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PRIMO PIANO
Giovedì 13 Ottobre 2016
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Dopo la direzione Pd la sua corrente si spacca sul rifiuto della mediazione proposta da Renzi
E Bersani rimase solo nel dire no
Se si modifica l’Italicum perché boicottare il referendum?
Giuliano Amato).
De Maria voterà sì al refeono i «bersaniani per il rendum e ha scritto una sorta
sì». Una diaspora dopo di lettera-aperta a Bersani firla direzione Pd e il rifiu- mata anche da Sandra Zamto da parte di Pier Lui- pa, deputato, vicepresidente
gi Bersani di ogni mediazione del Pd in quota minoranza, exprospettata da Matteo Renzi. portavoce di Romano Prodi,
Un rifiuto aprioristico che appa- col quale è per altro rimasta in
re una mossa strategica discu- stretto contatto. I due hanno
tibile: ha rinserrato le file della scritto: «Siamo, come è noto, enmaggioranza renziana e sta trambi esponenti della Sinistra
scompaginando quelle della sua del Pd e impegnati a sostenere
minoranza. Anche perché ha le ragioni del sì nel referendum
buon gioco chi dice che se ci sono costituzionale. Abbiamo parteconti da regolare questi vanno cipato, come sempre, ai lavori
affrontati al congresso e non di della direzione. Nel dibattito
che si è svolto, in
sponda, prendendo a
particolare nell’efpretesto la Costitufettiva apertura di
zione. A capeggiare
Renzi sulla modii bersaniani in disfica dell’Italicum
senso con Bersani è
e nella risposta
Andrea De Maria,
significativa di
deputato, membro
Gianni Cuperlo,
della segreteria
a nostro avviso si
nazionale in cui è
sono manifestate
entrato proprio in
tutte le condiziorappresentanza
ni di un impegno
della minoranza.
unitario del Pd nel
Nella sua città,
referendum. Ora
Bologna, ancora
Pier Luigi Bersani
si percorra davvericordano la sua
ro questo sentiero,
querelle col sindaco
Virginio Merola, colpevole di certo stretto ma che è stato
essersi convertito (come tanti) chiaramente delineato. Per
dal bersanismo al renzismo. De il bene del Paese e per quella
Maria non lo voleva ricandida- straordinaria comunità che è
re e ce n’è voluta di pazienza ai il Pd si faccia davvero di tutto
piddini bolognesi per riportare e da parte di tutti per unire le
la pace tra i due e spianare a nostre forze e le nostre energie
Merola la strada del secondo nella sfida comune del cambiamandato. Adesso è proprio lui a mento e del rafforzamento delle
dire a Bersani che sbaglia e che istituzioni».
Insomma, caro Bersani
l’atteggiamento del muro contro
muro a prescindere, può porta- scendi dal pero e se anche
re allo sfascio il Pd e il governo. Renzi ti sta antipatico non
Ovvero si potrebbe ripetere lo puoi gioire del muoia Sansone
stesso copione, pur con qualche con tutti i filistei. C’è la proingrediente diverso, di quando messa –sostengono i bersaniaMassimo D’Alema, presiden- ni semi-pentititi- di una riforma
te del consiglio, andò a sbattere dell’Italicum, tra l’altro alcune
e aprì la strada a Silvio Ber- modifiche (a cominciare dalla
lusconi (dopo la parentesi di cancellazione del ballottaggio)
DI
CARLO VALENTINI
S
sono appoggiate anche dal centrodestra, meglio accettare la
sfida. Spiega Zampa: «Il popolo del Pd è stanco, l’esasperata
divisione porterà alla fine del
centrosinistra. Dobbiamo renderci conto che questo partito
non appartiene a qualcuno, non
è di alcuni, non è della maggioranza né della minoranza. La
sinistra del Pd si deve rendere
conto che se la riforma passa
senza di loro, questo consegnerà
un Pd con un baricentro politico
del tutto cambiato e la sua vocazione originaria non sarà più
la stessa».
Lo scisma incomincia proprio dall’Emilia-Romagna,
dove Bersani fu presidente
della Regione e all’interno del
partito registrava un consenso
bulgaro. Una pattuglia aveva
resistito al vento renziano e, con
l’appoggio di Prodi, teneva alto
il vessillo dell’Ulivo seppure in
versione bersaniana. Ma in pochi sembrano disposti a seguire
il vecchio segretario (e Massimo
D’Alema) nel no al referendum
e anche di fronte a questa turbolenza della base pidiessina non
omologata renziana, De Maria e
la Zampa hanno deciso di uscire
allo scoperto.
Con loro è pure Pietro
Aceto, bolognese, che a suo tempo fondò il Comitato di impegno
ulivista per Bersani. È membro
dell’assemblea provinciale Pd.
Adesso lui chiede al suo leader
di fare un passo indietro: «Dalla direzione nazionale del Pd
emerge un dato inconfutabile,
il filo non si è spezzato. Ora si
dia luogo a un percorso virtuoso che porti a un’ipotesi di legge
elettorale condivisa con il marchio Pd e tutta la sinistra del
partito voterà compatta per il
sì. In questo frangente è meglio
che le due tifoserie, all’interno
del partito, stiano calme».
In tutte le sezioni d’Italia
dove c’è una presenza della
minoranza le acque sono agitate e Bersani rischia di rimanere solo, con la conseguenza
di arrivare assai indebolito al
congresso del prossimo anno.
Per esempio in Friuli il «suo»
deputato Ludovico Sonego
annuncia che voterà sì costringendo l’altro deputato bersaniano della circoscrizione, Carlo
Pegorer, che è invece ancora
schierato per il no, a precisare:
«Nella sinistra Pd si applica lo
stesso metodo che si è assunto
nel Pd, il gruppo è orientato a
votare no, ma non è uno scandalo se qualcuno dice sì».
Tra essi c’è il più giovane
parlamentare italiano, Enzo
Lattuca, 28 anni. nel 2015 votò
no all’Italicum. Poi, lo scorso
giugno, ha scritto a Renzi: «Hai
lasciato deperire il partito, che
tratti come se fosse un peso. Io
sono troppo giovane per rinunciare alle idee». Ora però voterà
sì al referendum: «Per tre volte
ho votato sì alla Camera alla
riforma- dice- quindi mi sono
già espresso. Alcune parti si
potevano scrivere molto meglio.
Sul nuovo senato si è rimasti in
mezzo al guado, rispetto a un
senato delle garanzie e un senato delle autonomie. Altro tema
è la riscrittura dell’articolo 117,
non sono sicuro che eviterà il
conflitto Stato-Regioni sulle
materie di competenza. Però
è sbagliato bloccare questa riforma, facciamola passare poi
miglioriamola».
Aggiunge: «Quanto a Bersani, dentro al Pd l’uno riconosce all’altro il diritto di apprestarsi a fare scelte diverse dalla
propria sul referendum, senza
drammi e traumi. Chi conosce
Pier Luigi sa che lui si definisce con ironia moderatamente
bersaniano e che non considera
traditore chi prende decisioni
diverse dalle sue. L’importante
è stare al merito e non utilizzare
il referendum come un pretesto
per un redde rationem, dall’una
e dall’altra parte. Sarebbe intollerabile farlo mortificando
ciò che c’è di più prezioso per
lo Stato repubblicano, la sua
Costituzione. Io voterò sì e ho
votato in parlamento favorevolmente rispetto alla riforma costituzionale, ma l’Italicum deve
essere modificato».
In Sicilia l’area-Bersani
ha il suo punto di riferimento
nel segretario di Siracusa, Alessio Lo Giudice, che si definisce ancora bersaniano ma non
ha dubbi sul voto per il sì e sta
organizzando i comitati: «Per
l’interesse del nostro Paese è
fondamentale portare a compimento la riforma costituzionale.
Sostenere il sì significa scegliere
l’abolizione del bicameralismo
perfetto e quindi una maggiore
efficienza e rapidità del processo
legislativo e garantire maggiore
stabilità istituzionale e maggiori spazi di partecipazione».
Nei prossimi giorni i bersaniani per il sì rinserreranno le
fila. Singolare è quanto è apparso qualche tempo fa sull’Unità e
sembra sia uno dei motivi dell’ira
di Bersani contro Renzi. Ha scritto il quotidiano del Pd: «Quello
che stupisce è il disorientamento mostrato dai nostri lettori per
la recrudescenza dell’atteggiamento che Bersani sta avendo
nell’ultimo periodo. Il primo a
segnalarcelo è stato Gianni Moscatellini e subito il suo articolo
è balzato tra i più letti del nostro sito web in questi giorni e ha
provocato diverse repliche. Tutte
nella stessa direzione: «caro Bersani, ora non ti capisco». Beh, non
è certo trattare la minoranza coi
guanti bianchi.
Twitter: @cavalent