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Angela Merkel, ma senza entusiasmo | 1
venerdì 25 novembre 2016, 17:00
Germania
Angela Merkel, ma senza entusiasmo
Numeri da capogiro, ma la nuova candidatura della Cancelliera non convince
di Davide Zaffi
Qualsiasi capo di governo che presentasse agli elettori le cifre che può presentare Angela Merkel entrerebbe
in campagna elettorale a gonfie vele. Non c’erano mai state, in cifre assolute, così tante persone attive sul mercato
tedesco del lavoro come quest’anno. La conseguenza è stata un boom nelle entrate dello Stato: oltre 300 miliardi (quando la
Merkel annunciò la sua terza candidatura quattro anni fa erano 228). I tassi che lo Stato tedesco paga per i suoi debiti è
basso come non mai da quando governa l’attuale coalizione democristiano-socialista e per il terzo anno consecutivo il totale
del bilancio statale è scritto in nero, segnerà cioè non un deficit, come normalmente avviene in altri paesi, ma un surplus.
Non che non ci sia qualche neo: la riforma pensionistica annunciata non è stata portata a termine, il tasso di investimenti
non cresce quanto il basso prezzo del denaro permetterebbe, si segnalano pochi interventi pubblici nel settore delle
infrastrutture. Ma, in generale, il benessere materiale dei cittadini tedeschi è cresciuto nel 2016 se misurato in termini
assoluti e, se paragonato a quello di Paesi, come la Francia e l’Italia, che fino a qualche tempo fa si ritenevano o erano
concorrenti della Germania, ha fatto progressi enormi. Tuttavia, il recente annuncio della Merkel di voler candidarsi
alla Cancelleria per la quarta volta alle elezioni dell’anno prossimo, non ha suscitato, in generale, alcun
entusiasmo. Fanno eccezione solo una parte dell’elettorato dei Verdi e il mondo del volontariato cristiano, nella versione
cattolica e, ancor di più, evangelica. Queste eccezioni sono significative, perché riguardano circoli che, normalmente, meno
si lasciano guidare nelle loro simpatie politiche dall’andamento degli indici economici. Confermano insomma che nel grado
di popolarità di un politico i conti pubblici non giocano alla fin fine il ruolo decisivo, e forse neppure il più
importante. E’ lo stile di governo della Merkel negli ultimi tempi che molti in Germania trovano
insoddisfacente e se essa verrà confermata, come pare certo, lo sarà solo perché sarà sembrata il male minore
o, per meglio dire, quello che già si conosce. E’ uno stile di governo che non fa sua per davvero nessuna causa; che punta a
neutralizzare e depoliticizzare le questioni, non a risolverle, specie se questo comporta il rischio di un passo falso; che evita
il dibattito e toglie agli avversari perfino la soddisfazione di un confronto. La Cancelliera non trova più interlocutori all’altezza
avendo eretto attorno a sé una robusta recinzione fatta di lezioni umanitarie e di retorica sui valori. I socialdemocratici,
che pensavano di avere una specie di brevetto su quella retorica, sono rimasti spiazzati da qualcuno capace di
usarla improvvisamente meglio di loro. Per tenere fede al suo status di grande partito la SPD indicherà in ogni caso un
candidato alla Cancelleria alternativo alla Merkel, ma il partito appare piuttosto sfiduciato. A meno di sorprese, il candidato
socialdemocratico sarà l’attuale segretario del partito Gabriel, che però parte con l’handicap di aver passato gli ultimi
quattro anni da Vice-Cancelliere. Non suonerebbero molto credibili le sue critiche alla politica della Merkel. Quanto
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/angela-merkel-ma-senza-entusiasmo/
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complicata sia la situazione di Gabriel si è visto durante la crisi dei profughi quando, a settimane alternate, invocava
frontiere aperte, che non potevano esserlo più di quanto le avesse aperte la Merkel, e frontiere chiuse, che non potevano
esserlo più di quanto lo volessero i democristiani bavaresi della CSU in compagnia dei quali, però, Gabriel non intendeva
comparire, essendo la CSU, per i militanti socialdemocratici, una specie di destra estremista. Se non dovesse essere
Gabriel, capolista socialdemocratico potrebbe diventare Martin Schulz, in favore del quale però, finora, parla
solo la sua notorietà. Schulz ha usato la sua carica, di per sé puramente rappresentativa, di Presidente del Parlamento
europeo, per mediatizzare al massimo la sua immagine. A volte anche con il rischio che fosseun boomerang. Nella sua
conferenza di stampa di ieri, tenuta nel tono di padre dell’Europa unita, ha fatto intendere di aver compiuto la scelta di non
ricandidarsi alla Presidenza del Parlamento per tornare a fare politica in Germania, quando è noto che, per un’intesa
ufficiosa con i popolari grazie alla quale era stato eletto, Schulz doveva in ogni caso lasciare la carica nella prima metà del
2017. La sua prospettiva era tornare letteralmente negli oscuri ranghi della delegazione tedesca a Bruxelles,
nei quali del resto ha passato la maggior parte della sua carriera politica. Grazie alla debolezza del segretario
del suo partito, Schulz potrebbe ora aspirare alla candidatura SPD per la Cancelleria. Resta il fatto che i
funzionari europei, seppure di altissimo rango, non godono di grande popolarità neppure in Germania. C’è
inoltre da considerare che in una eventuale campagna elettorale Schultz dovrebbe cambiare rotta di 180 gradi. Finora ha
sostenuto in ogni occasione che l’Unione europea deve avere la precedenza sugli Stati membri, mentre da candidato
Cancelliere dovrebbe sostenere esattamente il contrario. Schulz, personalmente, non ha certo problemi a cambiare registro,
ma dovrà contare sulla memoria corta degli elettori. Anche nella CSU l’atmosfera è tutt’altro che di soddisfazione
per l’annuncio della candidatura della Merkel. Il Segretario Horst Seehofer ha riconosciuto in una intervista
rilasciata ieri alla Augsburger Allgemeine che i rapporti fra i due partiti democristiani non sono stati mai così
cattivi nella loro storia. E ha comunque fin d’ora messo in chiaro che la Merkel avrà il sostegno dei bavaresi solo se si
impegna ad inserire nel suo programma che annualmente in Germania non entreranno più di 200 mila profughi all’anno.
Seehofer chiede in pratica un’andata a Canossa della Cancelliera che, su questo punto, si è sempre detta di parere opposto.
Sarà difficile che la Merkel accetti adesso questa condizione e del resto la Cancelliera sa che la CSU, alla fine, non può certo
invitare a votare un candidato che non sia quello democristiano. Molto contenti della Merkel in Germania, come detto,
sono i Verdi o, comunque, una parte cospicua di questo partito. Da due anni a questa parte (dopo la brusca e
inaspettata decisione della Merkel, di rivedere la politica del nucleare e l’altrettanto brusca e inaspettata decisione di aprire
le frontiere) si è instaurata una lunga luna di miele fra la Cancelliera e questo partito, che formalmente è all’opposizione. E il
partito della Merkel, la CDU? Per la CDU la questione fondamentale è tradizionalmente detenere il Cancellierato, anche a
costo che questo avvenga tramite personalità che non le piacciono o non le piacciono più. C’è nella CDU uno
schieramento di spirito conservatore che vedrebbe volentieri un cambio, ma un’alternativa concreta perché
nessuno fra i politici di primo piano del partito ha osato smarcarsi dall’ombra della Cancelliera, e quando
qualcuno ci ha provato, ha fatto pochissima strada. Non va dimenticato che dal 2000 ininterrottamente la Merkel è
anche Segretario generale della CDU (il Segretario è eletto dal Congresso, che si tiene ogni due anni, il prossimo sarà a
dicembre e la rielezione della Merkel, per la nona volta, è scontata). Ma appunto questa longevità attutisce ogni entusiasmo
e di fatto allontana dalla Merkel molti anche fra i settori meno conservatori del partito. I delfini non mancano, perfino fra
i fedelissimi, solo temono di mostrarsi alla luce del giorno. In più, c’è in tutti, conservatori o meno, la
consapevolezza che, comunque vadano le cose, la Merkel ha già dato il meglio di sé e che il suo periodo di
maggior gloria è alle spalle. I quattro anni di cancellierato che la aspettano, gli ultimi, saranno, se tutto va bene, la
gestione di un tesoro accumulato. E ciò anche se l’economia tedesca continua a correre, lasciando il resto dell’Europa
sempre più a distanza.
di Davide Zaffi
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