lasciati soli al gelo

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Transcript lasciati soli al gelo

Fondato il 15 dicembre 1969
Settimanale
Saluto di Giovanni Scuderi alla
Commemorazione di Lenin a Cavriago
Lenin, con
la
Lenin,
con
Grande
Rivoluzione
la
Grande
Socialista di
Rivoluzione
Ottobre,
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ha indicato ladi
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Ottobre,
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del socialismo
e
indicato
la via
del potere politico
delsocialismo
proletariato
del
e del potere
politico del
proletariato
Sotto le bandiere rosse con la falce
e martello uniti possiamo fare molto
per combattere il governo Gentiloni e
difendere gli interessi delle masse
di Giovanni Scuderi
PAG. 2
Nuova serie - Anno XLI - N. 4 - 2 febbraio 2017
Discorso di Denis Branzanti, Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna,
a Cavriago in occasione del 93° Anniversario della scomparsa del grande
Maestro del proletariato internazionale
Prendiamo esempio
da Lenin per trasformare
l’Italia e noi stessi
“La Costituzione
italiana è
l’esempio
di come il
capitalismo
possa camuffare
la propria
dittatura”
PAGG. 3-4-5
Cavriago (Reggio Emilia), 22
gennaio 2017. La commemorazione di Lenin per il 93°
Anniversario della scomparsa a cui hanno partecipato
militanti e simpatizzanti del
PMLI giunti da varie città
dell’Emilia-Romagna, della
Lombardia, del Piemonte e
della Toscana, militanti del
PCI e sostenitori del PRC,
e diversi cavriaghesi e reggiani giunti da vari comuni
della provincia (foto Il Bolscevico)
I terremotati del Centro Italia sommersi dalla neve
Lasciati soli
al gelo
19 morti, 15 dispersi, centodieci paesi al buio da
giorni. Solo a parole le promesse di “tutto e subito”
L’allerta meteo è stata
ignorata dallo Stato PAG. 12
Una delle tendopoli che ospitano i terremotati sepolta sotto la neve
Con un discorso mussoliniano all’insediamento alla Casa Bianca
Intervenendo a Davos al Forum economico mondiale dei governanti
imperialisti e dei supermiliardari
Trump instaura la dittatura Il rinnegato Xi difende la
fascista negli Stati Uniti ”globalizzazione” e si propone
“Domineremo il mondo”.”Distruggere l’Is è la nostra priorità”
Gli antifascisti e antirazzisti protestano in
piazza. 600mila donne marciano a Washington
PAG. 8
come leader mondiale pacifista
PAG. 10
2 il bolscevico / Commemorazione di Lenin a Cavriago
N. 4 - 2 febbraio 2017
Saluto di Giovanni Scuderi alla Commemorazione di Lenin a Cavriago
Lenin,con
conla
la Grande
Grande Rivoluzione
Lenin,
Rivoluzione
Socialista
Ottobre,
Socialista di Ottobre,
ci ci
hahaindicato
delsocialismo
socialismo
indicatola
la via del
e e
deldel
potere
delproletariato
proletariato
poterepolitico
politico del
Sotto le bandiere rosse con la falce e martello uniti possiamo fare molto
per combattere il governo Gentiloni e difendere gli interessi delle masse
di Giovanni Scuderi
Con spirito rivoluzionario saluto in maniera militante e con ammirazione tutti i
presenti, a cominciare dai compagni Denis Branzanti e Alessandro Fontanesi,
alla commemorazione di Lenin, grande
Maestro del proletariato internazionale, in
occasione del 93° Anniversario della sua
scomparsa.
Davanti al busto di Lenin a Cavriago,
siete riuniti sotto tre bandiere con sigle diverse ma di uguale colore, il rosso, e con
lo stesso simbolo della falce e martello.
Solo che quella del PMLI è sormontata
dall’effigie di Mao, anziché dalla stella del
socialismo come l’altra, che simboleggia la teoria rivoluzionaria del proletariato, ossia il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, senza la quale è impossibile
combattere e sconfiggere l’ideologia della borghesia - il liberalismo - il capitalismo
e le sue istituzioni e i suoi governi, il riformismo e il revisionismo e avanzare con
successo verso il socialismo e il potere
politico del proletariato.
Sotto queste tre bandiere, e cercando
di coinvolgerne altre simili, lottando assieme e aiutandoci reciprocamente, possiamo fare molto per combattere il governo
Gentiloni di matrice renziana antipopolare, piduista e fascista in difesa degli interessi supremi delle masse popolari, giovanili e femminili.
Attualmente in Italia il socialismo non
tira più come nel passato, per lo scempio compiuto dai revisionisti nei paesi già
socialisti e nei partiti comunisti storici,
ma prima o poi ritornerà di moda, di gran
moda perché il proletariato e le masse
sfruttate e oppresse non accetteranno in
eterno di essere schiavi della classe do-
minante borghese.
Dipenderà anche dall’impegno che
ciascuno di noi, evitando di cadere nelle nuove trappole costituzionali e riformiste in costruzione, ci metterà per illustrarlo e farlo condividere al proletariato e alle
nuove generazioni.
Lenin, con la Grande Rivoluzione Socialista di Ottobre, di cui quest’anno ricorre il centenario, ci ha indicato la via,
percorriamola fino in fondo con forza e fiducia, sicuri della vittoria finale.
Con Lenin per sempre, contro il capitalismo e per il socailsimo!
Vostro compagno di lotta,
Giovanni Scuderi
Firenze, aprile 2014. Giovanni Scuderi, Segretario
generale del PMLI, mentre pronuncia il Rapporto
alla 4ª Sessione plentaria del 5° Comitato centrale
del Partito
Nel 93° Anniversario della scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale interventi di PMLI, PCI, PRC, Lista “Cavriago città aperta”
Commemorato in piazza Lenin intorno
alle bandiere rosse di PMLI, PCI e PRC
Partecipazione straordinaria all’evento. Branzanti invita a prendere esempio da Lenin. Per Fontanesi il leninismo è
attualissimo. Luisca Boni rilancia: creiamo un museo di Lenin. Cantate l’Internazionale, Bandiera Rossa e Bella Ciao.
I simpatizzanti di Modena del PMLI realizzano una bella torta con l’immagine di Lenin per il pranzo collettivo
Scuderi: “Senza la teoria rivoluzionaria del proletariato, ossia il marxismo-leninismo-pensiero di Mao,
è impossibile combattere e sconfiggere l’ideologia della borghesia – il liberalismo – il capitalismo
e le sue istituzioni e i suoi governi, il riformismo e il revisionismo e avanzare con successo verso il
socialismo e il potere politico del proletariato”
‡‡Dal
A conclusione dell’iniziativa i partecipanti, compresi i dirigenti dei tre partiti davanti il busto di Lenin, cantano
l’Internazionale, Bandiera Rossa e Bella Ciao (foto Il Bolscevico)
nostro
corrispondente
dell’Emilia-Romagna
Domenica 22 gennaio Il
PMLI.Emilia-Romagna e la
Federazione di Reggio Emilia del PCI hanno organizzato
l’annuale commemorazione
pubblica di Lenin, in Piazza
Lenin a Cavriago dove è collocato un suo busto, nel 93°
Anniversario della scomparsa (21 gennaio 1924).
Da 11 anni il PMLI organizza manifestazioni pubbliche a Cavriago in tale occasione, prima ancora si recava
comunque sul posto per rendere omaggio a Lenin, da alcuni anni il PCI (prima PdCI)
si è unito all’organizzazione,
quest’anno la schiera dei partecipanti si è ulteriormente allargata coinvolgendo anche il
PRC e la Lista “Cavriago città
aperta” che conta 2 consiglieri comunali.
Inoltre quest’anno vi è stata un’ampia pubblicizzazione
dell’iniziativa sui siti internet e
sui giornali locali.
Tutto questo ha determinato una partecipazione straordinaria all’evento, i presenti si
potevano contare in oltre 70
unità, la parte maggiore era
rappresentata da militanti e
simpatizzanti del PMLI giunti
da varie città dell’Emilia-Romagna, della Lombardia, del
Piemonte e della Toscana,
ma consistente era anche la
presenza di militanti del PCI,
presenti diversi sostenitori del
PRC e in misura molto maggiore rispetto agli anni scorsi
è stata anche la partecipazione di cavriaghesi e reggiani giunti da vari comuni della
provincia.
Presenti tra gli altri Rodolfo Curti, colui che nel 1970
ha portato il busto di Lenin
dall’ambasciata sovietica di
Roma a Cavriago, e il consigliere comunale PD di Reggio Emilia Dario De Lucia.
Il risultato è stato un bellis-
simo colpo d’occhio con una
piazza sempre più gremita di
bandiere rosse. A conferma
indiretta della crescita della
manifestazione anche la presenza fissa per la prima volta di una macchina dei carabinieri.
Come sempre davanti al
busto di Lenin erano collocati
due grandi manifesti, uno che
ritraeva lo stesso Lenin e uno
Stalin, a significare la continuità ideologica e politica tra
questi due grandi Maestri del
proletariato internazionale, al
pari di Marx, Engels e Mao.
Alle ore 11 il compagno
Federico Picerni, Responsabile della Commissione giovani del CC del PMLI, ha aperto
e presentato l’iniziativa e introdotto i vari interventi.
Il primo a prendere la parola è stato Alessandro Fontanesi, Segretario provinciale di Reggio Emilia del PCI,
SEGUE IN 3ª
ë
Commemorazione di Lenin a Cavriago / il bolscevico 3
N. 4 - 2 febbraio 2017
Discorso di Denis Branzanti, Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna,
a Cavriago in occasione del 93° Anniversario della scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale
Prendiamo esempio da Lenin
per trasformare l’Italia e noi stessi
“La Costituzione italiana è l’esempio di come il capitalismo possa camuffare la propria dittatura”
Care compagne e cari
compagni,
puntualmente, come ogni
anno, siamo oggi qui presenti
a Cavriago dinnanzi al busto
di Lenin, per rendere omaggio a questo grande Maestro
del proletariato internazionale in occasione del 93° Anniversario della sua scomparsa, avvenuta il 21 gennaio del
1924 a Gorky.
E lo facciamo in modo militante, tenendo ben alte quelle bandiere, rosse del sangue
versato dai lavoratori e dalle
masse in lotta di ogni paese,
sin da quando il proletariato ha iniziato la sua battaglia
contro il capitalismo; cioè sin
dal 1512 quando sembra sia
stata innalzata per la prima
volta in Germania, passando
per le barricate del popolo di
Parigi nel 1848, ai comunardi nel 1871, in seguito adottata da tutti i partiti socialisti e
comunisti, bandiera nazionale dell’Urss di Lenin e Stalin
dal 1917 e della Cina di Mao
dal 1949, bandiera rossa che
ha svettato sul pennone più
alto del Reichstag tedesco
nel 1945 a sancire la vittoria
sul nazifascismo grazie principalmente all’Armata Rossa sovietica, e che il PMLI ha
fatto propria sin dalla sua nascita, avvenuta il 9 Aprile del
riformiste in costruzione, ci
metterà per illustrarlo e farlo
condividere al proletariato e
alle nuove generazioni.
Lenin, con la Grande Rivoluzione Socialista di Ottobre, di cui quest’anno ricorre
il centenario, ci ha indicato la
via, percorriamola fino in fondo con forza e fiducia, sicuri
della vittoria finale.
Con Lenin per sempre,
contro il capitalismo e per il
socialismo!
Vostro compagno di lotta,
Giovanni Scuderi”.
Care compagne e cari
compagni,
per noi parlare di Lenin
non è un mero esercizio intellettuale, come non è ricordare nostalgicamente un passato glorioso, significa invece
rendere omaggio ad una delle più grandi menti che la storia abbia mai conosciuto, ad
uno dei pochi uomini che abbia dato un reale e fondamentale contributo alla causa dell’emancipazione del
proletariato, la causa del socialismo, che lo colloca con
tutti i meriti al fianco di Marx,
Engels, Stalin e Mao fra i 5
grandi Maestri del proletariato internazionale; significa
però anche studiarne e approfondirne la vita e l’opera,
dal contributo alla fondazione, allo sviluppo e al consolidamento del Partito Operaio Socialdemocratico prima
e del Partito Bolscevico poi,
alla guida delle masse proletarie e contadine, dalla distruzione dell’impero zarista alla
direzione sul piano teorico e
pratico della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre e
del primo paese socialista al
mondo nei suoi primi anni di
difficilissima esistenza, dalla
lotta al revisionismo a quella
all’imperialismo.
Alla vita e all’opera di Lenin occorre necessariamente ispirarsi, se si vuole essere dei comunisti conseguenti,
cioè dei marxisti-leninisti, e
per trasformare l’Italia e noi
stessi.
Cavriago (Reggio Emilia). Gli oratori della Commemorazione, da sinistra: Denis Branzanti, Federico Picerni,
Liusca Boni, Alessandro Fontanesi (foto Il Bolscevico)
re rosse si sono quindi unite
a quelle del PMLI nel rendere onore a Lenin e questo per
noi è motivo di grande soddisfazione, perché abbiamo
sempre creduto e continuiamo a credere che occorre costruire il più ampio fronte unito possibile su ogni questione
per poter soddisfare i bisogni
e le aspirazioni del proletariato, pur militando in organizzazioni diverse e avendo ognuno la propria linea politica e
concezione del mondo.
Non posso in apertura non
ringraziare i compagni che
come ogni anno sono venuti anche da fuori Regione dedicando a questa manifestazione il proprio giorno libero,
facendo un viaggio di diverse ore e nonostante il periodo non conceda temperature
più miti.
Un ringraziamento anche
alla Commissione per il lavoro di Organizzazione del Comitato Centrale del PMLI, e
al compagno Giovanni Scu-
deri, Segretario generale del
PMLI, che ci ha inviato questo graditissimo messaggio di
saluto: “Con spirito rivoluzionario saluto in maniera militante e con ammirazione tutti i presenti, a cominciare dai
compagni Denis Branzanti e
Alessandro Fontanesi, alla
commemorazione di Lenin,
grande Maestro del proletariato internazionale, in occasione del 93° Anniversario
della sua scomparsa.
Davanti al busto di Lenin
a Cavriago, siete riuniti sotto
tre bandiere con sigle diverse
ma di uguale colore, il rosso,
e con lo stesso simbolo della falce e martello. Solo che
quella del PMLI è sormontata dall’effigie di Mao, anziché dalla stella del socialismo
come le altre, che simboleggia la teoria rivoluzionaria del proletariato, ossia il
marxismo-leninismo-pensiero di Mao, senza la quale è impossibile combattere
e sconfiggere l’ideologia della borghesia - il liberalismo - il
capitalismo e le sue istituzioni
e i suoi governi, il riformismo
e il revisionismo e avanzare
con successo verso il socialismo e il potere politico del
proletariato.
Sotto queste tre bandiere,
e cercando di coinvolgerne
altre simili, lottando assieme
e aiutandoci reciprocamente possiamo fare molto per
combattere il governo Gentiloni di matrice renziana antipopolare, piduista e fascista
in difesa degli interessi supremi delle masse popolari, giovanili e femminili.
Attualmente in Italia il socialismo non tira più come nel
passato, per lo scempio compiuto dai revisionisti nei paesi già socialisti e nei partiti
comunisti storici, ma prima o
poi ritornerà di moda, di gran
moda perché il proletariato e
le masse sfruttate e oppresse
non accetteranno in eterno di
essere schiavi della classe
dominante borghese.
Dipenderà anche dall’impegno che ciascuno di noi,
evitando di cadere nelle nuove trappole costituzionali e
che ha parlato di alcuni problemi locali e della necessità
per i partiti presenti di unire le
proprie forze anche a livello
elettorale. Inoltre ha rilanciato l’idea di creare un museo
di Lenin.
L’intervento di chiusura è
toccato al compagno Denis
Branzanti, Responsabile del
PMLI per l’Emilia-Romagna,
che ha tenuto un discorso
(pubblicato a parte) sul tema
“Prendiamo esempio da Lenin per trasformare l’Italia e
noi stessi”, all’interno del quale era riportato anche il messaggio di saluto inviato dal
compagno Giovanni Scuderi,
Segretario generale del PMLI
(pubblicato a parte).
Al termine i presenti si
sono stretti attorno al busto
di Lenin per cantare assieme l’Internazionale, Bandiera rossa e Bella ciao in un bel
clima unitario e di classe.
Infine, il PMLI ha depositato 2 mazzi di fiori ai piedi del
busto di Lenin, uno a nome
del PMLI.Emilia-Romagna e
uno dell’Organizzazione di
Modena del PMLI.
Come ogni anno si è rinnovato anche il pranzo collettivo che ha visto le compagne e i compagni presenti
passare qualche altra ora assieme in una clima fraterno
e rilassato a scambiarsi opinioni ed esperienze, anche in
questa occasione alcuni simpatizzanti di Modena hanno
realizzato una bellissima tor-
ta che ritraeva Lenin e riportava la dicitura “Con Lenin
per sempre. PMLI”.
Un dono sempre gradito e
che dimostra l’attaccamento
dei simpatizzanti a Lenin e al
PMLI.
Ogni anno che passa la
Commemorazione di Lenin a
Cavriago muove sempre un
passo in avanti politico e organizzativo, e acquista sempre maggiore risalto rendendola oramai un punto di
riferimento per tutti i sostenitori di Lenin, che seppur divisi
in Partiti e organizzazioni diverse si uniscono nel ricordare gli immortali insegnamenti
di questo grande Maestro. E
questo non può passare inosservato nemmeno ai media
borghesi, tanto che in piazza
era folta la presenza di giornalisti e operatori televisivi
che hanno fatto interviste ai
compagni Branzanti, Picerni
e Fontanesi e girato molte riprese.
Un breve ma importante
servizio è andato in onda nel
Tg3 regionale, e poi su Telereggio e Reggionline, un altro ancora dovrebbe essere trasmesso nel corso del
programma “Night tabloid” in
onda giovedì 26 gennaio dalle 23,20 alle 00,40 su Rai 2.
Molti siti internet hanno rilanciato lo striminzito articolo
pubblicato dall’Ansa regionale mentre i giornali di Reggio
Emilia hanno dato particolare
risalto all’iniziativa.
ë DALLA 2ª
che nel suo intervento ha riconosciuto la primogenitura dell’organizzazione delle commemorazioni di Lenin
al PMLI e affermato di essersi uniti volentieri da diversi anni. Ha poi sottolineato l’importanza della vittoria
nel referendum contro la controriforma costituzionale e
di continuare a difendere la
Costituzione antifascista del
’48, pur essendo consapevole che a riguardo le posizioni dei presenti non erano tutte uguali.
Fontanesi ha rimarcato
come il leninismo sia ancora oggi attualissimo, a fron-
1977, affiancando alla falce e
martello che sono rispettivamente i simboli delle masse
contadine e della classe operaia e dei lavoratori, l’effigie di
Mao a significare che l’unione della classe operaia e dei
contadini è insufficiente per
conquistare il socialismo se
le loro lotte non sono orientate dalla teoria rivoluzionaria
del marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
Sono quindi 40 gli anni
passati dai marxisti-leninisti
italiani a combattere senza
sosta e con tutte le forze contro il capitalismo e l’imperialismo e contro i revisionisti loro
complici.
40 anni passati sempre
dalla parte del proletariato,
condividendo con esso sacrifici e privazioni, ma anche
battaglie e vittorie politiche
come l’ultima al referendum
che ha bocciato la nera controriforma costituzionale del
nuovo duce Renzi e che ha
decretato la fine del suo governo, almeno per il momento.
Oggi teniamo quindi alte
con ancora maggior orgoglio
le nostre bandiere rosse accanto a quelle del PCI e del
PRC, per ribadire ancora una
volta che ciò che stiamo costruendo ha delle radici ben
te di una situazione sociale,
nazionale e internazionale
che vede la disoccupazione
e la povertà dilagare mentre
un pugno di persone sempre
più ristretto detiene una fetta sempre maggiore della ricchezza.
La parola è poi passata
a Vito Albanese, Segretario
provinciale del PRC che ha
ringraziato per l’invito dicendo poi che il PRC non ha un
legame “religioso” con Lenin
ma cerca di ricordare la sua
opera ancora attuale, cercando di “rifondare il comunismo
come Lenin fece con Marx”.
Vi è poi stato l’intervento
di Liusca Boni, capogruppo
in consiglio comunale della
Lista “Cavriago città aperta”
Cavriago (Reggio Emilia). Denis Branzanti, Responsabile del PMLI per
l’Emilia-Romagna pronuncia il discorso a nome del Partito (foto Il Bolscevico)
salde e piantate in profondità
nel terreno del marxismo-leninismo-pensiero di Mao dal
quale il PMLI trae linfa vitale.
Da alcuni anni altre bandie-
SEGUE IN 4ª e 5ª
ë
4 il bolscevico / Commemorazione di Lenin a Cavriago
La vita politica di Lenin ha
inizio presto, quando 17enne,
già immerso nello studio de
“Il Capitale” e di altre opere
di Marx ed Engels aderisce
ai circoli studenteschi rivoluzionari e ne partecipa alle
lotte. Ciò gli costa l’espulsione dall’università e l’arresto.
A questo ne seguiranno altri,
nel 1895, poi nel 1897 è deportato in Siberia e successivamente nel 1900.
Complessivamente sconta oltre 14 mesi di prigionia,
3 anni di deportazione ed è
costretto a vivere per oltre 10
anni fuori dalla Russia a causa delle continue persecuzioni ad opera del regime zarista
rimanendo nell’illegalità per
ben 24 anni, dal 1893 sino al
1917.
Ma le persecuzioni e le
grandi privazioni a cui è costretto non lo fermano, dovunque egli si trova, in Russia
come all’estero, è sempre tra
i lavoratori e gli studenti a fare
inchieste, raccogliere informazioni, discutere con loro,
dirigere i marxisti, tenere lezioni, organizzare gli emigrati russi, scrivere una quantità
enorme di articoli, opuscoli,
interventi.
È infatti in uno dei tanti periodi di prigionia che Lenin
scrive il progetto di programma del Partito Operaio Socialdemocratico Russo fondato nel 1898, che fa seguito
all’“Unione di lotta per l’emancipazione della classe operaia” costituita nel 1895 per unire gli operai d’avanguardia e i
circoli di propaganda sparsi in
tutta la Russia, superando le
divisioni ideologiche, politiche
e organizzative del proletariato russo.
Dentro al Partito Lenin
combatte
ininterrottamente una battaglia ideologica e
politica enorme contro le posizioni errate e i nemici interni a partire dalle prime grandi
battaglie contro le tendenze
economiciste e populiste che
avevano una forte influenza
nella socialdemocrazia russa, passando da quelle per la
concezione del Partito e dei
militanti sfociata nella vittoria al II Congresso del Partito nel 1903, dove prevalsero
le tesi leniniste su quelle della
minoranza che venne poi definita menscevica, sancendo
la divisione che ne portò all’espulsione alla conferenza di
Praga nel 1912, e poi contro
l’anarchismo, il frazionismo,
il correntismo e l’individualismo, che minavano continuamente l’unità del Partito
mettendone in discussione
persino l’esistenza
Ma la battaglia ideologica e politica contro il frazionismo e l’individualismo, incarnati perfettamente da Trotzki,
ha attraversato tutta la storia del Partito e Lenin non ha
mai concesso loro nulla, pur
facendo nel contempo tutto il
possibile per preservare l’unità del Partito.
Come quando, dopo il fallimento della rivoluzione democratico borghese del 1905,
Lenin batte le tendenze liquidazioniste indicando nell’unione del lavoro legale con
quello illegale la strada da
seguire per far sì che il Partito possa agire nella Russia
della feroce repressione zarista e dell’ancora arretrata coscienza politica delle masse.
Ma la battaglia di Lenin si
combatte anche nel campo
internazionale, in particolare quando allo scoppio della
carneficina della prima guer-
Al termine della commemorazione il PMLI depone due mazzi di fiori ai
piedi del busto di Lenin rispettivamente a nome del PMLI.Emilia-Romagna e dell’Organizzazione di Modena del PMLI (foto Il Bolscevico)
ra mondiale molti partiti aderenti alla II Internazionale si
schierano con le proprie borghesie nazionali in difesa della “patria” borghese anziché
inasprire la lotta di classe nel
loro momento di difficoltà.
Lenin denuncia aspramente questi socialsciovinisti, cioè socialisti a parole e
sciovinisti nei fatti, che decretarono poi il fallimento della II
internazionale, mentre dà un
impulso fondamentale allo
sviluppo del movimento comunista internazionale grazie
alla fondazione della Terza Internazionale, che organizza e
dirige tutti i partiti, le organiz-
socialista.
Dal giorno della Grande
Rivoluzione socialista d’Ottobre Lenin dirige, presiede,
partecipa e interviene a innumerevoli riunioni, conferenze,
assemblee di Partito e fra le
masse guidandole con saggezza nella costruzione del
socialismo in Urss.
Lenin è stato un marxista
instancabile, la sua è stata la
vita modello del rivoluzionario
integrale, certo non un “comunista” da salotto come quelli
che siamo abituati a vedere
oggi nelle trasmissioni televisive, ma un uomo modesto
e schivo alle adulazioni e alla
allo sviluppo del marxismo,
tale che ancora oggi, e finché
esisteranno il capitalismo e
l’imperialismo, pur nelle loro
diverse forme, vanno doverosamente studiate e applicate
le sue teorie fondamentali sul
Partito, la rivoluzione, il socialismo, l’imperialismo e il revisionismo.
Le sue opere sono un patrimonio sterminato e preziosissimo di insegnamenti di
cui nessun partito marxistaleninista e nessuna rivoluzione socialista possono fare a
meno se vogliono affermarsi
e vincere.
Perché, come afferma Stalin, “Lenin ha sviluppato ulteriormente la dottrina di
Marx ed Engels in conformità con le nuove condizioni di sviluppo, con la nuova fase del capitalismo, con
l’imperialismo.
Significa
che sviluppando ulteriormente la dottrina di Marx
nelle nuove condizioni della lotta di classe, Lenin ha
apportato al comune tesoro del marxismo qualcosa
di nuovo rispetto a quanto
era stato dato da Marx ed
Engels, rispetto a quanto si
poteva dare nel periodo del
capitalismo preimperialistico, e quel che di nuovo ha
apportato di Lenin al tesoro del marxismo si basa interamente e completamente sui principi enunciati da
Marx ed Engels.
Appunto in questo senso noi diciamo che il leninismo è il marxismo dell’epoca dell’imperialismo e delle
rivoluzioni proletarie”.
“Più esattamente: il leninismo è la teoria e la tattica della rivoluzione proletaria in generale, la teoria e
la tattica della dittatura del
proletariato in particolare”.
Nelle sue opere fondamentali come “Che fare”, “Un
N. 4 - 2 febbraio 2017
quanto arma essenziale nelle
mani del proletariato”, esposto la tattica bolscevica dell’egemonia del proletariato sia
nella rivoluzione democratico-borghese sia nella successiva rivoluzione socialista,
in contrapposizione con la
concezione piccolo-borghese dei menscevichi, analizzato l’imperialismo quale stadio
supremo e ultimo del capitalismo in putrefazione, morente, vigilia della rivoluzione, e
ristabilito e sviluppato la dottrina di Marx ed Engels sullo
Stato, sulla rivoluzione proletaria e sulla dittatura del proletariato.
Inoltre ha dato un contributo decisivo nell’illustrare
e propagandare il pensiero
dei fondatori del socialismo
scientifico. Basta pensare
alle opere “Karl Marx”, “Friedrich Engels” e “Marxismo e
revisionismo”.
Per non parlare poi delle tante opere scritte dopo la
Grande Rivoluzione d’Ottobre che, da una parte, disegnano ed elaborano la costruzione del socialismo in
Urss e, dall’altra parte, si incaricano di chiarificare e portare fino in fondo la battaglia
contro il tradimento dei partiti della II Internazionale e gettare le fondamenta teoriche e
organizzative dell’Internazionale comunista.
Sul piano teorico Lenin ha
quindi sviluppato la scienza
marxista in base alle nuove
condizioni e necessità createsi nell’epoca dell’imperialismo. Attraverso una lucida e
lungimirante analisi di esso,
ha evidenziato, tra l’altro, la
possibilità che la vittoria della rivoluzione socialista fosse possibile inizialmente in
alcuni paesi o anche in un
solo paese; la necessità per
il proletariato di stabilire mirate e solide alleanze con al-
dittatura del proletariato, trasformando Marx in
un liberale volgare, e si è
degradato lui stesso a livello di un liberale, che ripete logore frasi sulla ‘democrazia pura’ abbellendo
e offuscando il contenuto di classe della democrazia borghese e paventa soprattutto la violenza
rivoluzionaria della classe
oppressa. Quando Kautzky ‘interpreta’ il concetto
di ‘dittatura rivoluzionaria
del proletariato’ in modo da
far scomparire la violenza
rivoluzionaria della classe
oppressa sugli oppressori, batte un primato mondiale della contraffazione liberale di Marx. Il rinnegato
Bernstein sembra un cucciolo accanto al rinnegato
Kautzky”.
Dopo la morte di Lenin si
fecero avanti Trotzki, Bucharin, Kamenev, Zinoviev e altri simili, ma furono prontamente bloccati e sbaragliati
da Stalin, che confutò le loro
false teorizzazioni sulla edificazione del socialismo in
Urss e sulla rivoluzione mondiale, salvando il Partito, lo
Stato e il socialismo da coloro che volevano restaurare il capitalismo in Urss. Nel
corso di questa lotta, che si
era riversata anche all’interno
della III Internazionale e dei
Partiti comunisti dei vari Paesi, Stalin ha sistematizzato
e sviluppato il leninismo per
quanto concerne il Partito,
l’edificazione del socialismo,
la strategia e la tattica della
rivoluzione proletaria, la lotta
contro il revisionismo, la questione nazionale, le alleanze
antimperialiste. Fondamentali
in questo senso le sue opere “Principi del leninismo”,
“Questioni del leninismo”,
“Storia del Partito comunista
(Bolscevico) dell’Urss”–Bre-
Denis Branzanti durante l’intervista a ReggioinWeb (foto Il Bolscevico)
zazioni e le correnti comuniste che si formano sull’esempio della grande rivoluzione
d’ottobre, dando ad essa le
fondamentali basi teoriche,
l’indirizzo ideologico ed i principi organizzativi di cui necessita garantendone la direzione politica fino a quando le
sue forze e la sua salute fisica glielo consentono.
Dopo la rivoluzione di febbraio del 1917, quando si fa
spazio la tendenza ad appoggiare il governo provvisorio democratico borghese e la resistenza al lancio
dell’insurrezione, con le celebri Tesi di Aprile Lenin chiarisce in maniera inequivocabile
che la questione della guerra
o della pace è risolvibile soltanto attraverso la conquista
del potere politico da parte
del proletariato e dei suoi alleati, delineando le modalità
del passaggio dalla rivoluzione borghese alla rivoluzione
ribalta, dedito invece all’azione, alla lotta politica, abituato a dedicare il minor tempo
possibile agli affari personali
in favore di quelli della causa
rivoluzionaria.
Come spiega Stalin: “Lenin era nato per la rivoluzione. Era veramente il
genio delle esplosioni rivoluzionarie e il più grande
maestro nell’arte di dirigere
la rivoluzione. Mai si sentiva così a suo agio e così
felice come nei momenti di
scosse rivoluzionarie”.
Il suo apporto politico-pratico alla costruzione del Partito bolscevico in Russia e alla
Grande Rivoluzione socialista d’Ottobre, nonché ai primi
passi del neonato Stato sovietico, il primo che la storia
abbia mai conosciuto, è stato
enorme ed indispensabile; al
pari se non maggiore possiamo dire sia stato il suo contributo ideologico e strategico
Il Tg3 regionale dell’Emilia-Romagna ha fatto un lungo servizio sulla Commemorazione di Lenin. Nell’immagine il compagno Denis Branzanti
passo avanti, due indietro”,
“Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione
democratica”, “L’imperialismo
fase suprema del capitalismo”, e “Stato e Rivoluzione”,
Lenin ha tracciato le linee organizzative dell’edificazione
del partito marxista-leninista,
ribadendo la necessità della teoria marxista-leninista
e della sua fusione col movimento operaio che porti
alla conquista degli elementi
avanzati del proletariato, ha
battuto l’opportunismo menscevico e gettato le fondamenta del partito bolscevico,
un partito che non ha eguali nel panorama dei partiti socialdemocratici del tempo,
elaborato “la dottrina del partito, in quanto organizzazione
dirigente del proletariato, in
tre classi o gruppi sociali, ed
in particolare quella tra classe operaia e contadini; il forte legame che veniva a crearsi tra la lotta per il socialismo
nei paesi sviluppati e il movimento di liberazione nazionale nelle colonie.
Per tali motivi il leninismo
era avversato apertamente
tanto dagli antichi revisionisti
quanto lo è stato in seguito
dai revisionisti moderni, cioè
dai suoi revisori travestiti da
comunisti e finanche da marxisti-leninisti.
I revisionisti antichi, capeggiati da Bernstein e poi da
Kautzky, furono smascherati
da Lenin sui piani ideologico
e politico.
“Kautsky - scrive Lenin
- ha travisato in modo inverosimile il concetto di
ve corso, “Problemi economici del socialismo nell’Urss”.
Grandiosa e decisiva la sua
opera nella seconda guerra
mondiale contro il nazismo e
il fascismo.
Si può ben dire che il pensiero di Stalin è parte integrante del leninismo. Non a
caso Mao, nel 1942, affermò
che “il marxismo-leninismo
è la teoria che Marx, Engels, Lenin e Stalin hanno
creato sulla base della pratica, è la conclusione generale che hanno tratto dalla
realtà storica e dalla pratica rivoluzionaria… Il marxismo-leninismo è la verità
più giusta, più scientifica e
più rivoluzionaria, genera-
ë
Commemorazione di Lenin a Cavriago / il bolscevico 5
N. 4 - 2 febbraio 2017
ta dalla realtà oggettiva e
confermata da questa stessa realtà”.
Per far cadere la fortezza sovietica alla quale Lenin
aveva dedicato tutto se stesso, e per trasformarla in una
tenebrosa dittatura fascista
ci volle il colpo di Stato effettuato al 20° Congresso del
PCUS, nel febbraio del 1956,
dalla banda revisionista di
Krusciov.
Toccò allora a Mao tenere testa ai revisionisti moderni usciti allo scoperto dopo la
morte di Stalin. A livello mondiale essi avevano al centro prima la cricca di Krusciov poi quella di Breznev,
in Cina erano rappresentati dalla cricca di Liu Shaoqi e
Deng Xiaoping, e in Italia erano rappresentati dai maggiori
dirigenti del PCI.
Tutti e cinque i Maestri
hanno condotto una lotta serrata al revisionismo, antico e
moderno, facendo chiarezza sui principi del marxismoleninismo-pensiero di Mao,
che si fonda sul materialismo
dialettico e storico e sulla lotta di classe, e del socialismo
che significa essenzialmente abbattimento del sistema
economico capitalistico e della sua sovrastruttura statale,
istituzionale, giuridica, culturale e morale, nonché abbattimento della classe dominante borghese che vanno
sostituiti con l’economia socialista e con la sovrastruttura proletaria e con la dittatura
del proletariato.
I revisionisti di tutti i paesi hanno sempre cercato di
svuotarlo dalla sua anima
proletaria e rivoluzionaria per
trasformarlo in una corrente
borghese riformista allo scopo di impedire l’avvento della rivoluzione proletaria e del
socialismo. Essi predicavano e predicano tutt’ora la lotta politica all’interno della libertà, della democrazia e del
parlamentarismo borghesi.
Come il
capitalismo
camuffa la
propria dittatura
dietro principi
democratici
La Costituzione italiana è
l’esempio di come il capitalismo possa camuffare la propria dittatura dietro a principi
cosiddetti democratici per imbrogliare le masse e sviarne
le lotte.
Da marxisti-leninisti abbiamo partecipato alla lotta e alla vittoria referendaria
contro la controriforma piduista e fascista del Senato varata dal neoduce Renzi, da
marxisti-leninisti ci opponiamo a ogni stravolgimento da
destra della Costituzione antifascista del 1948 e continueremo a unirci a chiunque
la pensi come noi a riguardo,
nel contempo, da marxisti-leninisti non possiamo sottrarci dal dire chiaramente che
essa ha rappresentato un
compromesso tra proletariato e borghesia ma favorevole
a quest’ultima, perché sancisce in maniera inequivocabile
i principi politici ed economici
del capitalismo, a partire dal
parlamentarismo borghese e
dall’inviolabilità della proprietà privata capitalistica.
Bisogna poi prendere atto
che la Costituzione del ’48 di
Alessandro Fontanesi, segretario provinciale di Reggio Emilia del PCI
mentre pronuncia il suo intervento (foto Il Bolscevico)
fatto non esiste più, essa è
stata già stravolta dalle continue controriforme che hanno introdotto pesanti elementi
di presidenzialismo e federalismo, assoggettando la magistratura al governo, accentrando e controllando i mezzi
di informazione, unificando,
anche se ancora non sotto un’unica sigla, i sindacati
confederali trasformati in appendice dei vari governi, introducendovi il fiscal compact
e altro ancora, proprio com’era scritto nel “piano di rinascita democratica” della P2 di
Licio Gelli, che ha le proprie
radici nel ventennio mussoliniano e che ha trovato in Craxi, Berlusconi e Renzi i suoi
maggiori precursori.
Un progetto neofascista
che il PMLI ha denunciato
sin dall’inizio, smascherando
ogni passaggio della sua attuazione e che ha subìto solo
un colpo d’arresto con la vittoria al referendum costituzionale e la caduta del governo
Renzi, visto che il marxistaleninista pentito Gentiloni gli
sta tenendo la poltrona calda
avendo tra l’altro confermato i
ministri più importanti del precedente governo e sostenitori della controriforma costituzionale.
La strada da seguire non
è quindi quella parlamentare
e istituzionale, bensì quella
della lotta di classe, di massa e di piazza, la via luminosa
della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre, della quale quest’anno ricorre il 100°
Anniversario, e che porta
impresso a caratteri d’oro il
nome di Lenin, della quale
è stato il principale artefice
avendola preparata in tutti i
suoi aspetti, sia sul piano teorico che politico, sia sul piano
organizzativo che militare, e
diretta in prima persona.
Questo epico avvenimento rappresenta una delle più
grandi imprese della storia
del movimento operaio internazionale e dell’intera umanità.
“Fu grazie ai russi che i
cinesi scoprirono il marxismo-leninismo. – scriverà
Mao - Prima della Rivoluzione d’Ottobre i cinesi non
solo ignoravano Lenin e
Stalin, ma non conoscevano neppure Marx e Engels.
Le cannonate della Rivoluzione d’Ottobre aiutarono i
progressisti cinesi e quelli di tutti i paesi ad adottare la concezione proletaria
del mondo come strumenti
per studiare il destino della
propria nazione e per esaminare daccapo tutti i loro
problemi. Seguire la strada
dei russi, questa fu la loro
conclusione”.
Da
Lenin
prendiamo
esempio per trasformare l’Italia e noi stessi per divenire
dei marxisti-leninisti del suo
stampo.
Chiunque si professi comunista ha il dovere rivoluzionario di acquisire la concezione proletaria del mondo
per liberarsi completamente
e totalmente dalla ideologia,
dalla cultura, dalla morale,
dalla politica e dalla pratica
sociale borghesi; per rivoluzionarizzare integralmente la
propria mentalità, coscienza, modo di pensare, di vivere e di agire conformemente
al materialismo dialettico e al
materialismo storico e mettendo al bando ogni forma
di idealismo, di metafisica, di
revisionismo e di riformismo;
per dare dei contributi rivoluzionari e marxisti-leninisti
qualificati alla costruzione del
Partito e alla trasformazione
dell’Italia in senso socialista.
Come ha detto il compagno Scuderi “Tutti quanti,
nessuno escluso, compreso
i più forti e determinati tra di
noi, dobbiamo rafforzare lo
spirito rivoluzionario e la militanza di Partito, facendo continui bagni di marxismo-leninismo-pensiero di Mao e bagni
di massa, cercando di incarnare quanto più ci è possibile
le dieci indicazioni di Mao sui
militanti marxisti-leninisti che
sono state pubblicate con
grande rilievo sul numero 27
del 2015 de ‘Il Bolscevico’”.
Liusca Boni, capogruppo della Lista “Cavriago città aperta” mentre pronuncia il suo intervento (foto Il Bolscevico)
Da
Lenin
prendiamo
esempio per trasformare l’Italia e noi stessi per dare tutto
il potere alla classe operaia.
La conquista del socialismo e del potere politico da
parte del proletariato è sempre stato il chiodo fisso, la
missione storica dei marxisti-leninisti italiani. Ma non
abbiamo ancora le forze necessarie per assolvere a tale
missione, poiché il proletariato è ritornato a uno stato
pre-marxista, completamente all’oscuro del suo ruolo di
classe generale e dei suoi
compiti rivoluzionari.
Occorre quindi perseverare negli sforzi e migliorandoli, per convincere il proletariato ad acquisire la coscienza
di essere una classe per sé e
ad armarsi del marxismo-leninismo-pensiero di Mao per
combattere il capitalismo, i
padroni, la classe dominante
borghese, le loro istituzioni e
il loro governo.
L’intollerabile
situazione
di miseria, disoccupazione,
precariato, sfruttamento, oppressione e subalternità delle
masse alla classe dominante
borghese, di divisione in classi, di disuguaglianze sociali,
di sesso e territoriali, di ingiustizie sociali, di mafie e corruzione, di razzismo, di nuovo
fascismo e di interventismo
imperialistico, va radicalmente cambiata sradicando le
cause che l’hanno generata e
la perpetuano che risiedono
nel capitalismo e nei suoi go-
La bella torta con l’effigie di Lenin preparata dai simpatizzanti di Modena
del PMLI (foto Il Bolscevico)
verni comunque denominati.
Da parte nostra siamo
pienamente coscienti che la
classe operaia nel capitalismo avrà sempre un ruolo
subalterno alla borghesia, il
nocciolo del problema è quindi quello di andare alla radice,
cioè di lottare non solo contro
le conseguenze causate dal
capitalismo, ma di lottare per
abbattere il capitalismo stesso e conquistare il socialismo
e il potere politico da parte del
proletariato, che è la madre di
tutte le questioni.
Da Lenin prendiamo esempio per trasformare l’Italia e
noi stessi per dare al PMLI un
corpo da Gigante Rosso difendendone con i denti e applicandone risolutamente la
linea politica e organizzativa.
Come ci ha spronato a fare
il compagno Scuderi col suo
storico discorso “Da Marx a
Mao” pronunciato alla Commemorazione di Mao dello
scorso anno: “Oggi più che
preoccuparci di quando arriverà il socialismo, di quando avverrà la svolta rivoluzionaria della lotta di classe,
di quando il proletariato si
schiererà con noi, dobbiamo
preoccuparci di dare al PMLI
un corpo da Gigante Rosso
radicandolo ed estendendolo nelle città e regioni dove
siamo presenti, in modo da
ricavarne le forze per espanderlo in tutta Italia. Questo
deve essere il nostro obiettivo strategico a medio termine. Questo è quello che ci è
richiesto dall’attuale lotta di
classe e dall’attuale situazione del nostro Paese. Se non
ce la facciamo a raggiungere
tale obiettivo a medio termine, non ci resta che rilanciarlo
una o più volte fino a conquistarlo. Non tutto dipende da
noi, cioè dalle nostre capacità
e dal nostro impegno. Noi abbiamo in mano solo metà della chiave del problema, l’altra
metà l’hanno la lotta di classe, il proletariato e le nuove
generazioni”.
Il nostro è un compito
duro e difficile ma se agiremo in base alla parola d’ordine “Studiare, capire, agire,
concentrandosi sulle priorità
sulla base delle forze che disponiamo” in base al principio “Studio e azione, azione e
studio” e se sapremo utilizzare bene i cinque assi che abbiamo in mano, rappresentati
dai nostri Maestri, col tempo
i risultati certamente arriveranno.
Come ci insegna Lenin:
“La devozione assoluta alla
rivoluzione e la propaganda rivoluzionaria fatta tra il
popolo non vanno perdute,
anche quando interi decen-
ni dividono il periodo della
semina da quello del raccolto”.
Prendendo esempio da
Lenin il PMLI continuerà a
procedere nella Lunga Marcia della lotta al capitalismo,
all’imperialismo, al revisionismo, e al governo Gentiloni, cercando di trovare sempre nuovi alleati e compagni
di viaggio, come quelli che
coi quali oggi siamo in piazza,
fianco a fianco, per ricordare
gli immortali insegnamenti di
Lenin.
Oggi il nemico principale è
il governo Gentiloni, che con
l’avallo di Mattarella ha preso il posto di Renzi, per volere dello stesso, ma che ne
mantiene la stessa matrice,
natura, ispirazione, composizione e programma neofascista, liberista, stangatrice e interventista, e non potrà quindi
che praticare una politica di
lacrime e sangue all’interno
e di interventismo e colonialismo all’esterno. Conformemente al diktat dell’imperialismo italiano e dell’Unione
europea imperialista e alle
necessità della lotta tra i vari
paesi imperialisti per avere
più spazio e più potere nello
scacchiere mondiale, in particolare nel Medio Oriente.
Questo perché non ci potrà mai essere un governo
borghese e capitalista che
tuteli gli interessi delle masse lavoratrici e popolari e che
risolva tutte le contraddizioni
di classe, di genere e di territorio e che tenga fuori l’Italia
dalle guerre imperialistiche.
Care compagne e cari
compagni,
con l’approssimarsi del
100° Anniversario della Grande Rivoluzione socialista
d’Ottobre, ricordiamo e facciamo nostre queste parole di
Lenin: “Alcune caratteristiche fondamentali della nostra rivoluzione non hanno
un significato locale, specificamente nazionale, esclusivamente russo, ma un significato internazionale. E
non parlo qui di significato internazionale nel senso
lato del termine: non alcuni
ma tutti i tratti fondamentali
e molti tratti secondari della nostra rivoluzione hanno
un significato internazionale nel senso che questa
rivoluzione esercita un’influenza su tutti i paesi. Mi
riferisco qui al senso più
stretto del termine: se per
significato internazionale
si intende la portata internazionale o l’inevitabilità
storica che si ripeta su scala internazionale ciò che è
avvenuto da noi, bisogna
riconoscere un tale significato ad alcune caratteristiche fondamentali della nostra rivoluzione”.
Proseguiamo dunque con
forza e determinazione lungo
la strada luminosa e vittoriosa
della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre!
Viva l’unità di piazza tra il
PMLI, il PCI, il PRC e tutti i
sostenitori di Lenin!
Prendiamo esempio da
Lenin per trasformare l’Italia
e noi stessi!
Opponiamoci al governo
Gentiloni di matrice renziana,
antipopolare, piduista e fascista!
Lottiamo per aprire la strada al socialismo e al potere
politico del proletariato!
Con Lenin per sempre
contro il capitalismo per il socialismo!
Cavriago, 22 gennaio 2017
6 il bolscevico / Commemorazione di Lenin a Cavriago
N. 4 - 2 febbraio 2017
Saluto di Federico Picerni, Responsabile della Commissione giovani del CC del PMLI, al 93° Anniversario della scomparsa di Lenin
“Non possiamo fare a meno di Lenin per
capire, criticare e combattere il capitalismo”
Compagne e compagni,
benvenuti alla commemorazione del 93° Anniversario
della scomparsa di Lenin, organizzata congiuntamente dal
PMLI Emilia-Romagna e dalla
Federazione di Reggio Emilia del PCI. Salutiamo inoltre il
PRC e la lista civica Cavriago
Città Aperta qui presenti. Un
saluto particolare lo rivolgiamo
alle compagne e ai compagni che sono venuti da lontano, addirittura da fuori regione.
Grazie a tutte e tutti voi per essere qui a scaldare e colorare
di rosso questa giornata.
È importante, anzi fondamentale che i sostenitori di
Lenin si ritrovino qui, davanti
al suo busto, per questa manifestazione che non ha nulla di nostalgico, ma è anzi
attualissima visto che addirittura un giornale borghese
doc come l’“Economist” ha
recentemente scritto, ovviamente terrorizzato, che “rischiamo” un ritorno del bolscevismo, perché le misere
condizioni socio-economiche
delle masse di oggi ricordano
quelle del 1917. C’è poco da
fare, compagne e compagni:
oggi come ieri il capitalismo è
sfruttamento del lavoro, compressione delle conquiste
e delle tutele dei lavoratori,
guerra imperialista, disparità
sociali, territoriali e di genere.
Non possiamo fare a meno di
Lenin, delle sue brillanti analisi e dei suoi immortali insegnamenti, applicati alle nostre condizioni concrete, per
capire, criticare e combattere
il sistema vigente.
L’anno scorso si è chiu-
so con una grande vittoria:
l’affossamento della controriforma neofascista e piduista della Costituzione, che
ha mandato in fumo il progetto istituzionale di Renzi e
del grande capitale finanziario e industriale, almeno per il
momento. L’anno che si apre
vedrà il centenario della gloriosa Rivoluzione Socialista
d’Ottobre, il capolavoro politico con cui Lenin dimostrò che
abbattere il capitalismo e costruire la società dei lavoratori con il proletariato al potere
Un’immagine della Commemorazione riportata dal sito ReggioOnLine
Hanno parlato della Commemorazione
http://www.rainews.it/dl/rainews/TGR/multimedia/ContentItem-fef28470e3cb-49fe-9881-06e03d949249.html
era possibile. Sta ai veri comunisti moltiplicare gli sforzi
per alimentare la scintilla della rabbia sociale e far esplodere la lotta di classe anche
nel nostro Paese, sulla via
dell’Ottobre.
Con Lenin per sempre
contro il capitalismo per il socialismo!
Federico Picerni, responsabile della Commissione giovani del CC del
PMLI ha aperto e presentato l’iniziativa (foto Il Bolscevico)
Commemorazione di Lenin a Cavriago / il bolscevico 7
N. 4 - 2 febbraio 2017
Intervista del Segretario provinciale di Reggio Emilia del PCI a “ReggionelWeb”
Lenin è attuale perché parla al presente
Pubblichiamo in estratti l’intervista rilasciata da
Alessandro Fontanesi, Segretario provinciale di Reggio Emilia del PCI, a “ReggionelWeb”.
Fontanesi, ci parli dell’iniziativa di commemorazione del 93° anniversario della
morte di Lenin che si svolge
a Cavriago. Quali sono le ragioni?
Va detto che la commemorazione di Lenin a Cavriago
non è solo quella di oggi, ma
soprattutto è conseguenza
della meritoria iniziativa del
Partito marxista-leninista italiano che nel corso degli anni
passati non ha mai smesso
di ricordare il grande padre
della Rivoluzione d’Ottobre.
È dal 2014, invece, che que-
sta manifestazione assume
un carattere maggiormente
unitario ed avviene in maniera congiunta, prima con l’allora Partito dei Comunisti Italiani ed oggi con quello che
è diventato nuovamente il
Partito Comunista Italiano, ricostituito in seguito ai lavori
della Costituente Comunista
durati oltre un anno.
Perché è importante ricordare Lenin?
Ricordare Lenin è importante prima di tutto per mantenere viva la memoria, che
è uno strumento di lotta di
straordinaria
importanza,
senza il quale non potremmo comprendere il nostro
passato, coi suoi aspetti positivi e con quelli negativi. Se
non comprendiamo prima il
Alessandro Fontanesi durante l’intervista a ReggioinWeb (foto Il Bolscevico)
nostro passato, se non impariamo dai nostri errori, non
potremo ambire a rappresentare le tante istanze pre-
senti e future che non hanno
sbocchi politici.
A suo avviso è ancora at-
tuale il leninismo?
Lenin è attuale perché il
presente parla di diritti negati
e cancellati, perché parla di
diseguaglianze sempre più
enormi tra chi ha troppo e chi
non ha nulla. Tra i molti che
pagano i debiti dei pochi ed i
pochi invece che si arricchiscono e speculano ai danni
della stragrande maggioranza della popolazione mondiale. Un viatico alla negazione delle libertà individuali,
che non riguarda “solo” quei
paesi “comunisti” sui quali
ancora la propaganda specula, ma che arrivano fino
alle porte delle nostre città,
con buona pace degli odierni
benpensanti. Non parlo degli
Stati Uniti perché ci vorrebbero due pagine a supporto
per rimanere in tema. La Ri-
I ringraziamenti del Centro ai manifestanti di Cavriago del PMLI
voluzione di Lenin, abbattendo la dittatura degli zar, ha
dimostrato nei fatti che una
alternativa di sistema politico
ed economico è stata possibile.
Mi sembra che da molte latitudini del mondo arrivi
una richiesta che sia nuovamente di alternativa al capitalismo, che ci sta costringendo tutti quanti ad una
povertà sempre più soffocante, l’unica risposta del
capitalismo ai bisogni dei
cittadini è la contrazione sistematica dei loro diritti e la
guerra. Guerra che genera altra povertà, migrazioni,
disperazione, manovalanza “buona” per continuare a
promettere la risoluzione di
questi problemi soltanto nelle campagne elettorali.
Avete dato un importante contributo
alla politica di fronte unito del PMLI
Al compagno Denis Branzanti,
Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna
Al compagno Federico Picerni,
Responsabile della Commissione
giovani del CC del PMLI
Alle istanze di base dell’EmiliaRomagna del PMLI
Ai compagni della Cellula “Mao”
di Milano del PMLI
Alle Organizzazioni di Biella e di
Viggiù del PMLI
e, per conoscenza, a “Il Bolscevico”
Cari compagni,
i dirigenti nazionali del PMLI
con alla testa il compagno Giovanni Scuderi, si congratulano con voi
per il successo che avete riportato
alla Commemorazione di Lenin a
Cavriago. Mai c’è stata un’eco sui
media come questa volta.
Il brillante discorso del compa-
gno Denis Branzanti, come ha detto il compagno Scuderi, costituisce
una nuova colata di acciaio al monumento che il PMLI sta costruendo a Lenin. Siamo certi che lo leggerete attentamente quando sarà
pubblicato su “Il Bolscevico”.
Vivi rallegramenti per essere riusciti a coinvolgere anche il PRC e
un consigliere comunale di Cavriago, dando un importante contributo
alla politica di fronte unito del PMLI.
Non vi sarà sfuggito che nell’importante saluto del compagno Scuderi è stata lanciato, non a caso,
per la prima volta l’invito ai partiti
con la bandiera rossa e la falce e
martello a unirsi assieme al PMLI
per le comuni battaglie, a cominciare da quella contro il governo Gentiloni.
Ci pare che a Reggio Emilia, e
forse anche a Modena, ci sono le
condizioni per applicare questa li-
nea, visto ciò che è accaduto a Cavriago. Provateci, ne gioverebbero
il Partito e le masse locali.
Con la splendida Commemorazione di Lenin del 22 gennaio voi
avete fatto un grande servizio a tutto il nostro amato Partito e a tutti i
sostenitori di Lenin in Italia e all’estero.
Viva i compagni dell’Emilia-Romagna con alla testa il compagno
Denis Branzanti!
Con Lenin per sempre, contro il
capitalismo e per il socialismo!
Saluti marxisti-leninisti.
Tutto per il PMLI, il proletariato e
il socialismo!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
Firenze, 23 gennaio 2017
Cavriago (Reggio Emilia), 22 gennaio
2017 (foto Il Bolscevico)
Hanno dato l’annuncio della Commemorazione
8 il bolscevico / trump
N. 4 - 2 febbraio 2017
Con un discorso mussoliniano all’insediamento alla Casa Bianca
Trump instaura la dittatura
fascista negli Stati Uniti
“Domineremo il mondo”.”Distruggere l’Is è la nostra priorità”
Gli antifascisti e antirazzisti protestano in piazza.
600mila donne marciano a Washington
Donald Trump il 20 gennaio
ha giurato a Washington, con
una mano sulla Bibbia di Abramo Lincoln, ed è diventato il
45esimo presidente degli Stati
Uniti. Della cerimonia di insediamento, compreso il primo
discorso del neo presidente,
sono stati spesi fiumi di parole
che per la maggior parte hanno
sottolineato quell’immagine di
tribuno demagogico, dell’outsider estraneo alle lobby e alle
dinastie politiche che lo stesso
Trump si è cucito addosso nella campagna elettorale. Come
se nella sua lunga carriera di
imprenditore miliardario non
avesse mai fatto ricorso proprio a quell’establishment,
ora è messo alla gogna ma
che negli ultimi due decenni
per ben 6 volte lo ha salvato
dalla bancarotta. Solo qualche
commento ha colto la questione centrale della cerimonia di
insediamento del miliardario
fascista, razzista, xenofobo e
misogino sponsorizzato dai
circoli economici e finanziari
della destra Usa: l’instaurazione della dittatura fascista negli
Stati Uniti per ricompattare il
paese e rilanciarlo nella sfida
per l’egemonia mondiale una
volta preso atto che gli Usa
non sono più la superpotenza
egemone e incontrastata nel
mondo. D’altra parte il passo
da populismo a fascismo è
molto più corto di quanto si
pensi e Trump lo ha confermato appieno nel discorso di insediamento alla Casa Bianca.
Dopo il ringraziamento di
rito al predecessore Obama,
Trump ha messo in evidenza
che “questa cerimonia ha un
significato molto importante.
Non è solo il trasferimento da
un’amministrazione a un’altra.
Stiamo ridonando il potere al
popolo. Per troppo tempo un
gruppo ristretto di persone ha
gestito il governo. La prosperità era solo per i politici, non per
le imprese. L’establishment ha
protetto se stesso, non le imprese.... Da ora tutto cambia.
È il vostro momento”. E ricordava che “quello che importa
non è quale partito controlli il
governo ma se il popolo controlli il governo”. Ovvero che il
governo, di qualunque colore
sia, continui a servire gli interessi dei capitalisti e delle loro
aziende.
Il suo governo, assicurava
Trump, lo farà in maniera più
efficace che quelli precedenti:
“per decenni abbiamo chiuso
alle nostre imprese e non abbiamo difeso i nostri confini,
spendendo all’estero miliardi
di dollari per difendere gli altri
mentre le nostre infrastrutture
crollavano nella decadenza
generale. Mentre la fiducia
nel nostro Paese spariva”. Ma
“questo è il passato. Ora guar-
diamo al futuro”. E lo slogan
per il futuro è “l’America prima
di tutto”.
La “nuova visione che governerà gli Usa” farà in modo
che “dovremo difendere gli
interessi degli Usa dalla razzia di altre imprese” così che
“l’America riprenderà a vincere come ha mai fatto prima...
torneremo a sognare... Porteremo le persone fuori dalla disoccupazione. Con due regole
semplici: assumi americani,
compra prodotti americani”,
con il ritorno al protezionismo
a difesa del mercato interno
americano invaso in particolare dai prodotti cinesi. Così i
lavoratori dovrebbero, a suo
dire, dimenticare la lotta di
classe e allearsi coi padroni
per meglio sostenere la competizione internazionale.
Difesa delle merci americane, difesa dei confini americani, protezionismo e patriottismo viaggiavano in coppia
nel discorso di Trump. Diversi
i temi della politica estera solo
sfiorati da Trump che comunque non dimenticava uno dei
suoi pallini: “sconfiggere l’Isis
e i gruppi di terrorismo islamico sarà la nostra priorità”.
“Vogliamo rafforzare le alleanze e porci contro il terrorismo
islamico, per sradicarlo dalla
faccia della terra”, ripeteva.
Assicurando che “al di là della
politica, ci sarà una fedeltà totale al nostro Paese. E quando
si apre il cuore al patrottismo
non c’è spazio per il terrorismo... Così l’America è inarrestabile. Non c’è paura, saremo sempre protetti dalle forze
dell’ordine di questo Paese. E,
più importante, da Dio”.
Chiudeva infine il discorso
con “renderemo questo Paese
prospero, sicuro, grande, grandioso” che tornerà a dominare
il mondo e la consueta formulazione “Dio benedica voi e gli
Stati Uniti d’America”. Dio e
patria, un binomio fascista in
sintonia col discorso mussoliniano. D’altra parte già in passato Trump aveva manifestato
simpatie per Benito Mussolini,
rilanciando su Twitter nel febbraio scorso un motto fascista
e affermare “sapevo di citare
Mussolini” ma era una citazione interessante “che differenza fa?”.
Eugenio Scalfari nell’editoriale de “la Repubblica” del
22 gennaio arriva seppur in
modo involuto fino a accostare
Trump a Mussolini. “Trump si è
di fatto definito un populista. A
guardar bene Trump - scriveva
Scalfari - coltiva una tendenza
di tipo dittatoriale: un capo e
l’America, nessun partito, uno
staff personale composto da
uomini di finanza e da alcuni
militari che hanno il solo pregio di un’amicizia personale
con lui... La dittatura populista
non pesa. Noi ne abbiamo un
esempio relativamente recente con Mussolini. Neanche lui
aveva un partito. Aveva origini socialiste ma rivoluzionarie.
Poi, nello spazio di pochi anni
diventò dittatoriale e della dittatura fece un regime”.
Un uomo molto attento
alle cose terrene come papa
Francesco è stato più chiaro e
diretto: dai populismi nacque
Hitler. In una lunga intervista
al quotidiano spagnolo el País
spiegava che “le crisi provocano delle paure, delle allerte.
Per me, l’esempio più tipico
dei populismi europei è quello tedesco del ’33. Dopo Hindenburg, la crisi del 30, la Germania è in frantumi, cerca di
rialzarsi, cerca la sua identità,
cerca un leader, qualcuno che
gli ridia la sua identità e c’è un
ragazzetto di nome Adolf Hitler che dice ‘io posso, io posso’. E tutta la Germania vota
Hitler. Hitler non rubò il potere,
fu votato dal suo popolo, e poi
distrusse il suo popolo. Questo è il pericolo”.
Ricordiamo che le dittature
fasciste in Germania e Italia furono quelle che tra l’altro portarono dalla grande crisi eco-
nomica del 1929 alla seconda
guerra mondiale e al tentativo di ridefinire a vantaggio
dell’asse nazifascista gli equilibri del potere mondiale allora
in mano alle potenze coloniali
europee inglese e francese e
al nascente imperialismo americano.
Si commenta da sola la
posizione espressa da Beppe
Grillo per il M5S che invoca
l’uomo forte: “Trump sembra
moderato, i media hanno deformato il suo punto di vista
(!!!!)”.
Nel “sogno americano” rilanciato da Trump protezionismo e demagogia di tipo
mussoliniano non saranno
solo slogan ma trovano applicazione nella politica reazionaria e fascista subito inaugurata
dalla nuova amministrazione
Usa.
Il 20 gennaio, il primo atto
nello Studio Ovale del nuovo
presidente è stata la firma del
decreto esecutivo diretto alle
agenzie governative per ridurre il peso dell’Obamacare,
per dimostrare che neppure la
quasi insignificante e fallimentare modifica al sistema sanitario nazionale tutto centrato
sul privato voluta da Barack
Obama era ammissibile, e per
cancellare ogni diritto di aborto.
I primi atti formali dell’amministrazione Trump sono stati
il 23 gennaio quando Trump
dopo aver incontrato alcuni
capi dell’industria americana, capi di aziende quali Dell,
Johnson&Johnson, Ford e
SpaceX, ha firmato l’ordine
esecutivo che sanciva il ritiro degli Stati Uniti dal Tpp,
il Trans Pacific Partnership;
quell’accordo di libero scambio con 11 paesi affacciati sul
Pacifico stipulato da Obama
ma non ancora ratificato dal
parlamento. Trump lo ha definito “pericoloso per l’industria americana”, meglio degli
accordi multilaterali sarebbero quelli bilaterali che gli Usa
possono stipulare da una posizione di maggior forza. Di
seguito ha firmato l’ordine che
congela assunzioni e stipendi
del governo federale “fatta eccezione per i militari” e quello
per reintrodurre il divieto di finanziare con fondi federali le
Organizzazioni non governative internazionali che prestano
assistenza medica e praticano
l’interruzione della gravidanza.
Bene hanno fatto gli antifa-
scisti e antirazzisti che hanno
protestato in piazza, negli Usa
e in tutto il mondo il 21 gennaio. La manifestazione principale si è svolta in una Washington paralizzata dal flusso di
manifestanti, dove in almeno
600 mila hanno dato vita alla
“Women’s March”, la marcia
della donne nata dall’idea di
un gruppo di donne hawaiane
lanciata due giorni dopo l’elezione di Trump che in poco
tempo ha mobilitato tantissime
associazioni americane che si
occupano di diritti civili. “La resistenza comincia”, hanno gridato dal palco di Washington.
Cartelli e slogan contro le
discriminazioni di genere, contro la repressione e il militarismo hanno accomunato i manifestanti nelle piazze di tutto
il mondo da quelle europee di
Parigi, Berlino, Roma, Amsterdam, Ginevra, Praga e Lisbona a quelle in Australia e Nuova Zelanda; in quelle africane
da Accra in Ghana a Nairobi
in Kenya, e in America latina
fra le quali quelle in Argentina
dove la protesta contro Trump
si è unita a quella contro il miliardario presidente Macri che
governa a colpi di privatizzazioni e licenziamenti.
Il governo Trump zeppo di generali,
miliardari e xenofobi
Generali, finanzieri di Wall
Street, petrolieri, lobbisti di
professione, banchieri e miliardari, noti anche per essere
sfegatati omofobi e anti-islamici, sono le principali categorie scelte da Donald Trump
per dare vita alla sua squadra;
molti amici personali che occupano le poltrone dei dicasteri importanti della nuova
amministrazione americana e
già la caratterizzano come il
“più ricco governo nella storia degli Stati Uniti” secondo il
Washington Post. A conferma
che Trump è tutt’altro che un
“estraneo” rispetto al potere
finanziario e politico dell’imperialismo americano, come ama
presentarsi.
Fra i pezzi da novanta
dell’esecutivo c’è Reince Priebus, presidente del partito repubblicano, che sarà il capo
di gabinetto. Priebus rappresenta il collegamento di Trump
col partito repubblicano e
per conquistare la poltrona di
braccio destro del presidente
ha avuto la meglio su Stephen
Bannon, un ex di Goldman Sachs e presidente della campagna elettorale ma soprattutto
creatore e direttore di un sito
nazista, uno xenofobo, razzista e misogino come Trump
e amato dal Ku Klux Klan; ricompensato con la nomina a
chief strategist e consigliere
“anziano”.
La poltrona di Segretario di
Stato, il ministro degli Esteri, è
stata affidata a Rex Tillerson,
numero uno del gigante energetico Exxon Mobile che ha
accordi in tutto il mondo compresi quelli col colosso petrolifero russo Rosneft. Per questo
ha uno stretto rapporto d’affari
proprio con il presidente russo
Vladimir Putin.
Alla Difesa il super-falco James Mattis, generale dei Marines andato anticipatamente
in pensione nel 2013 perché
contrario all’accordo per il
nucleare con l’Iran voluto da
Obama. Ha diretto il comando centrale con responsabilità
sulle operazioni militari Usa in
Africa e in Medio Oriente; ha
guidato l’esercito Usa in Iraq
e in Afghanistan. Il nuovo responsabile del Dipartimento
per la Homeland Security, segretario alla Sicurezza interna,
sarà John Kelly, generale in
pensione dei marines che ha
lavorato anche nell’amministrazione Obama come assistente di due capi del Pentagono. Fino ai primi del 2016 è
stato capo dello Us Southern
Command, il comando delle forze Usa in Sudamerica e
America Centrale. Kelly è contrario alla chiusura della prigione di Guantanamo ed è ritenuto l’uomo giusto per “sigillare”
i confini degli Stati Uniti, come
promesso da Trump in campagna elettorale. Anche Michael
Flynn, prossimo consigliere
per la Sicurezza nazionale, è
un generale dell’esercito in
pensione, collaboratore della
prima ora di Trump. Ha guidato
la Defense intelligence agency
(Dia) dal 2012 al 2014 sotto
Barack Obama, accusandolo di essere debole contro lo
Stato islamico e ritenendo il
cosiddetto islamismo radicale
una minaccia esistenziale per
gli Stati Uniti. Islamofobo di
pari grado a Mike Pompeo, il
direttore della Cia, espressione della destra del Tea Party,
razzista e antiabortista, sostenitore del metodo delle torture
da parte dei servizi.
Della categoria dei miliardari fanno parte Steven Mnuchin,
proviene da Goldman Sachs
ed è stato il direttore finanziario della campagna elettorale;
ha un consistente patrimonio
accumulato come executive di
fondi speculativi e ha promesso “la più grande riduzione
d’imposte dai tempi di Ronald
Reagan”. Il miliardario Wilbur
Ross, segretario al Commercio, è un ex banchiere della
Rotschild and Co e investitore
specializzato nella rivitalizzazione di compagnie fallimentari. Ha come vicesegretario
Todd Ricketts, rampollo del
miliardario fondatore di Ameritrade. Buon ultima ma non per
patrimonio, l’avvocato Betsy
DeVos, segretaria all’Istruzione; è un’imprenditrice miliardaria, nuora di Richard DeVos,
il fondatore del colosso dei
prodotti di bellezza e per la
casa Amway, nota per l’appoggio alle scuole private.
Andrew Puzder, che ricopre
la carica di Segretario del Lavoro, è l’amministratore delegato del colosso dei fast-food
“CKE Restaurant”, uno dei
maggiori finanziatori e sostenitori della prima ora di Trump.
La retribuzione minima nella
sua azienda è di 7,25 dollari
l’ora ed è stato tra i maggiori
critici dell’innalzamento a livello federale della retribuzione a
15 dollari. Trump ha dichiarato
che Puzder “salverà le piccole
imprese dal peso schiacciante
delle regole inutili”.
donne contro trump / il bolscevico 9
N. 4 - 2 febbraio 2017
UN OCEANO DI DONNE CONTRO TRUMP
600 mila a Washington. Manifestazioni in tutto il mondo
Washington (Usa)
New York (Usa)
Helsinki (Finlandia)
Città del Messico
Parigi (Francia)
Roma
Tetchkan (Alaska-Usa) Tel Aviv (Israele)
Nuova Deli (India)
Oslo (Norvegia)
Melbourne (Australia)
Atene (Grecia)
Londra (Gran Bretagna)
Firenze
Bruxelles (Belgio)
Berlino (Germania)
Belgrado (Serbia)
Nairobi (Kenya)
10 il bolscevico / “globalizzazione” e protezionismo
N. 4 - 2 febbraio 2017
Intervenendo a Davos al Forum economico mondiale dei governanti imperialisti e dei supermiliardari
Il rinnegato Xi difende la ”globalizzazione”
e si propone come leader mondiale pacifista
Il World Economic Forum
2017, l’annuale incontro dei
governanti imperialisti e dei
supermiliardari che controllano l’economia globale, si
è svolto dal 17 al 20 gennaio in una Davos blindata e
militarizzata come non mai
per le misure antiterrorismo.
Ma quest’anno il clima cupo
di questa fiera delle vanità
dell’un percento più ricco
del pianeta che possiede
più della metà dell’intera ricchezza mondiale, non era
dovuto solo alla paura di attentati terroristici, ma anche
alla particolare congiuntura
internazionale, gravata da diverse incognite sospese sulla
cosiddetta “globalizzazione”,
e tra le quali primeggiano: il
perdurare della crisi finanziaria mondiale che dura ormai da quasi un decennio; la
stentata e squilibrata crescita
economica
internazionale;
l’infuriare dei conflitti regionali che minano la stabilità
internazionale; il cambio della
guardia alla Casa Bianca, che
con Trump - che pure ha inviato a Davos due suoi consiglieri economici - prefigura
scenari neo protezionistici e
di messa in discussione degli
accordi economici internazionali su cui la “globalizzazione” si fonda; e la crisi economica e politica dell’Unione
europea imperialista, messa a
nudo anche dalla Brexit e dal
rinfocolarsi dei nazionalismi e
dall’avanzare dei movimenti
cosiddetti populisti, contrari
all’economia globalizzata.
È in questo scenario che le
élite finanziarie, economiche
e politiche che si riconoscono nella “globalizzazione” e
da essa traggono e intendono continuare a trarre le loro
laute fortune, hanno trovato
un nuovo campione nel presidente cinese Xi Jinping, arrivato nella cittadina svizzera
accompagnato dal plurimiliardario cinese Jack Ma, per
presentarsi di fronte a loro
come il più fermo difensore
dell’economia capitalista globalizzata e come il più con-
vinto fautore della prosperità
e della pace mondiale. Tanto
che il suo interminabile intervento è stato di gran lunga il
più importante e applaudito
evento di tutto il meeting.
Strenua difesa della
“globalizzazione”
Egli ha subito esordito negando che le evidenti contraddizioni che accompagnano la “globalizzazione”, come
i “frequenti conflitti regionali,
le sfide globali come il terrorismo e i rifugiati, così come
la povertà, la disoccupazione
e le crescenti diseguaglianze
di reddito”, siano dovute alla
“globalizzazione” in quanto
tale, quasi che essa da “grotta del tesoro di Alì Baba sia
diventata il vaso di Pandora”. Per esempio “le onde di
rifugiati provenienti dal Medio Oriente e Nord Africa”,
ha sottolineato, non sono
causati dalla globalizzazione
economica”, ma dalle “guerre, i conflitti e le turbolenze
regionali”, e la soluzione “sta
nel fare la pace, promuovere
la riconciliazione e il ripristino
della stabilità”. Come se le
guerre, i conflitti e le instabilità
regionali non fossero dovuti a
cause economiche, all’istinto
di rapina e di sopraffazione
del capitalismo giunto allo
stadio dell’imperialismo.
Anche la crisi finanziaria
internazionale, ha proseguito
Xi, “non è un risultato inevitabile della globalizzazione economica; piuttosto, è la conseguenza di un eccessivo (sic)
inseguimento del profitto da
parte del capitale finanziario
e un grave fallimento della regolamentazione finanziaria”.
Come se si potesse pretendere una “misura” dall’insaziabile sete di guadagno del
capitale finanziario e imporre
regole razionali all’economia
di mercato capitalista, che è
per sua natura anarchica e
che non riconosce altra legge che quella della spietata
concorrenza e del massimo
profitto.
Tutte nozioni elementari di
marxismo, queste, che un rinnegato come lui, che si spaccia ancora per “comunista”,
dovrebbe ben conoscere.
E invece il capo della cricca
socialimperialista di Pechino
ha parlato alla platea di banchieri, miliardari e governanti
imperialisti come un loro pari,
come il più convinto e incallito fautore del capitalismo
e del liberismo economico,
tessendo le lodi della “globalizzazione” “che ha portato la
crescita della produttività sociale”, del “progresso scientifico e tecnologico” (sì, ma per
aumentare lo sfruttamento, il
profitto, le disuguaglianze e
l’inquinamento del pianeta,
ndr), e che “ha alimentato la
crescita globale e la circolazione agevolata delle merci e
dei capitali”.
Xi campione del
liberismo economico
“È vero che la globalizzazione economica ha creato
nuovi problemi”, riconosce
Xi citando appena di sfuggita, come se fossero semplici
effetti collaterali facilmente
rimediabili, le contraddizioni
“tra la crescita e la distribuzione della ricchezza, tra capitale e lavoro, e tra efficienza ed
equità” (quando invece esse
rappresentano l’essenza, gli
elementi strutturali dei quali si
alimenta la “globalizzazione”
imperialista, ndr). “Ma questa
– continua egli imperterrito –
non è una giustificazione per
cancellarla ma piuttosto per
adattarla e guidarla”. Per lui
la “globalizzazione” “è una
tendenza storica”, e “che vi
piaccia o no essa è il grande oceano a cui non si può
sfuggire. Qualsiasi tentativo
di interrompere il flusso di
capitali, tecnologie, prodotti,
industrie, persone, e canalizzare le acque di nuovo in
laghi e torrenti isolati, è semplicemente impossibile, è in
contrasto col trend storico”.
Sembra di sentir parlare uno
tra i più incalliti economisti
americani di scuola liberista
alla Milton Friedman, e infatti
passaggi come questo sono
stati accolti da vere e proprie
ovazioni del pubblico, rinfrancato dalla prospettiva di aver
trovato chi gli può garantire
la continuità dei suoi lucrosi
affari.
Alle smanie protezionistiche del nuovo inquilino della
Casa Bianca, rivolte espressamente contro la Cina, Xi
Jimping risponde, parlando
come un capo parla alle sue
truppe, che “dobbiamo continuare a sviluppare il libero scambio e l’investimento
globale, promuovere il commercio, gli investimenti e la
liberalizzazione e dire no al
protezionismo. Praticare il
protezionismo – ha sottolineato con un’immagine eloquente ed un avvertimento
a Trump – è come chiudere
se stessi in una stanza buia,
dove non entrano il vento e la
pioggia, ma neanche l’aria e
la luce. Nessuno emergerebbe vincitore da una guerra
commerciale”.
Se gli Stati Uniti di Trump
intendono mettersi di traverso alla “globalizzazione”
mettendo dazi e ridiscutendo i trattati commerciali, e
se l’Europa si sgretola e si
defila sotto la spinta dei nazionalismi di ritorno, allora
sarà la Cina, “la seconda potenza economica mondiale”,
a prendere decisamente in
mano la guida dell’economia
mondiale globalizzata, intensificando il suo sviluppo economico capitalistico “sotto la
guida del Partito comunista
cinese” e “prendendo l’innovazione come fattore chiave”:
questa è la sfida lanciata dal
leader del socialimperialismo
cinese all’imperialismo USA e
a quello europeo.
Cina locomotiva del
capitalismo mondiale
“Negli anni seguenti lo
scoppio della crisi finanziaria,
la Cina ha contribuito per oltre il 30 per cento alla crescita
Studiare, capire
e agire in base
al paragrafo Il Partito
del discorso di Scuderi
“Da Marx a Mao”
globale ogni anno”, e tutt’ora
“nonostante
un’economia
globale stagnante, l’economia cinese è destinata a crescere del 6,7%”, ha ricordato
Xi ai suoi interlocutori, proponendo il suo paese come la
nuova locomotiva del capitalismo mondiale al posto della declinante superpotenza
americana: “Le cifre parlano
da sole”, ha rimarcato il presidente cinese snocciolando i
numeri dei crescenti consumi
e investimenti miliardari messi in cantiere, il cui fiore all’occhiello è la “one belt one road”
(“una cintura e una strada”),
ovvero la colossale “nuova
via della seta” in costruzione
per il congiungimento ferroviario commerciale della Cina
all’Europa.
“Lo sviluppo della Cina è
un’opportunità per il mondo.
La Cina non ha solo beneficiato della globalizzazione
economica, ma anche contribuito. La rapida crescita in
Cina è stata un potente motore per la stabilità economica globale e l’espansione”, ha
insistito il leader cinese, promettendo di “aprire le braccia
alla gente e agli investimenti
di altri paesi e di dare loro il
benvenuto a bordo del treno
espresso dello sviluppo della
Cina”.
La Cina si propone quindi alla guida del treno della
“globalizzazione”, ma anche
della “pace” e della “stabilità”
mondiali, con Xi che incita ad
“affrontare le sfide del cambiamento climatico”, difendendo gli accordi di Parigi
per la riduzione delle emissioni, proprio mentre Trump
si mostra scettico e negazionista del riscaldamento globale. Che incita ad “aderire
al multilateralismo e a sostenere l’autorità e l’efficacia
delle istituzioni multilaterali”,
e ad “onorare le promesse e
rispettare le regole”, proprio
mentre Trump tuona contro le
“inutili” istituzioni internazionali e si proclama fautore solo
di accordi ed alleanze bilaterali, a cominciare dalla Gran
Bretagna di Theresa May, che
ha appena fatto lo stesso disprezzando il dialogo con la
UE e proclamando una nuova politica estera nazionalista
e “a tutto campo” del Regno
Unito.
Xi che fa mostra di moderazione e responsabilità proclamando che la Cina non ha
intenzione di svalutare la sua
moneta e lanciare una guerra
valutaria (cosa di cui Trump
la accusa), ma si propone di
aprire zone di libero scambio e aprire negoziati di partenariato regionale proprio
a cominciare dal Pacifico, la
regione più contesa attualmente con USA e Giappone.
E che dà a tutti appuntamento il prossimo maggio al
Forum Belt di Pechino, che
mira a “discutere i modi per
rafforzare la cooperazione, la
costruzione di piattaforme di
cooperazione e condividerne
i risultati”.
Il plauso del
club finanziario
internazionale
Un programma ostentatamente “pacifista” e “responsabile”, insomma, e
per questo salutato entusiasticamente dal Forum economico mondiale di Davos,
con il suo fondatore Klaus
Schwab che ha definito l’intervento del presidente cinese un “discorso molto,
molto importante, che arriva
in un momento storico”. Un
discorso, definito dal principale quotidiano finanziario
della City londinese, Financial Times, “dell’unico adulto responsabile che sembra
essere rimasto in sala”. Del
resto è logico che chi finora
ha creduto e prosperato sulla
“globalizzazione” punti sulla
Cina, viste le proclamate intenzioni di Trump di rivedere
completamente la politica
estera ed economica degli
USA, che riflettono implicitamente una presa d’atto del
declino americano nei confronti dell’ascesa del socialimperialismo cinese, inevitabile conseguenza della legge
dello sviluppo disuguale del
capitalismo.
Ed è altrettanto logico
che la cricca socialfascista
e socialimperialista di Pechino punti tutte le sue carte
sulla “globalizzazione”, cioè
sull’abbattimento di tutte le
barriere commerciali, classica
rivendicazione di tutte le potenze in ascesa, e sulla quale
fino ad oggi la superpotenza
cinese ha fondato la sua irresistibile crescita economica,
fino a sfidare oggi direttamente la superpotenza americana
per l’egemonia mondiale.
pubblicato su “Il Bolscevico” n. 34/16 e sul sito
http://www.pmli.it/articoli/2016/20160914_34a_discorsoScuderiMarxMao.html
Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI
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sito Internet http://www.pmli.it
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Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale
murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze
Editore: PMLI
chiuso il 25/2/2017
ISSN: 0392-3886
ore 16,00
dialogo con i lettori / il bolscevico 11
N. 4 - 2 febbraio 2017
DIALOGO
LETTORI
Questa rubrica è aperta a tutti i lettori de Il Bolscevico, con l’esclusione dei fascisti. Può essere sollevata qualsiasi questione inerente
la linea politica del PMLI e la vita e le lotte delle masse. Le lettere non
devono superare le 50 righe dattiloscritte, 3000 battute spazi inclusi.
Cosa ne pensate di certi giudizi
di Lenin su Stalin?
Cari compagni,
sono un lavoratore e, parafrasando Silone, sono un
socialista senza partito e un
cristiano senza chiesa.
Da qualche settimana ho
avuto il piacere di approfondire la conoscenza del PMLI
e di scaricare le copie de “Il
Bolscevico” presenti sul sito.
Ovviamente sarei solo un
ipocrita se scrivessi di condividere tutte le vostre analisi,
posizioni e soluzioni ai problemi che questa forma di
spietato capitalismo presenta
alla classe operaia, alle masse, agli sfruttati ed a coloro
che in genere vivono grazie al
loro lavoro.
Riconosco, tuttavia, che
in quest’epoca che tende ad
omologare tutto, oltre che ad
imporre il c.d. pensiero unico,
la lettura dei vostri documenti
e del vostro giornale, pur ribadendo le mie personali riserve
sopra già accennate, può tornare utile al fine di “allargare
la mente” ed evitare di essere
esclusivamente succubi rispetto a questa forma di capitalismo devastante e tendente
ad emarginare le masse.
Veniamo al punto: desidererei conoscere la vostra
posizione in merito ai due
pensieri di Lenin in merito alla
condotta di Stalin.
Non mi convince la vulgata del Lenin buono e dello
Stalin cattivo, ma con tutta
la franchezza del caso e con
il rispetto che meritate per
le vostro posizioni. STALIN
PROPRIO NO!
Vi ringrazio per l’attenzione
e per il riscontro che vorrete
dare alla presente
Saluti socialisti e buon lavoro.
via e-mail
Grazie a te, compagno,
per esserti rivolto con franchezza al Partito per esporre il tuo giudizio negativo
su Stalin, che hai motivato
allegando due citazioni di
Lenin: una tratta dal suo cosiddetto “testamento”, nel
quale secondo le interpretazioni più comuni Lenin si sarebbe schierato contro Stalin
e a favore di Trotzki; e l’altra
costituita dalla sua lettera a
Stalin in cui chiedeva le sue
scuse, accusandolo di grossolanità per aver insolentito
al telefono sua moglie Nadia
Krupskaia. E tuttavia chiedi
la nostra posizione in merito, segno evidente di rispetto
verso il PMLI e di volontà di
conoscerlo più a fondo nonostante le tue riserve su di
esso. Tanto che giustamente
non intendi accontentarti di
quella che tu stesso definisci
la vulgata del pensiero unico
del capitalismo, e ciò non può
non valere anche per Stalin.
A tale proposito pensiamo
che siano particolarmente indicate e significative queste
parole con cui il compagno
La lettera di Lenin a
Stalin sulla Krupskaia
Stalin al 10° Congresso del Komsomol (l’organizzazione giovanile del Partito)
Mino Pasca, nel suo discorso
pronunciato a nome del CC
del PMLI alla solenne Commemorazione pubblica del
2 marzo 2003 a Firenze per
il 50° della morte di Stalin, si
rivolgeva ai giovani invitandoli
ad avere il coraggio di conoscere di propria mano chi era
veramente Stalin e quali erano
le sue idee: “Non c’è altra strada – sottolineava il compagno
- che studiarne il pensiero e
l’opera. Abbiate anzitutto il coraggio di studiare le sue opere,
e magari di dissentire ma solo
dopo averle lette e averle raffrontate con la sua condotta e
attività politica. Guai a giudicarlo a priori senza averne letto
neppure un rigo accontentandovi di sputare e ripetere pappagallescamente le sentenze
preconfezionate dagli anticomunisti. Vi permettereste mai
di giudicare la bontà di un
cibo senza averne assaggiato
almeno un boccone? Se non
c’è altro modo per conoscere
il sapore di un cibo che assaggiarlo, perché pretendere di
avere un’idea di Stalin solo per
sentito dire? Vi invitiamo pertanto a ragionare con la vostra
testa e a giudicarlo dal punto
di vista del proletariato”.
Il cosiddetto
“Testamento
di Lenin”
E veniamo ai due documenti da te citati. Il cosiddetto “Testamento di Lenin”,
così definito da un giornalista
americano di area trotzkista
che l’aveva pubblicato negli
Stati Uniti sostenendo che
era stato tenuto “segreto”, fa
parte in realtà di una serie di
appunti dettati da Lenin tra il
dicembre 1922 e il gennaio
1923 in preparazione di un
suo intervento al XII Congresso del PC(b)R (aprile 1923),
intervento a cui poi l’artefice
della Rivoluzione d’Ottobre
fu costretto a rinunciare per
l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, compromesse
dall’attentato di cui fu vittima.
Non prima però di aver proibito espressamente che queste
sue considerazioni, raccolte
sotto il titolo “Lettera al Congresso”, fossero pubblicate.
Data la lotta sulla linea politica in corso in quel momento
nel Partito e i seri pericoli di
scissione, Lenin non voleva che le sue considerazioni
venissero
strumentalizzate
per creare frazionismo, e se
dispose che non venissero pubblicate aveva le sue
buone ragioni. Tuttavia esse
furono portate a conoscenza
del Partito e dibattute ampiamente al suo interno, sia nei
suoi organi centrali sia nel XII
e XIII Congresso.
Nel cosiddetto “testamento”, ossia un appunto del 24
dicembre 1922, con l’aggiunta di un altro del 4 gennaio
1923, Lenin esprimeva i suoi
timori per un’eventuale scissione, avanzava proposte per
rafforzare il CC e formulava
una serie di giudizi su alcuni
membri del CC stesso, tra cui
Stalin, nominato a suo tempo
Segretario generale su sua
proposta, dicendo in sostanza di non essere sicuro che
egli avrebbe saputo servirsi
del suo “immenso potere”
con “sufficiente prudenza”,
in quanto il suo difetto era
di essere “troppo grossolano”, cosa “del tutto tollerabile
nell’ambiente e nei rapporti tra noi comunisti” ma non
“nella funzione di Segretario
generale”. Pertanto ipotizzava di sostituirlo con altri, ma
“solo per una migliore qualità,
quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e
più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc.”.
D’altra parte di Trotzki egli
diceva che “come ha già dimostrato la sua lotta contro il
CC nella questione del commissariato del popolo per
i trasporti, si distingue non
solo per le sue eminenti capacità”, ma anche per la sua
“eccessiva sicurezza di sé
e una tendenza eccessiva a
considerare il lato puramente
amministrativo dei problemi”.
Su Kamenev e Zinoviev ricordava l’episodio dell’Ottobre
’17 in cui rischiarono di sabotare l’insurrezione, alla quale
erano contrari, rivelandone
in anticipo la data, anche se
non glielo ascriveva “personalmente a colpa, così come
il non bolscevismo a Trotzki”.
Il carattere di Stalin
e l’operato politico di
Trotzki
Dopo la morte di Lenin i
trotzkisti cercarono di strumentalizzare queste considerazioni per opporre Lenin
a Stalin, ma in realtà occorre
tener conto del contesto in
cui Lenin le aveva formulate:
mentre lui era malato e lontano dal centro, mentre la situazione politica era in continua
evoluzione e lui era fortemen-
te preoccupato di mantenere
l’unità del Partito, attaccato
da tutte le parti e alle prese
con problemi giganteschi. Per
cui questi giudizi non vanno
considerati assoluti ma soggetti essi stessi ad evoluzione, se Lenin ne avesse avuto
il tempo.
Ma comunque, se le sue
considerazioni le si leggono
attentamente e senza i paraocchi dell’antistalinismo, non
si può fare a meno di dedurne che mentre quelli su Stalin sono giudizi negativi sul
suo carattere, senza l’ombra
di una critica politica, quelle
su Trotzki sono critiche prettamente politiche e su più di
un punto: il suo “non bolscevismo”, la sua ben nota presunzione individualistica e la
sua tendenza a mettersi contro le decisioni del CC, ovvero la sua insofferenza verso il
centralismo democratico.
In realtà, come già spiegato, non ci fu nessun occultamento della “Lettera al
Congresso” di Lenin, come
sostenevano i trotzkisti. Durante le sue diverse discussioni Stalin, in segno di lealtà
verso il Partito e per agevolare un chiarimento più franco
possibile, offrì anzi per due
volte le sue dimissioni, che
furono però respinte all’unanimità dal CC. Lo stesso
Trotzki, in una dichiarazione
pubblica nel 1925, ammise
che Lenin non aveva lasciato nessun “testamento”, che
quelle del giornalista americano erano solo “calunnie
contro il CC” e che se quelle
lettere non furono pubblicate
fu perché il suo autore “non le
aveva destinate alla stampa”.
Riguardo poi alla lettera
di Lenin a Stalin del 5 marzo 1923 (rigorosamente segreta e personale), in cui
Lenin rimprovera a Stalin di
aver tenuto un atteggiamento grossolano e insolente in
una telefonata alla Krupskaia,
chiedendogli di ritirare le sue
parole e porgere le sue scuse, valgono sostanzialmente
le stesse considerazioni fatte
sul “testamento”: e cioè che
si tratta sempre di giudizi sul
carattere di Stalin, e non sul
suo operato politico. Un carattere ruvido che lo stesso
Stalin ammetteva apertamente di avere, e che nel caso
specifico - come si legge nella sua lettera di risposta, che
purtroppo Lenin non poté mai
leggere per il suo improvviso
peggioramento - era mosso
unicamente dalla preoccupazione che la Krupskaia trasgredisse gli ordini dei medici
che avevano proibito, per
non aggravarlo, di informare il
marito di questioni politiche,
decisione di cui Stalin aveva
avuto dal CC la responsabilità
di sorvegliarne l’attuazione.
Ma un conto è il carattere e
un altro sono i meriti politici di
Stalin, che è stato oggettivamente il più strenuo difensore
e continuatore del pensiero
e delle opere di Lenin. Tanto
che, come dice Mao e come
la storia dimostra, chi attacca
Stalin finisce prima o poi per
attaccare anche Lenin, e per
rinnegare alla fine l’intero edificio del marxismo-leninismo
e del socialismo. D’altra parte
è comprensibile che la borghesia, gli imperialisti e i fascisti non perdano occasione
per attaccarlo, calunniarlo e
infangarlo, e seminino menzogne e falsificazioni storiche
sul suo conto, date le cocenti
sconfitte che egli ha loro inflitto e per aver dimostrato che il
socialismo è una realtà possibile e concreta.
Questo equivale forse a
dire che egli è perfetto ed
esente da errori? No, naturalmente. Ma come ha chiarito
il compagno Giovanni Scuderi, nel suo editoriale del
1994 per il 115° anniversario
della nascita del successore
di Lenin, dal titolo “Teniamo
alta la grande bandiera rossa di Stalin”: “Per noi è fuor
di dubbio che gli errori commessi da Stalin sono unicamente da addebitarsi essenzialmente alla mancanza di
esperienza. Ricordiamoci che
nessuno prima di lui, tranne
Lenin ma per nemmeno sette
anni, aveva guidato l’edificazione di uno Stato socialista
in una situazione di completo
accerchiamento imperialista
e avendo sulle spalle le responsabilità e i problemi della
direzione del movimento comunista internazionale”.
12 il bolscevico / terremoto
N. 4 - 2 febbraio 2017
I terremotati del Centro Italia sommersi dalla neve
Lasciati soli al gelo
19 morti, 15 dispersi, centodieci paesi al buio da giorni. Solo a parole le promesse di “tutto e subito”
L’allerta meteo è stata ignorata dallo Stato
A cinque mesi dall’inizio del
devastante terremoto che a partire dal 24 agosto scorso ha letteralmente raso al suolo interi
paesi e frazioni a cavallo tra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo, e
provocato centinaia di morti e feriti e migliaia di sfollati; il 18 gennaio i terremotati del Centro Italia
hanno dovuto fare i conti con una
nuova ondata di scosse di cui tre
superiori al 5° grado della scala
Richter (tutte nel giro di un’ora,
tra le 10 e 30 e le 11 e 30 del
mattino) accompagnate da una
tormenta di neve che ha letteralmente sepolto sotto una spessa
coltre bianca l’intera regione.
La tragedia di
Rigopiano
Terremoto e maltempo hanno
provocato altre vittime (almeno
19 quelle fino ad ora accertate) e nuovi crolli. Si è sbriciolato
anche il campanile della chiesa
di Sant’Agostino, ad Amatrice,
il “simbolo della rinascita e della
ricostruzione”, che non è stato
messo in sicurezza in tutti questi
mesi.
L’epicentro è stato individuato al nord dell’Abruzzo dove
è tutt’ora in corso il dramma
dell’hotel Rigopiano di Farindola, nel pescarese, travolto da una
valanga, con 14 vittime accertate
e ancora 15 dispersi rimasti sepolti nei locali dell’albergo sotto
una montagna di neve e detriti.
La procura di Pescara ha aperto un’inchiesta, per il momento
contro ignoti, per disastro colposo e omicidio plurimo colposo.
Al vaglio degli inquirenti ci sono
i numerosi allarmi e le richieste di
soccorso lanciati dalla direzione e
dagli ospiti dell’albergo molte ore
prima della tragedia ma ignorati
dalla prefettura e dalla Provincia.
Agli atti dell’inchiesta c’è soprattutto l’e-mail spedita alcune ore
prima della valanga dal direttore
dell’hotel alla Provincia per chiedere l’intervento degli spazzaneve per sgomberare la strada
dalla neve e permettere così alle
persone di evacuare la struttura e
mettersi in salvo.
Nel fascicolo c’è anche la denuncia presentata dal Forum H2O
in base alla quale, mappe regionali alla mano, il resort sarebbe
stato costruito sopra colate e
accumuli di detriti preesistenti,
compresi quelli da valanghe. Il
Forum H2O punta giustamente il
dito anche contro la Regione per
“la mancanza di un Piano Valanghe’’.
Intere popolazioni
isolate
Il sisma è stato avvertito praticamente ovunque anche nelle
province di Ascoli, Fermo e Rieti, con nuovi crolli nelle zone
rosse, disagi ed enormi difficoltà nell’effettuare i sopralluoghi:
le strade della montagna sono
quasi tutte bloccate a causa della neve e raggiungere le frazioni
più isolate è un’impresa pressoché impossibile anche a una
settimana dall’evento. I comuni
ufficialmente coinvolti sono nove:
Capitignano, Campotosto, Cagnano Amiterno, Pizzoli e Barete,
in provincia dell’Aquila; Amatrice,
Borbona, Cittareale e Accumoli,
in provincia di Rieti, con disagi
registrati anche nell’ascolano, tra
Un’immagine di Norcia sotto la neve
Arquata del Tronto, Acquasanta
Terme, Montemonaco e Roccafluvione.
Sono saltate tutte le linee elettriche, idriche e telefoniche. Si
contano almeno centodieci paesi isolati, senza acqua, al buio,
senza energia elettrica e riscaldamento ormai da giorni e non ancora ripristinati. Intere popolazioni sono abbandonate a se stesse
nell’inferno di neve, ghiaccio,
vento e terremoto. Gli spazzaneve sono rimasti fermi nei garage e
chi tentava di scappare dall’epicentro di Capitignano è rimasto
bloccato per strada in mezzo alla
neve.
Due anziani per difendersi dal
freddo hanno acceso un piccolo
generatore per scaldarsi e sono
stati trovati morti a Brittoli, in provincia di Pescara, avvelenati dal
monossido di carbonio.
In frazione Ortolano di Campotosto, invece, è stato recuperato il corpo di Enrico De Dominicis, scomparso sotto una slavina
poco dopo le scosse sismiche
del 18 gennaio. I carabinieri di
Teramo a Rocca S. Maria hanno
trovato cadavere, in una stalla, un
uomo di 74 anni nella frazione di
Faiete deceduto per ipotermia.
Trovati morti anche i due dispersi in provincia di Teramo: si
tratta di Mario e Mattia Marinelli, padre e figlio di 50 e 23 anni,
dispersi a Poggio Umbricchio di
Crognaleto, sul versante teramano del Gran Sasso.
Scuole e uffici chiusi pressoché ovunque, i dodici passeggeri
del treno regionale 7100 bloccati
per ore tra Civitanova Marche e
Albacina. A Pieve Torina e Pievebovigliana (Macerata) sotto il
peso della neve sono venuti giù
la tenda che ospitava la scuola
elementare e la tensostruttura
della mensa. A Folignano, paese
a est di Ascoli, è venuto giù il tetto della palestra comunale, non
per il terremoto, ma per la neve.
La struttura era stata inaugurata
nel 2004. A Sarnano due operai
sono stati salvati dopo essere
rimasti per quasi 24 ore bloccati
da una slavina.
A Gualdo, sempre nel maceratese, sono invece crollate due
stalle, con un centinaio di animali
morti o rimasti feriti tra le macerie. La Coldiretti denuncia che
da agosto è stato consegnato
appena il 15% delle strutture di
protezione per gli animali e che,
vista la gran quantità di neve, è
impossibile garantire ovunque
l’alimentazione del bestiame.
Soccorsi inadeguati
e in grave ritardo
A una settimana dall’evento
l’emergenza non è ancora passata. La terra continua a tremare,
la neve ha superato i due metri
quasi ovunque, le temperature
sono sempre intorno allo zero e
i soccorsi arrivano a singhiozzo.
I sindaci delle località colpite si
scagliano contro il commissario
per la ricostruzione Vasco Errani, Enel e Terna che a distanza di
giorni “non hanno ancora capito
l’eccezionalità della situazione”
in tutta la zona che ora è anche
a grave rischio di inondazione e
nuove valanghe. La commissione
gravi rischi ha diramato un comunicato in cui fra l’altro si legge che
“Nella zona di Campotosto, epicentro del sisma, c’è il secondo
bacino idrico più grande d’Europa con tre dighe (Sella Pedicate,
Rio Fucino e Poggio Cancelli),
una delle quali su una faglia che
si è riattivata e ci possono essere movimenti importanti di suolo
che cascano nel lago, per dirla
semplice è l’effetto Vajont”.
Marco Rinaldi, sindaco di Ussita, piccolo comune in provincia
di Macerata, nelle Marche, uno
dei centri maggiormente colpiti,
dopo aver atteso per due giorni
l’arrivo di una turbina, si è sfogato contro le difficoltà di reperire
mezzi e l’inefficienza di quelli a
disposizione: “Non ho parole !!!!!
Sono su tutte le furie !!!!!!!! Stamattina è arrivata la turbina della
Protezione civile finalmente, ma è
rimasta bloccata a Calcara perché senza catene. Ci rendiamo
conto?”.
Dalle Marche all’Abruzzo: non
ci sono mezzi spazzaneve, e quei
pochi a disposizione impiegati
sono risultati inadeguati. A Chieti,
come hanno denunciato numerosi residenti, le cinque turbine
spazzaneve di proprietà della
Provincia sono rimaste ferme. Il
motivo? Non ci sono conducenti
e dipendenti che possano guidarli.
Nel paese di Arsita (Teramo),
che conta all’incirca 800 abitanti
(escluse le frazioni), l’unica turbina spazzaneve è arrivata solo
nella tarda serata di giovedì 19
gennaio, dopo 48 ore di attesa,
con intere famiglie isolate all’interno delle loro abitazioni sepolte
da cumuli di neve, che in alcune
zone hanno raggiunto perfino i
due/tre metri di altezza.
“Il paese di Arsita è completamente isolato. Ci sono persone
Una delle tendopoli che ospitano i terremotati sepolta dalla neve
che sono senza luce ed acqua da
parecchi giorni. C’è soltanto una
turbina che non è in grado di percorrere tutto il territorio e pertanto
sono necessari altri mezzi”, scrive
su Facebook un residente.
Situazione analoga a Cermignano, sempre nella provincia di
Teramo, dove i residenti hanno
lanciato un appello per la richiesta di soccorso. La zona più critica individuata è la frazione di Solagne Santa Maria, dove cinque
famiglie con bambini e anziani
e una persona con sindrome di
down sono rimasti completamente isolati dal mondo per giorni.
“Capisco, anche se non del
tutto, che possano rimanere impraticabili a causa dell’eccezionale nevicata le piccole strade
che portano alle frazioni, ma che
sia bloccata la statale Salaria non
è accettabile e qualcuno all’Anas
se ne deve assumere la responsabilità. Statali come l’80, quella
tra L’Aquila e Teramo, e la 5, la
Tiburtina Valeria non possono
rimanere chiuse, sono strade di
collegamento importanti attraverso cui devono giungere mezzi
di soccorso come le turbine”, ha
detto il 19 gennaio il vicesindaco
di Arquata del Tronto. Le difficoltà
della situazione sono evidenti, ma
in ogni caso insufficienti a giustificare l’accaduto. L’eccezionalità
più volta evocata sembra davvero una giustificazione inadeguata.
Soprattutto se si pensa che l’allerta meteo era stata diramata già
da una settimana ma è stata letteralmente ignorata dal governo,
dalla Regione, dalle prefetture,
dalle amministrazioni locali, dal
commissario per la ricostruzione
Vasco Errani, dalla Protezione Civile, dall’Anas e da tutti gli organi
dello Stato preposti a questo tipo
di intervento.
Lo Stato e le
istituzioni
responsabili del
disastro
Lo Stato italiano e tutte le
sue istituzioni governative a livello nazionale e locale che con
“orgoglio” si vantano di essere i
rappresentanti di un Paese considerato fra le maggiori poten-
ze economiche mondiali e che
siede al G7, alla prova dei fatti
si è rivelato un Paese completamente incapace di rispondere
prontamente non solo alle calamità cosiddette imprevedibili, ma
perfino a una nevicata, sia pure
eccezionale, ma annunciata con
largo anticipo dai servizi meteo e
a un evento sismico iniziato sette
anni fa col terremoto de L’Aquila e praticamente mai fermatosi
a causa di quel fenomeno che i
sismologi chiamano “contagio
delle faglie”. E comunque sia,
non è concepibile che una regione come l’Abruzzo, densa di
località montane e puntualmente
a rischio di forti nevicate in pieno
inverno, si ritrovi completamente
sguarnita di uomini e mezzi adatti
a fronteggiare condizioni meteo
avverse fino al punto di non essere in grado di liberare almeno
le strade principali dagli accumuli
di neve.
Basti pensare che a 5 mesi
dalla grande scossa del 24 agosto i soldi raccolti dalla grande
generosità e solidarietà del popolo italiano e i moduli abitativi promessi da Renzi non sono
ancora arrivati. I piccoli allevatori
sono stati costretti a vendere il
bestiame per riparare le stalle e i
capannoni.
Anche i vigili del fuoco denunciano la politica criminale del
governo e delle istituzioni parlamentari borghesi paragonati a
dei “criminali allo sbaraglio” che
stanziano 20 miliardi di euro per
salvare i loro amici banchieri e
continuano a sperperare montagne di denaro pubblico per
finanziare l’industria bellica, le
guerre di aggressione all’estero
e le cosiddette grandi opere, ma
non muovono un dito per alleviare le sofferenze delle popolazioni
colpite.
Di fronte alle 19 vittime, 15
dispersi, i nuovi crolli e gli oltre
due metri di neve che hanno paralizzato il territorio con ingenti
danni all’economia e ricoperto le
macerie del terremoto di 5 mesi
fa non ancora rimosse, la rabbia
e la ribellione delle popolazioni
contro le istituzioni borghesi sono
sacrosante. Prima il flash mob di
protesta davanti alla sede della
Protezione civile, a Rieti. Poi le
urla dei parenti dei dispersi del
Rigopiano contro il viceministro
Bubbico, all’ospedale di Pescara. Infine il blocco e la protesta
inscenata dagli abitanti di Accumoli e Pescara del Tronto sulla
Salaria.
“Siamo tornati indietro nel
Medioevo”: senza corrente, senza acqua, al freddo e al buio: è lo
slogan di tanti residenti che, esasperati, minacciano di scendere
in piazza a Roma per una grande
manifestazione di protesta.
Altro che: “Non vi lasceremo soli... Ricostruiremo tutto e
subito” promesso e ripromesso
dal nuovo duce Renzi, dal suo
erede Gentiloni e confermato
dai vari rappresentanti delle istituzioni passati a visitare le zone
colpite a cominciare dal presidente del Senato Grasso, della
Camera Boldrini e non ultimo dal
capo dello Stato, Mattarella, che
da Atene ha fatto sapere che “le
nuove scosse non interromperanno la ricostruzione”. Parole
beffarde, che fanno letteralmente
a cazzotti con la nuova ondata di
morte e distruzione che ha funestato le popolazioni del Centro
Italia e con quanto denunciano
gli ordini di ingegneri, architetti
e geometri delle Marche in una
lettera indirizzata nei giorni scorsi
al commissario Errani: in verità la
ricostruzione non è stata nemmeno avviata mentre “la stessa Protezione civile non ha abbastanza
personale per evadere tutte le
richieste di rilievi sull’agibilità
degli edifici e la valutazione del
danno”.
Gli ingegneri sono infatti chiamati a eseguire le cosiddette procedure Fast (Fabbricati per l’agibilità sintetica post terremoto) e
devono farlo entro quindici giorni
dall’ordinanza di inagibilità. Tempi strettissimi: “Non si può contemporaneamente ricostruire e
rilevare il danno. Questa continua
emanazione di norme ha generato nella popolazione e nei tecnici
stessi confusione e incertezza,
tant’è che, al momento, i professionisti non stanno presentando
alcun progetto, neanche per la
ricostruzione leggera”.
Da mesi la maggior parte delle
richieste che dai Comuni partono all’indirizzo del governo e del
commissario Errani rimangono
lettera morta.
14 il bolscevico / cronache locali
N. 4 - 2 febbraio 2017
Firenze
Raggiunto e superato Nardella vuole sgomberare i profughi scampati
l’obiettivo
al rogo del capannone dell’Osmannoro che
delle 2.000 firme
hanno occupato uno stabile della Curia
per il referendum
I gesuiti proprietari dell’immobile non danno il consenso
a Civitavecchia
Nel “Comitato contro il forno
crematorio” partecipa attivamente
e in prima linea il PMLI
Civitavecchia, 21 gennaio 2017. Il banchino del Comitato contro il forno
crematorio mentre raccoglie le firme al mercato di piazza Regina Margherita, a cui partecipa l’Organizzazione di Civitavecchia del PMLI
‡‡Dal corrispondente
dell’Organizzazione
di Civitavecchia del PMLI
Sabato 21 gennaio è stata
una splendida giornata a Civitavecchia (Roma). Al mercato
di piazza Regina Margherita,
nel cuore della città e della
popolazione è proseguita, con
un banchino, la raccolta firme contro il forno crematorio
“industriale” che sarebbe un
ulteriore elemento inquinante
in una città già contaminata
da un’imponente centrale a
carbone nei pressi del porto,
un’area di stoccaggio di armi
chimiche, prodotte sotto il fascismo nella seconda guerra
mondiale e che in un altro
progetto dovrebbero andare
smaltite in un nuovissimo ossidatore termico e, in ultimo,
un impianto militare che già
smaltisce sostanze chimiche.
Nel “Comitato contro il
forno crematorio” partecipa
attivamente e in prima linea
l’Organizzazione di Civitavecchia del PMLI, in una lotta
popolare importante contro
il sindaco pentastellato a
Cinque Stelle Cozzolino che
nella sua amministrazione
comunale ha portato avanti
la svendita della città in linea
con i suoi predecessori, curando gli interessi privati dei
costruttori e delle mafie ormai
ben radicate in questa parte
del territorio della provincia
romana, ignorando completamente la popolazione e,
peggio ancora, esponendoli
ancor più ai pericoli di una
delle zone tra le più inquinate
d’Italia. Infatti, a Civitavecchia
muoiono in media ogni anno
oltre 700 persone di tumore,
senza segnali di decrescita,
in controtendenza con i numeri nazionali.
Al banchino di sabato 21
hanno partecipato anche alcuni compagni di Roma del
PMLI, constatando il buon
lavoro svolto in questa battaglia popolare dall’Organizzazione locale del Partito che è
riuscita a radicarsi all’interno
del Comitato e ad esserne un
punto di riferimento.
Era chiaro come l’argomento dell’inceneritore fosse
molto sentito dalle numerose persone che si sono avvicinate spontaneamente al
banchino e hanno ben volentieri firmato per il referendum,
consapevoli che la lotta è anche politica, contro il sindaco
del Movimento 5 Stelle, reo di
aver vinto le elezioni presentandosi come alternativa ai
partiti parlamentari tradizionali per poi manifestarsi solo
una faccia ancora peggiore di
chi li ha preceduti.
Firenze. L’occupazione dello stabile di via Spaventa da parte dei migranti somali
‡‡Redazione di Firenze
Il 17 gennaio, dopo il netto
rifiuto espresso il giorno precedente alla proposta delle istituzioni di ospitarli nelle strutture
dell’emergenza-freddo sparse
per tutta la provincia, i profughi
scampati al rogo del capannone delll’Osmannoro hanno occupato uno stabile dell’Istituto
Stensen (gestito dai gesuiti) in
via Spaventa a Firenze.
L’immobile, in disuso dal
2011, è in vendita per la ristrutturazione come zona residenziale ed è tra gli edifici pubblici
e privati in disuso che il Comune e la Regione sponsorizzano
per investimenti e speculazioni.
Il sindaco Dario Nardella (fedelissimo renziano) immediatamente ha optato per mettere
in campo la polizia per sgombrare e reprimere gli occupanti,
dichiarando: “Siamo di fronte
ad una occupazione abusiva,
come quella di Sesto: tale è anche l’occupazione del palazzo
dei gesuiti. Abbiamo ribadito
che siamo disponibili a dare
loro una sistemazione provvisoria, così come siamo anche
pronti con le forze dell’ordine
allo sgombero, per il quale tuttavia è necessaria la richiesta
del proprietario dell’immobile.
Detto questo è inaccettabile
che si parli di diritto alla casa
ma poi non si rispettino le regole”.
A fermarlo è stato il gesuita
Ennio Brovedani, direttore della
Fondazione Stensen. che non
ha dato l’assenso allo sgombero sostenendo: “Non condividiamo posizioni di intransigenza
rispetto ad un fenomeno come
quello dei migranti, tragico ed
epocale come l’esodo biblico.
Certo, in questo è stato leso
il principio della legalità. ma
dobbiamo altresì riflettere sul
danno e l’umiliazione che l’osservanza di questo principio di
legge arrecherebbe ai migranti.
Trovare un equilibrio tra queste
contrapposte esigenze non è
semplice ma dobbiamo farlo”.
Intanto con questo comunicato, firmato I rifugiati e Movimento di lotta per la casa, gli
occupanti sostengono le loro
ragioni: “Oggi abbiamo occupato uno stabile di proprietà
della Curia in disuso da alcuni
anni e in vendita con progetto
di essere trasformato in appartamenti. Abbiamo fatto questa
scelta per sottolineare che, a
fronte delle proposte lesive
della nostra dignità che le istituzioni ci hanno presentato, soluzioni praticabili e non temporanee possono esistere. Decine
di immobili sono inutilizzati in
questa città, chiediamo che le
istituzioni regolarizzino la nostra
permanenza qua o in un luogo
analogo, in cui poter abitare
stabilmente, senza scadenze e
Indagati sindaco e vice di Pistoia per abuso
d’ufficio, falso ideologico e concussione
Il sindaco di Pistoia Samuele
Bertinelli e il vicesindaco nonché assessore Daniela Belliti,
entrambi del PD, sono stati
iscritti nel registro degli indagati
della Procura della Repubblica di Pistoia con le accuse di
abuso d’ufficio, falso ideologico e concussione nell’ambito
dell’inchiesta sulle procedure
di concorso 2015 per il nuovo
dirigente del personale del Comune toscano.
Oltre a Bertinelli e Belliti,
sono indagati nella stessa inchiesta tutti gli altri assessori
della giunta comunale (Tina
Nuti, Mario Tuci, Elena Becheri
e Giuliano Palagi) oltre a funzionari e dirigenti di spicco del Comune (a cominciare dal capo di
gabinetto di Bertinelli, Simone
Ferretti) per un totale di sedici
persone.
L’indagine, partita nell’autunno del 2015 a seguito di una
denuncia presentata da alcuni
dipendenti dell’amministrazione comunale pistoiese, ha potuto accertare illecite interferenze di Bertinelli e dei componenti
della sua giunta in quattordici
tra concorsi e graduatorie per
l’assunzione di nuovi dirigenti
comunali.
Almeno alcuni degli indagati
sapevano dell’inchiesta a loro
carico già dallo scorso agosto,
a seguito di indiscrezioni giornalistiche o di qualche fuga di
notizie dagli uffici della Procura
pistoiese, tanto che il vicesindaco Belliti ha per ben tre volte
fatto formale richiesta (l’ultima
richiesta è del 21 dicembre
scorso) ai magistrati per conoscere se il nominativo sia stato
iscritto nel registro delle persone sottoposte ad indagine (l’ultima richiesta è stata inoltrata il
21 dicembre 2016).
A questo punto tutto fa pensare a un’imminente chiusura
dell’indagine e di una possibi-
le richiesta di rinvio a giudizio
nei confronti di tutti gli indagati
o almeno di alcuni di essi, e in
questo caso il PD locale - che
finora, per bocca del segretario
provinciale pistoiese Riccardo
Trallori, ha espresso piena fiducia a sindaco e giunta a nome
del suo partito, dimostrando un
notevole garantismo certamente dettato anche dal fatto che
Pistoia è candidata per essere
capitale italiana della cultura nel
2017 - si troverebbe in una posizione assai scomoda, soprattutto se a finire sotto processo
fosse lo stesso sindaco Bertinelli o la Belliti.
senza il ricatto degli sgomberi e
dell’art.5.
Le istituzioni devono fare i
conti con il nostro rifiuto di vivere nella precarietà di un’emer-
genza permanente, perché una
casa vera e dignitosa è indispensabile per una vita degna,
tanto per noi quanto per le tantissime persone e famiglie che
sono in difficoltà.
Lo diciamo da anni, il business dell’accoglienza, che
riguardi i rifugiati o le famiglie
in emergenza abitativa, deve
finire. Il patrimonio e le risorse
pubbliche non devono essere
utilizzati per arricchire le cooperative e ricattarci, ma per
tutelare i diritti delle persone.
Lo avremmo voluto dire anche
sabato mentre le istituzioni si riunivano a porte chiuse e si rifiutavano di accettare il fallimento
delle stesse politiche che ora
ripropongono. Il prossimo Comitato per l’ordine e la sicurezza deve ragionare di soluzioni
stabili e dignitose, prendendo
in considerazione lo strumento
della requisizione di questo o
altro stabile in disuso.
Basta morti, casa subito!”.
A Milano governata dalla giunta PD Sala
Niente bus
e doposcuola
ai bimbi di
famiglie in
arretrato
con la retta
A Milano governata dalla
giunta PD del sindaco Sala si
fa sempre più grave il problema delle famiglie in difficoltà
economiche dovute alla crisi
che non riescono a pagare
puntualmente i servizi scolastici.
Ogni anno sono infatti oltre
14 mila le rette non versate
per la ristorazione scolastica,
e il fatto ha provocato con il
tempo un totale di 5 milioni di
mancati incassi da parte del
Comune.
Per questo motivo la giunta
Sala - senza peraltro preoccuparsi del fatto che la stragrande maggioranza delle famiglie
morose non pagano tali servizi perché si trovano in uno
stato di prostrazione economica tale da non poter pagare
(in quanto nessun genitore,
per massima di esperienza,
metterebbe deliberatamente
a rischio per i propri figli servizi essenziali come quelli scolastici) - ha deciso ai primi di
gennaio di escludere i figli dei
genitori che risulteranno insol-
venti rispetto al servizio della
mensa scolastica dall’accesso agli altri servizi educativi
a domanda individuale offerti
dal Comune, ovvero doposcuola, centri estivi e trasporto scolastico, fino a quando i
genitori non si metteranno in
regola con i pagamenti delle
rette.
Quello della morosità è un
chiaro indice delle difficoltà in
cui versano strati sempre più
consistenti della popolazione, e la legislazione vigente
non aiuta di certo le fasce più
deboli, visto che oggi chi ha
un Isee di 13 mila euro deve
pagare per i servizi scolastici
esattamente quanto chi ce
l’ha di 26 mila euro.
E, come se non bastasse, il
Comune di Milano ha già fatto sapere, in un comunicato,
che potrebbero arrivare presto, tra gli altri, anche rincari
dei servizi di mensa e di trasporto, fatto che di certo non
aiuterà le famiglie che già ora
si trovano ad affrontare enormi difficoltà.
corrispondenze, lettere e contributi / il bolscevico 15
N. 4 - 2 febbraio 2017
Nonostante il maltempo cinquemila in corteo
Combattiva manifestazione nazionale a Firenze per
il rinnovo del contratto del tessile e calzaturiero
Venerdì 13 gennaio in occasione dello sciopero indetto da
CGIL, CISL e UIL dopo la rottura
delle trattative per il rinnovo del
Contratto Collettivo Nazionale di
Lavoro (CCNL) del settore tessile
e calzaturiero, si è svolta una manifestazione nazionale a Firenze
con un corteo che, partito dalla
piazza davanti alla Biblioteca Nazionale, si è poi concluso in Piazza dell’Unità Italiana (vicino alla
centrale Stazione di Santa Maria
Novella).
Sotto una pioggia battente e
con un vento sferzante oltre 5.000
manifestanti arrivati da tutta Italia
(supportati da un’adesione allo
sciopero nelle fabbriche sindacalizzate di oltre l’80%) hanno sfilato
per rivendicare la chiusura di un
CCNL scaduto da ormai più di un
anno senza togliere loro i diritti, tagliare il salario nei primi tre giorni
di malattia e le ferie, obbligare a
straordinari e più flessibilità alla
faccia del 40% dei giovani senza
lavoro e negare un aumento salariale di qualcosa come 30 euro
lordi a regime.
Nonostante le avverse condizioni climatiche molte le delegazioni presenti, segno a parer
mio, di grande abnegazione e di
ammirevole combattività. In mezzo a tante e tante bandiere delle
Organizzazioni sindacali, fra cui
spiccavano le rosse bandiere della FILCTEM-CGIL, erano in corteo
striscioni di molte Rappresentanze
Sindacali Unitarie (RSU) e di realtà
regionali: presenti la Lombardia,
la Liguria, il Veneto, il Piemonte,
l’Emilia-Romagna (belli i giovani
L’antologia “Engels su
Engels” pubblicata su
“Il Bolscevico” fa riflettere
sul pensiero dei Maestri
di Eugen Galasso (Firenze)
L’ampia antologia engelsiana intitolata “Engels su Engels”
che “Il Bolscevico”, unico organo
di stampa marxista-leninista in
Italia, pubblica da tempo e che
si è conclusa con il n. 48 del 29
dicembre 2016, induce a molte
riflessioni importanti sul pensiero
dei Maestri: prima di tutto, proprio
gli ampi stralci tratti dall’opera “La
situazione della classe operaia in
Inghilterra” del 1845, nella quale,
ancora prima delle dimostrazioni
economiche contenute nei “Lineamenti fondamentali della critica
dell’economia politica” noti come
“Grundrisse” e poi nel “Capitale”
di Marx (cui però Engels collaborò
incessantemente e costantemente), si descrive la situazione della
classe operaia (working class) nel
paese allora più industrializzato
e più capitalistico del mondo (gli
USA erano ancora in una fase
sostanzialmente pre-industriale
non avendo ancora completato
lo sfruttamento degli schiavi e
dei Nativi Americani, non avendo
ancora rubato - l’espressione è
assolutamente appropriata, visto
che le due guerre tra USA e Messico furono vere guerre imperialiste
- al Messico ciò che sarebbe diventato il “New Mexico”) in modo
ben più chiaro, determinato e definito di quanto avessero fatto, in
modo utopistico e pre-scientifico,
i “socialisti prima di Marx”, ossia
appunto gli utopisti come SaintSimon, Fourier, Cabet, Owen, Weitling, Proudhon, contro il cui vago
socialismo federalista-anarcoide
Marx e Engels si scagliarono in
vari scritti, di cui il più importante
è “La miseria della filosofia” (“La
misère de la philosophie” - scritto
in francese tra fine 1846 e aprile
1847 in diretta polemica contro
Proudhon, ancora vivente e la sua
“Philosophie de misère”).
Inutile qui citare troppo, ma
almeno un’espressione di Engels,
magistralmente riassuntiva, da
intendersi come compendio della
situazione operaia in Inghilterra e
non solo, va riportata: “Malattia,
miseria e demoralizzazione”
(Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, Roma,
Editori Riuniti, pag. 75, in “Il Bolscevico”, n. 48/2016, pag. 7. Tre
caratteristiche che possono ben
denotare la condizione della classe operaia di sempre, sotto qualunque regime capitalistico.
Nelle lettere, poi, emerge sempre la profonda preoccupazioneobbligo morale verso la cura-edizione del 2° libro del “Capitale”
di Marx (pubblicato nel 1885) e
poi del Terzo Libro, quello in cui
si parla, tra l’altro, della “caduta
tendenziale del saggio di profitto” (uscito nel 1894, appena un
anno prima della morte di Engels,
il cui contributo alla pubblicazione
dell’opera fu determinante, essendo scomparso Marx nel 1883)
dove bisogna aggiungere che il
testo era manoscritto e che Engels era l’unico a saper leggere”decifrare” la non facile scrittura
di Marx.
Ancora, dall’epistolario, traspare l’amore profondo di Engels, figlio di un industriale, per
il proletariato, caratteristica di
tutti i Maestri: “Mia moglie era di
autentico sangue proletario irlandese e il sentimento appassionato per la sua classe aveva
per me un valore infinitamente
più grande e in tutti i momenti
difficili mi ha soccorso molto di
più di quanto avrebbero potuto
fare tutte le affettazioni letterarie e le smorfie intellettuali delle
‘colte’ e ‘sentimentali’ donne
borghesi”. (Engels, Lettera a Julie Bebel, 8 marzo 1892, in MarxEngels, Opere, Editori Riuniti, vol.
II, pag. 327, cit. ne “Il Bolscevico”,
numero 48/2016, pag. 8).
dietro quest’ultimo striscione!), il
Lazio, le Marche, l’Abruzzo, ecc.
Significativa, secondo me, la presenza a supporto dello striscione
della FIOM-CGIL di Firenze.
I manifestanti, seppur bagnati ed infreddoliti, hanno scandito il corteo a suon di fischietti e
campanacci, cori di vario genere
tra i quali predominavano quello
“Contratto! Contratto! Contratto!”
e un combattivissimo “Tremate!
Tremate! Le sarte sono tornate!”
quest’ultimo scandito (se non
erro) dalle operaie emiliane e romagnole.
In solidarietà con i lavoratori in lotta e come aderenti alla
stessa Categoria, e membri della
RSU della Lavanderia Industriale
CHI-MA di Scarperia e San Piero
(Mugello-Firenze), anche io e il
compagno Andrea (mio omonimo) abbiamo partecipato al corteo dietro lo striscione della FILCTEM fiorentina. Per partecipare in
maniera attiva avevo con me un
cartello con su scritto: “Salario e
diritti adeguati per tutti i lavoratori
del settore tessile & calzaturiero”,
preparato la sera prima con l’aiuto di mia moglie che ringrazio. Il
cartello è stato fotografato più
volte da fotografi di professione e
manifestanti e ha ricevuto più di
un apprezzamento.
Il corteo, sfilando per le strade cittadine, si è concluso nella
Quello che faccio è sempre
poco rispetto a quel che il
Partito mi ha donato
Care compagne e cari compagni del PMLI,
grazie a voi di cuore per quanto
avete espresso nei miei confronti
riguardo al contributo economico e alla mia attività politico-sindacale. Devo sinceramente dirvi
che quanto da me fatto è sempre
poco in confronto a quanto voi e il
Partito mi avete donato da quando vi ho conosciuto.
Riguardo all’invito a partecipare al 40° Anniversario della fondazione del nostro amato Partito
state certi che non mancherò assolutamente a questo importante
appuntamento!
Con l’occasione invio un caro
saluto rosso a tutti voi.
Con i Maestri e il PMLI, vinceremo!
Tutti uniti in cordata per l’Italia
unita, rossa e socialista!
Un operaio del Mugello
(Firenze) simpatizzante
del PMLI
Auguro un felice anno
rosso al PMLI
Cari compagni,
vi auguro un felice anno rosso.
Saluti marxisti-leninisti
Giuseppe – provincia di
Messina
La manifestazione nazionale dei tessili svoltasi il 13 gennaio a Firenze per il rinnovo del contratto nazionale del lavoro
piazza sopracitata con un breve
comizio nel quale hanno preso
la parola i Segretari nazionali di
categoria di CGIL, CISL e UIL,
rispettivamente Miceli, Colombini
e Pirani. Essi hanno svolto il loro
“compitino” con le classiche frasi
ad effetto che non hanno scaldato più di tanto la piazza. Miceli, in
particolare, segretario nazionale
della FILCTEM-CGIL e noto arnese renziano (ha sostenuto il Sì al
referendum costituzionale contro
l’indicazione del sindacato dal
quale è stipendiato con i soldi dei
lavoratori iscritti) non ha lesinato
di riversare il proprio livore nei
confronti della FIOM-CGIL (sostenitrice convinta del NO al referen-
Le false affermazioni dello
storico Emilio Gentile
Di recente anche a Firenze (al
Teatro la Pergola) lo storico Emilio
Gentile, autore anche del libro “Il
capo e la folla” (Laterza) ha riproposto le sue note tesi, per cui anche nel socialismo sarebbero i capi
a galvanizzare e a guidare senza
limiti le “folle” (espressione di per
sé dispregiativa), ponendo sullo
stesso piano Churchill, Roosevelt,
Kennedy, De Gaulle e Marx, Lenin
e Stalin (bontà sua, ha risparmiato
Mao), quasi fossero “incantatori di
serpenti” anche i Maestri.
Per il marxismo-leninismo
si tratta al contrario di fare in
modo che il proletariato assuma
coscienza di classe, che divenga “classe per sé”, dove rimane esemplare l’affermazione di
Lenin: “Il nostro scopo è di far
partecipare praticamente tutti i
poveri all’amministrazione dello Stato, e tutti i passi compiuti
per attuare questo obiettivo, - e
quanto più vari saranno, meglio
sarà - devono essere accuratamente registrati, studiati, classificati, verificati sulla base di
una più ampia esperienza, trasformati in leggi. Il nostro scopo
è di far sì che ogni lavoratore,
dopo aver terminato le “lezioni”
delle otto ore di lavoro produttivo, adempia gratuitamente le
funzioni statali; il passaggio a
tutto questo è particolarmente
difficile, ma solo in esso è la
garanzia del definitivo consoli-
dum costituzionale) nel suo intervento ha affermato, in riferimento
al cosiddetto “Welfare Aziendale”,
“anche la FIOM che è sempre
stata la più riottosa ad accettare
questo tipo di norma contrattuale,
alla fine ha accettato di inserirla
nel CCNL dei metalmeccanici!...”.
Vero, e tutti ben sappiamo che il
CCNL dei metalmeccanici (non
solo con questa norma) da punto
di riferimento in positivo lo è diventato in negativo per il futuro
della contrattazione del lavoro,
ma usare un palco sindacale per
regolare i conti con i tuoi nemici
interni non è sicuramente da uomini che si definiscono “democratici”!
damento del socialismo” (Lenin,
I compiti immediati del potere sovietico, 13/26 aprile 1918, in Opere complete, Vol. XXVII, p.244).
Tesi come quelle di Gentile, simili anche se formalmente diverse
a quelle dei “nouveaux philosophes” (Glucksmann, Henry-Levy,
Némo, Clavel) e quelle di Francis
Fukuyama sulla “fine della storia” all’inizio degli anni Novanta
quando “cadde il comunismo”
(in realtà, come sappiamo, il revisionismo kruscioviano) nascono periodicamente, da parte dei
borghesi e dei revisionisti per far
dimenticare la necessità della lotta di classe (senza lotta di classe
non c’è storia, essendo “la storia storia della lotta di classe”,
Il giudizio finale sulla manifestazione credo che si possa definire positivo a fronte di quanto
espresso in questa cronaca. Con
un’ultima nota negativa: il corteo
era stato indetto a Firenze in quel
giorno per la concomitanza con la
storica iniziativa di “PITTI UOMO”,
dove ogni anno vengono esposte
le creazioni dei modelli di abiti di
alta moda. Modelli fabbricati da
chi quel giorno manifestava a Firenze. Giusto e naturale era il fatto
che il corteo si concludesse proprio dove si svolgeva quell’evento
(come credo già preventivato).
Perchè da piazza dell’Unità Italiana alla Fortezza da Basso (sede
di “PITTI UOMO”) ci sono solo
trecento metri e non ci siamo arrivati? Forse perché a metà strada
c’è la sede di Confindustria e non
si può disturbare? O forse proprio
perché oggi manifestare a Firenze
è difficile poiché è il salotto buono della borghesia capitanata dal
prossimamente ri-aspirante nuovo duce Matteo Renzi spalleggiato da chi della gestione dell’ordine
pubblico fa cosa propria?
Ai sinceri marxisti-leninisti il
compito di indirizzare la classe
operaia nella giusta direzione!
Con i Maestri ed il PMLI, vinceremo!
Andrea, operaio
del Mugello (Firenze)
Marx Engels, Manifesto del Partito Comunista) e che “Il popolo e
solo il popolo è la forza motrice
che crea la storia del mondo”
(Mao, Sul governo di coalizione,
24 aprile 1945, Opere scelte, vol.
III, pag. 213).
Quando si ripropone il vecchio
ciarpame di condottieri, uomini
della “provvidenza” e simili, si ricade fatalmente (e volutamente,
da parte dei mestatori borghesi,
quali quelli sopra enumerati) in
quello che Mao chiama correttamente “idealismo storico” (Abbandonate le illusioni, preparatevi
alla lotta, 14 agosto 1949, in Opere scelte, Vol. IV, pag. 443).
Un assiduo lettore
de “Il Bolscevico”
CALENDARIO
DELLE MANIFESTAZIONI
E DEGLI SCIOPERI
GENNAIO
25
25
26
27-29
27-28
Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Orsa Trasporti – Sciopero dei lavoratori
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Usb-PI - Ministero della Salute – Sciopero del personale
Istituto Superiore di Sanità
Unione Nazionale Giudici di Pace- Ministero della Giustizia –
Sciopero dei Giudici di Pace
Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UILTuCS - Sciopero lavoratori di
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territorio
Cgil, Uil, Cisl, Ugl, Cisal, Fast e Orsa Ferrovie – Scioperi
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FEBBRAIO
1
Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil - Cobas del Lavoro Privato –
Telecomunicazioni – Sciopero dei lavoratori delle aziende del
settore telecomunicazioni associate ad Asstel