Continua a leggere…

Download Report

Transcript Continua a leggere…

CNS ECOLOGIA POLITICA, NUMERO 2, ANNO 27, FEBBRAIO 2017
Le prime due settimane di Donald Trump*
di Fabrizio Tonello
Trivellazioni. Oleodotti. Deregulation della finanza. Spese militari. Le prime due settimane
dell’amministrazione Trump sembrano un tentativo di resuscitare l’economia degli anni Ottanta, quella
di Ronald Reagan.
Se questa è la ricetta per creare posti di lavoro, i sostenitori di Trump potrebbero tuttavia essere ben
presto delusi. E se la base elettorale del presidente si sentirà ingannata su questo fronte la sua
popolarità potrebbe calare rapidamente.
Obama lascia in eredità una disoccupazione ai minimi storici, il 4,8%. In gennaio, l’economia americana
ha creato 227.000 nuovi posti di lavoro, ma i salari continuano a rimanere stagnanti, un indizio del fatto
che la situazione è meno soddisfacente di quanto non sembri.
Infatti, se si guarda al tasso di partecipazione al mercato del lavoro, vale a dire la percentuale di adulti
che effettivamente sono al lavoro o lo cercano attivamente, si scopre che questo tasso è ora al 62,7%.
Si tratta di un livello storicamente molto basso.
Per capire questo fenomeno occorre disaggregare i dati per sesso, età, razza e livello di istruzione. Ad
esempio, mentre oltre l’82% degli adulti laureati lavora, solo il 52% degli adulti che non hanno almeno
un diploma di scuola superiore hanno un’occupazione.
C’è poi una profonda differenza fra le zone con un’economia dinamica sulle coste del Pacifico, o
dell’Atlantico, e le zone interne degli Stati Uniti, in particolare lungo gli Appalachi. Se si parte dalla
Pennsylvania occidentale e si scende a sud lungo la catena montuosa, si entra in un vasto territorio che
comprende parte di undici stati, nove dei quali hanno votato in modo schiacciante per Trump.
Solo Maryland e Virginia, che hanno la maggior parte dei loro territori e importanti città costiere al di
fuori degli Appalachi, hanno votato per la Clinton. In West Virginia, l’unico stato interamente all’interno
della zona montuosa, Trump ha raccolto 68% dei voti.
Vuol dire che il nuovo presidente deve «riportare i posti di lavoro» non a Wall Street o Silicon Valley ma
in Ohio, West Virginia, Kentucky. Nessuno gli chiede di promuovere l’occupazione nel settore
finanziario, o nei casinò di Las Vegas: i suoi sostenitori vogliono posti di lavoro per falegnami, idraulici,
muratori, camionisti e lavoratori dell’automobile.
Quei vecchi posti di lavoro, sindacalizzati e ben pagati, che ormai le grandi aziende americane hanno
trasferito in America Latina o in Asia. Ottenere risultati in questo campo sarà più difficile di quanto
Trump pensa, per almeno due motivi: prima di tutto, le aziende non vanno dove il presidente vuole ma
reagiscono alle opportunità di mercato, alla disponibilità di manodopera, di trasporti, alle
regolamentazioni e alle tasse.
CNS ECOLOGIA POLITICA, NUMERO 2, ANNO 27, FEBBRAIO 2017
In secondo luogo, le fabbriche come la Ford o la General Motors di 50 anni fa, con centinaia di migliaia
di operai, semplicemente non esistono più a causa dell’aumento della produttività. E non saranno gli
oleodotti, le trivelle, o il muro da costruire lungo il confine con il Messico a risolvere la situazione
occupazionale in Pennsylvania, Michigan o Wisconsin.
L’oleodotto Keystone, che va dal Canada al golfo del Messico, a cui Trump ha dato il via libera,
trasporterà 800.000 barili di greggio al giorno, ma creerà solo 42.000 posti di lavoro temporanei per
due anni e solo 35 posti di lavoro permanenti negli Stati Uniti.
Per l’economista di Princeton Alan Krueger uno dei motivi per cui oggi ci sono milioni di persone troppo
scoraggiate anche solo per cercare lavoro è «il declino secolare dei salari reali dei maschi non
qualificati», in altre parole gli stipendi offerti non sono sufficienti per rendere attraenti lavori faticosi e
senza prospettive.
Il salario minimo è vergognosamente basso, in dollari costanti raggiunse il suo massimo nel 1968, mezzo
secolo fa, e adesso è 7,25 dollari l’ora, la metà di quello di cui ha necessità una famiglia media. Per
Krueger molti degli adulti oggi fuori del mercato del lavoro hanno problemi fisici, emotivi e mentali
legati alla salute che sono un «ostacolo sostanziale» alla loro impiegabilità: circa la metà di loro
prendono ogni giorno analgesici che danno dipendenza.
Questi non rientreranno nel mercato del lavoro solo perché a Washington c’è una amministrazione
repubblicana che cancella le regolamentazioni delle banche oppure offre incentivi fiscali alle imprese
petrolifere.
Trump ha quindi fatto una scommessa rischiosa promettendo di risolvere una crisi del lavoro le cui
origini sono vecchie di decenni, in cui molti fattori sono al di fuori del suo controllo, e che le politiche
repubblicane faranno peggiorare: per Bernie Sanders, per esempio, la cancellazione della riforma
sanitaria di Obama farà perdere 59.000 posti di lavoro nel solo Kentucky.
*il manifesto, 4 febbraio 2017