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La (nuova) conversione della Merkel sull’immigrazione | 1
venerdì 13 gennaio 2017, 16:30
Germania
La (nuova) conversione della Merkel sull’immigrazione
La coerenza della Cancelliera è meno di granitica di quel che si credeva o ancora da molti si crede
di Davide Zaffi
Sarebbe giusto che entrasse nei manuali di scienze politiche, e poi di storia, la conversione a 180 gradi della
Cancelliera Angela Merkel nella politica sull’immigrazione. Non tanto perché si tratta di un cambiamento di opinione,
poiché il cambiare opinione è saggio quando cambiano le circostanze, ma perché è avvenuta senza modificare in nulla
né la strategia comunicativa né la retorica della Cancelliera. Si è partiti con un messaggio di necessità e di urgenza.
La politica sull’immigrazione del 2015 è stata decisa improvvisamente non per scelta ma in reazione a una
situazione che non dipendeva dalla propria volontà. Erano gli eventi, diceva la Cancelliera, che imponevano
una linea alla quale non c’era alternativa: bisognava aprire le frontiere, accogliere non solo i profughi ma
anche i migranti. Era un movimento semplicemente inarrestabile, sul quale la prospettiva, autenticata dal viso sorridente
della Cancelliera in simpatici selfies, di trovare le frontiere aperte non aveva alcuna influenza. Poi venne l’appello all’Europa,
completamente spiazzata dalla nuova politica tedesca, decisa unilateralmente. I problemi potevano essere risolti,
nessun dubbio, ma tramite uno sforzo comune, mostrandosi tutti solidali alla Germania. Alle prime perplessità
dei partners spuntò a Berlino la minacciosa idea dei contingentamenti, alla quale si accodò lo stesso
presidente della Commissione europea Juncker. L’idea era minacciosa non tanto per il numero dei contingentati
quanto perché poneva un serio precedente: già Berlino era in grado di imporre spesso la sua volontà agli altri tramite il suo
peso specifico, ma se la cosa veniva anche codificata ci si poteva chiedere quali limiti si sarebbero potuti porre in futuro allo
strapotere tedesco. Il piano di contingentamento fallì e fallì per l’egoismo e la grettezza, se non per la
disumanità di molti governi europei, che ricordavano i tempi bui del nazi-fascismo, così recitava la lettura
merkelliana della situazione. Non che la Merkel fosse più tenera con i suoi compatrioti che nutrivano dubbi sulla sua
politica dell’accoglienza indiscriminata, attuata in spregio alle leggi nazionali ed europee sull’ingresso nel Paese. Li avvisò
infatti che se non erano disposti a salutare i nuovi venuti con un sorriso, lei avrebbe dichiarato che la Germania non era più il
suo Paese. Niente meno. Tanta coerenza fra azione e pensiero, tanto rigore morale guadagnò alla Merkel gli applausi di un
vasto coro mediatico. Chi potrebbe riconoscere quella Cancelliera nell’attuale Angela Merkel? Due giorni fa in un
solenne discorso televisivo, la Merkel ha invitato i suoi concittadini ad unirsi al fine di rendere possibile «un
grande sforzo nazionale per le espulsioni». Chi credeva che entrare in Germania accolto da sorridenti doganieri che
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/la-nuova-conversione-della-merkel-sullimmigrazione/
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facevano segno con la mano di passare, significasse poter restare in Germania si ingannava. Nel citato discorso infatti la
Merkel ha tenuto a ricordare e a ribadire quello che lei aveva contribuito a far dimenticare: «Dove esiste una norma di legge,
questa norma deve anche essere applicata» e dunque «chi non ha un diritto di soggiorno, deve essere riportato nel suo
Paese». A questa misura già il governo aveva preparato il terreno dichiarando ipso facto una serie di Paesi balcanici e nordafricani Paesi sicuri, dai quali cioè non ci si allontana per motivi di persecuzione politica o religiosa. Ad altri Paesi del così
detto Terzo mondo che non collaborano nella individuazione delle persone o addirittura non intendono riprendersi loro
cittadini, il governo Merkel ha già minacciato ritorsioni sul capitolo degli aiuti allo sviluppo (se con questa misura si
colpiscono i governi non collaborativi o non piuttosto le persone in difficoltà di questi stessi paesi, è incerto). Qui vale la
regola enunciata ieri dal ministro della Giustizia Maas: 'Chi non collabora, verrà sanzionato'. Ma anche chi sfugge al grande
sforzo nazionale per le espulsioni deve prendere in conto qualche aggravio della sua posizione in Germania. Cresce il
numero di coloro che dovranno d’ora in poi portare la 'fascetta gambale', con un microchip che segnala gli
spostamenti del portatore. E cresce il numero di coloro che potranno essere messi in carcere preventivo in
attesa di un giudizio sulla loro richiesta di asilo. Su questo sfondo non sorprende se gli ingressi in Germania di
persone provenienti da Paesi dittatoriali o in guerra o poveri (spesso le tre cose vanno insieme) sono
drasticamente diminuiti già nello scorso anno. Dagli 890 mila del 2015 ai 265 mila del 2016. Si potrebbe quasi
scommettere che nel 2017 il numero sarà ancora inferiore e questo nonostante il fatto che nessuna delle crisi internazionali
aperte due anni fa sia stata risolta ovvero che molte sono ancora le persone che avrebbero bisogno di accoglienza. Come
giustifica la Merkel la conversione a 180 gradi e, soprattutto, com’è possibile che attorno a lei il coro
mediatico di cui si diceva continui senza variazioni? Ovviamente le violenze e i recenti atti di terrorismo di matrice
islamica hanno il loro peso, ma la Merkel non può invocarli più di tanto perché diversi esponenti politici e molti semplici
cittadini avevano fin dal 2015 sollevato il problema della sicurezza e la Merkel non solo non li aveva degnati d una risposta,
ma li aveva pubblicamente additati come mestatori, irresponsabili che alimentavano pregiudizi e paure ingiustificate. Non è
proprio casuale che la Merkel, nel suo citato discorso abbia invitato alla concordia nazionale e 'a non ricercare
i colpevoli' per la situazione creatasi. Ecco allora applicata di nuovo la tattica di due anni fa, ora però con
segno opposto: è una politica che non deriva da una scelta, ma da una necessità imposta dalle circostanze. Quanto al
coro mediatico di sostegno alla Merkel, esso si spiega con il timore che il partito di destra Alternative für
Deutschland possa approfittare alle prossime elezioni per il Bundestag di un immagine di debolezza della
Cancelliera. E anche se, passo a passo, trovano applicazione, in concreto, molte idee di quel partito, tuttavia è meglio che
le applichi una Cancelliera democristiana. E’ la paura di una crescita dell’AfD che detta ora la politica sull’immigrazione della
Merkel. La coerenza della Cancelliera è meno di granitica di quel che si credeva o ancora da molti si crede. Così che non
sarebbe fuori luogo adesso rivolgerle quel rimprovero che lei stessa, impartendo lezioni di morale, ha tanto usato contro i
suoi avversari: che i profughi e i migranti contano meno del suo interesse politico.
di Davide Zaffi
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