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giovedì 27 ottobre 2016, 11:30
Medio Oriente
Mosul: assedio al Califfato
Milizie ed eserciti all’attacco in Siria e Iraq
di Luigi A. Ottoni
Si è diffusa molto rapidamente la notizia dell’offensiva su Mosul, intrapresa dalle forze armate irachene, unite negli sforzi
alle milizie peshmerga curde. La ‘strana alleanza’, composta da attori che in verità hanno fin troppi interessi in comune (i
Curdi aspirano alla fondazione di uno Stato che coinvolgerebbe anche i territori settentrionali dell’Iraq), viene sancita in
nome della comune accordo con gli Stati Uniti d’America, che coordinano le forze all’attacco di Mosul senza mostrare
preferenze o simpatie particolari per la causa curda.
Gli USA, infatti, sebbene lodino apertamente l’operato delle milizie del Kurdistan iracheno, non se la sentono di
appoggiare la formazione di un Paese la cui presenza non solo indebolirebbe l’Iraq, fedele alleato degli USA nel tormentato
Medio Oriente, oltre a suscitare la collera della Turchia, che garantisce a Washington una reale presenza NATO protesa ad
Oriente.
I Turchi, dopo essere intervenuti in Siria nel corso della scorsa estate, adesso volgono le loro mire anche in terra irachena,
temendo di assistere impotenti all’ascesa al potere in Mesopotamia delle odiate milizie curde. Non è ancora chiara e definita
la portata dell’intervento della Turchia nell’attacco a Mosul: quello che è certo è che Ankara desidera mantenere una
forza presente sul territorio per non consentire una scissione parziale del Paese mesopotamico.
Riguardo all’attacco a Mosul, vengono facilmente diffuse informazioni riguardanti lente operazioni di avanzata,
accompagnate da una decisa ma prudente azione difensiva di guerriglia: in un tale scenario sembra quasi che i due
contendenti abbiano scarsa volontà di ottenere dei risultati tattici veramente vantaggiosi nel lungo periodo. La verità è che
la presa di Mosul risulta un compito tutt’altro che semplice per la coalizione, come la sua difesa si fa sempre più
disperata per i miliziani salafiti dello Stato Islamico, che hanno posto la loro roccaforte in Iraq proprio nella città capoluogo
del governatorato di Ninawa.
Se i bombardamenti della coalizione non riescono ad ottenere un significativo successo, a causa dell’utilizzo da parte di
Daesh di ‘scudi umani’, della natura stessa di guerriglia che tende a fondere il mondo civile con la sfera bellica, nonché dalla
presenza di bunker sotterranei a Mosul, è anche importante constatare che per frenare l'avanzata irachena lo Stato
Islamico sta adottando degli stratagemmi ormai classici, ma egualmente assai efficaci. La realizzazione di campi
minati, accompagnata dal posizionamento di ordigni presso le principali vie di accesso alla città, l’esecuzione di
trappole esplosive in tutti gli edifici contesi, l’utilizzo di tattiche di guerriglia (anche sotterranea) per aggirare le
direttrici di avanzata delle forze della coalizione fanno della resistenza salafita una vera spina nel fianco dei soldati iracheni,
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/mosul-assedio-al-califfato/
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costretti ad avanzare con estrema prudenza per non aggravare ulteriormente il bilancio dei caduti di Baghdad.
Ulteriore considerazione merita la natura delle truppe irachene, le quali sventolano talvolta bandiere inneggianti ad eroi
dello sciismo islamico al fianco delle insegna nazionali: si teme infatti che i soldati di Baghdad, probabilmente di
maggioranza sciita, possano scatenare contro le tribù locali che avevano fiancheggiato o soltanto tollerato la presenza di
Daesh rappresaglie di motivazione (apparentemente) religiosa, utilizzando il diverso credo come pretesto per punire quelle
genti sunnite che non si sono sollevate contro il dominio dello Stato Islamico.
Mentre la Mosul dei salafiti oppone dunque una tenace resistenza, un altro braccio della morsa anti-jihadista si sta per
stringere attorno a ciò che rimane del ‘Califfato’ di al-Baghdadi; la città di Raqqa, roccaforte siriana di Daesh, vede sempre
di più estendersi il raggio d’azione dei velivoli della coalizione a guida americana, mentre le milizie filo-statunitensi tentano
in ogni modo di ottenere dei successi tattici in Siria.
Il tentativo da parte della coalizione anti-Stato Islamico di assediare Raqqa, al fine di alleggerire ulteriormente la difesa di
Mosul, si rivela assai arduo a causa della sensibile frammentazione presente tra le milizie siriane, meno
amalgamate di quelle irachene.
I conflitti civili siriani, che spingono milizie filorusse a combattere quelle ribelli filo statunitensi o appoggiate dalla Turchia,
impedisce alla coalizione una offensiva decisa verso Oriente, dove Daesh continua a sopravvivere e a fortificarsi, come ha
fatto nei mesi passati a Mosul.
Oramai i Comandanti del Califfato sono consapevoli che la perdita di Raqqa o di Mosul causerebbe inevitabilmente
l’esposizione di una ‘zona sensibile’ e la sconfitta totale nello scenario mesopotamico, in quello siriano o in
entrambi.
Per tali motivi, il tempo rende la difesa salafita sempre più tenace e agguerrita: in quest’ottica non si può parlare di una
guerra senza fretta, bensì di una guerra di forzata lentezza, dove chi difende e chi attacca viene coinvolto in piccoli scontri
attorno ad una casa, una strada o interi quartieri. La battaglia per Mosul inizia sotto questi segni.
di Luigi A. Ottoni
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