Trump atteso alla prova dei fatti

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Transcript Trump atteso alla prova dei fatti

PRIMO PIANO
Giovedì 12 Gennaio 2017
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Soprattutto sul piano dei temi internazionali dove Obama gli lascia una eredità pesante
Trump atteso alla prova dei fatti
Si tratta di vedere come sarà il suo rapporto con Putin
da Washington
ALBERTO PASOLINI ZANELLI
L
a notizia è di quelle di
terz’ordine, paragonati ai grandi o almeno
grossi temi che dominano le cronache degli affari
internazionali. O almeno così
probabilmente pare a chi getti
uno sguardo al raid annunciato dal Pentagono, che è riuscito a eliminare un esponente,
sia pure di secondo piano,
dell’Isis. Nelle stesse ore, operazioni militari ben più robuste sono in corso, con il determinante appoggio Usa, in
Irak, particolarmente ma non
soltanto nella zona intorno a
Mosul. Però il cospiratore eliminato non era attivo in Irak
bensì in Siria e questa è una
sorpresa che potrebbe anche
indicare una possibile svolta
nelle strategie del Pentagono
e soprattutto della Casa Bianca negli ultimi giorni della gestione Obama.
Perché, secondo ogni logica militare, la guerra in
Siria dovrebbe essere considerata ormai conclusa e operazioni locali e collaterali non
sembrano poter influire su un
verdetto che è già scritto: la
sconfitta del Califfato ad Aleppo e dunque a Damasco che,
confrontata alla situazione
ancora confusa a Mosul e a
Bagdad, separa l’organizza-
zione jihadista, teoricamente
sovranazionale, nuovamente
in due (ma forse tre, quattro
o ancora più) forze a carattere
nazionale. Una diversità che può non
sembrare importante ma che, sul
piano locale, esprime due verdetti
contrastanti sulla
scacchiera mondiale se non addirittura planetaria.
In Siria ha vinto
la Russia, e ciò induce l’amministrazione uscente Usa,
a voler vincere in
Irak, continuando
a combattere in
questo scacchiere.
Ma ciò che è
più sgradito a
Washington è che
questa soluzione
militare coincide e conferma
con un giudizio strategicopolitico sulla gestione Obama
di queste vicende. Durante la Guerra Fredda, prima
cioè che l’Unione Sovietica
sprofondasse nella sua crisi
letale, prima economica e poi
istituzionale, anche il Medio
Oriente, in genere, risentiva
di una spartizione ineguale:
era nel suo complesso sotto
tutela americana con l’eccezione appunto della Siria, regione di influenza russa quasi
simboleggiata dalla presenza
dall’unica base navale di Mosca nel Mediterraneo. Una rivalità apparentemente sopita
Vignetta di Claudio Cadei
nell’ultimo decennio del secolo passato ma riemerso poco
dopo il Duemila e ora di nuovo
inasprita, principalmente (ma
non solo) a causa della eruzione del fanatismo islamico e
jihadista sulle macerie della
destabilizzazione nel Medio
Oriente causata dalla Primavera Araba, possibile focolaio
di una nuova Guerra Fredda.
In cui l’America prevale sul piano economico e
dunque strategico ma in cui la
Russia sembra poter rifarsi in
parte con iniziative soprattutto militari, dalla Georgia alla
Cecenia e adesso alla Siria. Il
bilancio complessivo, quello
reale, vede dunque vincitore,
per ora, Vladimir Putin,
sconfitto Barack Obama
e aperta a ogni
sviluppo il ruolo
inedito di Donald Trump.
Con la contraddizione non solo
apparente delle
offerte di amicizia avanzate e
ricambiate fra
il Cremlino e la
residenza provvisoria del presidente eletto in
un maxialbergo
di New York, in
contrasto sempre più acuto fra
le polemiche suscitate e le rappresaglie costruite sulla base
delle accuse americane alle
indiscrezioni russe durante la
campagna elettorale Usa.
Quello che gli Stati Uniti
possono aver perso in Medio
Oriente potrebbe essere più
che compensato dalle risorse
di una rinnovata tensione sul
piano non più regionale ma
mondiale e non più nella contesa del potere ma sul terreno ideologico. Il calendario e
adesso ormai anche l’orologio
scandiscono i tempi del cambio della guardia a Washington con la formalizzazione
dell’ascesa al potere di Trump
e il pensionamento di Obama.
Il Partito democratico è ormai
non più il suo ma sembra ricadere nelle mani del vecchio
establishment sconfitto nel
suo progetto di restaurazione sotto il cognome Clinton
mentre i repubblicani, paradossalmente vittoriosi in tutti i campi sotto la leadership
improbabile di un ambizioso
novellino della politica e vulnerabile per le sue esperienze private di tutt’altro campo,
continuano ad essere divisi
come la campagna delle primarie.
Snobbato e poi combattuto da tutti in nome di linee
politiche tradizionali, Trump
ha finito per vincere per la
scelta dell’elettorato, ma il
suo successo non è consolidato ed è tutt’altro certo che
lo sia. Soprattutto in politica
estera, dove, contro di lui, si
sta coalizzando la Vecchia
Guardia, che pare ancora legata non alla tradizione vittoriosa di Reagan e di George
H. Bush, ma all’esperimento
e alle tentazioni di George
W. Bush, emerse proprio nel
Medio Oriente e laggiù presto
incrinate.
[email protected]
PUNTURE DI SPILLO
In base al libro di Magaldi comanderebbero tutto solo
i massoni delle Ur-Lodges. Ma non ci sono prove
DI
C
GIULIANO CAZZOLA
i hanno fatto un ….. Occhionero.
***
Un caro amico, sapendomi interessato all’argomento, mi ha
consigliato di leggere il libro (edito
da Chiarelettere) «Massoni, società a
responsabilità illimitata. La scoperta
delle Ur-Lodges’’ di Gioele Magaldi,
con la collaborazione di Laura Maragnani. È una specie di Zibaldone di
oltre 600 pagine che racconta le imprese delle segretissime e potenti logge
sovranazionali (le Ur-Lodges, appunto), tanto di ispirazione conservatrice
quanto di orientamento progressista.
Secondo l’autore, la grande maggioranza dei capi di Stato, governanti,
filosofi, scienziati, leader politici, banchieri, magistrati e quant’altro è appartenuta e appartiene a queste super
logge. Persino un famoso Papa; persino le dinastie dei segretari del Pcus
e del Pcc (a cominciare da Lenin e
da Mao) erano massoni. Anzi tutti gli
avvenimenti più importanti (guerre,
colpi di Stato, rivoluzioni, operazioni
di carattere economico, assassini politici, congiure, stragi, attentati riusciti
o sventati, cospirazioni) sullo scenario mondiale, dal dopoguerra ad oggi,
sono stati ispirati dalle Ur-Lodges in
accordo o in contrasto tra di loro. In
sostanza, la massoneria internazionale è la vera protagonista della storia.
La narrazione è singolare. L’autore
non riproduce documenti. Dichiara di esserne in possesso e di potere
renderli pubblici se è necessario (un
chiaro invito a non essere smentito). E
quando perviene ad un nodo intricato
scrive che lo scioglierà definitivamente in una prossima pubblicazione. Che
dire? Arrivato ormai a metà del libro
ho tratto l’impressione che vi siano
parecchie esagerazioni. E mi è venuto
il dubbio (tanto più oggi che la massoneria fa capolino nel caso dei fratelli
Occhionero) che, al di là delle intenzioni dell’autore, il saggio possa svolgere
la funzione per cui vennero pensati
e scritti i Protocolli dei Savi di Sion.
Capita ogni tanto che alla massoneria venga imputato qualche misfatto
(anche se, a parere di Magaldi, le logge
nazionali contano meno di nulla). Ma
fa sempre comodo far credere che vi
siano un disegno, una responsabilità
ed una trama a determinare i processi storici. È consolatorio dare la colpa
a qualcuno, lasciando intendere che
senza la sua azione le cose sarebbero
andate nel migliore dei modi. Per chi
fosse interessato, la lista dei potenti ( i
massoni delle Ur-Lodges) è contenuta
da pag. 448 a pag. 456. Suscitano più
stupore le assenze che le presenze.
Credo comunque di non proseguire
nella lettura.
***
«La Cgil voleva davvero farli questi referendum? - si chiede Nunzia
Penelope in un articolo su Il Diario
del lavoro (dal titolo: REFERENDUM
CGIL. Quel lapsus freudiano che potrebbe costare il «niet’’ della Consulta»). Secondo Penelope «La risposta è
no», come confermano chiaramente sia
una nota della stessa confederazione,
sia una dichiarazione di Susanna
Camusso, entrambe risalenti alla primavera scorsa. La nota afferma: «La
scelta referendaria, a carattere eccezionale e straordinario, è unicamente
finalizzata al sostegno della Proposta
di Legge di iniziativa popolare che la
Cgil avanza con la «Carta’’, che è e rimane il cuore e la finalità dell’iniziativa decisa dalla Cgil». Concetto ribadito da Camusso: «La nostra speranza
è che il parlamento faccia una legge,
per noi il referendum è solo un pungolo
al parlamento, non l’obbiettivo finale.
Quindi speriamo che con tante firme
si arrivi a legiferare e quindi a far cadere i quesiti referendari». Perché non
accontentarla?
***
Alla buon ora. I «grandi inquisitori»
della carta stampata si sono accorti di
ciò che è veramente scandaloso nella
scuola pubblica. Il Corriere della Sera
ha titolato, a tutta pagina, un servizio
di Gian Antonio Stella, con un grido
di allarme che non può restare inascoltato: «Gli studenti e il valzer delle
cattedre. In 2,5 milioni hanno cambiato prof». In sostanza, la pagina nera
della legge sulla Buona scuola non
riguardava i poteri attribuiti ai dirigenti d’istituto o i premi individuali al
merito, ma le assunzioni in massa dei
precari, spesso con scarsa attenzione
allo loro effettiva utilizzazione. Poi c’è
stata la pantomima della «deportazione», per evitare la quale tanti insegnanti, che avevano avuto la cattedra
lontano dalla loro residenza, hanno
usato tutti i possibili stratagemmi
per non spostarsi. E così, nelle zone
del Nord, dove sono in numero maggiore le cattedre vacanti, si è dovuto
ricorrere al solito giro delle supplenze.
Il fatto è che il primo provvedimento
del ministro Valeria Fedeli ha reso
ancora più agevole, per gli insegnanti
assenteisti, la possibilità di provvedere ai casi propri.
***
Scacciati dal Tempio dell’Alde i parlamentari europei del M5S tornano,
con la coda tra le gambe, nelle fogne:
da Nigel Farage e l’Ukip.
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