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ATC informa
ANNO VIII n. 1 - Maggio 2016
Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 2 e 3, Aut: ATSUD/RC/393/04.2015;
ATC RC-1 | Via Caserma Borrace, 67 | 89122 Reggio Calabria | Tel. 0965/814015 Fax 0965/327890 | e-mail: [email protected]
(periodicità quadrimestrale. Periodico tecnico-venatorio-ambientale - Autorizzazione Tribunale di Reggio Calabria n. 13-05 del 24-10-05
Ci vuole coraggio
Un piccolo calibro
Aspromonte dal
tirreno allo jonio
I superpoteri
del piccione
1
Punto e a capo
Comitato
Presidente
Vice Presidente
Vice Presidente
Segretario
Componete
Ci vuole coraggio
Commissioni
Laganà Concetto
Siciliano Carmelo
Insana Massimo
Iero Domenico
Arcieri Salvatore
A.N.C.I.
Associazione
Ambientalista
A.N.L.C.
Federcaccia
Coldiretti
Componenti Comitato di gestione
Arcieri Salvatore
Barbaro Giuseppe
Barbera Paolo
Barca Antonio
Benedetto Giuseppe
Ciulla Andrea
Delfino Francesco Domenico
Fedele Domenico
Iero Domenico
Insana Massimo
Laganà Concetto
Pansera Domenico
Panuccio Giorgio
Passalia Alessadro
Polimeni Francesco
Polimeni Marco Francesco
Politi Angelo
Siciliano Carmelo
Spoleti Francesco
Coldiretti
Confagricoltura
Coldiretti
Associazione
Ambientalista
CIA
Associazione
Ambientalista
E.P.S.
Unione Nazionale
Enalcaccia
Federcaccia
A.N.L.C.
A.N.C.I.
Provincia
Provincia
Copagri
Associazione
Ambientalista
A.N.C.I.
Confagricoltura
Associazione
Ambientalista
Arci Caccia
1° COMMISSIONE
Progetto di miglioramenti ambientali
con finalità faunistiche
Arcieri Salvatore
Barbera Paolo
Benedetto Giuseppe
Ciulla Andrea
Pansera Domenico
Passalia Alessandro (vice-coordinatore)
Politi Angelo (coordinatore)
Spoleti Francesco
2° COMMISSIONE
Gestione fauna
Arcieri Salvatore (vice-coordinatore)
Barca Antonio
Ciulla Andrea
Fedele Domenico
Insana Massimo
Pansera Domenico (coordinatore)
3° COMMISSIONE
Banca dati terriotirali
Barbaro Giuseppe
Ciulla Andrea (vice-coordinatore)
Iero Domenico
Polimeni Francesco
Polimeni Marco (coordinatore)
di Giorgio Panuccio
Il consiglio regionale della toscana, ha approvato di recente una
legge proposta dal Pd che autorizza gli abbattimenti straordinari degli ungulati (cinghiali, daini,
caprioli) che nei boschi della Toscana, avrebbero ormai superato
la cifra di 200mila esemplari.
Per comprendere meglio i numeri, è giusto che si sappia che
in toscana vi è una densità di
ungulati quattro volte superiore
alla media nazionale e gli incidenti stradali provocati da questi animali dai duecento l’anno
del 2013 sono passati a quasi
mille di oggi, considerando
inoltre che la regione rimborsa
ogni anno circa 2,5 milioni di
euro di danni agli agricoltori.
Di fronte a questa emergenza,
bisognava fare qualcosa. E’ così
è stato predisposto un piano per
diminuire l’aumento degli ungulati, previsto dalla legge, studiato
in collaborazione con l’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
ATC informa
ANNO VIII n. 1 - Maggio 2016
ATC RC-1 | Via Caserma Borrace, 67 | 89122 Reggio Calabria
Tel. 0965/814015 Fax 0965/327890 | e-mail: [email protected]
(periodicità quadrimestrale. Periodico tecnico-venatorio-ambientale
Autorizzazione Tribunale di Reggio Calabria n. 13-05 del 24-10-05
Direttore Responsabile
Massimo Calabrò
Redazione ATC RC1 - Via Caserma
Revisori dei Conti
Borrace, 67 - 89122 Reggio Calalabria
Dott. Cosimo Forgione (Presidente)
Dott. Consolato Mesiano (Componente)
Dott.ssa Mariangela Capua (Componente)
4° COMMISSIONE
Informazione e formazione
Fedele Domenico
Iero Domenico (vice-coordinatore)
Panuccio Giorgio (coordinatore)
Siciliano Carmelo
Revisori dei Conti supplenti
Dott. Domenico Inuso
Gaetano Stuppino
2
Hanno collaborato alla redazione di
questo numero:
Leandro Branca; Antonino Falcomatà;
Domenico Iero; Domenico Pansera; Giorgio
Panuccio; Carlo Rizzini; Francesco Spoleti.
Grafica, stampa e spedizione:
DEL GALLO EDITORI D.G.E.
Green Printing s.r.l.
delgalloeditori.com
Z.I. Loc. S. Chiodo, Via dei Tornitori, 7
06049 Spoleto (Pg)
Tel. 0743 778383 Fax 0743 778384
Il piano riguarda circa 150mila
animali da abbattere in tre
anni, di cui solo 20mila sono
caprioli. Quindi è evidente che
è il cinghiale il vero obiettivo
da ridimensionare.
Naturalmente non potevano
mancare le proteste dei “professionisti del no”, un coro unanime di animalisti, ambientalisti
ed intellettuali da salotto, contro
questa legge, “ammazzacinghiali” da loro ribattezzata. Puntuali,
come un orologio svizzero, per
dire no a questa legge disastro,
che nelle loro dichiarazioni, autorizza una fucilazione di massa,
in favore dei cacciatori.
Come sempre dicono no, ma si
guardano bene dal proporre soluzioni alternative, si crogiolano
nelle loro posizioni protezionistiche estreme, ma non dicono
come affrontare il problema.
Ma, oltre al prelievo controllato,
dove il cacciatore diventa il mezzo ma non il fine di questa legge,
cosa avrebbero potuto proporre?
forse la distribuzione di profilattici o l’uso della pillola del giorno
dopo per controllarne le nascite?
oppure la cattura degli ungulati
ed il loro trasferimento presso un
isola deserta? o forse, come qualche animalista ha balbettato, con
la reintroduzione di predatori che
contribuisca a ristabilire l’equilibrio naturale, (questa poi sarebbe
una toppa peggiore del buco).
Provare a ricomporre un equilibrio naturale è un dovere, e dobbiamo farlo con gli strumenti che
abbiamo, la caccia di selezione
è uno di questi, ed è il più economico per la collettività. Non
dimentichiamo che la caccia
assolve anche ad una funzione
pubblica, poiché l’attività ve3
natoria è una concessione dello
Stato finalizzata alla conservazione dell’equilibrio della natura.
Nell’ambito di questa attività, il
prelievo venatorio è indiscutibilmente uno strumento utile.
Questa legge, voluta con coraggio (visti i tempi) dalla regione toscana, è dalla parte degli
agricoltori, e non dei cacciatori,
come gli animalisti vogliono far
credere all’opinione pubblica.
Inoltre questa legge propone di
creare una filiera alimentare ad
hoc, così sui banchi dei supermercati si troverebbe carne col
marchio della Regione, quindi
un problema che viene trasformato in risorsa.
Ecco perchè ci vuole coraggio,
per chi fino ad oggi non ha avuto
coraggio, questo sia un monito
e allo stesso tempo uno stimolo
per le altre regioni italiane che
hanno lo stesso problema, ma
che non l’affrontano per timore
degli attacchi mediatici del mondo animal/ambientalista.
Un plauso va quindi alla regione toscana, che attraverso questa
legge si è garantita un “tagliando” annuale per valutare esiti ed
effetti che gli consentano di proporzionare la presenza degli ungulati alle diverse caratteristiche
del territorio regionale. Tutto ciò
per garantire sia la conservazione
delle specie autoctone nelle aree
ad esse riservate, sia la conservazione delle attività antropiche
e dei valori ambientali tipici del
paesaggio rurale regionale, nelle
altre aree.
Quindi spiace pensare che gli
animal/ambientalisti si preoccupano solo dei cinghiali e non
delle condizioni degli agricoltori
e dei cittadini toscani.
Un piccolo calibro per un
grande gesto
di Carlo Rizzini
Usare il piccolo calibro e’ roba
da intenditori, e’ come suonare un violino Stradivari. La sua
musica si recepisce e si diffonde
nel nostro cuore. E’ una sensazione unica riservata a tutti coloro che si vogliono avvicinare a
questa nuova filosofia degli anni
2016 in poi.
Il club del .410 di Carlo Rizzini
e’ nato per una immensa richiesta da parte di migliaia di italiani e di altri cacciatori europei, di
andare a caccia in questa nuova
ottica e filosofia, dove al peso del
carniere viene dato ampio spazio
alle soddisfazioni. Fare bersaglio
con solo 18 grammi circa, magari assieme ad altri amici di caccia
che stanno usando il cosiddetto
“trombone in cal 12”, e riuscire nell’evento penso che sia una
soddisfazione immensa.
Non si hanno date certe per la
nascita (trasformazione) di questo calibro, sicuramente e’ incominciato a diventare un po’ popolare negli Stati Uniti a partire
dal 1900 circa. Veniva usato ed
avviene tutt’ora, come fucile per
far apprendere ai figli l’arte dello
sparare diritto. Difatti con solo
(originariamente caricava 14
grammi di pallini) i 18 grammi
4
attuali, rende possibile praticare
con i piattelli in maniera molto
vicina ai calibri maggiori abituando i neofiti a soppesare bene
prima di premere il grilletto.
E’ stato chiamato .410 perche’
vuol dire che il diametro della
canna e’ 0.410 di pollice, cioe’
10.4 millimetri. Il calibro 36,
suo gemello, sono invece il numero delle sfere di pari diametro
che si possono ricavare da una
libbra di piombo, in questo caso
sono 36 del diametro di 10.4
millimetri. Due diverse classificazioni per lo stesso calibro. La
differenza sostanziale invece e’
che il .410 usa cartucce di 76mm
(3 Pollici) di lunghezza mentre il
36 usa cartucce normali lunghe
60-62 millimetri.
Balisticamente parlando e riferendomi all’esperienza avuta un
po’ il tutto il mondo su animali
diversi dalla grossa oca Canadese al piccolo Beccaccino, io lo
considero piu’ micidiale di qualsiasi altro calibro esistente. La
maggiore pressione che sviluppano le cartucce, circa 900 bar
mentre per i calibri normali e’
600 circa, la scelta delle strozzature che dovranno essere realizzate in modo che la maggior parte dei pallini sia concentrata nei
30 cm di diametro e logicamente
una precisione estrema del tiratore, a mio modesto avviso lo
rendono “more challenging”
che dei fratelli maggiori. C’e’
solo da tenere conto degli anticipi per chi usa cartucce di vecchio stampo, in quanto il .410
essendo un calibro magnum ed
usando polveri a combustione
un po’ piu’ lenta, la velocita’ di
sucita della rosata e’ inferiore di
un 10% rispetto ai calibri tradizionali. Per le cartucce di nuova
generazione invece non c’e’ differenza di velocita’.
L’Associazione si propone le seguenti finalità:
Operare per la promozione e la
divulgazione in Italia e all’estero
della caccia sportiva con il fucile calibro 410 e, più in generale,
con l’impiego di armi, calibri e
metodiche intese a riequilibrare
il rapporto tra cacciatore e selvatico e che rendano più nobile ed
appagante il prelievo della selvaggina; operare per l’affermazione di una cultura venatoria
qualitativa e non quantitativa,
disinteressata al raggiungimento
del carniere ma invece tesa a valorizzare l’impegno e la passione
del cacciatore e del suo ausiliare;
coltivare e promuovere l’interesse, la conoscenza ed il rispetto
del contesto naturale, culturale e
sociale in cui si pratica la caccia
con particolare attenzione sia
alla sostenibilità ambientale che
al profilo etico, estetico e didattico dell’esercizio venatorio;
Promuovere e realizzare ogni
iniziativa, manifestazione, evento tesi a promuovere le finalità
di cui al capoverso che precede,
in particolare organizzando occasioni di incontro tra i cacciatori per la divulgazione e condivisione dei predetti valori;
allacciare ed intrattenere rapporti con altre associazioni venatorie anche settoriali (e semplificativamente dedicate alla
cinofilia ed al tiro sportivo) italiane ed estere sempre al fine di
divulgare e condividere i valori
del sodalizio.
Codice etico:
La nostra parola d’ordine sarà
“etica venatoria”, dall’abbigliamento, alla caccia, al rispetto
degli animali che andremo cacciare, al piccolo calibro che andremo ad usare, a tutto quello
che ci renderà sempre più vicino
alla natura ma con il massimo
rispetto
Tutto e’ cominciato qualche anno
fa’ quando mio figlio Alberto, mi
propose di passare ad un piccolo calibro in quanto ormai con il
cal 12, non ci trovavo piu’ soddisfazione. Cosi’ abbiamo detto
perche’ non il piu’ piccolo? Agli
inizi e’ stata veramente una sfida
che ci ha impegnato in prove e
sperimentazioni a lungo.
Un bel giorno sono stato contattato da un’azienda armiera della
Val Trompia a Brescia, abbiamo
congiunto tutte le mie esperienze
di caccia nel mondo ed abbiamo
messo a punto un’arma decisamente micidiale sotto l’aspetto
della balistica: distribuzione ro5
sata, forza di penetrazione, rosata molto stretta anche a lunghe
distanze. Abbiamo trovato un
grande appoggio dalle case produttrici di cartucce, le quali si e’
subito messa a disposizione per
migliorare la velocita’ della cartucce e il killing power.
Dopo diversi test fatti su diversi
tipi di animali, abbiamo concordato che la lunghezza delle canne ideale per fare un po’ tutte le
cacce e’ di cm 71, il motivo principale e’ che a 71 cm si e’ completante sicuri che tutta la polvere, almeno per le cartucce usate per i test, e’ completamente
bruciata e raggiunge la massima
forza di penetrazione. I vecchi
testi di balistica inglese vedono
questa soglia a 380 metri sec, il
che vuol dire che i pallini rilasceranno tutte la loro energia con
questa velocita’ ottimale.
Per le strozzature poi, abbiamo
optato per 2 stelle di prima canna ed una stella di seconda, per
chi vorra’ fare le caccie con distanze superiori ai 30 mt., mente
3 stelle modificata ed una stella
per chi fara’ le classiche caccie
con il cane con tiri dai 10 ai 30
metri.
Un’altro importante segreto per
chi vuole avvicinarsi al .410 e’
che il calcio deve esser fatto su
misura. Difatti bastano pochi
millimetri di differenza e la piccola rosata rimarra’ fuori bersaglio.
Poi dal 2015 attraverso il ns
club abbiamo incominciato ad
organizzare eventi per raccogliere fondi da donare solo ed esclusivamente a bambini Italiani che
necessitano di aiuto economico.
Siamo i primi anche in questo
settore, aiutare chi ne ha piu’ di
bisogno.
Vi aspetto numerosi nel nostro
Club e divulgate la nostra filosofia.
Condividere una passione
L’emozione del confronto faccia a faccia
con un animale intelligente e scaltro come il
cinghiale è l’essenza di ogni battuta di caccia
Anche il fido prova empatia:
dimostrato il contagio emotivo dei cani
Il mondo animale non smette mai di sorprenderci, un gruppo di ricercatori
dell’Università di Pisa ha pubblicato uno studio che dimostra che anche i
cani provano empatia proprio come gli umani
di Giorgio Panuccio
di Francesco Spoleti
“Solanoti” e “Regina”: due squadre, due diverse realtà,
ma un’unica grande passione. Era da tempo nell’aria
l’idea di condividere insieme una meravigliosa giornata
all’insegna del divertimento…finalmente il momento è
giunto! La giornata è trascorsa magnificamente, lasciando spazio anche ai ricordi: aneddoti, racconti, esperienze
e consigli di chi ci ha preceduto che hanno lasciato segni
indelebili nella nostra cultura. È stata un’occasione di
crescita per i giovani cacciatori, che hanno potuto toccare con mano l’unione, l’amicizia e il rispetto che i veterani della caccia al cinghiale reciprocamente si scambiano.
Tante le nuove leve che compongono e sostengono le
squadre, impegnate in vari ruoli: dai battitori a coloro i
quali hanno il compito di raggiungere le postazioni più
faticose. La forza e l’energia dei giovani combinata all’esperienza degli esperti dell’arte venatoria in discussione,
sono il giusto mix per la massima efficienza delle battute
di caccia. Tra gli altri, è impossibile non citare Gaetano Santo, Melo Moio, Giuseppe Bueti, Nato Ciccone,
Sergio Santoro, Giuseppe Oliveri, Giuseppe Nocera, Pasquale Bueti e Nino Favano.
Proposte per la gestione di questa caccia
Ciò che oggi risulta indispensabile è che il tecnico faunista gestisca le regole all’interno del territorio agro-silvopastorale compreso nel nostro ATC RC1. La presenza
di numerose squadre presenti nella stessa area, rende
difficile la gestione della stessa, generando così una confusione tale da renderne impossibile il controllo. Si consiglia pertanto una stretta collaborazione tra il tecnico
faunista, l’ATC RC1 e i capi squadra, in maniera tale da
fornire le giuste indicazioni per trovare un corretto equi-
librio tra squadre-territorio-fauna. È la mentalità, però,
la prima cosa che deve mutare…il fatto di aver cacciato
sempre in un determinato territorio, non significa diventarne i proprietari a vita. Ogni cacciatore che risiede nel
territorio dell’atc, ha diritto in egual misura a praticare
la propria passione. I suggerimenti per il controllo del
territorio:
- Esaminare la zona di residenza di ogni squadra
- Rotazione delle squadre della medesima area
- Possibilità di unificazione di 2 o più squadre
È fondamentale rivedere la zonizzazione, in quanto le
mappe di alcune squadre si sovrappongono con altre.
Far gestione oculata del cinghiale non significa necessariamente impegnarsi per esclusivo amor di carniere, ma
adoperarsi per un fine più ampio, con un occhio al territorio e uno all’ambiente, con particolare attenzione al
numero di cinghiali presenti. L’impegno degli atc è inoltre quello di responsabilizzare le squadre affinchè siano
in grado di saper governare il territorio relazionandosi
con le istituzioni. Bisogna necessariamente intervenire
sul regolamento delle colture a perdere in modo tale da
permettere ai cacciatori di agire anche in piccoli appezzamenti di terreno, così da impedire ai cinghiali di recarsi nelle colture intensive. Operando in questa direzione,
è possibile instaurare un rapporto di collaborazione con
gli agricoltori, facendo dunque prevenzione di denunce
per atti di bracconaggio. Lo scopo è quello di dare la
possibilità a due o più squadre che agiscono sulla stessa area di condividere delle battute di caccia, potendolo
fare congiuntamente mantenendo ciascuno la propria
identità.
6
Ancora una volta potremmo trovarci di fronte alla scoperta che siamo più simili ad altri animali sociali di
quanto non vorremmo credere e numerosi sono i potenziali sviluppi di questo studio promosso dagli etologi
del Museo di Storia Naturale dell’Ateneo pisano, che è
stato pubblicato sulla rivista della Royal Society britannica.
I migliori amici dell’uomo provano davvero empatia. Lo
dice una ricerca che ha dimostrato per la prima volta che
anche i cani hanno un “contagio emotivo”. Non solo gli
esseri umani e le scimmie antropomorfe, dunque, hanno
una reazione involontaria, automatica e rapidissima alla
mimica facciale dei propri simili.
I ricercatori sono partiti dall’analisi del comportamento
dei cani durante il gioco, prendendo in considerazione
sia la mimica facciale con bocca socchiusa e rilassata, sia
quella corporea con inchino giocoso.
La risposta involontaria del cane alla gestualità facciale
e corporea di un proprio simile esiste ed è rapida quanto
quella umana, ma non solo: le sessioni di gioco in cui
la mimica facciale e corporea erano più frequenti erano anche quelle di maggior durata e se a giocare erano
cani ‘amici’ la mimica facciale era ancora più marcata.
La capacità di leggere attraverso il corpo e la ‘faccia’ le
emozioni altrui e di rispondere in modo appropriato è
alla base dell’evoluzione del comportamento prosociale e
dell’altruismo, alla base cioè di quei comportamenti che
vengono catalogati come empatici.
In futuro si spera di poter studiare la mimica anche nel
lupo per capire quanto questo fenomeno sia frutto del
processo di domesticazione o sia invece radicato nell’evoluzione della comunicazione emotiva dei carnivori sociali. Se così fosse si aprirebbero infinite linee di ricerca e
di sicuro le risposte potrebbero farci scoprire molto sulla
capacità di condivisione delle emozioni negli altri animali, oltre che sulle nostre.
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Aspromonte dal Tirreno allo Jonio
di Antonino Falcomatà
Il periodo migliore per effettuare
la traversata dell’Aspromonte è in
estate, quando la neve che permane
alle quote più elevate si è completamente sciolta, lasciando le strade
libere al transito di automezzi. Si
suggerisce un percorso automobilistico che dalla costa tirrenica conduce a quella ionica e che consente
di osservare le implicazioni naturali più significative del massiccio,
avendo valicato il centro della montagna. Se il tempo disponibile è limitato ad una giornata, sicuramente si dovrà rinunciare a qualcosa e,
allora, è preferibile svolgere l’itinerario in due giorni, facendo tappa a
Gambarie. Lasciata Reggio, si raggiunge, sul versante tirrenico, Scilla. Dalla cittadina sorta intorno al
promontorio (l’antico Scyllaeum),
“porta d’ingresso dello Stretto di
Messina” e “Porta di accesso” del
Parco dell’Aspromonte, si sale verso la frazione Melia posta a quota
660 metri s.l.m. e che si raggiunge
dopo 10 km. Non lontano da questa località si trovano le “Grotte di
Tremusa” di natura calcareo - conchiglifera. In questo tratto di strada
accompagnano il visitatore i cedui
di castagno scesi a quote inferiori
ed i terreni fortemente terrazzati,
dove vengono coltivati la vite e altri fruttiferi. La vegetazione tipica
è la macchia mediterranea, composta da numerose specie arboree ed
arbustive come il leccio, il corbezzolo, il mirto, il lauro, l’erica, ecc.
Si raggiungono, quindi, i “Piani
d’Aspromonte”, ampi terrazzi disposti su aree a dislivello ridotto,
dove si pratica una ricca agricoltura di montagna, i cui prodotti sono
spesso venduti direttamente sulle
strade. Da alcune piazzole stradali
si possono ammirare dei panorami
unici al mondo: lo sguardo si perde
lontano da Capo Vaticano ai Monti
Peloritani della vicina Sicilia. Sono
così ammirabili Monte Sant’Elia e
tutta la Costa viola con Bagnara e
Scilla, le Isole Eolie con Stromboli
e Vulcano. In questo tratto di strada la vegetazione tipica è quella
del piano submontano dominato
da formazioni di latifoglie eliofile costituite da castagni e querce,
cui si accompagnano ontani, aceri,
frassini, pioppi, olmi. Raggiunta la
S.S. 183 si può, svoltando a sinistra
per circa 3.5 km e quindi a destra,
per 2 km, raggiungere, il “Cippo di
Garibaldi”. In tale luogo il Generale fu ferito ed è possibile vedere
il Pino sul quale Garibaldi pare si
sia appoggiato per essere curato. Si
lascia tale luogo d’interesse storico
per l’Unità d’Italia, e, ritornando
indietro, percorrendo sempre la
S.S. 183, si incontra il Centro visi-
8
ta del Parco dell’Aspromonte “Villaggio De Leo”, un’antica segheria,
tra le prime industrie aspromontane per la lavorazione del legname,
esempio di avanguardia tecnologica dell’epoca e punto di riferimento del commercio dell’altopiano. Si
possono ammirare tracce dell’antica Decauville; primo modello di
strada ferrata adoperata per facilitare il trasporto dei tronchi dalla
montagna.Oltre alla cultura ed alle
tradizioni, il Villaggio offre un’ampia area giochi ben attrezzata dove
poter trascorrere momenti di relax
insieme alle famiglie. Dopo 6 chilometri, continuando, si raggiunge
Gambarie, avendo fatto prima una
piccola deviazione, per visitare il
laghetto artificiale di Rumia, situato ad una altitudine di 1300 metri
e ricadente nel comune di San Roberto, Nel tratto appena percorso i
castagneti lasciano il posto alle faggete, alle pinete e alle abetine. Nella
località climatica, frazione del Comune di Santo Stefano in Aspromonte, non mancano gli alberghi,
ristoranti e i negozi di souvenir. Se
si decide di pernottare e si arriva
in tempo utile, si può prendere la
seggiovia e giungere fino a Monte
Scirocco, posto a 1670 metri s.l.m.,
oppure percorrere uno dei sentieri
che gravitano intorno al centro turistico. A pochi chilometri da Gambarie, sulla strada che porta a Santo Stefano, in località Cucullaro, è
stato aperto l’Osservatorio per la
biodiversità. Qui, oltre alle sale attrezzate per consultare via web dei
database e delle schede di fauna e
flora, è possibile accedere ed interrogare il web gis della biodiversità
della Calabria. Dopo avere fatto il
pieno all’automobile (i distributori di carburante si incontreranno
solo alla fine dell’itinerario ovvero
sulla S.S. 106 della costa ionica)
comincia il tratto più avventuroso, caratterizzato dalla mancanza
di ogni forma di assistenza in caso
di necessità. Si imbocca la S.S. 183
verso Melito e dopo circa 3.5 km si
svolta a sinistra in direzione Montalto. La vegetazione dominante
da questo momento è quella tipica
del piano montano, caratterizzato da formazioni a prevalenza di
faggio,al quale, in alcune località,
si associano il pino laricio e l’abete bianco. Si supera la località “tre
limiti” dalla quale si origina la strada che conduce dapprima alla Diga
sul Menta” e poi, a piedi, alle cascate Maesano. Quindi si lambisce
una ex area militare e superate le
località Nardello I° e II°, dopo 19
km si raggiunge la località “ putichej” e, dopo 100 metri a destra,
inizia il ripido sentiero che raggiunge la cima più alta dell’Aspromonte dove a 1956 s.l.m. svetta da
110 anni una statua del Redentore.
L’ambiente è integro e il paesaggio,
suggestivo, con una veduta a 360
gradi. Nelle giornate migliori non
è difficile vedere l’Etna, lo Stretto
di Messina, le Isole Eolie, la costa
ionica e tirrenica e le Serre. Qualunque commento non renderebbe
giustizia a tanta beltà. Rimane impressa, per sempre, nella memoria
di chi ha visto l’alba sul mare Ionio, osservata da questa località. A
questo punto si può o scendere verso il Santuario di Polsi, luogo dove
9
si ha una commistione tra il sacro
e il profano, oppure, dalla località
già citata “putichej”, prendere la
strada che conduce sia a Delianuova che a San Luca e quindi arrivare
sul litorale ionico. A mano a mano
che si perde quota si nota lo stesso
avvicendarsi delle fasce vegetali altitudinali. In particolare, in questo
versante ionico, la macchia mediterranea raggiunge gli 850 metri
s.l.m., mentre il piano submontano
arriva ai 1200 metri s.l.m. e quello
montano fino a 1850 metri s.l.m..
Lungo la discesa incontriamo “Tabaccari”, “Portella Mastrangelo” e
quindi il bivio dal quale a sinistra
ci si dirige verso Delianuova, mentre continuando conduce lungo la
strada delle grandi pietre, che si
sviluppa sulla sinistra idrografica della Fiumara Bonamico. Dalla
Località Serro Alto è possibile osservare i grandi monoliti eocenici,
la cima di Montalto e la frana che
ha originato il lago Costantino di
recente memoria. Man mano che si
scende ci appare la grandiosità “ di
Pietra Cappa” che si può raggiunge
attraverso una sterrata che si origina prima di aver lambito “Pietra
Lunga”. Scendendo ancora a destra si eleva, in lontananza, “Pietra
Castello” la cui base è ammantata dalla verde macchia mediterranea. Questo itinerario si conclude
sulla costa ionica, tra Bovalino e
Bianco, dopo aver lasciato dietro
San Luca, paese natale di Corrado Alvaro e sede, presso il centro
“Falcone-Borsellino”, di un altro
Centro Visita del Parco Nazionale
d’Aspromonte.
Consuntivo deludente
per la migratoria in
Calabria
di Leandro Branca
La stagione venatoria decorsa si è
rivelata molto fallimentare sia in
Calabria che in Sicilia,nonché da
ricerche fatte quasi in tutto il paese.
Lo scadente esodo della selvaggina
migratoria fa ingenerare serie preoccupazioni per gli amici di Diana.
Secondo stime sommarie le migrazioni hanno subito e registrato un
calo di circa il sessanta per cento.
Certamente tale fenomeno è complesso ed affascinante. Quali sono
i fattori? In primavera ed autunno
si notano stormi di uccelli migrare verso climi più miti e quindi più
favorevoli e più ricche di cibo necessario per la loro sopravvivenza.
L’esodo che compiono di andata e
ritorno, a distanza di mesi, è soggetto a notevoli rischi, infatti, una
parte considerevole di selvaggina
non riesce a giungere a destinazione o rientrare poiché disorientata
da correnti avverse, venti contrari,
nebbie, temporali, luci artificiali
degli aereoporti, luci di città, non-
ché da continue guerre nel mondo
che ci circonda. Il loro percorso o
migrazione è di circa tremila chilometri al giorno, dall’Alaska al
Messico, dal Nord Europa all’Africa meridionale, attraversando
l’Italia intera. Le soste sono inesistenti, le specie prima di svernare cercano di nutrirsi preventivamente fino al raddoppio di peso.
Questo avviene da migliaia di anni
prendendo il nome “il grande volo
degli uccelli migratori”. Le principale cause , secondo la teoria del
grande climatologo Italiano Vincenzo Ferrara, dell’ENEA, vanno
ricondotte sulle condizioni metereologi che, climatiche e gli sconvolgimenti che stanno rivoluzionando
l’intero pianeta. Le stagioni subiscono picchi notevoli di variabilità, dal caldo si passa al freddo sia
nella stessa giornata che a giorni
alterni, Era raro che in Arabia Saudita ci fosse la presenza della neve
ed interi ghiacciai che si sciolgono
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sulle Alpi ed i fiumi che diventano
distese di sabbia per la notevole
siccità. Conseguentemente saltano
gli equilibri ed i secolari fenomeni
ciclici. Queste risultanze altamente
negative hanno costretto gli Stati
più potenti del Mondo a riunirsi
per concertare ed attuare le misure
necessarie poiché il fattore climatico costituisce un grande handicap
a livello mondiale sia di natura
ambientale (pericoli) che di natura
economica. La Comunità Europea,
ed in particolare il nostro Paese,
al di là delle diatribe,dovrebbe affrontare la suesposta problematica
al fine di scongiurare conseguenze
nefaste ed irrimediabili. Il reale
soggetto, nelle vesti di protagonista assoluto è il territorio e quindi
l’Ambiente che ci circonda denominato patrimonio monumentale da proteggere e salvaguardare.
Auspichiamo il coinvolgimento
dell’ISPRA, emanazione del Ministero dell’Ambiente ed agricoltura,
le Associazioni venatorie, agricole
ed ambientaliste affinchè concertino il da farsi per arginare una problematica che potrebbe diventare
annosa. Sarà sempre determinante
il contributo della scienza, zoologia ed ornitologia ed un plauso
particolare va rivolto agli appassionati volontari inanellatori che,
mediante i sacrifici profusi, hanno
contribuito a svelare l’arcano delle
rotte degli uccelli. La nostra consolidata coerenza, va nella direzione
di salvaguardare la natura basata
sulle tre P: Proteggere, Programmare e Produrre, la stessa non è affatto avulsa dal contesto del nostro
Pianeta Terra.
Riunione annuale dei delegati all’ATC RC1
Alla presenza di numerosi Delegati regolarmente eletti alle Assemblee
dei Cacciatori nei 59 Comuni facenti
parte dell’ATC-RC1 , presso il palazzo
della Provincia di Spirito Santo in RC,
il 27 di aprile u.s. si è regolarmente
tenuta la riunione per la presa d’atto
della relazione gestionale e del bilancio relativo all’anno decorso.
La seduta è stata presieduta dal Vice
Presidente anziano Carmelo Siciliano
con la presenza del Vice Presidente
Massimo Insana e del segretario Domenico Iero presenti, inoltre, al tavolo
della Presidenza il Componente Domenico Fedele ed il collegio dei Revisori dei Conti.
Nel dare inizio ai lavori Carmelo Siciliano ha portato i saluti del Presidente Laganà impedito a partecipare
per inderogabili motivi di lavoro fuori
sede e, salutando e ringraziando tutti i
presenti, da la parola al Segretario per
la relazione sull’andamento della gestione che di seguito viene esplicitata:
Durante l’anno 2015 il Comitato ha
regolarmente svolto le proprie funzioni istituzionali,procedendo a gestire
secondo i programmi prefissati le seguenti attività:
-nuove disposizioni per l’accredito
delle squadre di cinghiali;
-progetto x-caccia –value applicazione sul telefonino androide che gestiste tutti i territori di vocazione al cinghiale assegnate alle singole squadre, i
confini dell’ATC con riferimento alle
aree protette (parco Aspromonte –
ZPS costa viola- Sic ecc);
-ripristino della pubblicazione della
rivista ATC-INFORMA con tre numeri annui;
- corso di formazione Capo squadra di
cinghiale in collaborazione con l’Ente
Provincia ed autorizzato dall’Ispra;
-ripopolamenti faunistici con l’acquisto della selvaggina attraverso bandi
pubblici in particolare sul territorio
è stata immessa, sotto le direttive del
Tecnico faunistico dott. Andrea Gaggioli la seguente fauna :
a) Mese di febbraio 2015 – N° 783
lepri adulte e N° 930 fagiani riproduttori;
b) dal mese di aprile al mese di luglio
2015 sono stati impiantati N° 11 recinti mobili per ambientare N° 222
leprotti da 90-120 giorni;
c- sono stati costruiti N° 2 recinti fissi
in agro di Sinopoli e di San Roberto per
il pre ambientamento di lepri e fagiani;
dal 24- al 26 di agosto 2015 sono stati
immessi su tutto il territorio dei 59 Comuni N° 5.000 fagianotti nei territori
di vocazione faunistica ;
d- miglioramenti ambientali ai fini
faunistici, realizzati attraverso bando
pubblico per individuare gli agricoltori disposti ad aderire al progetto dietro pagamento di prestazioni. I tecnici
Agronomi incaricati dall’ATC, hanno
individuato le fattibilità tecniche autorizzando gli stessi agricoltori ad effettuare le semine adatte ad accogliere la
selvaggina sia migratoria che stanziale.
Le stesse culture a perdere si renderanno utili, costituendo l’habitat ideale
per la selvaggina sopra detta. Hanno
aderito al progetto 44 Agricoltori seguiti da 8 Dottori Agronomi nominati
dall’ATC attraverso manifestazione di
interesse . Il progetto è in corso di completamento:
La posizione finanziaria netta al
31/12/2015 era la seguente (in Euro).
-depositi sul conto corrente postale €
483.084,40 con un incremento del
250% rispetto al 2014.
Sono stati investisti nel corso dell’esercizio € 13.013,03 per l’acquisto di
due recinti mobili elettrificati e per la
costruzione dei due recinti fissi.
Sull’ evoluzione prevedibile della gestione viene esplicitato quanto segue:
Il Comitato nel mese di settembre
2015 ha approvato i progetti relativi
alla gestione per potere avere uno sviluppo ottimale, detti progetti trasmessi
all’Ente Provincia ed alla Regione Calabria a tutt’oggi non hanno trovato
finanziamento, nessuna nota è pervenuta nei tempi tecnici e biologici per
effettuare gli interventi. Attraverso i
solleciti ripetutamente effettuati , solamente in data 08 marzo u.s , è pervenuta una nota del responsabile del
procedimento Regionale P. A. Nicola
Matragrano, che ci assegna l’esigua
somma di € 21.000,00 per effettuare i
ripopolamenti faunistici. Il giorno successivo, questo ATC inviava una nota
di risposta con le osservazioni di rito,
necessarie per stigmatizzare che detta
somma è alquanto riduttiva per il finanziamento del progetto generale di
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292.425,46 Euro a suo tempo inviato e
nel contempo si chiedeva di impegnare
ulteriori risorse disponibili nel nostro
bilancio per
€ 97.963,00 per potere effettuare i seguenti interventi:
-immissione di 450 leprotti in recinti
elettrificati con l’acquisto di ulteriore
attrezzatura necessaria oltre a quella
disponibile;
-progetto di reintroduzione della coturnice;
-acquisto dell’attrezzatura necessaria
per l’auto riproduzione di lepri attraverso gli agricoltori interessati al
progetto predisposto dal tecnico faunistico;
-acquisto di 4800 fagianotti da immettere sul territorio.
A tutt’oggi, nonostante i solleciti, nessuna risposta è pervenuta.
L’Assemblea prende atto, all’unanimità, della relazione egregiamente esposta dal segretario Iero.
Successivamente viene data la parola
al Presidente del Collegio dei revisori,
dott. Cosimo Forgione, per leggere la
relazione al bilancio consuntivo 2015,
ultimati i lavori l’Assemblea per alzata
di mano prende atto all’unanimità.
Infine viene data la parola ai Delegati
ove si è discusso sulle problematiche
venatorie in itinere, numerosi gli interventi ed in particolare quello molto apprezzato di Leandro Branca che ha trascinato agli applausi tutta l’Assemblea.
IL SEGRETARIO DELL’ATC-RC1
DOMENICO IERO
Giovani cacciatori alla
sesta edizione della
cena di fine stagione
venatoria
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Oltre 360 presenti per la tradizionale “Cena di
Fine Stagione Venatoria”, giunta alla sua sesta
edizione, organizzata dall’Associazione Giovani Cacciatori presso il Ristorante Windy Hill di
Gallina a Reggio Calabria.
Una serata di aggregazione ed allegria per tutto
il movimento venatorio calabrese dove, tra una
portata e l’altra a base di cinghiale, si è potuto
chiacchierare spensieratamente della stagione
appena conclusa facendo tornare alla mente tutte le emozioni venatorie vissute.
L’Associazione Giovani Cacciatori, da sempre
equidistante da tutte le associazioni venatorie ,
ha voluto fungere da stimolo per una politica
venatoria unitaria che possa dare un futuro a
questa bellissima passione.
Presenti in sala insieme a tantissimi Cacciatori e
non, anche diversi enti come l’ATC RC1, l’ATC
RC2 e associazioni venatorie.
Durante la cena sono state effettuate diverse
premiazioni nei confronti di persone che si sono
distinte nelle varie associazioni.
Inoltre sono stati sorteggiati tantissimi premi,
tra cui un viaggio di caccia a Colombacci e due
giornate di Caccia a Starne, tra tutti i cacciatori
presenti ed offerti dall’amico Nino Martino.
Una serata speciale, che è solo l’inizio del pro-
gramma annuale dell’associazione Giovani Cacciatori, con tante iniziative, tra cui gare di tiro al
piattello e cinofile, e che avrà il suo culmine con
il Raduno Pre Apertura che si svolgerà, come
tradizione vuole, ad Agosto.
I superpoteri del piccione
Una ricerca ha dimostrato che i piccioni sono in grado di riconoscere una
massa tumorale osservando una mammografia
di Giorgio Panuccio
Da sempre gli umani hanno sottovalutato le potenziali capacità degli animali. Questa volta a stupirci
sono degli uccelli, uccelli molto comuni, i piccioni
(Columbia livia).
A dimostrarlo è una ricerca della University of
Iowa e della University of California di Davis, che
ha studiato le potenzialità di apprendimento e il
sistema visivo dei piccioni, valutandone la capacità
di riconoscere masse sospette all’interno di immagini digitalizzate di mammografie. I risultati, sono
stati pubblicati sulla rivista Plos One, ed hanno dimostrano che con il giusto addestramento questi
volatili possono imparare a riconoscere la presenza
di un tumore al seno in alcuni tipi di immagini, con
un’accuratezza simile a quella di uno specialista
umano. Interessati a studiare più a fondo i limiti
del sistema visivo dei piccioni, i ricercatori hanno
deciso di metterli alla prova in una delle branche
A un piccione invece bastano 15 giorni di addestramento per trasformarsi in un ottimo radiologo.
Il risultato forse è ancor più sorprendente se si
pensa che il cervello di un piccione è grande più o
meno come la punta del vostro mignolo. Dimensioni ridottissime quindi, che non impediscono a
questi volatili di possedere incredibili capacità di
discriminare e categorizzare oggetti e immagini.
Questi volatili non smettono mai di stupirci, la
loro memoria visiva è impressionante, le ricerche svolte negli ultimi 50 anni hanno dimostrato che i piccioni possono riconoscere l’identità e
le espressioni di un volto umano, distinguere le
lettere dell’alfabeto, identificare capsule difettose
di farmaci e persino distinguere tra un dipinto di
Monet e uno di Picasso.
I risultati dei piccioni, sono paragonabili a quelli
ottenuti da specialisti e studenti di radiologia a cui
è stato sottoposto lo stesso set di immagini. E se
non dovete aspettarvi di essere visitati da un piccione, almeno nel prossimo futuro, le straordinarie capacità di questi uccelli potrebbero realmente
trovare applicazione nel campo della radiologia.
I piccioni, spiegano infatti gli autori della ricerca,
potrebbero essere utilizzati al posto degli esseri
umani per sviluppare e testare nuove tecnologie di
di imaging medico. Questi animali”, potrebbero
assistere realmente ricercatori e ingegneri nello sviluppo di strumenti sempre più innovativi.
Tra i superpoteri degli animali, merita una menzione anche il cane, per la capacità di diagnosticare malattie nei propri simili e negli esseri umani.
Diversi studi, per esempio, hanno accertato che i
cani sono in grado di percepire la presenza di cancro al polmone o al seno dall’odore dell’alito, di
cancro alle ovaie dall’odore del sangue, di melanoma dall’odore della pelle e di cancro al colonretto dall’odore delle feci. Ma anche la Drosophila
melanogaster non scherza, il comune moscerino
della frutta ha un olfatto estremamente sviluppato: un’équipe di scienziati ha pubblicato un lavoro su Scientific Report in cui si mostra che i recettori presenti sulle antenne dell’insetto sono in
grado di rivelare odori “clinicamente significativi”
anche in bassissime concentrazioni. Il moscerino
della frutta quindi in futuro potrebbe diventare
il “gold standard” per valutare gli odori correlati
alle malattie. Insomma aspettiamoci per il futuro
un cospicuo numero di animali che fungeranno da
assistenti medici.
della scienza che si affida maggiormente alla vista: la radiologia. Per farlo hanno addestrato un
gruppo di uccelli utilizzando una procedura classica definita condizionamento operante: gli animali
venivano cioè ricompensati con del cibo ogni volta che riconoscevano correttamente la presenza (o
l’assenza) di una lesione tumorale all’interno di un
set di mammografie.
Gli uccelli si sono rivelati incredibilmente capaci
nel riconoscere la presenza di tumori al seno maligni nelle immagini, un compito complesso persino
per un esperto osservatore umano, che impiega di
solito anni per ottenere le capacità necessarie. Il
primo giorno la loro accuratezza nel riconoscere
le immagini a bassa risoluzione era del 50%, ed è
salita fino all’85% nel giro di 13-15 giorni.
Per un essere umano servono anni di studio, di specializzazione, e una lunga pratica.
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Ripensiamo la caccia, ma anche i parchi
ETOLOGIA IN PILLOLE
LO SAPEVATE CHE..........
Becco più lungo rispetto al resto del corpo: Colibrì becco a spada
di Mimmo Pansera
In un’epoca nella quale tutto sembra rapidamente degradarsi e perdersi, pubblicare norme a tutela della natura è un interesse comune di rilievo.
Se da un lato è necessario dotarsi di norme, dall’altro è parimenti indispensabile
seguire le modifiche naturali che nel tempo si verificano al fine di aggiornare e
adeguare le norme per ogni novella che lo richiede, in caso contrario ogni sforzo
potrà non solo risultare vano ma addirittura deleterio.
Sopra si sono presi in esame solo alcuni punti delle norme che nel tempo si sono
sommate a tutela della natura.
Una analisi attenta evidenzia che si è destinata una vasta area di territorio protetto, scelto secondo criteri evidentemente scientifici e tra quelli più idonei per la
conservazione della natura e le specie che la popolano, senza tener presente delle
direttive della legge 157, che riserva una precisa percentuale delle aree inibite
alla caccia, che non deve superare il 26% del territorio regionale. Una stima
attendibile dovrebbe valutare la proporzione tra cittadini residenti e praticanti e
aree tutelate (parchi e ZPS), che andrebbero segnalate tutte con apposite tabelle,
ad esclusione dei parchi istituiti con decreto ministeriale.
Dalla nascita dei parchi (anno 1991) e all’interno di essi, secondo fonti ufficiali
interpellati, ad oggi le iniziative che hanno consentito, oltre che tutela del territorio, sviluppo e lavoro, come previsto da norma, sono state disattese.
A sostenere la documentata inerzia si possono identificare molteplici cause. Da
un osservatorio ristretto che non è quello degli addetti ai lavori esperti del campo
specifico, viene immediato parlare di norme molto rigide che regolamentano i
parchi e le zone protette. Tali norme rendono difficili gli iter autorizzativi per
le varie iniziative. Senza contare l’aggravante della burocrazia ancora esasperatamente lenta con l’ulteriore complicazione sostenuta da norme spesso poco
chiare, la cui interpretazione può lasciare varchi a strumentalizzazioni di correnti
di opinione.
Di fatto osservando il territorio protetto sembra che all’interno di esso tutto sia
cristallizzato. Ecosistemi non più in equilibrio ancestrale, ad una attenta osservazione, sono in degrado. Alcune specie animali crescono rapidamente di numero,
i corvidi (alla cui famiglia appartengono anche le gazze) sono numerosi, ciò ha
inevitabilmente comportato un drastico abbattimento del numero di uccelli minori che vengono predati nel nido dagli stessi corvidi. I cinghiali, notoriamente
prolifici, (possono riprodursi mediamente da due a tre volte l’anno e per ogni gestazione vengono partoriti fino a quattro cuccioli) a loro volta non sono predati
e pertanto crescono in modo incontrollato. Lo stesso si può dire per le volpi (si
riproducono una volta l’anno partorendo fino a sei cuccioli). La processionaria
in alcune zone ha messo in evidente sofferenza interi boschi di conifere. Questo
elenco sicuramente potrebbe essere più esaustivo se discusso da esperti. Si vuole evidenziare che norme troppo rigide immobilizzano il sistema producendone
involuzione.
Immaginiamo un parco che possa essere gestito con criterio e possa accogliere
cacciatori guidati su percorsi idonei ad abbattimenti controllati di selvaggina
(pensiamola anche da lancio dopo ambientamento). Questo comporterebbe l’incentivazione in loco ad allevamenti, la formazione di giovani avviati al lavoro
come guide e guardia-parchi. Immaginiamo tappe di gare venatorie inseriti in
circuiti di ampio respiro. Quel parco diventerebbe meta di turismo venatorio
controllato che ad oggi avviene solo verso l’estero. Sembra conseguenziale che
tale attività possa dare sviluppo all’ accoglienza, (agriturismo, alberghi ristoranti
ecc.) senza pensare all’indotto industriale che si accompagna alla caccia, armi
cartucce, allevamenti di cani, abbigliamento, accessori, ecc..
Similmente si potrebbe fare per la pesca, basterebbe creare bacini artificiali o
sfruttare quelli già esistenti (viene di pensare alla diga sul fiume Metramo che ha
creato un vasto bacino).
Se poi si volessero meglio sviluppare: equitazione, agriturismo, trekking, ecc.
attività tutte seguite da personale in loco, lo stesso parco, cui magari resterebbero porzioni più congrue rispetto all’attuale di rigida inviolabilità, diventerebbe
fonte di reddito sicura per cittadini oggi disoccupati e sulla soglia della povertà.
Invito chiunque a visitare i piccoli borghi dell’entroterra calabro e a fermarsi a
parlare con i residenti di varie età circa le prospettive occupazionali, emergerebbero realtà a dir poco inquietanti, eppure ancora si identifica la conservazione
della natura come prioritaria rispetto alla sua conservazione non disgiunta da
impiego utile ai cittadini. La natura non deve essere solo oggetto di divieti per
essi, al punto da scadere nel grottesco. Come prova di tale affermazione pare utile riportare un aneddoto occorso ad un cittadino che, posteggiata la propria auto
a margine di una strada sterrata all’interno di un bosco e senza arrecare alcun
danno tangibile all’ambiente, al ritorno da una escursione a piedi si è ritrovato al
parabrezza dell’auto una sanzione per divieto di sosta affissa da autorità preposte, in quanto auto posteggiata senza autorizzazione all’interno di parco. Nella
sostanza la sanzione è corretta ma si configura senza dubbio come episodio grottesco. Ho sempre creduto che le leggi debbano essere pensate per migliorare la
qualità della vita dei cittadini, non per avvilirla. Oggi è reato anche solo entrare
o raccogliere senza autorizzazione una castagna caduta in terra in un parco.
Bisogna riflettere su questi aspetti e non farsi trascinare da enfasi protezionistica
senza criterio.
per quanto riguarda la pesca, sento invece di potere argomentare sulla caccia.
Chi la pratica oggi fruisce di pochi territori utili per i previsti fini, ciò ha provocato la concentrazione di molti praticanti in aree ristrette residue. Tali aree già in
partenza non particolarmente vocate per l’incontro con la selvaggina, oggi per
osservate modifiche ambientali e i conseguenti adattamenti dei selvatici hanno
quasi completamente perso interesse nello specifico per fini venatori.
A rendere impervia la possibilità di praticare la caccia inoltre con la riduzione
del territorio fruibile, si è verificato un effetto collaterale di rilievo, ovvero l’alta
concentrazione di cacciatori in poco spazio ha dato vita a concorrenza sleale
tra i praticanti. Non a caso (anche se poco propagandato dai mass media) ogni
anno si registrano numerosi casi di avvelenamento di cani da caccia, si potrebbe
pensare ad un tentativo dei residenti, che si sono visti invasi i pochi territori a
disposizione e un tempo scarsamente frequentati, di fare desistere i concorrenti
non locali? Le autorità preposte per tali crimini ad oggi non hanno prodotto
tangibili risultati. Ci si chiede quale è la differenza nella dignità di tutela tra un
selvatico e un animale di proprietà.
A complicare ancora di più le cose è noto che da tempo i cacciatori subiscono
rapine a mano armata di fucili e non solo. Gran parte di tali reati non fanno più
notizia, al punto che non sono neanche diffusi con puntualità a mezzo cronaca.
Si chiede di sapere quali risultati siano stati conseguiti dalle autorità preposte per
la prevenzione e la repressione di tali reati?
Nonostante tutto, seguaci della dea Diana continuano ancora a praticare il loro
sport. Si tratta di cittadini certamente incensurati (anche tra i parenti diretti),
in caso contrario non potrebbero essere in possesso di regolare licenza di porto
d’armi. Lo stesso porto d’armi di norma oggi è considerato una concessione da
parte dello Stato e non un diritto, ciò comporta una rigorosa valutazione in merito al possesso dei requisiti sia giuridici che di idoneità psico-fisica dei destinatari
i quali al momento del rilascio sono ulteriormente valutati da apposita commissione d’esame preposta prima del rilascio del titolo stesso. Naturalmente quanto
sopra comporta una rigorosa selezione dei titolari di licenza di porto d’armi.
Coloro che ne vantano il possesso, al momento di esercitare la caccia, impattano
con un territorio vincolato da molte restrizioni alcune delle quali spesso scarsamente percepibili, e talvolta mal interpretate anche dalle autorità preposte al
controllo. A tal proposito sono noti numerosi casi di cacciatori sanzionati per
presunzione di illeciti, che si sono visti vincenti in sede di ricorso. Pare solo il
caso evidenziare che tali iter giudiziari, non di rado lunghi, hanno ingiustamente
penalizzato i malcapitati cacciatori che forzosamente hanno dovuto interrompere l’attività venatoria, in merito non sono noti risarcimenti per l’ingiusto danno
patito. La conferma di tutto, è avvalorata dalle tante sentenze emesse dalla magistratura a favore dei cacciatori, che non sto ad elencare, in quanto occuperebbero tantissimo spazio e sicuramente annoierebbero i lettori.
Visto lo scarso territorio lasciato concesso per attività venatoria, ormai apparentemente non gradito dalla selvaggina e quindi assente, preso atto della elevata
concentrazione in esso dei cacciatori che inevitabilmente pongono in essere reciproco disturbo, avuto riguardo al rischio avvelenamento cani e al rischio rapina,
e a dubbi interpretativi di norme non sempre chiare che possono indurre in errore con conseguenze giuridiche importanti, viene naturale chiedersi quale possa
essere la godibilità nel praticare la caccia e quali sono le iniziative poste in essere
dalle autorità preposte per la soluzione dei problemi rappresentati.
Ricordo a tal proposito di un tale che avendo il proprio albicocco sporgente su
strada di passaggio si vedeva sistematicamente derubato dei frutti e per sanare il
problema pensò un giorno di tagliare l’albero …. Per analogia al fine di risolvere
i problemi dei cacciatori si potrebbe chiudere definitivamente la caccia … Una
agonia lenta è oltremodo indesiderabile!
L’alternativa possibile è andare a caccia all’estero ove i calendari venatori e le
specie cacciabili risultano molto più favorevoli che in Italia al punto da essere
meta privilegiata di chi, avendone possibilità economiche, può permetterselo.
Oltre che prendere atto di ingenti capitali spesi all’estero piuttosto che in patria,
si conferma che il povero è sempre emarginato e non è mai tutelato nei propri
diritti. A tal proposito ricordo che la nota affermazione “sperimentare in corpore
vili” secondo alcuni Autori significava che in un remoto passato i medici facevano esperimenti su persone di poca importanza, povere, non tutelate, che, pur di
sfamarsi, erano disposte ad accettare di fare da cavia umana dietro compenso.
“Sic transit gloria mundi”.
Ensifera ensifera
Il Colibrì becco a spada è l’unico uccello al mondo ad avere il becco più lungo
del corpo. Il becco è lungo fino a 12 cm, mentre il corpo varia dai 6 ai 12 cm.
Quando riposa, tende a tenere il becco in posizione verticale per diminuire la
tensione sul collo. Vive nelle foreste montane del Sud America, è un uccello
stanziale. È talmente legato al suo territorio da ricordare la posizione di ogni
pianta che visita. Si nutre seguendo un percorso abituale, per dare il tempo al
nettare di riformarsi nei fiori.
Becco più corto: Succiacapre
Caprimulgus europaeus
Il succiacapre ha un il becco più corto tra gli uccelli, dagli 8 ai 10 mm. Anche
se corto, il becco e la bocca sono molto larghi, in modo da poter inghiottire
insetti grandi come le falene. Per cacciare in volo la bocca molto larga è utile,
funzionando come una sorta di retino per farfalle. Il nome deriva dalla credenza popolare che questi animali si nutrissero succhiando dalle mammelle
degli animali da pascolo. Credenza dovuta all’alto numero di questi animali
nei pressi delle mandrie e dalla strana forma della bocca. Ovviamente è una
credenza completamente priva di fondamento.
Unico caso di becco curvo lateralmente: Beccostorto
Anarhynchus frontalis
Il Becco storto, come suggerisce il nome, è l’unico uccello al mondo con il becco curvo lateralmente. Questo uccello vive in Nuova Zelanda, la popolazione
complessiva è stimata intorno ai 4.500 – 5.000 individui, ma è una specie
difficile da monitorare. Negli ultimi 40 anni il Beccostorto è andato progressivamente calando di numero, a causa della distruzione del suo habitat naturale.
Oggi è considerato un animale a rischio di estinzione in natura.
Numero massimo di penne: Cigno trombettiere
Cygnus buccinator
Con un conteggio di 25.216 penne, il Cigno trombettiere è l’animale con il
maggior numero di penne contate. Questo uccello è originario del Nord America, migra in stormi dalla caratteristica formazione a V lungo le coste orientali
degli Stati Uniti. Si nutre principalmente di piante acquatiche, ma si accontenta
anche di erba che cresce nei campi sulla terra ferma. I piccoli vengono nutriti
con insetti e piccoli crostacei, la loro dieta viene diventa completamente vegetariana dopo il primo mese di vita.
Numero minimo di penne: Colibrì gola rubino
Archilochus colubris
Con solo 940 penne, il Colibrì gola rubino è l’uccello con il minor numero di penne contate. È un uccello piuttosto piccolo, arriva al massimo a 9 cm di lunghezza. Sono animali
solitari e molto territoriali, i maschi non esitano a scacciare i propri simili a colpi di becco
e zampe. In caso di freddo eccessivo, il Colibrì gola rubino riesce ad abbassare le sue funzioni vitali fino ad arrivare ad uno stato di torpore simile all’ibernazione. Questo animale
ha olfatto e tatto molto sviluppati. Inoltre riesce a vedere sia nello spettro del visibile che
in quello dell’ultravioletto.
Quando anche non sia concesso parlare di sviluppo e lavoro sostenibile, sia almeno consentita ora una analisi dello stato dell’arte di alcuni sport che necessariamente hanno subito conseguenze per il diritto di tutela della natura sostenuto
dai parchi.
Nello specifico si tratta di caccia e pesca. Ammetto i miei limiti di conoscenza
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Marzaiola ( Anas querquedula)
LEPRE ALLA CACCIATORA
Marzaiola ( Anas querquedula)
Preparazione:
Cacciabile dal 20 settembre
2015 aldal3120gennaio
2016
Cacciabile
settembre
2015 al 31 gennaio 2016
Per prima cosa tagliare la carne, a me piace tagliarla a pezzi piuttosto piccoli in modo che si insaporisca
meglio. Altra cosa importante è rosolare bene prima la carne con un filo d’olio, solo in seguito aggiungo
cipolla aglio carota e sedano tritati e rosolo bene anche loro, una volta rosolato il tutto, una spruzzata
di vino bianco tenendo la fiamma alta per qualche minuto. Aggiungere i pomodori secchi tritati
grossolanamente, i capperi interi o tritati, come preferite, la salsa di pomodoro e l’alloro, iniziare la
cottura tenendo la pentola coperchiata e aggiungere qualche mestolo di acqua ogni tanto se dovesse
asciugarsi troppo, i tempi di cottura variano in base alla carne, io l’ho lasciata cuocere per quasi due
ore, provare a pungere con una forchetta per valutare. Servire calda, subito o se dopo qualche ora
ancora meglio perchè avrà assorbito bene tutti i sapori.
Ingredienti
Una lepre da 1 kg circa
3/4 carote
mezza cipolla media
uno spicchio d’aglio
un gambo di sedano
4 cucchiai di salsa di pomodoro
1 cucchiaio di capperi
2/3 foglie di alloro
2/3 pomodori secchi
vino bianco
olio extravergine d’oliva
QUAGLIE AL VINO BIANCO
Preparazione:
Pulite le quaglie e farcitele con mezzo spicchio d’aglio, aghi di rosmarino, una foglia di salvia, sale e
pepe. Mettetele in un tegame con un po’ d’olio e fatele colorire, salate, versate un bicchiere di vino,
cuocete, coperto, a fuoco basso per 20 minuti. Vini di accompagnamento: Terre Di Franciacorta Rosso
DOC, Montefalco Rosso DOC, Copertino Rosso DOC.
Ingredienti per 4 persone:
8 quaglie
1/2 spicchio di aglio
alcuni aghi di rosmarino
1 foglia di salvia
1 bicchiere di vino bianco
olio d’oliva
sale
pepe
Identificazione: con una lunghezza di 40 cm e con 48-50 cm di apertura alare, è assieme all’alzavola una
delle anatre più piccole. Differisce da quest’ultima, oltre che per le dimensioni lievemente maggiori per il
piumaggio. Il maschio presenta un vistoso sopracciglio bianco che discende dietro la nuca fino al collo, la
Identificazione:
con una
lunghezza
di 40
cm e con
48-50
cm di apertura
alare,diècolore
assieme
all’alzavola
parte superiore
del capo
è di colore
bruno-scuro
come
il sottobecco.
Collo e petto
bruno
con fitte una
delle anatre
piùnere,
piccole.
Differisce
quest’ultima,
che per
le ultimi
dimensioni
lievemente
macchie
il basso
ventre edda
i fianchi
sono chiarioltre
assumendo
sugli
tinte grigio
metallico.maggiori
Le piume per il
delleIlspalle
sono lunghe
ed appuntite
rigate
di bianco. Lo
specchio
è verdedietro
mentrelail nuca
becco fino
è nero.
piumaggio.
maschio
presenta
un vistoso
sopracciglio
bianco
chealare
discende
al La
collo, la
femmina
presenta
tinte
meno
accese
che
vanno
dal
bruno
al
castano
chiaro,
il
sopracciglio
è
molto
meno
parte superiore del capo è di colore bruno-scuro come il sottobecco. Collo e petto di colore bruno con fitte
maschio,
grigio scuro.sugli
Taliultimi
caratteri
la grigio
rendono
distinguibile
macchieevidente
nere, il del
basso
ventreloedspecchio
i fianchialare
sonoinvece
chiari èassumendo
tinte
metallico.
Le piume
dall’azavola femmina. I giovani maschi, prima dell’autunno, possono essere confusi con le femmine.
delle spalle sono lunghe ed appuntite rigate di bianco. Lo specchio alare è verde mentre il becco è nero. La
Volo: anatra dal volo molto veloce, caratterizzato da rapidi battiti. Nel periodo di migrazione assume
femmina
presenta tinteformazioni
meno accese
che vanno
brunoleal tipiche
castano
chiaro, ila sopracciglio
è molto
prevalentemente
tondeggianti,
nondal
disdegna
formazioni
V o in line retta,
può meno
evidenteformare
del maschio,
lo specchio
invece èdi grigio
scuro. Tali
caratteri la rendono distinguibile
branchi molto
folti. Migraalare
preferibilmente
notte riposando
il giorno.
dall’azavola
femmina.
I
giovani
maschi,
prima
dell’autunno,
possono
essere
confusi
con leil femmine.
Voce: caratteristico è il verso simile ad un tamburellare metallico, a questo
si aggiunge
tipico quack
quack, le
femmine
emettono
un verso
nasale di richiamo
tipo jag-jag.
Volo: anatra
dal
volo molto
veloce,
caratterizzato
da rapidi
battiti. Nel periodo di migrazione assume
Habitat: acquitrini
con vegetazione
lacustre,
risaie,
ampi laghi
fiumi a lento
corso. Frequentemente
prevalentemente
formazioni
tondeggianti,
non
disdegna
le etipiche
formazioni
a V o in lineriposa
retta, può
in
branchi
sul
mare.
formare branchi molto folti. Migra preferibilmente di notte riposando il giorno.
Riproduzione: avviene tra aprile e maggio, effettua da una a due covate. Il nido è costruito in una
Voce: caratteristico è il verso simile ad un tamburellare metallico, a questo si aggiunge il tipico quack
depressione del terreno, foderato con erbe e piumino. Depone da 7 a 14 uova, queste presentano una
quack, le
femminebianco-fulviccia,
emettono un verso
nasale
richiamo
tipo jag-jag.
colorazione
vengono
covatediper
21-23 giorni.
Habitat:Alimentazione:
acquitrini conlavegetazione
lacustre,
risaie,
ampi
laghi
a lento corso. Frequentemente riposa
dieta comprende granaglie, insetti, molluschieefiumi
vegetali.
in branchi sul mare.
Riproduzione: avviene tra aprile e maggio, effettua da una a due covate. Il nido è costruito in una
depressione del terreno, foderato con erbe e piumino. Depone da 7 a 14 uova, queste presentano una
colorazione bianco-fulviccia, vengono covate per 21-23 giorni.
A curaladell’
Associazione
Cacciatori
Alimentazione:
dieta comprende
granaglie, Giovani
insetti, molluschi
e vegetali.
[email protected]
A cura dell’ Associazione Giovani Cacciatori
[email protected]
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