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giovedì 03 novembre 2016, 16:30
Siria
Aleppo, ultimatum russo ai ribelli
Putin ordina una tregua umanitaria di 10 ore
di Monica Mistretta
A soccorrere i 250.000 civili intrappolati nella zona est di Aleppo sono rimasti trentacinque dottori e sette chirurghi. I
bombardamenti dell’aviazione siriana e russa non hanno risparmiato gli ospedali e adesso manca anche l’essenziale:
medicinali e attrezzature per le terapie intensive. Ad Aleppo est, la zona della città sotto assedio da luglio 2016, i
feriti gravi muoiono senza ricevere cure. Le ambulanze ancora in funzione sarebbero 11: se dovessero essere
danneggiate, resterebbero ferme per mancanza di parti di ricambio. Le cifre sono quelle fornite dall'organizzazione 'Medici
senza frontiere' e dal Dipartimento della salute di Aleppo est. Nell'area ovest della città, controllata dall'esercito del
presidente siriano Bashar Al-Assad, tutta un’altra storia: 1.415 dottori, 11 ospedali pubblici e 1.383 letti per i
pazienti. Una disparità che non desta meraviglia perché gli aiuti, anche quelli internazionali, possono arrivare solo da
questa parte. Secondo il quotidiano inglese 'The Guardian', che il 28 ottobre ha pubblicato una durissima accusa nei
confronti dell'Onu, criticato per i suoi rapporti con personaggi vicini ad Assad, il 64% delle medicine fornite in Siria
dall'Organizzazione Mondiale della Sanità da gennaio a oggi sarebbero andate nelle zone controllate dal presidente siriano.
Ed è nel mezzo di questo assedio dai contorni medievali che il 2 novembre è arrivato dal presidente russo Vladimir Putin
l’ordine di una tregua umanitaria di 10 ore per il 4 novembre: i civili e i miliziani ribelli potranno lasciare la zona est
di Aleppo dalle 9 del mattino alle 19 seguendo otto corridoi umanitari. Sei verranno destinati ai civili e due riservati
ai miliziani: questi ultimi porteranno verso il confine turco e la provincia di Idlib. Il ministro della Difesa russo, Sergej
Kužugetovic Šojgu, ha contemporaneamente dichiarato la volontà del presidente russo di estendere fino alle 19 del 4
novembre la tregua dei bombardamenti aerei scattata il 18 ottobre. Non è la prima tregua umanitaria a essere
concordata ad Aleppo tra l'esercito siriano, i russi e i ribelli di Jabhat Fatah al-Sham. Le precedenti sono tutte naufragate.
Ma questa potrebbe avere esiti diversi. La controffensiva lanciata alla fine di ottobre dai ribelli nella zona sudovest di Aleppo sembra essere fallita. Nel tentativo di rompere l'assedio, i miliziani hanno utilizzato tutte le proprie risorse
attaccando anche un'accademia militare dell'esercito siriano e l'aeroporto militare di Nayrab. Nella battaglia l'esercito di
Assad, supportato dalle milizie di Hezbollah, non ha risparmiato i mezzi a disposizione, compresi i celebri carri armati russi
T-90. I ribelli per ora hanno perso armi e parecchi comandanti senza raggiungere alcun obiettivo significativo.
Adesso sono isolati e la possibilità di contare su aiuti esterni si stanno assottigliando. Nella zona nord-est della provincia di
Aleppo le forze curde delle Unità di protezione popolare impegnate contro gli uomini dell'Isis non daranno il proprio
appoggio. I curdi, che si stanno preparando alla battaglia per la conquista di Al-Bab cercano di arrivare nella città occupata
dall'Isis prima dei ribelli sostenuti dalla Turchia. Per uno di quei curiosi calcoli strategici che spesso allineano sullo stesso
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/aleppo-ultimatum-russo-ai-ribelli/
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fronte due nemici apparentemente in guerra tra loro, i curdi stanno coordinando le proprie operazioni con l'esercito siriano. E
Mosca avrebbe recentemente aumentato le proprie forniture di armamenti destinate alle Unità di protezione popolare curde
proprio nell'area a est di Aleppo. Nemmeno il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è disposto a correre in soccorso dei
ribelli di Jabhat Fatah al-Sham. Prima di tutto perché hanno declinato l’invito a partecipare all'operazione ‘Scudo Eufrate’
insieme ai miliziani appoggiati da Ankara nella guerra contro gli uomini dell'Isis. E poi perché il presidente turco sa che in
futuro avrà bisogno di negoziare con Mosca se vorrà mettere freno alle ambizioni di uno Stato curdo in Siria. Non è il caso di
scontentare Putin su Aleppo. Il 4 novembre alle 9 del mattino forse sarà più chiaro in quale direzione vuole andare Jabhat
Fatah al-Sham, un tempo affiliata ad al Qaeda con il nome di al-Nusra. Quello che sarà più difficile sapere è come
verranno gestiti i corridoi umanitari nell'evacuazione della zona est di Aleppo. Non è chiaro come si stabilirà chi
sono i civili e quali uomini appartengano ai gruppi dei ribelli. Se la tregua avrà effetto, i bombardamenti non riprenderanno
ma con ogni probabilità ci saranno parecchie esecuzioni sommarie. A controllare il rispetto dei diritti umani in
Siria non è rimasto più nessuno. L’Onu è già sceso a compromessi e se vuole continuare a operare nel Paese dovrà fare
affidamento sulle organizzazioni e gli staff approvati da Assad.
di Monica Mistretta
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