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PRIMO PIANO
Venerdì 3 Febbraio 2017
5
Che si ostinano a parlare di leggi elettorali, in un dibattito incomprensibile alla gente
Antipolitica creata dai politici
M5s invece risponde al desiderio di un gigantesco vaffa
DI
I
MARCO BERTONCINI
grillini non devono lavorare per sé: anzi, com’è
dimostrato dalle disavventure di Virginia
Raggi, meno si danno da
fare, meglio è per loro. Adesso si nota un
corale impegno per recare acqua
al loro mulino. I partiti,
il mondo politico, i parlamentari,
con la cassa
di risonanza di tutti i
mezzi d’informazione,
dalla rete
alle televisioni, dai
giornali alle
radio, s’intestardiscono
su un tema
di altissima
rilevanza
politica, ma di scarsissimo
interesse popolare: la riforma elettorale.
Non è la prima volta
che succede. È capitato
con la sempiterna campagna elettorale sul referendum costituzionale. Capita
ricorrentemente quando si
rinnovano le strutture della Rai. Sono argomenti tutti delicatissimi, che hanno
conseguenze esiziali o trionfali per un partito, una coalizione, un politico. Peccato
che lascino indifferente la
Vignetta di Claudio Cadei
gente. Ben altri sono i problemi che toccano il cittadino: fisco, servizi pubblici,
lavoro. Che poi il cittadino
pretenda che questi problemi siano risolti dalla mano
pubblica, anche quando dovrebbe provvedere lui stes-
so con la propria responsabilità, è altra questione.
Rimane un fatto: gli elettori
avvertono simili argomenti
come bizantinismi propri
della casta, se ne disinteressano, non comprendono
come mai l’intero mondo
politico si
scanni per
simili affari.
Come si
può pretendere
che
un
cittadino
qualsiasi
si orienti
fra proporzionale e
maggioritario, uninominali
e capilista
bloccati,
preferenze
uniche e
preferenze
di genere,
voto per la
Camera e voto per il Senato,
più una lunga serie di pseudo latinismi?
Italicum, porcellum, consultellum, mattarellum,
adesso legalicum… La lista
è allungabile: non ci capiscono nemmeno politologi e
GIANNI MACHEDA’S TURNAROUND
Trump attacca l’Europa partendo dalla Germania. È
la legge della catena alimentare.
***
Napolitano: «Alle elezioni si va a scadenza naturale
della legislatura». Che in Italia vuol dire avariata.
***
Roma, cocaina tra i banchi di un liceo. Tracce nei
temi.
***
I milanesi hanno in corpo tanto di quel benzene che
il sindaco Sala sta pensando di estendere la Ztl ai pedoni.
parlamentari, salvo un pugno di esperti che faticano
poi a raccapezzarsi di fronte alle più astruse proposte
lanciate periodicamente da
questo o da quello. S’invocano modelli svariati: greco,
spagnolo, francese, americano, tedesco, per tacere del
regionale, o comunale, o ex
provinciale.
La conseguenza di
tanti dibattiti è semplice:
cresce l’antipolitica. Se i politici non pensano ad altro,
se non a come adattarsi agli
interventi della Corte costituzionale su sistemi elettorali di difficile comprensione, che se ne vadano a quel
paese. Una riflessione simile si traduce nel desiderio di
un gigantesco vaffa.
E siccome c’è, nell’arengo
elettorale, chi da anni ha
fatto del vaffa la propria
bandiera, ecco che diventa
facile guardare, non si dice
con simpatia, però almeno
con rassegnazione, ai cinque stelle come a una risorsa per esternare protesta e
insoddisfazione. Poco rimarca, se gli stessi eletti pentastellati si accaniscano a loro
volta a ideare soluzioni più
o meno astruse ai problemi
giuridico-istituzionali presenti nelle leggi elettorali.
© Riproduzione riservata
IN CONTROLUCE
Da quando D’Alema ha lanciato la parola scissione, tutto è possibile,
anche trasformare l’acqua in vino, o Pinocchio in un bambino vero
DI
DIEGO GABUTTI
M
ichele Emiliano è
un leader carismatico? Max Weber - che
cent’anni fa annunciò
l’era dei grand’uomini, purtroppo
azzeccandoci - riconoscerebbe in
Emiliano un leader forgiato dalle
tempeste d’acciaio? Senza offesa,
ma c’è da dubitarne.
Eppure è così, come d’un politico
«dotato di carisma», che in questi
giorni si fantastica del governatore pugliese con un debole per le
cozze pelose. Da quando Massimo
D’Alema ha pronunciato la parola
«scissione», tutto è diventato possibile, anche trasformare l’acqua
in vino, o che Pinocchio diventi un
bambino vero.
Qualcuno sostiene che è tutta una finta, che la sinistra ex e
post comunista non ha nessuna
intenzione d’uscire dal partito
democratico, e che minacciando
la secessione vuole soltanto fare
un po’ di chiasso, nella speranza di
rimediare la rielezione di qualche
deputato. Potrebbe essere, perché
nemmeno il più boccalone dei nostalgici è tanto illuso da pensare
che una Rifondazione dalemiana,
in caso d’elezioni, possa seriamente contare sul 10 «o più» per cento
dell’elettorato. Ma all’autoinganno baffetti da sparviero.
Se gli ex e post sperano in
non c’è mai fine, e così può anche
essere che qualche nostalgico fac- un congresso anticipato, che gacia sul serio: fuori l’usurpatore, o rantisca loro qualche seggio parlamentare da cui continuare la lotta
fuori noi.
D’Alema, per dire, è abba- di classe urbi et orbi, sbagliano
stanza rancoroso, e anche ab- probabilmente i conti, perché il
bastanza presuntuoso, da tentare segretario del Pd, che è già abbal’incredibile impresa di misurarsi stanza nei guai, non vuole cacciarcol partito renziano sul terreno si in guai peggiori consegnandosi
elettorale e da illudersi d’avere nelle loro mani. Portare il partito
un seguito di seguaci e di veri cre- a congresso prima del voto, ha
l’aria di pendenti, se non
sare Renzi,
come il ProAl pari di Emiliano, anche
è un po’ come
feta almeno
infilarsi da
come Beppe
l’ex deputato di Gallipoli ha
soli nel forno
Grillo (che
«il suo bel carisma», come
con un limone
da
parte
direbbe
Renato
Pozzetto:
la
in bocca.
sua è forse
battuta
sarcastica,
la
smorfi
a
Ma comunsul punto di
sprezzante, trent’anni di sonoque finiscano
diventare
per evolvere
un’altra Core sconfi tte dietro le spalle, il
le cose, se verstola della
«diciamo così», l’ampollosità,
so la scissione
Sinistra... a
i baffetti da sparviero
oppure verso
guadagnarsi
una trattativa
cioè la spesulle candidaciale onorificenza concessa in esclusiva da ture, o verso un più credibile nienD’Alema ai meritevoli). Al pari te di fatto, la minoranza «dem» ha
d’Emiliano, poi, anche l’ex de- trovato i suoi leader, che non sono
putato di Gallipoli ha «il suo bel Laura Boldrini, Pierluigi Bercarisma», come direbbe Renato sani, Giuliano Pisapia o GianPozzetto: la battuta sarcastica, ni Cuperlo, come ci eravamo (e
la smorfia sprezzante, trent’anni si erano, anche loro) abituati a
di sonore sconfitte dietro le spalle, credere, ma sono il governatore
il «diciamo così», l’ampollosità, i pugliese, con i suoi modi burberi
da magistrato pacioso e probo, e
l’eternamente redivivo Massimo
D’Alema, con i suoi modi rissosi da
statista incompreso. D’Alema - la
sfiga politica fatta persona - è la
mente della leadership antirenziana, mentre Emiliano - l’uomo delle
cozze pelose - ne è il braccio.
Non sembra, a occhio, un
partito destinato a stravincere.
D’Alema, dopo il «no» al referendum costituzionale, non si contiene più, fa e disfa, minaccia rappresaglie tremende rappresaglie,
ma il curriculum è quello che è: un
patatrac dopo l’altro.
Emiliano - che ormai da settimane non fa che lanciare guanti
di sfida a Renzi (ha più guanti a
penzolone lui del Gastone di Petrolini) – è deciso a battersi con
il segretario a singolar tenzone
sul terreno del prossimo congresso, purché sia indetto subito, altrimenti anche lui, come D’Alema,
finirà per pronunciare la parola
«scissione». Ma anche qui sono
solo parole, e a pronunciarle non
è un «leader carismatico», come
fantasticano certi giornali, ma
un politico di seconda fila, se
non addirittura uno dei «cacicchi
meridionali» evocati l’altro giorno, su queste pagine, da Sergio
Soave.
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