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Nasce la prima convenzione internazionale per il cyberspazio | 1 giovedì 24 novembre 2016, 15:00

G7 e relazioni internazionali

Nasce la prima convenzione internazionale per il cyberspazio

Il Governo italiano si prepara a proporre un trattato che regoli la condotta delle Nazioni online di Sergio Flore

Specialmente negli ultimi tempi, visti gli attacchi di Hillary Clinton all'operato di alcuni hacker russi sospetti di essere pilotati dal governo, la minaccia dei cyberattacchi tra Stati si è rivelata essere più preoccupante del previsto. Coglie dunque la palla al balzo il Governo italiano che, in occasione del prossimo G7 nel nostro Paese, presenterà una proposta di un codice internazionale che regoli la condotta degli Stati nel cyberspazio. Il vice Direttore centrale per la sicurezza, il disarmo e la non proliferazione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Gianfranco Incarnato ha confermato che «con il summit Nato di Varsavia, durante il quale il cyberspazio è stato riconosciuto come un dominio

operativo al pari di terra mare aria e spazio extra atmosferico è venuta meno ogni residua ambiguità sulla militarizzazione della dimensione cibernetica. Servono dunque quanto prima regole comuni di base per inquadrare i rapporti fra gli Stati, per disciplinare le implicazioni militari e tecnologiche conseguenti a questo cambiamento, che equipara ufficialmente il

cyberspazio ad un potenziale campo di battaglia e apre alla creazione e all'uso di veri e propri arsenali di armi

informatiche, di fatto già sviluppati da alcuni Paesi, per scopi non più difensivi ma offensivi, di deterrenza». Non si parla, dice Incarnato, di un trattato internazionale - che avrebbe tempi di ratifica troppo lunghi - ma di un «codice di condotta condiviso dalle nazioni». «La nostra proposta nasce anche da ragioni pratiche. In passato, Russia e Cina

avevano chiesto un trattato in materia, ma l'Occidente si era opposto perché ritenevano che molti Paesi potessero usarlo per bloccare la libertà di informazione nei loro confini. Ma oggi la situazione è tale da non poter più rimandare una soluzione al problema. Non ci nascondiamo che si tratta di un progetto ambizioso, perché molte nazioni si sono mosse finora in totale autonomia ed è straordinariamente cresciuta, in parallelo, la capacità d`azione di organizzazioni criminali, terroristiche, ma

consideriamo nostro dovere fare tutto il possibile per trovare una convergenza sul tema», prosegue Incarnato. La situazione di anarchia del cyberspazio ha persino portato alcuni accademici a sospettare un diretto intervento dei russi nelle recenti elezioni americane per favorire il candidato repubblicano. Difficile verificare la veridicità dei sospetti, ad ogni modo «l'obiettivo principale di evitare pericolose escalation nel cyber spazio, creando regole condivise fra gli Stati su cosa è concesso, cosa non lo è, sulla gravità di alcuni tipi di azione e sugli effetti e le risposte da scongiurare». Confermata la volontà di tentare di estendere il progetto a Paesi esterni al club dei 7, soprattutto perchè, ovviamente, è da questi che arriva la minaccia alle nazioni occidentali. Se la Clinton non si è mostrata particolarmente amichevole con i russi, è anche vero che Donald Trump ha sospettato l'azione del Governo cinese dietro ai tanti attacchi hacker rivolti a diverse compagnie statunitensi e all'Esecutivo stesso. Ad ogni modo, se la tabella di marcia verrà seguita senza intoppi si avrà una prima 'convenzione' condivisa da Maggio 2017. Nonostante l'idea originale, non si può dire che l'Italia sia stato il primo Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/nasce-la-prima-convenzione-internazionale-per-il-cyberspazio/ L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l.

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Nasce la prima convenzione internazionale per il cyberspazio | 2 Paese a muoversi in direzione della creazione di una giurisdizione comune online: circa dieci giorni fa «si è svolta a Parigi

la prima conferenza internazionale sulla Jurisdiction on Internet, che ha riunito esperti e addetti ai lavori di ogni settore e da ogni parte del pianeta. Uno dei principali problemi che oggi causa dispute legali particolarmente controverse è dato dal fatto che, a causa del cloud computing, per molti Stati i dati di tutta una serie di servizi digitali non vengono più conservati in

ambiti territorialmente definiti, ma in grandi data center fuori dai propri confini». Si tratta dunque di proteggere privacy di istituzioni e cittadini, ora più che mai alla mercè di pirati informatici stranieri: «I casi sono molteplici. Dal 2012, si è

assistito a più di mille contenziosi. Poche settimane fa, un procuratore tedesco ha lanciato un'azione contro Facebook, perché l'azienda non farebbe abbastanza per limitare la diffusione di espressioni violente sulla sua piattaforma. Il 2 dicembre, il Consiglio di Stato francese si esprimerà su una causa che chiede l'applicazione da parte di Google del 'diritto all'oblio', non solo nell'Ue ma in tutto il mondo. E la Russia ha recentemente bloccato LinkedIn, perché non avrebbe ottemperato all'obbligo di conservare i dati all'interno del territorio russo. C'è il rischio che, per ovviare a questi inconvenienti, in pochi anni si arrivi a una totale frammentazione di Internet, che da aperto potrebbe passare ad avere miriadi di intranet che non comunicano fra loro o che lo fanno attraverso canali privi di ogni garanzia. Come per la militarizzazione dello spazio cyber, anche a questi problemi occorre porre quanto prima rimedio. E anche l'Italia, a partire

dalla definizione di una nuova strategia nazionale di cyber sicurezza, non potrà non tenerne conto», conclude Incarnato. Le

speculazioni su una possibile guerra fredda informatica sono comunque solo l’ultimo capitolo di un’annosa

questione che riguarda la sicurezza online a ogni livello. L’emergenza sicurezza informatica ha ora spinto 13 Paesi a collaborare insieme ad aziende private per combattere i ransomware, particolari virus che bloccano l’accesso al dispositivo della vittima fino al pagamento di una certa somma all’hacker. Come testimonia il rapporto trimestrale della società di sicurezza informatica Proofpoint, il 97% delle mail spam negli ultimi mesi (in rialzo del 28% in confronto al periodo precedente) conteneva questo tipo di virus, sotto forma di allegato in estensione ‘.zip’ che nasconde un JavaScript infetto (tecnica aumentata del 62% rispetto allo scorso trimestre). L’allerta è confermato anche dai dati rivelati dalla Cisco, azienda leader nel settore informatico. Tutto questo in controtendenza con la generale e netta diminuzione dei singoli hacker dall’inizio dell’anno. Il 'codice' proposto dal Governo italiano è solo l'ultima tappa di una guerra parallela e silenziosa ignorata per troppo tempo.

di Sergio Flore

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