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Giovedì 9 Febbraio 2017
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È il paese più apprezzato fra quelli dell’Europa continentale. Sondaggio dopo il voto
Gli Usa si fidano dell’Italia
Mentre la Germania viene vista con grande diffidenza
da Washington
ALBERTO PASOLINI ZANELLI
N
ei giorni scorsi si
sono tenuti in Europa due vertici che
si sono conclusi sostanzialmente critici verso
Donald Trump.
Una delle sedi è stata proprio al confine con l’altro
mondo, quello islamico. Si
sono ritrovati alla Valletta,
capitale dell’isola e della
nazione di Malta, strategicamente ideale per chi voglia proteggersi dalle infiltrazioni africane attraverso
il Mediterraneo.
Si sono scambiati inquietudini e timori di iniziative
che potrebbero venire dagli
Stati Uniti come le critiche
di Trump, alla Nato (che
sarebbe obsoleta) e alla
possibile disgregazione
dell’Unione europea, vale
a dire delle due iniziative
più importanti e finora più
incoraggiate dagli Stati
Uniti.
Per la prima volta l’allarme più immediato non
viene dalla Russia e neppure dal mondo islamico, ma
dagli Usa, dal suo presidente. I timori non sono tanto
Donald Trump
focalizzati su Mosca, ma
sull’apparente entusiasmo
di Trump per il Brexit.
«Non sappiamo – ci dicono
gli altri – che cosa voglia la
Casa Bianca». Il commento
più scoraggiato è venuto
da Hollande, il presidente
uscente della Francia, talmente impopolare da rinunciare alla candidatura per
la rielezione. Il più aspro
di tutti è l’attuale leader
dell’Ue, il polacco Tusk,
che si chiama Donald come
Trump e che ha ricordato come «la collaborazione
transatlantica sia stata uno
dei pilastri dell’Occidente, ma
che adesso potrebbe essere
un’altra unione da sistemare». Un’allusione discreta, ma
allarmata.
Di buone notizie, insom-
ma, ne vengono fuori poche
dal crogiuolo europeo allarmato e inquietante. Al punto
che gli americani hanno condotto un sondaggio per scoprire che cosa pensino i Paesi
loro alleati e, finché c’erano,
anche quelli considerati tradizionalmente ostili.
Una specie di giro del
mondo di domande e di cifre, con risposte in parecchi
casi sorprendenti, soprattutto per quanto riguarda i
nemici.
Su chi siano i più ostili,
non ci sono dubbi: la Corea
del Nord in testa, l’Iran secondo, la Siria terza, poi l’Afghanistan, la Libia, l’Irak e
insomma tutto il mondo islamico. Sono invece crollate
le cifre del nemico classico
della Guerra Fredda: Cuba è
diventata trentatreesima, la
Russia sedicesima, almeno
dal punto di vista dei repubblicani, tradizionalmente
più falchi.
Ma i numeri più interessanti e anche sorprendenti
riguardano la graduatoria
degli alleati e degli amici.
C’è una conferma nei primi
tre, sempre quelli da quando
la Nato è sorta.
Capeggiano il gruppo tre
Paesi di lingua inglese, il
Nord democratico e capitalista del pianeta: la Gran
Bretagna, al punto che è
sopravvissuto un termine
arcaico come «androamericano», poi i due pilastri del
Commowealth, Australia e
Canada.
E qui arriva la sorpresa: il Paese dell’Europa continentale considerato dagli
americani il più amico è
l’Italia, soprattutto fra gli
interrogati di fede repubblicana, cioè i compagni di partito del presidente Trump.
L’ordine è Australia, Canada, Gran Bretagna, Italia.
Che ha scavalcato addirittura Israele, quinta fra i repubblicani e addirittura ventottesima fra i democratici.
Subito alle spalle dell’Italia,
fra i democratici la Francia
ci precede di un soffio (quarta invece che quinta), ma la
scelta dei repubblicani è tutta
nostra: Roma quarta, Parigi
nona. Una piccola, piccante
sorpresa in più: la Germania
è nettamente dietro, ottava o
dodicesima. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa la
signora Merkel.
[email protected]
© Riproduzione riservata
INTANTO VW DIVENTA IL PIÙ GRANDE PRODUTTORE MONDIALE DI AIUTO GRAZIE AI CINESI CHE…
Sui motori truccati delle auto continua il grande polverone che
non tiene conto che i dati sono diversi a seconda delle condizioni
DI
FRANCO OPPEDISANO
R
icapitolando… Volkswagen sotto inchiesta o sotto
accusa anche con i marchi
Audi, Seat e Skoda dovunque abbia mai venduto un’auto negli ultimi 20 anni e ci sia un giudice in cerca di un po’ di popolarità.
Mitsubishi accusata da Nissan di
barare sulle emissioni, prima ha
ammesso poi viene comprata dalla stessa Nissan, che, a sua volta
viene chiamata alla sbarra, per
gli stessi motivi, dalle autorità
sudcoreane.
Renault indagata per frode dai
magistrati francesi che dipendono
dallo Stato, il maggior azionista di
Renault. Gm che ammette di aver
sottostimato i consumi di alcuni
dei suoi Suv a benzina, mentre
Opel, la sussidiaria europea di
General Motors, accusata di barare sulle emissioni dei diesel dai
tedeschi. Questi ultimi che fanno
fuoco e fiamme contro Fca per poi
trovare, almeno sembra, un accordo.
Fiat Chrysler messa nel mirino
dalla «famigerata» Epa, ente di
protezione ambientale degli Usa,
appena prima della nomina del
presidente Donald Trump che
dopo pochi giorni ha incontrato,
e probabilmente rassicurato, non
solo Fca, ma tutti i costruttori
auto made in Usa.
In questo scenario, che ab- esempio, le condizioni atmosfebiamo sommariamente deline- riche. In ogni caso, i primi sono
ato, ma che è anche fatto da mille migliori (sempre) dei secondi
La seconda è la profonda diffecause civili, class action, arresti,
cosa volete che sia una indagine renza che esiste tra un sistema
in Francia contro Fca per frode in studiato apposta per passare un
test e i trucchetti, come le gomcommercio?
Quisquilie, pinzillacchere, direb- me speciali, che le case automobe Totò. Se non fosse l’ennesimo bilistiche hanno usato (tutte) per
episodio di una guerra stupida, superarli.
Alla fine di tutto questo baiiniziata per colpa di un costruttore che alla stupidità ha unito una lamme i costruttori di auto avranbuona dose di supponenza e che no speso un bel po’ in avvocati, riha trascinato tutti in un stupido chiami, risarcimenti. Ma cambierà
gioco al massacro, non varrebbe ben poco.
Se non piove, le città saranno
nemmeno la pena di parlarne. E,
invece, l’accusa francese dimostra inquinate e se piove no. Per una
che ancora non tutti
hanno capito due cose
SCOVATI NELLA RETE
fondamentali.
La prima è che la
misurazione esatta delle emissioni di
un’auto è come la ricerca della pietra filosofale. Se la si fa nei
laboratori il risultato
non risponde ai gas
nocivi che si producono durante l’uso reale
dell’auto.
Se si fa su strada
non si riescono a ottenere condizioni uguali
per tutti perché da una
prova all’altra possono
variare mille fattori
importanti come, ad
reale diffusione dell’auto elettrica ci vorranno ancora anni e anche quando tutti ne avremo una,
il problema delle emissioni verrà
soltanto spostato dai tubi di scarico dei veicoli ai luoghi dove si
produce l’energia.
Intanto, tutto prosegue come
prima. Volkswagen è diventata,
nonostante tutti i guai che sta giustamente passando, la prima casa
automobilistica del mondo sfruttando il mercato cinese dove nessuno si interessa a quello che succede nel resto del pianeta. E Fca,
qualche giorno fa, ha presentato il
miglior bilancio di sempre.
Tanto che ieri ha
annunciato che anche negli stabilimenti italiani distribuirà
un premio di produzione ai dipendenti.
Nella prossima busta paga i lavoratori
di Pomigliano D’Arco riceveranno un
bonus che varia dai
1.476 ai 1.940 euro.
Quelli di Melfi, Cassino avranno in media 1.320 euro. Soldi veri per persone
che hanno lavorato
bene. Non sono né
quisquilie, né pinzillacchere.
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