Continua la lettura - Parrocchia San Francesco

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XXVIII Domenica Tempo Ordinario - Anno C
“Saper rispondere agli effetti della Parola di Dio in noi… dalla
guarigione alla salvezza”
Anche questa domenica una “perla evangelica” esclusiva di Luca. Un
incontro: Gesù e i dieci lebbrosi. La prima immagine che colpisce è questo
eterno camminare di Dio in Gesù. Gesù cammina e attraversa la terra e il
vivere degli uomini e delle donne; il suo è un cammino lento e come ogni
cammino, la lentezza favorisce gli incontri, l’attenzione trasforma ogni incontro
in evento.
Il Vangelo odierno ha la chiave di lettura nel testo del secondo libro dei Re
(prima lettura) che racconta la parte finale della storia di Naamàn che arriva
lebbroso dal profeta Eliseo e da lui riceve una indicazione un po strana, cioè
andarsi a bagnare sette volte nel Giordano per guarire. Lo fa e guarisce. E’
sorprendente la reazione: “Adesso accetta un dono dal tuo servo”. Vuole fare
dei doni a Dio. Il tema della gratitudine a Dio: rispondere agli effetti dell’opera
di Dio (in noi).
Da qui partiamo per la comprensione del vangelo. Prima ancora di sentire il
loro lamento “Gesù li vide”: ha l’ansia di guarire, di fare del bene, il suo amore
ha fretta, non fa calcoli, è un amore preveniente, che anticipa, pastore che
sfida il deserto e padre che corre incontro. L’amore vero ha sempre fretta.
Quei lebbrosi, per Gesù, non devono soffrire un minuto in più.
Siamo tanto distanti dell’opera di Dio…
Sono purificati non quando arrivano dai sacerdoti, ma mentre camminano. La
guarigione comincia con il primo passo compiuto credendo alla parola di
Gesù. La vita guarisce non perché raggiunge la meta, ma quando salpa,
quando avvia processi e inizia percorsi salvifici (E. Ronchi).
Nove lebbrosi guariscono… poi di loro non sappiamo più nulla; uno solo, un
Samaritano, torna indietro per ringraziare. Si può essere guariti nel corpo e
non essere salvati nello spirito, si può risolvere un problema pratico e non
crescere umanamente. Bellissima indicazione: la “cifra” di un cuore salvato è
la gratitudine a Dio. Essere di fronte alla vita con un senso di ricezione, come
di chi ha ricevuto tanto, pensare alla vita come ad un regalo, un dono, una
generosità; essere nella vita e pensare che si è ricevuto molto. E’ il cuore
nuovo! Il cuore di Gesù Cristo è un cuore grato; il cuore dei discepoli di Gesù
è un cuore capace quotidianamente di ringraziare. Il discepolo e la discepola
redenti ringraziano, non brontolano dalla mattina alla sera di tutto, non
guardano la pagliuzza nell’occhio del fratello e della sorella, non sono
innamorati della mormorazione, non sono inclini a vedere il male, non contano
sempre ciò che manca e ciò che non va, ma sono grati di ciò che c’è.
Un cuore che non ringrazia è un cuore ancora “vecchio”, è un cuore che non
ha il senso vero della realtà.
Un Samaritano, l’ultimo della fila intuisce che la salvezza non viene dai
sacerdoti, ma da Gesù; non dalla osservanza di regole e riti, ma dal contatto
con la persona di quel rabbi.
“La tua fede ti ha salvato”. La fede che salva non è una professione verbale,
non si compone di formule ma di gesti pieni di cuore: l’ascolto vero, il ritorno, il
grido di gioia, l'abbraccio che stringe i piedi di Gesù (E. Ronchi).
Il centro della narrazione è la fede che salva. Tutti e dieci sono guariti. Tutti e
dieci hanno creduto alla parola, si sono fidati e si sono messi in cammino. Ma
uno solo è salvato. Altro è essere guariti, altro essere salvati. Nella guarigione
si chiudono le piaghe, rinasce una pelle di primavera. Nella salvezza ritrovi la
sorgente, tu entri in Dio e Dio entra in te, e fiorisce tutta intera la vita.
Felice domenica a tutti.