilistica e intellettuale, che avvertimmo per la prima volta in 'Mistero Buffo' (la prima fu il 1° di
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/dario-fo-un-giullare/
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ottobre a La Spezia nel ’69), una sorta di rivoluzione-provocazione teatrale, del teatro 'borghese' come lo definiva, che ben
coglieva gli umori (andando però a pescare nel passato) del tempo, la spinta alla rottura dei movimenti nati nel ’68. In
quello spettacolo Dario Fo era solo sulla scena, come lo è stato negli ultimi tempi dopo la scomparsa di Franca
Rame, l’adorata compagna della sua vita. Ma all’epoca la coppia e la 'Compagnia Dario Fo-Franca Rame' era ben
presente sulla scena italiana dal 1962. Già, sarebbe un errore scindere la loro vita privata e artistica, separare l’uno
dall’altra. Lo stesso Fo ha sempre sottolineato l’apporto anche creativo e l’influenza di Franca al suo lavoro di
drammaturgo, di attore, di intellettuale. Con la moglie ha fatto coppia fin dal periodo del loro matrimonio (24 giugno
del ’54 a Milano, Basilica di Sant’Ambrogio) fino agli ultimi giorni di lei, deceduta tre anni fa. I meriti suoi, di Dario, sono in
parte anche di Franca. Sempre per restare sul terreno del teatro ('teatro di strada', 'teatro di narrazione', 'teatro politico':
varie le definizioni da lui stesso date), memorabili rimarranno le sue lezioni sui Maestri dell’arte del passato, Giotto,
Caravaggio, il Correggio, Picasso o 'sulla storia del teatro' condotta insieme a Giorgio Albertazzi, l’ultimo grande
interprete del teatro classico, con il quale aveva stretto un sodalizio importante e fecondo, in cui le due grandi e inquiete
personalità si fondevano e compenetravano. In questi momenti tornano alla memoria molti altri aspetti della sua ridondante
personalità e duttilità artistica: la sua (anche di Franca) rapsodica presenza in Rai, la censura a 'Canzonissima', i tanti
spettacoli di taglio cabarettistico (rappresentati ovunque e particolarmente nei paesi scandinavi proprio nel periodo del
Nobel). Ma varrebbe la pena riascoltare anche la radio del primo Dario Fo (quello del ’56): quello del varietà intitolato 'Non si
vive di solo pane', insieme a Franco Parenti. Fo e Parenti, insieme a Giustino Durano, altro raffinatissimo interprete
(recuperato da Roberto Benigni ne 'La vita è bella') portarono poi in scena 'Il dito nell’occhio'. Potremmo continuare a
lungo pescando nella nostra memoria e nella vastissima produzione del grande drammaturgo scomparso, ma il tempo e lo
spazio non ce lo consentono: affidandoci alla nostra fragile memoria e alle emozioni e sensazioni provocateci dalla sua
opera, una sottolineatura particolare della sua pregevole attività pittorica e di scenografo deve essere fatta: i suoi studi
all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano hanno fecondato una naturale vena artistica che ha posto a disposizione della
sua attività drammaturgica e che abbiamo potuto riscoprire nelle interpretazioni originali e suggestive – ah se la didattica
potesse seguirne l’esempio! - dei grandi pittori del passato. Del Dario Fo immerso nella politica, con scelte controverse e
oscillanti (dagli anni giovanili che lo videro aderire alla RSI, in quanto «italiano e non fascista e per non essere deportato in
Germania», come scrisse, alla vicinanza al Pci e alla sinistra, dal soccorso rosso, alla contestazione del modo cattolico fino
agli ultimi approdi sullo sponde grilline), o religioso, ci sarà modo di parlare ancora, ma sono aspetti meno rilevanti della sua
vita di drammaturgo e scrittore. Dario Fo lascia al figlio Jacopo e alla cultura italiana un grande patrimonio dal quale poter
attingere ancora e sul quale avviare una approfondita riflessione.
di Marcello Lazzerini
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/dario-fo-un-giullare/
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