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1 La Cassazione e il contraddittorio ex art. 12, u.c., dello Statuto: “Il semaforo rosso è un consiglio”.

(

Commento a Cass. Civ., Sez. Trib., sent. n. 15616 del 27 luglio 2016

) di Guglielmo Fransoni 24 settembre 2016 La sinteticità della sentenza in commento lascia poco spazio per una più argomentata critica. Essa, infatti, si limita ad affermare apoditticamente che la omissione, nell’avviso di accertamento successivamente emesso, di una specifica motivazione in ordine alle circostanze di fatto e di diritto allegate dal contribuente nell’ambito della fase di contraddittorio prevista a valle della notifica di un PVC, non costituisce alcun vizio dell’atto. E questo perché l’art. 12, u.c. prescriverebbe si un obbligo di “valutazione” delle osservazioni del contribuente, ma non l’obbligo di “motivare” rispetto alle stesse. Val quanto dire che, secondo la Corte, il legislatore si sarebbe preoccupato di disciplinare la vita interiore dei funzionari incaricati dell’accertamento e i processi psicologici a base delle loro decisioni, disinteressandosi totalmente di dare rilevanza esterna agli stessi. In questo modo, si avrebbe la prescrizione di un obbligo che non sarebbe per definizione suscettibile di essere violato; un obbligo che si risolve in ciò che, secondo Luciano De Crescenzo, è il semaforo rosso per i partenopei: … un consiglio. L’indirizzo espresso dalla Corte sottovaluta due importanti circostanze. La prima, di carattere generale, è che ogni prescrizione di un’attività cognitiva non può che risolversi in un obbligo di motivazione. La motivazione è, inevitabilmente, posta a presidio della corrispondenza fra la prescrizione di un obbligo di operare (mentalmente) in un certo modo e l’effettiva condotta dell’agente. Senza quel presidio, la prescrizione si risolve in un

flatus vocis

, perché viene meno la possibilità per il destinatario dell’atto e per l’eventuale giudice di sindacare l’operato dell’agente sotto questo profilo. In definitiva, in assenza di obblighi di motivazione specifici, si sostituisce la fase valutativa prescritta cessa di essere obbligatoria per diventare del tutto discrezionale. La seconda circostanza, strettamente legata al tema del contraddittorio, è che esso non è un atto, ma è un “metodo”. “Contraddittorio” è formula breviloquente che indica il “giudizio assunto con il metodo e le forme del contraddittorio”. E le forme del contraddittorio possono certamente essere articolate in modo vario, ma vi è un livello minimo e inderogabile costituito dalla previsione (almeno) delle seguenti “fasi”: (a) una fase di contestazione (altrimenti non si saprebbe qual è l’oggetto del contraddittorio); (b) un termine per le osservazioni sulla “contestazione”; (c) un termine per la “valutazione” delle osservazioni; (d) l’assunzione della decisione avendo valutato le osservazioni e con esternazione (e controllo) dell’adeguata valutazione. Se manca anche una sola fase fra quelle elencate non vi è contraddittorio vero. Ed allora diventa inutile e finanche irragionevole l’aver stabilito l’obbligatorietà del termine per le osservazioni (ritenendo nullo l’accertamento notificato

ante tempus

) per escludere, poi, la rilevanza di una delle altre fasi.