Apple Pay sbarca anche in Italia

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Mercati

Giovedì

9 Marzo

2017

L’APPLICAZIONE È ATTIVA SU CARTE EMESSE DA UNICREDIT, CARREFOUR BANCA E BOON

Apple Pay sbarca anche in Italia

Il colosso di Cupertino mette in seria difficoltà i piccoli player locali. E diventa l’unica alternativa a Google

di Davide Fumagalli

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on il debutto di Apple Pay in Italia il gruppo di Cupertino amplia la sfida ai player locali in quello che è ormai un merca to-chiave anche per il colosso statunitense. La mossa di Cook conferma come Apple guardi all’Italia come a un’area im portante per le potenzialità, già oggi del resto evidenti consi derando che il Paese è uno dei principali in Europa per quota di mercato di iPhone. E con il debutto del servizio Pay, che abilita i pagamenti digitali tra mite iPhone e Watch, Apple si propone non solo di fidelizzare i possessori abituali e di spin gere altri a passare ai disposi tivi della Mela rispetto ai molti cloni cinesi basati su Android, ma anche di sfidare i due co lossi locali dei servizi web, che offrono già servizi analoghi basati però su tecnologie meno sofisticate e, soprattutto, non valide su scala globale. Per il momento il sistema è attivo su carte Mastercard e Visa emes se da Unicredit, Carrefour Banca e Boon, ma non è diffi cile ipotizzare che molti altri player seguiranno presto. Una mossa che blocca o rallenta eventuali piani dei due colossi cinesi, e specialmente Tencent, che attualmente domina il set tore dei pagamenti digitali da smartphone in Cina tramite la piattaforma WeChat, utilizzan do i codici QR o codici a barre tridimensionali per effettuare la transazione e il relativo pa-

di Nicola Carosielli

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Samsung medita un trasloco dal Messico agli Usa

essuno sembra intenzionato a frapporsi fra Trump e il suo «America First». Così, l’ombra del presidente americano continua ad allungarsi e dal muro con il Messico inizia a raggiungere le aziende che del mercato sta tunitense proprio non possono farne a meno. Ultimo caso: Samsung Electronics. Secon do quanto riportato dal

Wall Street Journal

, il gigante sudcoreano avrebbe intenzione di trasferire parte della produzione dal Messico gamento, mentre Apple Pay si basa sulla più sofisticata e sicura tecnologia Nfc a onde radio a breve distanza, oltre a garantire sicurezza e riserva tezza delle informazioni dei agli Usa, cosa che potrebbe portare alla creazione di 500 posti di lavoro. Inizial mente l’azien da di Suwon dovrebbe investire 300 milioni di dollari ma nel lungo termine la cifra potrebbe rivelarsi decisamente più alta. Stando a quanto ripor tato dal quotidiano, Samsung starebbe pen sando di allargare la propria produzione negli Usa. L’indiscrezione segue quella di settimana scorsa che ha coinvolto LG Electronics, che ha spiegato di volere costruire una nuova fab brica di elettrodomestici in Tennessee con un investimento di 250 milioni di dollari, creando 600 posti di lavoro nuovi. Samsung comun que non avrebbe ancora preso alcuna deci sione definitiva, ma pare stia pensando a un ampliamento della produzione americana di elettrodomestici. Al Wall Street Journal infatti l’azienda ha detto di avere avuto discussioni «preliminari» riguardanti una nuova fabbrica negli Usa con gli Stati di Alabama, Georgia, North Carolina, Ohio e South Carolina. (ri produzione riservata) propri clienti. L’applicazione utilizza un numero specifico del dispositivo del cliente e un codice di transazione uni voco. I dati della carta, quindi, non vengono mai memorizzati sul dispositivo o sui server, né condivisi con i commercianti durante l’operazione.

Il servizio è stato lanciato negli Stati Uniti nel 2014 e lo sbar co italiano segue l’estensione progressiva in Australia, Cana da, Cina, Francia, Giappone, Hong Kong, Nuova Zelanda, Regno Unito, Russia, Singapo re, Spagna e Svizzera. (ripro duzione riservata)

Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/apple

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Fincantieri, ipotesi Cdp per sbloccare dossier Stx France

di Nicola Capuzzo

l soggetto finanziario candi dato ad affiancare Fincantieri nell’acquisizione di Stx France potrebbe essere Cassa Depositi e Prestiti, secondo indiscrezioni raccolte dall’agenzia Come riportato martedì scorso da

MF-Milano Finanza Reuters

, la nego ziazione fra Italia e Francia per la cessione del 66,6% del can tiere navale messo in vendita dal gruppo sudcoreano Stx è in dirit . tura d’arrivo e il compromesso trovato per sbloccare l’impasse prevede la ces sione a Fincantieri di una quota inferiore al 50% con l’ingresso di un altro soggetto che rileverà il 10% circa. Oltre a Cdp un altro nome emerso co me possibile partner del gruppo italiano nell’ac quisizione di Stx France è Msc Crociere, ma l’amministratore delegato di Fincantieri, Giusep pe Bono, certamente spingerà per avere al suo fianco la propria controllante (Fincantieri fa capo infatti a Cassa Depositi e Prestiti tramite Fintecna) piuttosto che una società cliente di entrambe i cantieri. Se alla fine l’azionaria to dovesse effettivamente vedere Cdp al 10% del capitale, Fincan tieri con una quota compresa fra il 45 e il 49%, lo Stato francese al 33% e il resto in mano al grup po transalpino Dcns, per Bono sarebbe di fatto comunque garantito il controllo di Stx France, in barba ai timori di Parigi sul rischio che il grup po italiano avesse in mano il 51% della società. (riproduzione riservata)

Polegato: l’Italia non sa gestire la sua creatività

di Carlo Brustia

I

n Italia c’è la creatività ma non la capacità di gestirla. È l’opinione di Mario Moretti Polegato, fondatore e presidente di Geox, intervenuto ieri pomeriggio a Roma presso la Link Campus Uni versity e, poche ore prima, alla Luiss. Polegato ha tenuto due lectio magistralis dinanzi agli studenti dei due atenei romani sul valore di innovazione e proprietà intellettuale, portando a esempio il suo gruppo calzaturiero, nato nel 1995 da un’intuizio ne dello stesso Polegato e oggi presente in più di 100 Paesi fatturando 900 milioni. «Oggi l’Italia è agli ultimi posti per numero di brevetti. Non perché c’è poca creatività ma perché non sappia mo valorizzarla», ha sottolineato l’imprenditore veneto. «Se solo riuscissimo a gestire il nostro potenziale, spiegandolo agli altri Paesi, avremmo centinaia di realtà interessate ai nostri prodotti», ha proseguito il patron di Geox. Che ha colto l’occasione per lanciare una proposta. «Credo che oggi più che mai sia necessario inserire nei programmi universitari, dal primo anno, materie finalizzate alla valorizzazione del cervello. Se non impariamo a capire che la nostra mente va stimo lata, non c’è futuro. Anche perché il progresso negli altri Paesi non si ferma». Intanto l’azienda di Montebelluna quotata a Piazza Affari (ieri ha chiuso in calo dello 0,4%) attende le mosse del nuovo ceo Gregorio Borgo, al timone da gennaio dopo l’allontanamento di Giorgio Presca. Per gli analisti il manager ex Pirelli dovrebbe focalizzarsi su rete di vendita e controllo dei costi, anche alla luce dei risultati del gruppo veneto, che ha chiuso il 2016 con un utile in calo del 79% a 2,01 milioni di euro a fronte di ricavi in aumento del 3% a 901 milioni (contro attese per 916). Quindi il board di Geox ha deciso di proporre all’assemblea dei soci un dividendo di 0,02 euro per azione (0,06 euro la cedola sul 2015), per complessivi 5,2 milioni.

Private equity ai massimi, raccolti 2.480 miliardi $

di Antonio Lusardi

V

iviamo nell’epoca d’oro del private equity, parola di Boston Consulting Group. Secondo l’ultimo studio della multina zionale americana della consulenza, i fondi globali del settore private equity e venture capital hanno segnato nel 2016 un nuovo massimo storico di raccolta con 2.480 miliardi di dollari gestiti da quasi 5 mila società del settore, di cui 319 solo nell’anno appena concluso. Il settore riceve addirittura più risorse di quante riesce a spenderne: il capitale ancora non utilizzato ammonta a quasi 900 miliardi di dollari, un valore superiore al prodotto interno lordo dei Paesi Bassi. A beneficiarne non sono solo le società con una storia d’investimento lunga e di successo, per le quali l’overbooking dei fondi «è ormai comune», ma anche i nuovi fondi appena costituiti. Le ragioni di questo successo, secondo gli autori dello studio, sono semplici: «i fondi di private equity continuano a sovraperformare la maggior parte delle altre asset class, mantenendo i loro investitori più che soddisfatti». Un successo che non deve stupire più di tanto, visti il livello dei tassi in Europa (e negli Stati Uniti, almeno fino a oggi), la volatilità di molti mercati azionari e le difficoltà periodiche di alcuni Paesi emergenti. Il flusso di nuovi capitali alla ricerca di investimenti redditizi arriva, secondo Boston Consulting Group, anche dalla Cina, dove le società di private equity raccolgono sempre più risorse da investire nelle economie occidentali ma soprattutto trovano metodi sempre più veloci ed efficienti per esportare la liquidità. L’eccesso di capitali e di società di priva te equity starebbe addirittura portando a una sempre maggiore scarsità di asset su cui investire e a vere e proprie aste su quelli più promettenti, organizzate a volte nel volgere di poche ore. Le valutazioni delle operazioni sono ormai tornate ai livelli precedenti la crisi del 2007-2008, mentre l’utilizzo della leva finanziaria non è molto distante dai livelli di dieci anni fa. La pressione sta arrivando a toccare anche le quote di gestione, prima fissate per convenzione al 2,2% ma ad oggi calate anche di 20 punti base; un impatto non trascurabile per un’industria che dà lavoro a milioni di persone. L’occupazione è l’altro elemento che fa capire quanto l’industria del private equity sia importante a livello globale. Secondo i dati di Bcg, infatti, in Europa le prime cinque società di private equity danno ormai lavoro a più persone del gruppo Volkswagen, mentre negli Usa le top 5 hanno più dipendenti di McDonald’s e Ibm messe insieme. (riproduzione riservata)