La guerra in Siria dopo la liberazione di Aleppo

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venerdì 16 dicembre 2016, 10:00
La guerra in Siria dopo la liberazione di Aleppo
A quasi 6 anni dall'inizio della guerra, ecco la ricostruzione di questi anni e la situazione della Siria
di Redazione
La ripresa del controllo di Aleppo -prima della guerra la città più popolosa della Siria- rappresenta la più importante vittoria
delle truppe del regime di Damasco e dei loro alleati, ed è una partita politica di assoluta importanza, una tappa decisiva
per il futuro della guerra civile siriana -oramai quasi al suo sesto anno-, per la transizione nel Paese e per il destino
del regime del Presidente Bashar al-Assad che dalla vittoria di Aleppo esce vincitore, di fatto, dei lunghi anni di guerra.
I ribelli, che dall'inizio della guerra controllavano la parte orientale della città, hanno accettato di consegnare a Damasco
quanto restava dell'enclave assediata e andarsene, a seguito di un intenso assalto delle forze governative. L'intero processo
di Aleppo è gestito dalla Russia e dal Governo siriano. Con la liberazione di Aleppo i siriani «hanno scritto la storia»,
ha detto il Presidente della Siria, Bashar al-Assad. «Una storia che stiamo ancora scrivendo. Con la liberazione di Aleppo
la situazione cambia non soltanto per la Siria, non solo per la regione, ma per il mondo». Per il regime di Damasco
la vittoria di Aleppo costituisce il successo più rilevante dall'inizio della guerra civile, nel 2011, e incoraggia al-Assad a
sfidare chi chiede una transizione politica il cui esito dovrebbe rappresentare la sua uscita dal potere. Ecco i momenti chiave
nella battaglia per il controllo della città, che porterà alla definizione dei destini del Paese. 2011: la violenza esplode in
Siria, dopo che il regime reprime le proteste che chiedono riforme. A marzo, dimostrazioni di massa riempiono
le strade della capitale Damasco per chiedere riforme politiche, diritti civili e il rilascio dei prigionieri politici. Presto le
manifestazioni si allargano ad altre città. Piccole proteste si tengono anche ad Aleppo. 2012: i ribelli prendono parti
della città di Aleppo. All'inizio dell'anno, i ribelli prendono il controllo delle zone rurali a nord di Aleppo, assediando la base
militare Minnegh e le cittadine a maggioranza sciita di Nubl e Zahra. Nel giugno 2012 ad Aleppo i militari sparano per la
prima volta contro i dimostranti e i ribelli iniziano a combattere per la città. I distretti orientali più poveri cadono
velocemente nelle mani dei ribelli. Gli scontri nella Città vecchia danneggiano gran parte dello storico mercato coperto. E'
guerra urbana. 2013: i ribelli prendono il controllo dell'autostrada Aleppo-Damasco. I combattenti dell'opposizione
interrompono la strada principale che collega Aleppo al sud, costringendo le forze governative a usare una via più lunga per
raggiungere la città dalla capitale. La metà occidentale di Aleppo, in mano al Governo, viene quasi completamente
assediata, mentre i ribelli interrompono anche un'altra via alternativa. A ottobre, il regime e le forze alleate la riprendono e
rafforzano la propria posizione. Nell'aprile del 2013, inoltre, l'antico minareto della moschea degli Omayyadi, fondata
nell'ottavo secolo dalla dinastia omayyade prendendo a modello la grande moschea di Damasco, crolla dopo essere stato
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/la-guerra-in-siria-dopo-la-liberazione-di-aleppo/
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colpito negli scontri. Il minareto quadrangolare, in pietra e alto 45 metri, era stato costruito alla fine dell'undicesimo secolo.
2014: ribelli e Governo consolidano le proprie posizioni ad Aleppo. Il Governo sempre più utilizza aerei ed elicotteri
per attaccare dal cielo i combattenti dell'opposizione. 2015: una serie di vittorie e avanzamenti da parte dei ribelli alza la
pressione sul governo nella regione di Aleppo. A ottobre la Russia conduce per la prima volta attacchi aerei e
costringe i ribelli a mettersi sulla difensiva. 2016: l'avanzata dell'Esercito e delle sue forze alleate, sostenute per
via aerea dalla Russia, taglia la via più diretta dalla Turchia alla zona orientale di Aleppo in mano ai ribelli, riprende la base
aerea di Minnegh, mette fine all'assedio di Nubl e Zahra, alza la pressione sulle vie di rifornimento dei ribelli. Il 27 luglio, le
forze di Damasco accerchiano totalmente Aleppo per la prima volta. L'assedio è rotto dieci giorni dopo da un
contrattacco dell'opposizione nel distretto Ramousah, che apre una via di accesso ad Aleppo est da sud. L'aviazione
militare russa e le milizie sciite da Iraq e Libano contribuiscono alla riconquista di Ramousah l'8 settembre,
accerchiando nuovamente l'enclave ribelle. Pochi giorni dopo, si verificano pesanti attacchi aerei sulla zona orientale della
città e il governo annuncia una nuova offensiva per riprenderla. Dopo settimane di bombardamenti, in cui molti ospedali e
strutture civili sono colpiti, Russia e Siria dichiarano una pausa il 18 ottobre, chiedendo ai ribelli e ai civili di lasciare la
zona. Alla fine del mese i combattenti anti-Assad lanciano un'offensiva per rompere l'assedio, ma entro una settimana
rinunciano. Nuovi pesanti attacchi aerei riprendono a metà novembre, mettendo fuori uso tutti gli ospedali. Il 28 novembre,
le forze filogovernative prendono la parte settentrionale del settore ribelle, che si riduce di oltre un terzo.
Avanzano di nuovo una settimana dopo, prendendo la Città vecchia e un altro distretto, lasciando i ribelli intrappolati in una
piccola zona. Il 12 dicembre l'Esercito avanza ancora. Le Nazioni unite denunciano atrocità contro i civili, commesse
dalle forze del regime e loro alleate. Il giorno successivo, il 13 dicembre, i ribelli accettano di ritirarsi nell'ambito di
un cessate il fuoco che prevede la loro evacuazione in zone in mano alle forze dell'opposizione fuori da Aleppo,
assieme alle loro famiglie e ai civili che vogliano andarsene. 15 dicembre: l'evacuazione di civili e miliziani da Aleppo
comincia, sulla sorte della seconda citta' della Siria, si gioca ora una partita politica la cui posta in gioco è il futuro della
guerra e del Paese. Parallelamente a queste operazioni è partita l'evacuazione di decine di feriti e civili anche da Fua
e Kefraya, le due località a maggioranza sciita e assediate dai ribelli anti-Assad nella provincia di Idlib, nel nord-ovest del
Paese. Dopo l'inizio dell'evacuazione dai quartieri orientali di Aleppo, la loro principale roccaforte in Siria, i ribelli
dell'opposizione siriana al regime del Presidente Bashar al-Assad ora non controllano più che una manciata di
territori distribuiti su 7 delle 14 province del Paese. Comprese le regioni dove si sono alleati con il gruppo Fatah alSham (ex filiale siriana di Al Qaeda), gli insorti, controllano non più del 15% del territorio siriano, come riferisce
l'Osservatorio siriano per i diritti umani, Ong vicina all'opposizione che conta su una vasta rete di attivisti in tutto il Paese.
Stando ad un rapporto stilato a marzo dall'Istituto per lo Studio della Guerra (ISW) complessivamente l'opposizione al
regime conta su circa 100.000 combattenti. Ecco la situazione provincia per provincia all'indomani della caduta di
Aleppo. PROVINCIA DI ALEPPO Dopo essere stati cacciati dai loro quartieri orientali e merdionali del capoluogo, i ribelli
tuttavia continuano a dominare le località della parte orientale della provincia di Aleppo; tra queste le zone di Atareb e Daret
Ezza e le città di Kafarhamra, Hreitane, e Marea Azaz. PROVINCIA DI IDLIB Questa provincia nel nord-ovest del Paese è
l'ultima grande roccaforte rimasta in mano ai ribelli; tuttavia il territorio è controllato quasi interamente da Jeish al Fath
(Esercito della Conquista"), un'alleanza di ribelli islamisti come Ahrar al-Sham e Feilaq al Sham (due sigle a lungo
finanziate da Ankara e dalle monarchie del Golfo) coalizzatesi con il gruppo jihadista Jabhat Fath al Sham; ovvero l'ex
filiale siriana di al Qaida. A stare fuori dal controllo dei ribelli ci sono due minuscoli villaggi sciiti, Foua e Kafraya, che da tre
anni sono assediati dagli insorti. Vicino a quello di Aleppo, la provincia di Idlib ha accesso al confine turco e una grande
riserva di combattenti, rinforzata con l'arrivo di altri ribelli evacuati da zone assediate dal rgeime nella provincia di Damasco
oltre ai circa 4mila combattenti in arrivo da Aleppo. PROVINCE DI DERAA E QOUNEITRA La maggior parte della provincia
meridionale di Deraa, al confine con la Giordania, è controllata da gruppi ribelli. Ma la sua capitale omonima, considerata la
culla della rivolta del 2011, è in gran parte nelle mani dei pro-governativi. Mentre la vicina provincia di Qouneitra che confina
con le alture del Golan occupate da Isarele, è per due terzi nelle mani dei ribelli. GHOUTA ORIENTALE I ribelli controllano
tra il 40-50 per cento di Ghouta orientale, provincia che si trova a est della capitale Damasco, secondo l'Osservatorio siriano.
Tuttavia, diverse città di questa provincia sono sotto assedio da parte delle forze del regime. Questi hanno fatto molti
progressi negli ultimi mesi, riuscendo ad imporre degli accordi in base ai quale gli insorti sono stati evacuati in cambio della
possibilità di raggiungere in sicurezza Idlib «Eliminare l'insurrezione nel Ghouta orientale sarà il grande obiettivo del regime
nel 2017», come afferma Aron Lund di Centaury Fondation. PROVINCIA DI HOMS Nella provincia di Homs nel centro del
Paese, i ribelli controllano le città di Rastan, Hula e Talbissé, mentre il resto della provincia è saldamente nelle mani dei
governativi. PROVINCIA DI LATTAKIA In questa provincia ad ovest del Paese feudo del regime, i ribelli sono presenti
unicamente sul costone roccioso, nei pressi della frontiera turca; tutto il resto della provincia è nelle mani del regime. La
strategia di Bashar -riformista prima, criminale di guerra poi- esce vincitrice sul terreno, con la riconquista di Aleppo,
infatti, il Presidente ha ripreso il controllo di tutte le aree più importanti del Paese, quelle alle quali puntava, ora, il 'dopo
Aleppo', dunque il destino dell'ultimo degli al-Assad, dipenderà dalla politica, molto, se non proprio tutto, dalla
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Russia, e poi da cosa farà l'imprevedibile Donald Trump.
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