Rassegna Stampa - Forum delle Associazioni Familiari

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Giovedì
15/12/2016
25
Direttore Responsabile
Diffusione Testata
Maurizio Molinari
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IL TAGLIO DELLE TASSE
PER RIDARE AL PAESE
FIDUCIA NEL FUTURO
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———
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ALBERTO MINGARDI
In Italia nulla è stabile fuorché
il provvisorio, ammoniva
Giuseppe Prezzolini. Nella
Prima Repubblica, le alchimie
di governo si ispiravano a
questa legge non scritta. Ma
quello era un mondo più facile,
più tollerante verso le nostre
défaillance di politica
economica. Per il governo di
Paolo Gentiloni sarà difficile
fare la magia di trasformare la
provvisorietà in stabilità.
Le insidie, a breve e medio
termine, sono note. Nel breve, c'è
la questione Monte Paschi. E'
opinione diffusa che nessun
governo potrebbe sopravvivere al
baii in della terza banca italiana.
Ma non è nemmeno scontato che
un governo possa superare
indenne il salvataggio di un
istituto di credito così fortemente
associato al Pd. In un'epoca di
critica feroce agli
establishment, lo spartito delle
opposizioni è già scritto: la
casta salva la sua banca. Nel
medio termine è alle viste la
necessità di un aggiustamento
di finanza pubblica. Fra
interventi sulle pensioni,
bonus di vario tipo, «buona
scuola», da ultimo l'accordo
per «scongelare» gli aumenti
salariali agli statali, Renzi è
stato molte cose, ma non il
premier dell'austerità. In una
situazione normale, al suo
successore toccherebbe
mettere un po' d'ordine. Il
problema è che il Paese non è
in una situazione normale.
Siamo in recessione dal 2007.
Ampie fasce dell'elettorato
sono ormai convinte che il
futuro non abbia in serbo per
loro che cattive sorprese.
Questo malcontento si
trasforma, alla
Fondi
prova delle urne, in astensione
o nel voto al Movimento
Cinque Stelle: l'unica forza
politica che non abbia ancora
fallito nel mantenere le sue
promesse. Il ragionar politico
suggerirebbe al governo
Gentiloni di galleggiare con
dignità, mentre si rifa la legge
elettorale e si preparano le
elezioni. Ma la patata bollente
Mps prima, e una manovra
correttiva ad aprile poi,
cospirano contro questi buoni
propositi. La situazione
internazionale potrebbe
aggiungere complessità. Cosa
succede se l'amministrazione
Trump, a inizio 2017, avvia
una massiccia deregulation?
Verosimilmente gli Usa
cominceranno a sperimentare
una certa euforia, dovuta alle
prospettive di
maggiore crescita futura.
Soprattutto se la principale
economia del mondo raggiunge
tassi di crescita più elevati, la
sostanziale stasi della nostra
gioca a vantaggio dei «newcomer» politici. Per non
consegnare l'Italia a Grillo,
Gentiloni e i suoi ministri
dovrebbero fare quel che meno ci
si aspetta da loro: qualcosa che
incida fortemente sul percepito
dei cittadini. Che, di destra o di
sinistra, sono tutti convinti che
pagheranno domani ancora più
tasse di oggi: con gli ovvi effetti
su spese e investimenti. Per
ridargli fiducia nel futuro, l'unico
modo sarebbe probabilmente un
taglio orizzontale della pressione
fiscale: una riduzione delle
imposte per tutti, che restituisca
sovranità agli individui su una
certa quota dei loro redditi.
L'operazione dovrebbe essere,
sul modello di
quanto fatto più volte negli
Stati Uniti, temporanea.
Andrebbe finanziata con introiti
straordinari (le privatizzazioni
di cui nessuno più parla), e poi
eventualmente portata a regime
con una seria operazione di
spending review (in caso ciò
non avvenisse, dovrebbe
scattare un meccanismo tipo
clausole di salvaguardia). E'
importante che il taglio alle
aliquote sia lineare e
generalizzato. Privilegiare un
certo gruppo sociale piuttosto
che un altro significa
scommettere che da quello e
non da altri possano venire
investimenti e crescita, e i
politici non sono bravi a fare
previsioni. Inoltre, l'esperienza
dell'ultimo esecutivo dimostra
che i bonus « sartoriali» non
servono neanche più a creare
consenso, se peggiora il clima
generale. Possiamo avere dubbi
e prospettive diverse su che
cosa serve al nostro Paese per
ritrovare una crescita sostenuta.
Ma ciò sicuramente non
avverrà, finché i redditi delle
persone saranno falcidiati da
una imposizione fiscale così
elevata. In una delle sue uscite
migliori, Renzi disse che
tagliare le tasse non è «di
destra». E' vero. Oggi è anche
probabilmente l'ultima chance
di sopravvivenza per tutto un
ceto politico.
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