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Giovedì 12 Gennaio 2017
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Sia quelli che sono più vicini a Renzi che quelli che preferiscono tornare con Berlusconi
I centristi si sono paralizzati
Non sanno cosa fare fino alla sentenza sulle elezioni
DI
MARCO BERTONCINI
L
a paralisi domina fra
i centristi. Sia quelli legati a Matteo
Renzi, sia coloro che
sono tornati a guardare verso Silvio Berlusconi, sia
quanti paiono disponibili
a offrirsi all’uno o all’altro
forno, restano sospesi, in attesa di un evento decisivo:
la nuova legge elettorale.
Fin quando non si saprà con quale sistema si
andrà al voto, è difficile per
tutti loro assumere una posizione politica.
A unirli è il timore che
giunga un sistema che non
lasci possibilità di conquistare seggi e, contemporaneamente, è l’auspicio che
la riforma elettorale consenta o coalizioni o soglie
proporzionali molto basse,
così da permettere la sopravvivenza di cespugli.
Cespugli al plurale, non
al singolare, perché le tante sigle oggi in circolazione
dovranno per forza fondersi,
ma almeno due formazioni
si costituiranno.
Nel frattempo, si vivacchia. Enrico Zanetti maschera la delusione per aver
mancato la sospirata carica
ministeriale ed essere stato
costretto a rinunciare alla
poltrona di viceministro,
che Paolo Gentiloni gli
avrebbe lasciato senza difficoltà.
Insieme, fa trasparire
una forte insofferenza per
l’alleanza con Denis Verdini, quasi volesse recuperare l’autonomia del proprio
mini partito, Scelta civica.
Non sarà casuale che lo
stesso sito di Sc rechi esclusivamente la formazione
del gruppo della Camera,
di cui fanno parte Zanetti e
qualche sparuto montiano,
omettendo del tutto il gruppo senatoriale, pur denominato anch’esso Ala-Sc, in cui
non milita alcun reduce del
montismo.
Proprio al Senato si è
notato l’intervento del
capogruppo verdiniano
Lucio Barani, il quale ha
dato la sufficienza all’azione svolta dal ministro Poletti, ma nello stesso tempo
ne ha chiesto le dimissioni
per la frase sui giovani
all’estero.
Nel medesimo comparto c’è chi guarda alle due
poltrone lasciate libere con
il nuovo governo: la presidenza della commissione
Affari costituzionali (molto
delicata in vista della riforma elettorale), già occupata
da Anna Finocchiaro, e
la vicepresidenza di palazzo Madama, abbandonata
dalla sindacalista non laureata (per alcuni pure non
diplomata) Valeria Fedeli.
Si dice che un gesto amichevole di Matteo Renzi servirebbe a garantire i voti
verdiniani.
Alcuni settori guardano all’operazione Parisi,
sperando in agganci per
sedere nel centro-destra
in posizione di favore (più
concretamente: per ottenere solide candidature).
Rocco Buttiglione, rimasto nell’Udc con soltanto
altri tre deputati, torna a
dir bene di Silvio Berlu-
sconi, purché depurato dai
leghisti. In questo marasma
spunta un aspetto, come
dire, di archeologia politica:
un decreto del Tribunale di
Roma ha disposto la convocazione degli iscritti alla Dc
per il 25 e 26 febbraio.
Si tratta dei «confermati iscritti» nel 2012:
meno di duemila tesserati.
L’assemblea dovrebbe servire a riattivare la Democrazia Cristiana, che la giustizia considera non essere
mai stata sciolta secondo
le norme statutarie: quindi, il partito degasperiano
sopravvive.
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Vignetta di Claudio Cadei
Giro di poltrone dopo il giro di ministri
DI
PASQUALE QUARANTA
Dopo l’avvicendamento di Anna Finocchiaro al ministero dei Rapporti con il
Parlamento, è avvenuto anche un cambio
al vertice nel suo ex gabinetto. Sia Roberto Cerreto (capo di gabinetto della
Boschi), che Cristiano Ceresani (capo
dell’ufficio legislativo dell’ex ministro Boschi) sono stati sostituti rispettivamente
con Daniela D’Ottavio e Raffaello Sestini. Quest’ultimo ha ricoperto il ruolo
di capo ufficio legislativo anche Mise
nella passata legislatura. Ceresani, da
quanto apprendiamo, ha invece seguito
l’ex ministra Maria Elena Boschi a Palazzo Chigi ricoprendo la carica di segretario del Consiglio dei ministri. Sfumata,
quindi, la nomina al Dagl di cui si era
vociferato prima di Natale.
Si segnala che la presidenza della Commissione Affari costituzionali
potrebbe essere affidata, dopo la promozione della Finocchiaro a ministro, all’on.
Chiti o all’on. Lo Moro (entrambi Pd).
Infine, secondo alcune fonti, è possibile
che la reggenza di Salvatore Torrisi
(AP) possa reggere fino alla sentenza della Corte costituzionale sull’Italicum che è
attesa, si ricorda, per il 24 gennaio.
Intanto il ministero di Marianna
Madia sta elaborando il decreto attuativo per aumentare la digitalizzazione
delle amministrazioni statali e locali e
per completare il passaggio dalla carta
ai documenti informatici. Il testo, scritto
insieme al nuovo commissario al digitale Diego Piacentini, sarà concluso nei
prossimi mesi. Il provvedimento è attuativo del Codice dell’amministrazione digitale, modificato dal Governo Renzi con
la riforma P.a. Il documento conterrà le
regole tecniche che le amministrazioni
dovranno rispettare per la transizione
al digitale. Innanzitutto, viene previsto
l’utilizzo di software open source condivisi tra più uffici pubblici e la nomina
di dirigenti responsabili della svolta al
digitale.
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IL CENTROSINISTRA GOVERNA CARRARA DA 70 ANNI, MA È DIVISO IN VISTA DELLE PROSSIME ELEZIONI
Il M5s allunga le mani sulla roccaforte Pd
In Toscana si potrebbe ripetere l’exploit di Nogarin a Livorno
DI
L
FILIPPO MERLI
e mani di M5s sull’oro bianco di Carrara. Dopo 70 anni
di amministrazione del centrosinistra, i grillini, alle
elezioni della prossima primavera,
tenteranno di strappare la città del
marmo al Pd. La stessa cosa che è
accaduta nel 2014 in un’altra roccaforte toscana del Pci e dei suoi eredi,
Livorno, con l’attuale sindaco, Filippo Nogarin, che superò il candidato
dem, Marco Ruggeri.
L’attuale primo cittadino di
Carrara è il socialista Angelo Zubbani, giunto alla fine del secondo
mandato dopo essere stato confermato nel 2012 con una coalizione di
centrosinistra. Coalizione che, oggi,
è divisa. La maggioranza, composta
da ex Ds e Margherita, non vuole le
primarie, e insiste per candidare l’ex
vicesindaco Andrea Vannucci. I
renziani, in accordo coi socialisti,
spingono invece per le consultazioni.
«Con la candidatura di Vannucci, il
Pd sembra voler cercare la rottura
della coalizione», ha detto Zubbani.
«Per i socialisti la strada maestra
resta quella delle primarie. Oppure,
in alternativa, la ricerca di un candidato condiviso».
M5s è pronto ad approfittare
del dibattito interno al centrosinistra per confermare l’ottimo risultato ottenuto alle politiche del 2013,
quando i grillini superarono il Pd
e, col 31,5%, elessero due senatrici, Laura Bottici e Sara Paglini.
«Crediamo di avere buone possibilità
di vincere», ha confermato al Corriere fiorentino il consigliere comunale
di M5s, Matteo Martinelli.
Lo sfidante del Pd ha già un
nome: è l’insegnante Francesco De
Pasquale. A differenza delle tradizionali comunarie sulla piattaforma
Rousseau, gli attivisti l’hanno votato
con scheda e matita. La scorsa do-
menica, alle primarie, De Pasquale
ha sconfitto l’altro candidato grillino,
Michele Palma: 51 voti contro 45.
«Dopo 70 anni abbondanti è giunta
l’ora di dare una svolta», ha sottolineato il candidato sindaco di M5s. «In
questi lunghi anni sono sempre state
le solite forze politiche a governare,
non c’è mai stata una vera alternanza. Noi pensiamo che aver affidato la
guida della città alle stesse persone
per decenni abbia generato e rafforzato relazioni clientelari, minando la
democrazia della città. Adesso, con
un’apertura a 360 gradi verso la
cittadinanza, cerchiamo gente che
abbia alle spalle un’esperienza specifica e un curriculum adatto, figure
tecniche in grado di ricoprire il ruolo
di assessore e di dirigere le partecipate, le braccia della giunta».
Nel centrosinistra di Carrara
non nascondono un certo timore nei
confronti dei grillini, soprattutto in
ottica ballottaggio, lì dove M5s dà
il meglio. «Qui la sinistra ha conosciuto una fase progressiva, dagli
anni ‘50 agli ‘80», ha dichiarato il
dirigente di Si-Sel, Carlo Paolini.
«Poi è subentrato un periodo di stagnazione. La destra non è mai stata
un’alternativa e la società civile è
sempre stata debole. Oggi, però, c’è
M5s, un’alternativa seria, che può
vincere al secondo turno raccogliendo il malessere sociale».
Il 17 gennaio è in programma
l’assemblea del Pd, in cui il partito
e i suoi alleati decideranno se affidarsi alle primarie o se puntare sull’ex
vicesindaco Vannucci. «La scelta ufficiale la faremo il 17 gennaio nell’assemblea degli iscritti», ha annunciato
il segretario dei dem, Raffaele Parrini. «Vannucci è in campo, ma l’assemblea potrà valutare anche altri
candidati». Uno di loro, nella prossima primavera, dovrà difendere l’oro
bianco di Carrara da M5s.
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