Ecco chi sono gli Jihadisti uiguri dello Xinjiang

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Ecco chi sono gli Jihadisti uiguri dello Xinjiang | 1
martedì 03 gennaio 2017, 07:30
Ecco chi sono gli Jihadisti uiguri dello Xinjiang
Per niente sconosciuti alla Turchia, anzi, ha fornito loro armi e tecnologia per combattere in Siria
di Redazione
Continua la caccia all'attentatore di Istanbul, l'uomo che a Capodanno ha sparato sulla folla in festa nella discoteca Reina,
affacciata sul Bosforo, uccidendo 39 persone e ferendone 65, tra cui molti stranieri. Dopo aver analizzato numerose
immagini video riprese all'interno e all'esterno del locale, la Polizia turca crede che il terrorista abbia circa 25 anni e
provenga dall’Asia centrale, dalla regione autonoma dello Xinjiang, nel nordovest della Cina, popolata per lo più da
uiguri, etnia che parla una lingua simile al turco e di fede musulmana, già nota come Turkestan Orientale. Sarebbe, dunque,
un jihadista uiguro dello Xinjiang. Un altro filone di indagine si concentra su un possibile militante dell'Uzbekistan o del
Kirghizistan, della stessa cellula dello Stato islamico che portò a termine l'attacco all'aeroporto Atatürk di Istanbul lo scorso
28 giugno, in cui morirono 45 persone, ma questa ipotesi nelle ultime ore sembra aver perso di consistenza in favore invece
della pista che porta nello Xinjiang. E gli jihadisti uiguri dello Xinjiang -alcune migliaia- che operano in Siria da alcuni
anni la Turchia li conosce molto bene, visto che ha fornito armi, tecnologia e supporto della propria intelligence
a Army of Conquest (Esercito della Conquista), uno dei gruppi islamisti al cui interno più forte è la presenza dei jihadisti
dello Xinjiang. Il che non farebbe che confermare che la Turchia, anche a Capodanno, come in altri attentati, ha pagato il
prezzo del tradimento riservato agli islamisti dal suo Presidente Recep Tayyip Erdogan. Da anni -in particolare a partire
dal 2009- lo Xinjiang è al centro di tensioni, rivolte, esplosioni di violenza per le quali il Governo cinese ha ritenuto
responsabili i gruppi di estremisti religiosi, terroristi islamici, il cui obiettivo è stabilire uno Stato indipendente. In
particolare, le autorità cinesi hanno puntato il dito contro i militanti del movimento islamico ed indipendentista East
Turkestan. Ma per gli uiguri si tratterebbe di un pretesto, una spiegazione utilizzata solamente per giustificare la
politica repressiva adottata dalle forze governative. Le tensioni nella regione si protraggono da tempo e affondano le loro
radici nella storia della regione, nelle differenze etniche e religiose che la caratterizzano, negli interessi economici
legati alle risorse del territorio, nelle politiche attuate dal Governo cinese e nelle rivendicazioni indipendentiste
degli uiguri. Nella regione la contrapposizione etnica è forte. Da una parte ci sono gli uiguri, musulmani turcofoni,
etnia predominante a cui appartiene il 46% della popolazione, pari a circa dieci milioni di abitanti. Dall’altra ci
sono gli han, che rappresentano il 40% dei residenti e sono l’etnia della stragrande maggioranza della popolazione
cinese. La regione fu inglobata nell’impero cinese nel 1758, durante la dinastia Qing. Si susseguirono anni di lotte per
l’indipendenza e di dominazione russa, in cui l’impero cinese controllò parti della regione in maniera discontinua, fino a
quando nel 1949 il territorio passò sotto il controllo della Repubblica popolare cinese. All’epoca i cinesi residenti
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erano appena l’8%, ma da allora lo Xinjiang è diventato meta di una massiccia immigrazione cinese, che ha portato
ad una graduale diminuzione della presenza uigura originaria e, parallelamente, ad un inasprimento degli attriti tra le due
etnie. Ad incentivare l’immigrazione è stato il Governo cinese, che ha utilizzato il traferimento di massa di cinesi
nella regione come uno strumento per frenare l’insorgere di spinte indipendentiste, mantenere una certa stabilità
in un territorio periferico, garantirsi il controllo su una zona ricca di risorse naturali e di grande importanza strategica per la
sua posizione geografica, che la rende uno snodo cruciale tra Estremo Oriente, Asia centrale e Medio Oriente. Ma le modalità
di tali flussi migratori e le politiche attuate dal Governo hanno contribuito alla diffusione di malcontento tra gli uiguri. Ai
cinesi, infatti, sono stati riservati benefici e posti di lavoro migliori, creando così un forte divario economico tra
le due etnie, con gli han che detengono posti di potere e posizioni di prestigio e gli uiguri, perlopiù contadini, relegati in
fondo alla società. Inoltre, la popolazione locale denuncia di essere oggetto di dure restrizioni anche a livello culturale e
religioso. Nonostante il Governo cinese neghi qualsiasi repressione e restrizione alle libertà degli uiguri, di fatto vigono una
serie di obblighi e divieti. Gli uomini devono farsi la barba, le donne non possono indossare il velo e i ragazzi non possono
frequentare le moschee. La situazione attuale, quindi, è il risultato delle politiche attuate dal Governo cinese negli
ultimi decenni. Il trasferimento della popolazione è rientrato nella campagna Go West, lanciata nell’ambito delle riforme
economiche con l’obiettivo di sviluppare la Cina occidentale. Negli ultimi anni cospicui investimenti sono stati diretti nello
Xinjiang, soprattutto per sviluppare il potenziale energetico, visto che la regione è ricca di gas e petrolio. Lo
sfruttamento di giacimenti petroliferi e gas naturale, quindi, rappresenta una priorità. Sebbene, le autorità cinesi
insistano nel voler ricercare le cause degli scontri nello Xinjiang in fattori esogeni, parlando di terrorismo di
matrice islamica, le tensioni nella regione affondano le proprie radici in fattori endogeni, scaturiti dalle politiche
economiche e sociali messe in atto dal governo cinese negli ultimi sessant’anni. Già tra fine 2015 e inizi 2016 era noto
che migliaia di cinesi combattevano in Siria col fronte al-Nusra (Jabhat al-Nusra), con Ahrar al-sham e con l’ISIS, e
che molti di loro appartenevano alla minoranza musulmana uiguri della provincia dello Xinjiang. La loro base è
nella provincia di Idlib, nel nord della Siria, ma si trovano anche nella campagna di Latakia, nella città di Manbaj e nella
provincia di Raqqa. Numerosi uiguri sono stati segnalati in diverse zone intorno a Idlib, comprese la città strategica di Jisr alShoghur, Ariha, e l’altopiano di Jabal al-Zawiya. Gran parte dei combattenti uiguri -molti di loro arrivati con le famiglie al
seguito dalla Cina- sono affiliati a Hizb al-Islami al-Turkistani (TIP), il Partito Islamico del Turkestan, alleato del Fronte
al-Nusra, ramo siriano di al-Qaeda. Gli uiguri si sono stabiliti con le famiglie nei quartieri alawiti deserti di Jisr-al-Shoghur. I
militanti uiguri si sarebbero spostati in Siria a seguito della campagna pakistana sostenuta dai cinesi contro le
loro basi al confine con l’Afghanistan dopo l’uccisione del leader del gruppo, Abdul Haq, nel 2010. Una fonte all’interno
dell’opposizione armata siriana, in stretto contatto con i combattenti uiguri, sostiene che questa popolazione sia arrivata
in Siria per restare, almeno per un bel po’ di anni, perché hanno intrapreso un viaggio lungo e dispendioso dallo Xinjiang e
dai confini del Pakistan e dell’Afghanistan fino alla Turchia e poi alla Siria. Alcuni di loro hanno venduto le proprie case per
permettersi di viaggiare con la famiglia. Molti di loro, rispetto a tanti altri gruppi e foreign fighters, non si coprono il volto,
sebbene questo comporti un enorme rischio nel caso volessero fare ritorno a casa. Quindi non stanno pianificando di tornare
indietro. Il Partito Islamico del Turkestan, conosciuto anche come East Turkestan Islamic Movement (ETIM), ha stampato
una rivista in arabo, chiamata 'Turkistan al-Islamya' (Il Turkestan Islamico), per presentarsi alla popolazione locale e ad altri
gruppi militanti e per promuovere la sua causa oppressa dalla legge comunista cinese. Alcune fonti sostengono che
almeno 2.000-2.500 militanti uiguri si trovano nel nord della Siria con il TIP, mentre dai 500 ai 1.000
combattono con l’ISIS nel Wilayat Khurasan, un’ampia regione che include parte dell’Afghanistan e del Pakistan che l’ISIS
ha dichiarato come sua provincia. Ci sono circa 4.000-5.000 uiguri (uomini e donne) che vivono a Jabal al-Turkman
nella provincia di Latakia e nel villaggio del Zunbaki, vicino a Jisr al-Shugur, nella provincia di Idlib. Queste famiglie si sono
stabilite lì con l’aiuto dell’intelligence turca nel tentativo di modificare l’assetto demografico dell’area e
aumentare l’influenza turca nella regione. Le fonti siriane nella zona del fronte al-Nusra confermano che i militanti
uiguri si affidano totalmente ad al-Nusra, nonostante il loro numero sia relativamente ampio. Gli uiguri hanno giocato un
ruolo fondamentale nelle vittorie di al-Nusra nella provincia di Idlib durante il 2015, ottenendo fama tra la
popolazione dell’opposizione siriana grazie alle loro conquiste militari e alla volontà di non interferire nelle questioni civili. Si
ritiene che la loro alleanza con al-Nusra sia la conseguenza della precedente relazione con al-Qaeda, vicina al
movimento dei Talebani e al suo fondatore e leader, Mullah Omar. Ci sono centinaia di combattenti uiguri arruolati
nell’ISIS in Siria (la provincia di Raqqa e Manbaj) e in Iraq, e alcune fonti, già a inizi 2016, sostenevano che il TIP avesse
rotto le relazioni con l’ISIS causa lo scontro tra quest’ultimo e al-Nusra (al-Qaeda) in Siria e le tensioni tra l’ISIS e i Talebani in
Afghanistan mossi dalla fedeltà (Bay’aa) al leader talebano considerato il vero Califfo. Alcuni video rilasciati dal TIP
mostrano leader uiguri che combattono al fianco del fronte al-Nusra e delle brigate uzbeche. Nei mesi scorsi gli
analisti ipotizzavano che il TIP sarebbe cresciuto in potere contrattuale all’interno di Army of Conquest (Esercito
della Conquista), composto da affiliati di al-Qaeda e jihadisti salafiti. Lo Xinjiang potrebbe diventare il prossimo Afghanistan e
seguire il copione di Siria e Iraq, con forze militanti locali e rifugi al confine che attraggono foreign fighters, beneficiando di
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materiale e supporto diplomatico dalla Turchia e dagli altri Paesi stranieri che condividono ideologie e interessi. La Turchia,
infatti, ha sostenuto Army of Conquest, fonti dei media turchi rivelano che i combattenti uiguri hanno ricevuto armi
e rifornimenti tecnici dall’intelligence turca. La Siria lo scorso anno avrebbe aperto un canale di dialogo diplomatico
per chiedere il sostegno della Cina supporto contro i combattenti uiguri.
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