Passa la riforma Madia Articolo 18 per gli statali con tetto agli

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LA STAMPA
VENERDÌ 24 FEBBRAIO 2017
Primo Piano .9
.
PUBBLICO IMPIEGO
La ministra
Marianna Madia
titolare
del dicastero
della Pubblica
Amministrazione
Passa la riforma Madia
Articolo 18 per gli statali
con tetto agli indennizzi
Allarme di Confindustria sulla crescita del Pil
Ma Gentiloni replica: “Stiamo lavorando”
GIUSEPPE LAMI/ANSA
Auto,
approvato
documento
unico
n Nel provve-
dimento approvato ieri c’è
anche il documento unico di
circolazione.
Non ci sarà però
la fusione (prevista nella riforma di due anni
fa, quando è
nato il progetto) tra il Pra, il
pubblico registro automobilistico gestito
dall’Aci che oggi
rilascia il certificato di proprietà e la Motorizzazione, che
invece consegna il libretto di
circolazione.
Niente agenzia
unica e conseguente spostamento di personale, dunque, e
anche le due
banche dati
resteranno
separate. Col
foglio unico il
proprietario del
veicolo risparmierà 39 euro.
NICOLA LILLO
ROMA
«Il governo, lo dico oltre che ai
concittadini anche ai nostri
amici a Bruxelles, è al lavoro
con determinazione, forse non
colta del tutto da qualcuno, ma
per quanto ci riguarda molto
chiara». Il messaggio del premier Paolo Gentiloni ha due destinatari. Non è diretto soltanto verso l’Europa, ma anche alla Confindustria che proprio ieri ha espresso preoccupazione
per le condizioni economiche
del Paese. L’Italia in Europa
«resta fanalino di coda con una
crescita inadeguata ad uscire
dalla crisi», un ritmo lento «frenato dall’incertezza, specie politica», ha scritto il Centro studi
degli industriali.
Il premier però non ci sta: «Il
governo prosegue nel suo cammino e lo ha fatto con decisioni
molto rilevanti, dalla tutela del
risparmio alla sicurezza urbana fino all’immigrazione». A
questi provvedimenti Gentiloni
ha aggiunto il via libera di ieri
da parte del Consiglio dei ministri dei cinque decreti attuativi
della riforma della Pubblica
amministrazione, che dopo tre
anni di lavoro e oltre 20 decreti
arriva al traguardo.
«Un’operazione complessa
di grandissimo valore strategico, molto attesa anche a livello
europeo», ha detto Gentiloni
promettendo «un’ulteriore accelerazione del ritmo delle riforme» con il Documento di
economia e finanza.
Sono diverse le novità della
riforma della ministra Marianna Madia. Ieri il Consiglio dei
ministri, oltre all’atteso codice
degli appalti, ha dato via libera
al Testo unico del pubblico impiego, che apre la strada ai rinnovi contrattuali per i tre milio-
ni di dipendenti pubblici che da
sette anni attendono un aumento salariale medio di 85 euro al mese. È il punto più importante per i sindacati, che hanno
immediatamente chiesto di
«proseguire il confronto» e inviare il più presto possibile la
direttiva all’Aran per riaprire
la stagione contrattuale da
troppo tempo assente nel pubblico impiego. Al rinnovo dei
contratti «andrà la parte prevalente» del fondo stanziato
per la Pubblica amministrazione in legge di Bilancio, e cioè 1,2
miliardi, e un altro stanziamento sarà fatto nella prossima.
Ma oltre a questo, la nuova
riforma attua un piano straordinario per la stabilizzazione
dei precari storici, licenziamenti entro un mese per i «furbetti» del cartellino e per gli assenteisti, un sistema di reclutamento improntato sul merito e
un nuovo rapporto nella contrattazione, ridando peso ai
sindacati. Tra le novità c’è anche la creazione di un solo documento per l’auto, che somma
il certificato di proprietà e il libretto di circolazione e che porterà a risparmi di 39 euro per
pratica, oltre al riordino delle
carriere nelle forze dell’ordine.
Viene mantenuto, invece,
l’articolo 18 nel pubblico, e cioè
la reintegra, ma il tetto per il
risarcimento si allinea a quello
del privato non superando le
24 mensilità. Per la ministra la
riforma servirà a «semplificare la vita dei cittadini e degli
imprenditori». I decreti ora
andranno alle Commissioni
parlamentari e alle Regioni
per un’intesa e per questo passeranno almeno tre mesi, tempo utile per gli aggiustamenti
che il ministro ha già annunciato in risposta ai suggerimenti arrivati dai sindacati.
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Taccuino
MARCELLO
SORGI
Orlando,
la candidatura
che guarda oltre
le primarie
ttesa ormai da giorni,
la candidatura del ministro di giustizia Orlando alla segreteria del Pd
apre i giochi veri del congresso. E non perché Orlando sia
in condizione di creare serie
difficoltà alla riconferma di
Renzi, ma perché, dividendo
la componente post-comunista tra coloro che sceglieranno di seguirlo e coloro che resteranno al fianco del leader
dimissionario, servirà a costruire una piattaforma per il
dopo, nel caso in cui il secondo tempo della segreteria
Renzi si riveli deludente e
inanelli altri insuccessi elettorali, provocando una nuova
crisi al vertice del partito.
In discussione, tra i postcomunisti come Orlando, il
presidente del partito Orfini
(che condivideva con lui la
guida della corrente dei Giovani Turchi), il ministro dell’Agricoltura Martina, è un
concetto molto in voga ai
tempi della Prima Repubblica e della partitocrazia: la
collegialità, di cui i segretari
dovevano dar prova soprattutto nei momenti di difficoltà. Alla vigilia di una ridefinizione strategica della collocazione del Pd, dopo la sconfitta al referendum, Orlando
avrebbe voluto una conferenza programmatica dedicata solo ai contenuti della
politica Democrat. I suoi
compagni rimasti al fianco di
Renzi invece ritengono di poter trasformare in vero luogo
di dibattito la convention che
Renzi ha organizzato a Torino al Lingotto a marzo, per il
lancio in grande stile della
sua candidatura e della corsa alla riconferma. La parola
d’ordine di Martina per quest’appuntamento è abbastanza esplicita: non dovrà
essere una Leopolda, come a
dire che è finito il tempo della leadership incontrastata
legata all’appuntamento nella vecchia stazione di Firenze in cui avveniva una parata
del mondo e delle idee renziane, ma senza un vero confronto politico. Se vorrà ottenere l’appoggio della componente post-comunista, Renzi
dovrà dunque dimostrare di
essere in grado di rappresentare le idee della sinistra
del Pd, prendendo atto che la
ricerca di voti al centro, o al
centrodestra, s’è rivelata un
fallimento, e occorre una
svolta decisa per tornare a
intercettare i consensi degli
elettori che si sono allontanati e potrebbero ora confluire verso la formazione di
Bersani, D’Alema, Rossi e
degli scissionisti.
Va da sé che se invece Renzi continuasse a fare Renzi,
scegliendo anche per il Lingotto una sceneggiatura tipo
Leopolda, una parte di quelli
che finora lo hanno appoggiato potrebbero fare una scelta
diversa, orientandosi verso
la candidatura di Orlando,
che è nata anche per questo,
e in alternativa, ovviamente,
alla confusa discesa in campo
di Emiliano, in retromarcia
rispetto alla scelta scissionista del giorno prima.
A
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