ESSERE COME LENIN, FARE COME LENIN

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Transcript ESSERE COME LENIN, FARE COME LENIN

Settimanale
Nuova serie - Anno XXXX - N. 5 - 4 febbraio 2016
Fondato il 15 dicembre 1969
Saluto del Segretario generale del PMLI ai partecipanti alla Commemorazione di Lenin a Cavriago
Essere come Lenin,
fare come Lenin
di Giovanni Scuderi
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Discorso di Denis Branzanti tenuto a Cavriago in occasione del 92° Anniversario della scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale
Applichiamo gli insegnamenti
di Lenin
sui membri
del Partito
PAGG. 8-9-10
Piazza Lenin, Cavriago (Reggio Emilia). 24 gennaio 2016. Partecipanti alla
commemorazione di Lenin nel 92° anniversario della scomparsa sventolano le bandiere rosse al termine della manifestazione. Dietro i manifesti di Lenin e Stalin, i compagni Federico Picerni e Denis Branzanti del
PMLI e il compagno Alessandro Fontanesi del PCDI (foto Il Bolscevico)
Consultazione degli iscritti alla Cgil
ll nuovo duce Renzi canta vittoria
Votare No ai due quesiti sul
per essere riuscito a imporre
la controriforma piduista del Senato nuovo Statuto delle lavoratrici
Il plurinquisito e intrallazzatore Verdini: “Cambia la storia in modo
epocale grazie anche a noi”
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e dei lavoratori
Un milione in cento città. Manifestazione anche a Berlino, Londra, Bruxelles e New York
In piazza non solo LGBT
per unioni civili
Il papa contrario ai matrimoni delle coppie con lo stesso sesso. Provocazione di Maroni, governatore della Lombardia
Diritti uguali per tutte le famiglie
Comunicato della Cellula “Stalin”
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Biografia politica dell’AD di EXPO scelto dal PD per guidare Palazzo Marino
Provocazione fascista a Chi e’ il candidato
sindaco di Milano
Catania contro il PMLI
Giuseppe Sala?
Immediata solidarietà dell’Anpi
ai marxisti-leninisti PAG. 11
Già direttore generale del comune di Milano retto da Moratti (FI).
Piace a CL, Mediobanca, Intesa, Telecom, Pirelli e Legacoop.
Egli è il candidato bipartisan della grande borghesia
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A 25 anni dall’intervento militare capeggiato
dagli Usa che vide la partecipazione
dell’Italia di Andreotti
Con la guerra
nel Golfo
l’imperialismo
ha provocato la
nascita dello Stato
islamico
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2 il bolscevico / interni
N. 5 - 4 febbraio 2016
ll nuovo duce Renzi canta vittoria
per essere riuscito a imporre
la controriforma piduista del Senato
Il plurinquisito e intrallazzatore Verdini: “Cambia la storia in modo epocale grazie anche a noi”
È solo facendo suo il motto
“i voti non puzzano” che il nuovo duce Renzi può cantare vittoria per l’approvazione della controriforma neofascista e piduista
del Senato, passata lo scorso 20
gennaio nell’aula di Palazzo Madama con i voti determinanti del
suo amicone Denis Verdini. Se
non fosse stato infatti per i 17 voti
del gruppo AL-A (Alleanza liberalpopolare-Autonomie), creato
dall’ex braccio destro di Berlusconi con altri transfughi di Forza
Italia con la missione dichiarata
di sostenere Renzi e le sue “riforme”, più altri 3 voti dei leghisti di
Tosi e un altro paio provenienti
dalla stessa FI, i voti per la controriforma Renzi-Boschi si sarebbero fermati a quota 158, cioè al
di sotto della maggioranza assoluta di 161 voti richiesta per le leggi
costituzionali.
Così invece, grazie al soccorso
tanto provvidenziale quanto scontato del plurinquisito e intrallazzatore Verdini, di voti la legge ne ha
ottenuti 180, inclusi i 23 della sinistra PD (Bersani, Speranza, Cuperlo e compagnia bella), la quale
ha svolto la funzione di reggimoccolo alla cancellazione del Senato,
pur mugugnando a cose fatte per
l’avanzarsi, in questo mercimonio tra Renzi e Verdini, dello spettro del “partito della nazione”, che
la sta per rendere definitivamente ininfluente cambiando di fatto la composizione della maggioranza di governo: “Prendiamo atto
dell’ingresso di Ala in maggioranza. Non avevamo dubbi al riguardo
e oggi c’è stata una ratifica formale”, ha sottolineato infatti il capogruppo dei senatori di Berlusconi,
Paolo Romani. “Oggi si apre una
fase nuova, e sono convintamente con Renzi. Cambia la storia in
modo epocale grazie anche a noi”,
ha rincarato da parte sua lo stesso
Verdini dopo il voto, fregandosi le
mani nell’annunciare che con l’arrivo di un’ex senatrice del M5S
“siamo 18 oramai, e nel numero
già bastiamo ma altri quattro sono
in arrivo nel gruppo”.
Tre vicepresidenze
come premio
Ma la dimostrazione più sfacciata del ruolo determinante per
Renzi assunto da Verdini e il suo
manipolo di transfughi è stata la
ricompensa che hanno guadagnato subito dopo il voto, ottenendo
ben tre vicepresidenze (Finan-
ze, Bilancio e Difesa) quando si
è trattato di rinnovare le cariche
delle Commissioni parlamentari, che non a caso la maggioranza
aveva fatto slittare a dopo la votazione sulla controriforma costituzionale. E la cosa ancor più indecente è che le hanno ottenute dopo
una trattativa sottobanco tra Verdini e il capogruppo PD, Zanda,
e con l’intervento telefonico decisivo del braccio destro di Renzi, Luca Lotti. Il che ha fruttato
ad AL-A la vicepresidenza delle
tre Commissioni proprio grazie ai
voti decisivi del PD. Con grande
sconforto della sua sinistra interna, dato che così i tre vicepresidenti verdiniani risultano eletti in
quota maggioranza.
Renzi naturalmente fa finta di
nulla, nega che Verdini sia diventato determinante per il suo governo, tanto meno che sia “entrato
nella maggioranza”, e nella successiva riunione della Direzione
del PD, facendo orecchie da mercante alle giaculatorie dei suoi
oppositori, non ha nemmeno nominato l’ex macellaio e bancarottiere di Campi Bisenzio. E invece
quest’ultimo continua a rilasciare
dichiarazioni a destra e a manca
che confermano il tenace sodalizio tra i due, come quelle fatte alla
presentazione di un libro sul patto
del Nazareno del suo fedelissimo
e coimputato Massimo Parisi, alla
presenza del piduista Luigi Bisignani e del pennivendolo di regime Stefano Folli, in cui Verdini
sostiene di essere “l’idraulico di
Renzi”, perché “i rubinetti della
maggioranza, a destra e a sinistra,
perdono continuamente e così noi
siamo determinanti per portare
avanti il governo. Ogni giorno il
nostro capogruppo al Senato, Barani, mi telefona per sapere cosa
fare e come comportarsi”.
Verdini parla anzi di volersi “affiliare” al PD (come se fosse una loggia massonica) e offre
in anticipo tutto il suo supporto al
referendum plebiscitario per il sì
alla “riforma” annunciato dal premier: “Ci sarà una grande battaglia da fare e noi ci impegneremo
a farla” ha dichiarato, dicendosi
pronto anche a fiancheggiarlo alle
prossime politiche, che ci saranno
– ne è certo - dopo il referendum,
sia che Renzi lo vinca sia che lo
perda. Meglio ancora se il premier
modificasse l’Italicum per far rientrare in gioco le coalizioni, così
da essere certo di rientrare in parlamento apparentandosi al PD, ma
puntando comunque ad entrarci
anche da solo col 3%, sicuro che
Renzi avrà ancora bisogno dei
suoi voti come il pane: “Anche se
il PD ottenesse i 340 deputati col
premio di maggioranza dell’Italicum – ragionava infatti Verdini
alla presentazione – vuoi che un
dieci per cento non siano della sinistra che si oppone a Renzi? A
quel punto ci saremmo noi”.
Intervento di stampo
mussoliniano
A sorpresa, per dare la massima enfasi alla sua controriforma
e proclamare “storica” la giornata della sua approvazione, il nuovo duce si è presentato in Senato prima della votazione, dove ha
tenuto un lungo discorso per ringraziare i Senatori per aver dato
un “esempio” al Paese accettando praticamente di suicidarsi, per
ringraziare il rinnegato Napolitano, senza il quale “non ci sarebbe questa riforma e non sarebbe
in piedi questa legislatura”, e per
autoincensare sé stesso e la sua
corte di giovani marmotte fameliche e rampanti: una generazione che è “alla guida del Paese
più bello del mondo - l’ha defi-
La stretta di mano dei due compari della controriforma piduista Renzi
e Verdini nelle aule parlamentari
nita nientemeno il suo boss – un
gruppo di persone che è in grado
di credere nell’Italia, nei suoi valori, nei suoi cittadini, nella sua
possibilità di cancellare la parola
‘impossibile’”.
Ma Renzi è intervenuto soprattutto per lanciare una sfida a
chiunque pensi ancora di poter
bloccare la sua controriforma (i
“gufi”, i “professoroni” del Comitato per il no, ecc.), ribadendo che sul referendum è pronto a
giocarsi anche la camicia per farla passare, e sfidando chi vi si oppone ad andare a vedere “da che
parte sta il popolo su questa ri-
forma”: “Andiamo a vedere se i
cittadini la pensano come coloro
i quali sanno solo urlare e scommettere sul fallimento o stanno
dalla parte di quelli che credono nel futuro dell’Italia”, ha detto in tono bellicoso, aggiungendo tra gli applausi scroscianti di
PD, NCD e verdiniani, che questi
“sono gli italiani che chiameremo in Aula, chiameremo in casa,
chiameremo ai seggi, andremo
casa per casa”. Annunciando cioè
una campagna referendaria martellante e senza risparmio di mezzi, quasi dai contorni squadristici, per entrare fin dentro le case
degli elettori e portarli di peso a
votare sì.
Ha ribadito poi, “davanti alle
senatrici e ai senatori”, che “nel
caso in cui perdessi il referendum, considererei conclusa la
mia esperienza politica”, confermando con ciò che il referendum sulla cancellazione del Senato è in realtà un referendum su
se stesso. Ma ha anche aggiunto
in tono di sfida che “proprio per
questo motivo, sarà affascinante vedere le stesse facce gaudenti di adesso il giorno dopo il referendum, quando i cittadini, con
la riforma, avranno dimostrato da
che parte sta l’Italia. Stanno dalla
parte di chi ci crede, di chi ci prova, di chi non passa il tempo a lamentarsi. Questa è l’Italia che sta
ripartendo”.
Un discorso, insomma, di
stampo mussoliniano, chiuso non
a caso con l’esclamazione patriottarda “Viva l’Italia!” e aperto con la rievocazione orgogliosa e compiaciuta del suo discorso
di insediamento, da lui stesso definito “una provocazione molto
forte che non mi avete perdonata”, fatto con le mani in tasca e a
braccio, in segno di sfida al parlamento e alle istituzioni che già
progettava di picconare.
A Trapani schierati 4 caccia
bombardieri contro
lo Stato islamico in Libia
Ormai a Palazzo Chigi i tamburi di guerra contro lo Stato
islamico in Libia suonano incessantemente. È in questo forsennato contesto interventista anti
IS che è stato disposto il dislocamento di ben quattro caccia Amx
del 51° Stormo di Istrana (Treviso) presso la base dell’aeronautica militare di Birgi, in provincia
di Trapani. Questa misura, si legge in un comunicato dello Stato
Maggiore, “si va ad inserire tra
quelle adottate, in precedenza,
dal governo nell’area mediterranea relative all’operazione “Mare
sicuro”, che avevano già visto lo
schieramento del Predator, un aereo senza pilota.
Lo spostamento dei 4 caccia
avviene contestualmente alla riunione del 19 gennaio a Palazzo
Chigi, presieduta dal nuovo duce
Renzi, al quale hanno preso parte
i ministri di Esteri, Difesa ed Interno, i vertici militari e dei servizi segreti.
Il pretesto di Renzi, è quello della “sicurezza”. Come precisa una dichiarazione dello Stato Maggiore, la decisione sarebbe
infatti “maturata a seguito dei recenti sviluppi nell’area dei paesi
del Nord Africa e del conseguen-
te deterioramento delle condizioni di sicurezza”. In realtà l’operazione è unicamente mirata ad
assicurare la difesa degli “interessi nazionali” nell’area del Mediterraneo centrale, in un Paese,
la Libia, da sempre considerato
dagli imperialisti italiani come il
proprio cortile di casa, in un momento in cui lo Stato islamico
avanza, sottraendo terreno e impianti petroliferi e in cui crescono
la concorrenza interimperialista
per la spartizione della regione,
come dimostrano i continui sorvoli di aerei francesi, americani
ed inglesi sul Nord Africa.
Il dislocamento in Sicilia dei
caccia bombardieri è una decisione presa unicamente per la difesa degli interessi imperialisti dei
guerrafondai italiani che aspettano solo di avere un ruolo di primo piano nella missione militare
in Libia.
Non c’entra dunque nulla la
salvaguardia della sicurezza nazionale. Al contrario, con questo
ulteriore schieramento aggressivo in Sicilia aumentano il rischio
e l’insicurezza per il territorio e
la popolazione italiana, a partire da quella siciliana, che già è
costretta a convivere con la base
USA di Sigonella e il mostruoso progetto del MUOS. Mentre il
popolo italiano viene esposto ai
rischi di una possibile ritorsione
dell’IS sul nostro territorio. Ecco
perché se tiene alla propria sicurezza e alla pace, deve opporsi a
ogni atto interventista e guerrafondaio del governo imperialista
del nuovo duce Renzi, rifiutandosi di diventare carne da cannone per l’imperialismo italiano.
E Renzi, dimostratosi ancora una
volta una iattura per la sua politica interna ed estera, va cacciato,
prima che trascini il Paese nel bagno di sangue di un conflitto imperialista.
interni / il bolscevico 3
N. 5 - 4 febbraio 2016
Un milione in cento città. Manifestazione anche a Berlino, Londra, Bruxelles e New York
In piazza non solo LGBT per unioni civili
La più imponente manifestazione italiana di sempre a sostegno delle unioni civili, lanciata, in
vista della discussione in Senato
del ddl (disegno di Legge) Cirinnà
sulle unioni civili, da Arcigay, ArciLesbica, Agedo (Associazione dei
genitori di persone gay), Famiglie
Arcobaleno, Mit (Movimento di
Identità Transessuale), ha visto
scendere in piazza il 23 gennaio
un milione di persone, da Aosta a
Ragusa, da Milano a Palermo, da
Cagliari a Venezia, grazie al sostegno diffuso di partiti, sindacati
e di una miriade di associazioni,
non soltanto del movimento Lgbt
italiano. In centinaia anche alle
manifestazioni organizzate dai
presidi di New York, Monaco,
Berlino, Francoforte, Vienna, Bruxelless, Dublino, Limerick, Copenaghen e Londra.
I sit in si sono svolti in un’atmosfera vivace e combattiva. I
promotori hanno chiesto a tutti
i manifestanti di raggiungere il
concentramento con una sveglia.
Una volta in piazza gli orologi,
sincronizzati all’orario stabilito,
hanno suonato tutti insieme la
sveglia ai parlamentari borghesi,
che si rifiutano ancora di accettare l’uguaglianza dei diritti civili
per tutti, a prescindere dall’orientamento sessuale.
La manifestazione più impor-
Il papa contrario ai matrimoni delle coppie con lo stesso sesso.
Provocazione di Maroni, governatore della Lombardia
Diritti uguali per tutte le famiglie
tante si è svolta a Milano, dove in
migliaia si sono ritrovati in piazza
della Scala. La giornata è stata
preceduta dalla provocazione del
governatore della Regione Lombardia, il fascioleghista Roberto Maroni, che ha fatto scrivere
sulla facciata del Pirellone, il palazzo della giunta, “Family day”
in appoggio alla manifestazione
reazionaria e clericofascista in
difesa della concezione cattolica
di stampo medievale della famiglia che si svolgerà sabato 30
gennaio.
Una provocazione che ha avuto come unico risultato quello di
riempire ancor di più la piazza.
La pagina Facebook istituzionale
della Regione Lombardia inoltre
è stata per diversi giorni sotto
attacco di una sfilza di messaggi
di critica.
A Torino in almeno 7mila si
sono dati appuntamento in piazza Carignano. Diverse migliaia a
Genova, dove un corteo danzante ha attraversato il centro città.
Le sveglie sono state fatte squil-
Milano, 23 gennaio 2016. Una delle grandi manifestazioni a sostegno
delle unioni civili
lare anche davanti a Palazzo Tursi, sede del Comune.
Partecipate manifestazioni anche nelle principali città dell’Emilia-Romagna.
A Firenze, circa 3mila manifestanti hanno partecipato al
concentramento in piazza della
Repubblica, in centro. In Toscana
manifestazioni ad Arezzo, Grosseto, Lucca, Massa, Pistoia,
Viareggio, Piombino e Livorno.
A Roma, la piazza del Pantheon si è riempita di migliaia di
manifestanti, che hanno portato
centinaia di bandiere arcobaleno,
mentre altri, come raccomandato
dalle associazioni lgbt, indossa-
vano sveglie e orologi da muro al
collo.
A Napoli, l’unica città ad aver
organizzato una marcia per i diritti,
in migliaia sono confluiti in piazza
del Plebiscito, illuminando il colonnato con i colori arcobaleno.
In piazza, anche i rappresentanti
dell’Anpi, studenti e sindacati.
A Palermo, in una piazza Verdi
gremita di manifestanti si è svolta
un’allegra e combattiva manifestazione. Molti i giovani e le coppie con i figli in passeggino. Tra le
adesioni, quelle della Fondazione
Teatro Massimo, Amnesty Italia,
Coordinamento Palermo Pride,
Arci Palermo.
Completamente all’opposto
della sensibilità popolare, le posizioni delle alte gerarchie vaticane
e dei politicanti borghesi italiani
loro servi. Il papa, buttando la
maschera da democratico con
cui ama camuffarsi, ha esternato sul tema, rifacendosi alla secolare e ammuffita concezione
reazionaria e oscurantista della
famiglia. Concedendosi uno dei
soliti interventi invasivi nella politica interna italiana, cui il Vaticano è stato avvezzato da Mussolini in poi, ha dichiarato che non
bisogna confondere “la famiglia
voluta da dio e ogni altro tipo di
unione”.
Sotto attacco da parte dei
reazionari sono l’unione civile
tra persone dello stesso sesso
e l’estensione dello “stepchild
adoption” (adozione del figliastro), cioè adozione del figlio del
compagno/a, anche alle coppie
di fatto, comprese quelle di genitori dello stesso sesso.
Pilatesca la posizione del nuovo duce Renzi sulle polemiche
che si sono aperte intorno al testo Cirinnà, che rischia, benché
annacquato e debole, di essere
completamente stravolto. “Io
credo – ha detto - che se non troveremo un punto di equilibrio, bisognerà andare a votare in Parlamento a scrutinio libero con voto
di coscienza”.
Lo stravolgimento del ddl non
verrebbe accettato da lbgt che
non vogliono “nessun passo indietro sulle tutele previste nel
testo attuale”. Un testo monco e
parziale, non condivisibile da parte del PMLI in quanto non concede gli stessi diritti a tutti i tipi di
famiglia, compreso il matrimonio.
Da parte della Corte Costituzionale
Via libera ai referendum sulla durata delle
trivellazioni in mare
I No Triv annunciano
ricorso sui quesiti bocciati dai giudici
Battuto Renzi che voleva impedire il referendum
Il popolo italiano deciderà
con un referendum la durata delle attività petrolifere in mare. La
Corte Costituzionale ha infatti dichiarato ammissibile il sesto quesito referendario sulle trivellazioni
che contesta la norma secondo
la quale le autorizzazioni di estrazione ad oggi rilasciate debbano
essere fatte salve “per la durata
di vita utile del giacimento”. Per
i promotori del referendum, infatti, l’emendamento introdotto dal
governo alla Legge di Stabilità
2016 nel tentativo di eludere il
quesito, permette che i titoli già
rilasciati restino validi in attesa
di tempi migliori, nei quali riprendere a perforare. Inizialmente i
quesiti referendari proposti da 9
Regioni italiane, erano sei. In un
primo tempo la Corte di Cassazione li aveva accolti tutti ma il
governo furbescamente lo scorso dicembre ha introdotto una
serie di norme nella legge di Stabilità col fine di eludere i quesiti
referendari stessi, non andando
però così a fondo nelle modifiche
come avrebbero voluto i promotori ed oltre 200 associazioni am-
bientaliste No Triv.
Ad oggi, oltre all’approvato e
ai tre quesiti superati con la legge di Stabilità, ne rimangono due
ancora insoddisfatti che riguardano principalmente le norme in
materia di ricerca di idrocarburi
ed il Piano delle Aree che obbliga
lo Stato e i territori a definire quali
siano le aree in cui è possibile avviare dei progetti di trivellazione.
Su questi due temi i comitati No
Triv annunciano battaglia e l’intenzione di sollevare un conflitto
di attribuzione di fronte alla Consulta per trascinare in giudizio il
Parlamento, in quanto le modifiche apportate al decreto Sblocca
Italia in questi attraverso la Legge
di Stabilità restano elusive.
Se le Regioni promotrici e i
movimenti anti-trivelle vincessero la loro battaglia sull’unico
referendum in dirittura d’arrivo,
dall’abrogazione referendaria deriverà un vincolo per il legislatore
che non potrà rimuovere il divieto
di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia e l’obbligo per il ministero dello Sviluppo
economico di chiudere definiti-
vamente i procedimenti in corso,
finalizzati al rilascio dei permessi
e delle concessioni.
Renzi e le reazioni
del mondo
ambientalista
Il nuovo duce Renzi non è
dunque riuscito a evitare il referendum sul petrolio, nonostante
il tentativo mal riuscito di eludere i quesiti con alcune modifiche
inserite nella Legge di Stabilità
di fine dicembre. La conferenza
stampa “Sì al referendum per
tutelare ambiente, turismo, pesca e futuro dell’Italia”, alla quale
hanno partecipato i Verdi e vario
associazionismo ambientalista,
ha chiesto che il referendum si
tenga insieme al primo turno delle prossime elezioni amministrative. L’accorpamento del voto
referendario con la tornata elettorale sarebbe motivato da ragioni economiche e, per loro stessa
ammissione, in secondo luogo
si faciliterebbe la partecipazione
dei cittadini alle urne, evitando
“trucchi” da parte del governo
per non far raggiungere il quorum
referendario. In realtà questa proposta a noi pare più avere il fine
contrario; e cioè quello di utilizzare proprio il quesito referendario su di un tema ambientale così
sentito e partecipato, proprio per
far raccogliere voti per i partiti
alle amministrative. È significativo il dato che dei sondaggi che
pochi giorni fa avrebbero attribuito la vittoria antitrivelle al 67%;
ed è anche per questo che Renzi
ha fatto carte false, in tutti i sensi, per scongiurare questo pericolo. Greenpeace, Legambiente,
Marevivo, Touring Club italiano,
Wwf e le altre 200 associazioni
del fronte No Triv, accolgono con
gioia il giudizio della Consulta.
“Questa sentenza ci dà lo spunto
per rilanciare richieste chiare al
governo: rigetto immediato e definitivo di tutti i procedimenti ancora pendenti nell’area di interdizione delle 12 miglia dalla costa
e una moratoria di tutte le attività
di trivellazione off shore e a terra,
sino a quando non sarà definito
un Piano energetico nazionale”,
poi steccano duro su Renzi che
“Pur di assecondare le lobby dei
petrolieri, aveva promosso forzature inaccettabili, come la classificazione delle trivellazioni come
“opere strategiche”, e dunque
imposte”. Non sarà comunque
facile, e per questo servirà una
mobilitazione quanto più larga
possibile, raggiungere il quorum
del 50 per cento dei votanti più
uno per rendere valida la consultazione.
I limiti del
referendum
Attraverso il referendum, di
fatto, il popolo italiano potrà
chiedere di archiviare un modello
energetico bicentenario basato
sui combustibili fossili e scegliere finalmente le rinnovabili che
ad essere amiche dell’ambiente
e del clima rappresentano una
straordinaria opportunità per
l’occupazione e l’innovazione.
È senz’altro una notizia positiva
constatare tanta e così convinta
partecipazione su temi così importanti per il futuro dei popoli e
del pianeta. Intanto la petizione
dei Verdi per salvare le Tremiti
e Pantelleria dalle trivelle ha superato le 62.000 firme raccolte.
Sicuramente dal referendum
uscirà un messaggio chiaro. Del
resto andò così anche nel 1987,
all’epoca del primo referendum
sul nucleare in cui formalmente
si discuteva solo di incentivi ai
Comuni che accettavano le centrali e degli investimenti dell’Enel
all’estero, ma di fatto si votava
su una politica energetica che
aveva una larghissima maggioranza parlamentare e che uscì
battuta dal voto popolare. Chiaro
dal punto di vista dei contenuti,
questo referendum è però meno
netto dei precedenti dal punto di
vista degli schieramenti politici:
basta scorrere la lista dei nove
Consigli regionali che hanno proposto i quesiti per rendersi conto
che il fronte del no alle trivelle è
assolutamente trasversale; stavolta in gioco ci sono innanzitutto gli interessi locali, sostenuti
innanzitutto dal’associazionismo
e dai comitati. Sono essi portatori di una più ampia visione generale dello sviluppo energetico
che finisce nel “tirare per la giacchetta” gli organismi istituzionali
ed una parte dei partiti di governo e di opposizione che in realtà
sostengono a carattere nazionale
una politica energetica nazionale
ancora incompatibile anche con
i vaghi propositi della recente
conferenza sul clima delle Nazioni Unite, sulla carta da tutti sottoscritti. Naturalmente la semplice soluzione referendaria non ci
convince completamente, tanto
più all’indomani dell’altro grande
referendum sulla ripubblicizzazione dell’acqua, enormemente
partecipato e stravinto dai promotori ma ancora oggi disatteso
ed inapplicato.
4 il bolscevico / guerra imperialista
N. 5 - 4 febbraio 2016
A 25 anni dall’intervento militare capeggiato dagli Usa che vide la partecipazione dell’Italia di Andreotti
Con la guerra nel Golfo
l’imperialismo ha provocato
la nascita dello Stato islamico
Nella notte tra il 16 e il 17 gennaio 1991, con un diluvio di bombe
e missili Cruise sulla città di Baghdad, iniziava l’operazione “Tempesta nel deserto”, che una coalizione internazionale imperialista
guidata dagli Usa di Gerge Bush
senior aveva scatenato contro
l’Iraq di Saddam Hussein, ufficialmente promossa sotto il mandato
dell’Onu per “liberare” il Kuwait
occupato il 1° agosto 1990 dalle
truppe del dittatore iracheno.
Era la prima guerra del Golfo,
che sarebbe durata 43 giorni di
bombardamenti ininterrotti, condotti da 2800 aerei che sganciavano 250 mila bombe in più di 100
mila raid, tra cui le micidiali bombe
a grappolo e all’uranio impoverito
capaci di uccidere, mutilare e avvelenare per anni la popolazione
civile. Insieme a quelle Usa partecipavano ai bombardamenti forze
aeronavali e terrestri inglesi, francesi, italiane, greche, spagnole,
portoghesi, belghe, olandesi, danesi, norvegesi e canadesi, affiancate da contingenti inviati da paesi arabi confinanti, tra cui l’Arabia
saudita, che forniva anche le basi
terrestri di partenza per i raid. Anche la Nato, pur non partecipando
ufficialmente alla guerra, metteva
a disposizione le sue basi militari
e le sue strutture di comunicazione. L’Unione Sovietica, allora già
agonizzante, guidata dal rinnegato Gorbaciov, stava a guardare limitandosi a tentare qualche fiacca
opera di mediazione.
Il 23 febbraio le truppe della
coalizione imperialista guidate dal
generale americano Schwarzkopf,
forti di mezzo milione di uomini
e appoggiate dal più impressionante dispositivo aeronavale dai
tempi della seconda guerra mondiale, scatenavano l’offensiva di
terra, che in pochi giorni e con il
massacro di decine di migliaia di
soldati di Saddam in ritirata disordinata dal Kuwait, portava alla
resa del dittatore e al “cessate il
fuoco” proclamato da Bush il 28
febbraio.
l’Iraq era uscito però con le ossa
rotte e con un debito stratosferico di 70 miliardi di dollari, di cui
40 verso Arabia Saudita e Kuwait.
E continuò a foraggiarlo e armarlo, anche con armi proibite come
i gas letali, nella sua repressione
contro il popolo curdo.
Quando il Kuwait cominciò a
reclamare da Saddam la restituzione del debito di guerra, e il dittatore iracheno per tutta risposta
cominciò a rivendicare l’annessione del Kuwait (uno Stato creato
artificialmente dagli imperialisti
inglesi per dividere i due popoli),
l’allora ambasciatrice Usa a Baghdad lasciò intendere a Saddam
che gli americani non intendevano interferire nel contenzioso tra i
due Stati. Ciò suonò per il dittatore come un via libera all’invasione,
che avvenne nell’agosto del 1990,
facendo così il gioco dell’imperialismo Usa nel fornirgli l’atteso
pretesto all’intervento militare per
“liberare” il Kuwait aggredito.
Caratteristiche senza
precedenti
Fu una guerra per molti aspetti
senza precedenti, sia per l’enorme
sproporzione di forze e di mezzi,
sia per le nuove tecnologie sperimentate nelle armi convenzionali
impiegate e che le rendevano micidiali e distruttive quasi quanto
quelle nucleari, e anche per il totale asservimento alla coalizione im-
perialista dei mezzi di informazione, che da allora in poi sarebbero
diventati completamente “embedded”, cioè esclusivamente al seguito e al servizio mediatico delle
truppe imperialiste, rinunciando
anche a quel minimo di indipendenza che aveva intralciato la propaganda dei comandi militari nelle
guerre del passato.
Anche l’Italia di Andreotti era
entrata in guerra a fianco degli
Usa, violando per la prima volta in
modo eclatante l’articolo 11 della
Costituzione (fino ad allora aveva
partecipato ufficialmente solo a
missioni “di pacificazione”), e da lì
in poi non sarebbe più tornata indietro, conformando il suo “nuovo
modello di difesa” e il suo nuovo
esercito mercenario e interventista alla nuova concezione della
“difesa degli interessi nazionali
dovunque sia necessario” adottata dal rinato imperialismo italiano.
E questo sia sotto i governi della
destra che della “sinistra” borghese avvicendatisi nei successivi decenni. Se infatti sulla prima guerra
del Golfo la “sinistra” borghese
aveva votato contro l’intervento,
otto anni dopo sarà essa stessa, con il governo del rinnegato
D’Alema, a volere e guidare l’intervento italiano a fianco degli Usa di
Clinton e della Nato contro l’allora
Federazione Jugoslava. Ed oggi a
guidare con il nuovo duce Renzi
l’interventismo italiano in Afghanistan e in Iraq e a preparare l’intervento imperialista in Libia.
12 anni di “guerra
silenziosa”
decine di migliaia negli anni dell’occupazione militare e della repressione della resistenza irachena.
Con il “cessate il fuoco” Bush
padre non pose però fine alla
guerra. Rinunciò soltanto a proseguirla fino a invadere l’Iraq e
destituire Saddam, per timore
di avvantaggiare indirettamente
l’Iran. Saddam gli serviva ancora,
come contrappeso alla Repubblica islamica e come pretesto per
altri futuri interventi. Tant’è vero
che sull’Iraq sconfitto fu istituita
una “no fly zone”, che permetteva
ai bombardieri Usa e britannici di
continuare i bombardamenti contro le installazioni militari del rais
per tenerlo sotto controllo, e un
micidiale embargo durato oltre un
decennio, una “guerra silenziosa”
che ha provocato nella popolazione irachena più vittime della
guerra stessa: oltre un milione di
vittime per la mancanza di cibo e
medicine, tra cui la metà bambini.
Su questo paese già stremato dalla guerra e dall’embargo si
sono poi abbattuti i massacri e le
devastazioni della seconda guerra
del Golfo scatenata nel 2003 dalla
coalizione imperialista guidata da
George Bush figlio e dal suo alleato
Blair, con l’invasione e l’occupazione del Paese, a cui ha preso parte
in una fase di poco successiva anche l’Italia imperialista di Berlusconi. Una guerra che ha fatto almeno
un altro milione di morti tra la popolazione civile, per non parlare delle
Le radici dello Stato
islamico
E’ in questo tragico contesto
che sono stati gettati, per mano
stessa degli invasori americani e
dei loro alleati, i semi che hanno
dato origine allo Stato islamico
(IS). Applicando la dottrina imperialista del “divide et impera” e
sfruttando la divisione storica tra
islamici di fede sunnita e sciita, gli
invasori americani hanno insediato
a Baghdad governi fantoccio sciiti
che per anni hanno emarginato e
vessato la popolazione sunnita,
finché da questa e dagli ex militari
di Saddam e del partito Baath che
avevano condotto la resistenza
contro le truppe Usa nelle città del
triangolo sunnita, non è scaturita
una reazione militare che saldandosi a milizie islamiche operanti
in Siria contro Assad, ha portato
alla formazione dello Stato islamico. Uno Stato che ha l’ambizione
di ridisegnare l’assetto di quelle
regioni del Medio Oriente, principalmente la Siria e l’Iraq, che era
stato creato artificialmente dagli imperialisti inglesi e francesi
dopo la dissoluzione dell’impero
ottomano per dividere e dominare
meglio quei popoli e quei territori
ricchi di petrolio.
Cominciata per affermare la
supremazia della superpotenza
americana nel mondo, la guerra
del Golfo ha finito per incendiare
tutto il Medio Oriente. Sono 25
anni (36 se si contano dall’invasione dell’Afghanistan da parte
del socialimperialismo sovietico)
che questa martoriata regione del
mondo, in ogni suo più remoto angolo, dalla Palestina, all’Iraq, dalla
Siria allo Yemen, dall’Afghanistan
alla Libia, non conosce ininterrottamente che le bombe, i massacri e le invasioni delle potenze
imperialiste, a cui si è aggiunta
recentemente la Russia del nuovo zar Putin, e che volta a volta
guerreggiano contro il nemico da
demonizzare e da “estirpare” per
riportare la “pace”: ieri Saddam,
poi Al Qaeda e oggi lo Stato islamico, ma sempre per avere un
pretesto per continuare a invadere
quei territori e depredare le loro
ricchezze.
Il PMLI, come dimostra la storia de “Il Bolscevico”, si oppose
fermamente a quella guerra, così
come oggi, cosciente che è la barbarie dell’imperialismo che genera
barbarie, si oppone fermamente
alla guerra senza sbocchi all’IS,
che è stato provocato proprio da
quella sciagurata guerra. Trattare
con lo Stato islamico, e non bombardare, è l’unica soluzione per
cessare la guerra in Iraq e Siria.
E impedire che ne vada di mezzo anche il nostro popolo per le
rappresaglie a cui questa guerra
fatalmente lo espone.
Il coerente antimperialismo del PMLI
Una guerra per sancire
il predominio Usa
Per evitare
gli attacchi
terroristici
cessare di
bombardare
l’Is
stampato in pr.
Quel primo intervento militare
nel Golfo servì all’imperialismo
americano a sancire il nuovo ordine internazionale creato dalla
caduta del muro di Berlino nell’89,
dalla resa dell’Unione Sovietica
socialimperialista e dal conseguente dissolvimento del Patto di
Varsavia, che per decenni, durante la “guerra fredda”, avevano fatto da contraltare all’imperialismo
americano e alla Nato. Approfittando di questa occasione storica
l’imperialismo Usa, unica superpotenza mondiale rimasta allora in
campo, adottò una strategia per
consolidare e rimanere tale negli
anni a venire, e fu proprio con la
guerra del Golfo che sperimentò
sul campo quella che di lì a poco
sarebbe diventata la nuova “strategia della sicurezza nazionale
degli Stati Uniti”, con al centro la
supremazia e l’interventismo degli
Usa su scala globale.
L’occasione gli fu fornita dallo
stesso Saddam, che fino ad allora era stato una sua creatura e
un suo protetto. Lo aveva armato
e foraggiato negli anni ‘80, anche
attraverso gli alleati storici sauditi
e le altre monarchie petrolifere del
Golfo, per scatenarlo contro l’appena nata Repubblica islamica
dell’Iran in una sanguinosa guerra durata fino al 1988, dalla quale
PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO
Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE
Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]
Manifesto del PMLI pubblicato su “Il Bolscevico” n. 47/1990
www.pmli.it
guerra imperialista / il bolscevico 5
N. 5 - 4 febbraio 2016
La denuncia della guerra imperialista nel Golfo Persico
nelle pagine del Bolscevico di 25 anni fa
il bolscevico n.32-1990
il bolscevico n.31-1990
il bolscevico n.36-1990
il bolscevico n.43-1990
il bolscevico n.44-1990
il bolscevico n.42-1990
il bolscevico n.32-1990
il bolscevico n.6-1991
il bolscevico n.5-1991
il bolscevico n.4-1991
il bolscevico n.6-1991
6 il bolscevico / lavoratori
N. 5 - 4 febbraio 2016
Consultazione degli iscritti alla Cgil
Votare No ai due quesiti
sul nuovo Statuto delle
lavoratrici e dei lavoratori
La Cgil ha proposto un nuovo
Statuto delle lavoratrici e dei lavoratori, ovvero una “Carta dei diritti
universali del lavoro ed ha avviato
una consultazione, che terminerà
il 19 marzo, per chiedere il parere favorevole dei propri iscritti sia
sul testo sia su eventuali referendum. Il documento è composto da
91 articoli, sui quali si pronuncerà la Commissione per il lavoro di
massa del CC del PMLI. Già da
adesso però si possono fare delle
considerazioni generali. Lo scopo
dichiarato è quello di estendere a
tutti i diritti faticosamente conquistati nei decenni dal movimento
operaio anche a quelle nuove tipologie di lavoratori createsi con
la precarizzazione, la liberalizzazione, la deregolamentazione, la
flessibilità e in parte ai lavoratori autonomi. In realtà si tratta di
un adeguamento alle nuove forme
di sfruttamento e alle “nuove” relazioni industriali di stampo mussoliniano, conosciute anche come
“modello Marchionne”.
La prima parte del documento,
quella dei principi, consiste in un
lungo e generico elenco di diritti: al lavoro, a un compenso equo,
alla libertà di espressione, al ripo-
so ecc., ma sono privi di qualsiasi
efficacia poiché le leggi permettono ai padroni di poterli facilmente
aggirare. Appena si va nello specifico, come nel caso dei controlli
a distanza, non si chiede di eliminare le norme introdotte dal Jobs
Act, ma solo, al massimo, a mitigarle. Segue poi un intero capitolo dedicato all’attuazione degli articoli 39 e 46 della Costituzione.
Il primo è richiamato per chiedere
a gran voce che le organizzazioni sindacali siano registrate, certificate e riconosciute come “democratiche” per essere ammesse
alla contrattazione; una visione
decisamente corporativa che va
in direzione opposta alla libertà e
all’autonomia dei sindacati rispetto allo Stato e al governo. Per legge si dà allo Stato la possibilità di
ficcare il naso negli affari e nella
vita interna dei sindacati.
Ben 12 articoli sono dedicati a
definire puntigliosamente il ruolo delle RUS, le rappresentanze
aziendali che dovrebbero sostituire le attuali RSU, una serie di regole fatte “su misura” di Cgil-Cisl-Uil. Invece occorre dare piena
libertà alle lavoratrici e ai lavoratori di votare i propri rappresen-
tanti nei luoghi di lavoro. Largo
spazio anche alla definizione dei
ruoli tra la contrattazione nazionale e quella di secondo livello. I
contratti nazionali possono allontanarsi di molto da quanto stabilito nel nuovo Statuto e la contrattazione di secondo livello ha un
maggiore spazio rispetto al passato. La stella polare che dovrà guidare i rapporti tra le parti sociali
è il Testo Unico sulla rappresentanza. Quell’accordo a cui la Fiom
prima si oppose, poi disse di sì, in
seguito tornò sui suoi passi e alla
fine ha accettato. Noi marxisti-leninisti non abbiamo cambiato idea
e continuiamo a denunciarlo come
un patto neocorporativo che mira
a sancire il monopolio di Cgil-Cisl-Uil a discapito di altre organizzazioni sindacali e a favorire la
pace sociale, funzionale al capitalismo, un freno alla conflittualità e al diritto di sciopero, punito
anche con misure disciplinari. Un
paio di articoli sono dedicati alla
“partecipazione”, anche finanziaria, dei lavoratori alle decisioni
dell’azienda (art. 46 della Costituzione). Un modo per sottometterli
alle esigenze padronali, spesso accompagnate da ricatti occupazio-
nali ed economici. Un collaborazionismo che porta benefici solo
ai capitalisti mentre i lavoratori e i
loro rappresentanti perdono autonomia decisionale e d’azione.
Ampio spazio è dedicato ai rapporti di lavoro precari e alle nuove forme di lavoro subordinato.
Nella sostanza si accettano tutte le
controriforme del lavoro introdotte fin dagli anni ’80: dal tempo determinato al part-time, dal lavoro
occasionale alla privatizzazione
delle agenzie per il collocamento.
Dell’articolo 18 non si chiede la
sua reintroduzione, come sembravano far intendere le dichiarazioni di alcuni esponenti della Cgil.
Se ne inventa uno nuovo che alla
fine però non realizza il reintegro
come nel precedente Statuto. Non
a caso il nuovo articolo 83 è lungo quasi quattro pagine e zeppo di
decine di punti mentre l’articolo
18 era più chiaro, breve, efficace
e non lasciava spazio al licenziamento, eseguibile solo per “giusta causa” e dopo pronunciamento del giudice.
L’altro quesito riguarda il consenso a indire dei referendum che
sostengano il nuovo Statuto. Ma
il sindacato guidato dalla Camus-
so ha specificato di non chiedere
l’abrogazione del Jobs Act come
era lecito aspettarsi, ma solo alcuni specifici punti. La Cgil non
ha portato a fondo la lotta contro il Jobs Act e il governo Renzi e adesso chiede il consenso per
dei referendum solo parziali dopo
aver abbandonato subito la via
maestra della mobilitazione nonostante la disponibilità alla lotta
mostrata dai lavoratori negli scioperi di fine 2015; una posizione
inaccettabile. Per tutti questi motivi il nostro no è netto, su entrambe le questioni, nuovo Statuto e
referendum, invitiamo i militanti
e i simpatizzanti del PMLI e tutti
coloro che condividono la nostra
posizione, se coinvolti nelle consultazioni, a votare NO a entrambi i quesiti.
Il testo dei due quesiti
proposti dalla Cgil
Pubblichiamo il testo dei
due quesiti sul Nuovo Statuto
dei lavoratori proposto dalla
Cgil ai quali il PMLI dà indicazione di votare NO.
a) Condividi obiettivi e gli
indirizzi della proposta presentata dalla Cgil del Disegno
di legge di iniziativa popolare “Carta dei diritti universali
del Lavoro ovvero nuovo Statuto di tutte le lavoratrici e lavoratori”?
b) Condividi la possibilità
di sostenere, in via eccezionale e straordinaria, la proposta di
legge con specifici quesiti referendari, e dai mandato al Direttivo Nazionale della Cgil di elaborarli, definendoli con propria
proposta autonoma, in considerazione del carattere universale
e di rango costituzionale della
proposta stessa che inerisce ai
diritti generali e fondamentali
riferiti al lavoro?
I lavoratori pubblici nel mirino di Renzi e Madia
Misure fasciste contro i “furbetti
del cartellino”
Chi è colto in fallo viene sospeso entro 48 ore
e licenziato entro 30 giorni
Sotto lo slogan “licenziamento
entro 48 ore” è partita la nuova
campagna del governo contro i
lavoratori della Pubblica Amministrazione (PA). Mercoledì 20
gennaio il Consiglio dei ministri
ha approvato una parte dei decreti che compongono la controriforma della PA. Previsti tagli
e privatizzazioni, accentramento
e assoggettamento al governo
per renderla funzionale alle esigenze del regime neofascista. I
lavoratori pubblici devono essere
sempre sotto ricatto, compreso quello del licenziamento, gli
stipendi sempre più bassi, i dirigenti ligi alle direttive che prevedono tagli alla spesa in barba ai
bisogni dei cittadini, specie dei
più poveri, un’amministrazione
protesa verso le esigenze della
borghesia e dei capitalisti, priva
di “lacci e laccioli” e con meno
regole che possano in qualche
modo intralciare l’iniziativa privata. Un tassello importante di
quelle controriforme che oramai
hanno definitivamente affossato
la Costituzione del 1948.
Sono stati il nuovo duce Renzi
e il ministro Madia a presentare
gli undici decreti attuativi dove
si toccano svariati settori della
PA. Ad esempio c’è il taglio delle
società partecipate e la loro privatizzazione, con il conseguente
taglio non solo di dirigenti ma di
personale operativo, e non basterà l’altro decreto collegato che
prevede un certo recupero degli
“esuberi” a salvare migliaia di posti di lavoro. Si passa poi all’assorbimento forzato del Corpo fo-
restale dello Stato nei Carabinieri.
Ciò prevede la militarizzazione di
7mila lavoratori che perderanno
per questo molti diritti civili e associativi e un depotenziamento
del controllo idrogeologico del
territorio che a parole si vorrebbe
salvaguardare. Un altro punto riordina e specifica le competenze
delle forze di polizia.
I manager pubblici non potranno più essere scelti dalle amministrazioni locali attraverso bandi
pubblici, ma solamente pescati
in un albo nazionale con criteri
scelti da un’apposita commissione governativa. Un altro decreto
di forte impatto è quello che si
prefigge di tagliare i tempi burocratici del 50%. Come? Snellendo le procedure, quindi anche i
controlli, per le opere pubbliche,
insediamenti produttivi e attività
imprenditoriali di rilievo. Si prevede il dimezzamento e anche
oltre di molte pratiche, favorendo
in particolare quei capitalisti che
hanno grandi appalti e interessi
finanziari, atteggiamento del tutto diverso da quello riservato alle
masse popolari, alle quali vengono garantiti servizi socio-sanitari
sempre peggiori e liste e tempi di
attesa lunghissimi a causa dei tagli alla spesa pubblica.
Infine la ciliegina sulla torta,
quello del licenziamento immediato che, a sentire il governo,
servirebbe per punire il dipendente che timbra l’entrata e poi
torna a casa o per chi finge di
ammalarsi e magari esce a fare
la spesa, provvedimento non
compreso al momento della ste-
Roma, 28 novembre 2015. I lavoratori del pubblico impiego in piazza per rivendicare il rinnovo del contratto
danna definitiva.
stono delle leggi che permettono
sura della “riforma Madia”. Come
In realtà qui si vogliono toglieil licenziamento, già molto severe
sempre avviene in questi casi si
re ai lavoratori ulteriori diritti e ree liberticide, ma si chiede a gran
maschera una cosa per un’alstringere la democrazia sui posti
voce e si mette in pratica il loro
tra e non si dicono i reali motivi
di lavoro. Si comincia a mettere
inasprimento. Si concederanno al
della manovra partendo dalla
nel mirino l’articolo 18 che è già
dipendente interessato dal provstrumentalizzazione di alcuni casi
stato soppresso nel privato con
vedimento solo 5 giorni per dieclatanti, ingigantiti ancor di più
il Jobs Act e se nel pubblico rifendersi e dimostrare il contrario,
dai mass-media. In questo caso
marrà sarà sicuramente all’ordine
molto più duri che con gli ammiè stata strumentalmente presa a
del giorno nella prossima “rifornistratori pubblici romani (sindapretesto la vicenda del comune di
ma”. È anche un pretesto per
co, assessori, manager) coinvolti
Sanremo in Liguria dove numerosaltare qualsiasi freno al controllo
nella corruzione di Mafia Capitasi dipendenti sono stati accusati
poliziesco dei lavoratori con l’inle. Qual è il vero motivo per cui
di varie irregolarità e di non svolstallazione di telecamere, sistemi
si vuole licenziare e togliere lo stigere il loro normale lavoro.
elettronici e visite fiscali ancora
pendio per direttissima entro 48
I giornali e le testate elettronipiù stringenti. Dipingere i lavoore, a scopo “cautelare” quasi ci
che hanno subito titolato “colpiti i
ratori della PA come fannulloni è
fosse il pericolo di fuga o di nuofurbetti del cartellino”, riferendosi
funzionale a creare consenso a
vi reati, un trattamento che viene
a chi timbrava e non andava al
una legge antisciopero fascista, a
riservato ai criminali? Addirittura
lavoro o lo faceva per altre per“giustificare” il blocco dei salari e
è previsto il “danno d’immagine”:
sone assenti, concentrando tutta
del contratto che per il lavoratore
più fa rumore sulla stampa più
l’attenzione mediatica su questo
pubblico perdura dal 2009, conalta sarà la multa in caso di conargomento. Oltretutto a oggi esi-
gelare le assunzioni che hanno
portato (assieme alla legge Fornero) l’età media dei dipendenti
a oltre 50 anni, a continuare con
il taglio dei finanziamenti. Difatti
sono proprio il blocco del turnover e le continue sforbiciate alla
spesa pubblica i principali motivi delle disfunzioni della sanità,
della scuola, dei trasporti e non
certo l’assenteismo che, come
dimostrano tutte le statistiche, rientra nella media degli altri paesi
europei.
Questa campagna martellante
e denigratoria serve per creare il
consenso dell’opinione pubblica
all’operato del governo. Un po’
come succede quando si dipingono tutti quelli che combattono
l’imperialismo come dei mostri
e gli occidentali quelli bravi, belli e democratici, per giustificare
i bombardamenti e l’ingerenza
negli affari degli altri Paesi. Al di
là del caso specifico di Sanremo
non neghiamo che possano esistere alcune situazioni dove per
colpa di qualche “furbo” assunto
dal politico di turno ci rimettono
il resto dei lavoratori e i cittadini.
Ma questo si verifica per il carattere parassitario e marcio del sistema borghese e dell’economia
capitalistica dove predomina il
profitto e il denaro. Sono proprio
quei partiti borghesi che danno
addosso al lavoratore pubblico,
Movimento 5 stelle compreso
come conferma la vicenda del
comune di Quarto, a essere corresponsabili della corruzione, del
clientelismo e della mafia.
commemorazione di Lenin / il bolscevico 7
N. 5 - 4 febbraio 2016
Saluto del Segretario generale del PMLI ai partecipanti alla Commemorazione di Lenin a Cavriago
Essere come Lenin,
fare come Lenin
di Giovanni Scuderi
Cari compagni Denis
Branzanti e Alessandro
Fontanesi, care compagne,
cari compagni,
che, pur sotto bandiere
diverse ma entrambe rosse e con la falce e martello, commemorate uniti Lenin davanti al suo storico
busto a Cavriago, vi giunga
il mio saluto marxista-leninista militante e l’augurio
di pieno successo di questa
encomiabile iniziativa unitaria dei nostri due Partiti, il
PMLI e il PCdI.
Tutto il PMLI è idealmente presente con voi e vi
ringrazia perché dimostrate pubblicamente alla classe dominante borghese e
al suo governo guidato dal
nuovo duce Renzi che in
Italia ci sono ancora dei comunisti fedeli a Lenin che
non cesseranno mai di com-
batterli.
Lenin non è solo il principale artefice della prima
rivoluzione proletaria del
mondo, ma un grande Maestro del proletariato internazionale, la cui opera continua a illuminare la strada
dei veri comunisti e di tutti gli sfruttati e oppressi del
globo.
Nel pensiero di Lenin,
espresso nel “Che fare?”,
“Stato e rivoluzione”,
“L’imperialismo, fase suprema del capitalismo”, noi
troviamo le giuste indicazioni per essere degli autentici militanti comunisti,
per costruire un vero Partito comunista, per combattere e abbattere il capitalismo
e conquistare il socialismo
e il potere politico da parte
del proletariato, per capire
l’attuale situazione interna-
zionale e per orientarci sulla complessa e inedita questione dello Stato islamico,
sottoposto a bombardamenti di tre coalizioni imperialiste che vogliono avere campo libero in Medio Oriente
e spartirselo.
Il pensiero di Lenin non
va visto a sé ma considerato
assieme a quello di Marx,
Engels, Stalin e Mao affinché conservi la sua attualità, eserciti tutta la sua forza
proletaria rivoluzionaria e
non venga manipolato e rielaborato dai revisionisti di
destra e di “sinistra”.
Esso è fondamentale per
emanciparci dalla cultura borghese, dal riformismo, dal parlamentarismo e
dal costituzionalismo e per
cambiare il mondo.
Essere come Lenin, fare
come Lenin: questo è il no-
stro imprescindibile dovere
proletario rivoluzionario.
Viva Lenin, il suo pensiero e la sua opera!
Con Lenin per sempre,
contro il capitalismo per il
socialismo!
Vostro compagno di lotta
Giovanni Scuderi
Firenze, aprile 2014. Giovanni Scuderi, Segretario
generale del PMLI, mentre
pronuncia il Rapporto alla
4ª Sessione plentaria del
5° Comitato centrale del
Partito
A Cavriago (Reggio Emilia) davanti al busto del grande Maestro del proletariato internazionale scomparso 92 anni fa
PMLI e PCDI assieme in piazza per Lenin
Presenti anche il PRC e l’ANPI e un membro del CN del PCE. Apprezzato il saluto di Scuderi
‡‡Dal nostro corrispondente
dell’Emilia-Romagna
Domenica 24 gennaio si è tenuta in piazza Lenin a Cavriago
(Reggio Emilia) la commemorazione di Lenin nel 92° anniversario della scomparsa, per la prima
volta organizzata congiuntamente dal PMLI.Emilia-Romagna e
dalla Federazione di Reggio Emilia del PCDI.
Dal 2005 il PMLI organizza
annualmente una manifestazione
pubblica per commemorare Lenin in piazza a Cavriago, e ancor
prima e per molti anni, militanti e simpatizzanti locali del Partito hanno deposto fiori al busto di
Lenin a nome del PMLI.
Dopo tanti anni quindi finalmente anche altri partiti e organizzazioni si sono affiancati al
PMLI per ricordare il grande Maestro del proletariato internazionale.
Infatti in piazza, nonostante il
freddo pungente, erano presenti le bandiere del PCDI, del PRC
e dell’ANPI, oltre a quelle di decine di militanti e simpatizzanti
del PMLI dell’Emilia-Romagna,
delle Marche, della Lombardia e
del Piemonte, tutti insieme portavano un gran numero di bandiere
diverse ma comunque rosse e con
Discorsi di Branzanti e Fontanesi
la falce e martello, oltre a quelle
tricolori dell’ANPI.
Presenti anche altri sostenitori di Lenin, tra i quali un membro
del comitato nazionale del Partito
comunista di Spagna (PCE) che
ha partecipato con la bandiera
nazionale rosso-giallo-viola e si è
fatta fotografare orgogliosamente di fronte al manifesto di Stalin,
che assieme a quelli di Lenin e
contro il governo del nuovo duce
Piazza Lenin, Cavriago (Reggio Emilia). 24 gennaio 2016. I partecipanti alla commemorazione di Lenin nel
92° anniversario della scomparsa sventolano le bandiere rosse al termine della manifestazione. Dietro i
manifesti di Lenin e Stalin, i compagni Federico Picerni e Denis Branzanti del PMLI e il compagno Alessandro Fontanesi del PCDI (foto Il Bolscevico)
Renzi, erano posti di fronte al busto di Lenin.
Alle ore 11,30 il compagno
Federico Picerni, Responsabile
della Commissione giovani del
CC del PMLI ha aperto l’iniziativa e introdotto gli applauditi interventi di Alessandro Fontanesi,
Segretario provinciale di Reggio Emilia del PCDI, e di Denis Branzanti, Responsabile del
PMLI per l’Emilia-Romagna.
Fontanesi ha sottolineato
l’estrema attualità del pensiero di
Lenin di fronte alla grandi e gravi
diseguaglianze generate dal capitalismo e alla situazione della
Russia di Putin. Ha poi denunciato l’attacco alla Costituzione del
1948 che andrebbe invece difesa
e applicata.
Branzanti ha tenuto un discorso (pubblicato a parte) sul
tema “Gli insegnamenti di Lenin sui membri del Partito”, e
letto l’apprezzato saluto inviato
dal compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI
(pubblicato a parte).
Al termine il PMLI e il PCDI
hanno depositato dei mazzi di
fiori ai piedi del busto di Lenin,
dopodiché tutti i presenti si sono
stretti intonando L’Internazionale, Bandiera Rossa, Bella Ciao e
inneggiando all’Italia unita, rossa
e socialista.
Terminata la manifestazione
si è svolto il tradizionale pranzo collettivo durante il quale le
compagne e i compagni sono rimasti ancora qualche ora a fraternizzare e a scambiarsi opinioni
ed esperienze, oltre ad aver avuto il piacere di gustare, oltre che
ammirare, le due torte che anche
quest’anno una bravissima simpatizzante modenese del PMLI
ha realizzato, una con la bandiera dei cinque Maestri e una con
un’immagine di Lenin e la dicitura “1924-2016 Seguiamo la via
dell’Ottobre”.
Alla manifestazione in piazza
erano presenti diversi giornalisti
locali e un videoperatore regionale della Rai, mentre l’agenzia
Ansa ha chiesto, e poi rilanciato,
notizie dell’iniziativa, così come
hanno fatto siti e giornali locali,
cartacei e online.
Anche quest’anno quindi la
commemorazione di Lenin ha
avuto un grande successo e fatto un nuovo passo in avanti, politico, organizzativo e di Fronte
unito, riempiendo sempre di più
piazza Lenin di bandiere rosse di
sostenitori di Lenin!
8 il bolscevico / commemorazione di Lenin
N. 5 - 4 febbraio 2016
Discorso di Denis Branzanti tenuto a Cavriago
in occasione del 92° Anniversario della scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale
Applichiamo gli insegnamenti
di Lenin sui membri del Partito
Pubblichiamo il discorso integrale del compagno Denis Branzanti, Responsabile del PMLI per
l’Emilia-Romagna, tenuto il 24
gennaio 2016 a Cavriago, davanti
al busto di Lenin, in occasione del
92° Anniversario della scomparsa
del grande Maestro del proletariato internazionale.
In un messaggio al suddetto
compagno, il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni
Scuderi, l’ha definito “ottimo, educativo e stimolante. Un importante contributo sulla concezione del
Partito del proletariato e dei suoi
membri”.
Care compagne e cari compagni,
per tutti noi oggi è un giorno
importante perché ricordiamo il
grande Maestro del proletariato
internazionale Lenin, nel 92° anniversario della sua scomparsa,
avvenuta il 21 gennaio del 1924 a
Gorky, a causa di un male aggravato dai postumi dell’attentato subito 6 anni prima e dai tanti anni
vissuti in difficilissime condizioni.
Per i marxisti-leninisti del nostro Paese non è questa una
mera ricorrenza da celebrare con
spento rituale, essa invece è un
momento di riflessione, di discussione, di approfondimento sugli
insegnamenti e sull’opera di Lenin, è il momento per ribadire a
voce alta e a bandiere rosse dispiegate che noi siamo in Italia
gli eredi e i continuatori di Marx,
Engels, Lenin, Stalin e Mao. Che
siamo gli eredi e i continuatori
della grande storia del movimento comunista nazionale e internazionale, che nella conquista del
socialismo in Russia grazie principalmente a Lenin e a Stalin, e
in Cina grazie principalmente a
Mao, ha conosciuto l’apice della
sua storia arrivando ad estendersi su una gran parte del mondo.
E lo facciamo ancora una volta
pubblicamente, ma per la prima
volta organizzando assieme al
PCDI di Reggio Emilia l’annuale
commemorazione di Lenin qui a
Cavriago, il che dimostra ancora
una volta che l’unità la si costruisce sui contenuti. Questa iniziativa, che segue la partecipazione
attiva del PCDI alla commemorazione dello scorso anno, costituisce un ulteriore tassello della collaborazione tra il PMLI e il PCDI,
e dello sviluppo di questa iniziativa che ci auguriamo possa allargare ancora la schiera degli organizzatori e dei partecipanti per
darle ulteriore valenza politica e
organizzativa.
Ringrazio tutti i sostenitori di
Lenin presenti, le compagne e i
compagni della Regione e in particolare quelli giunti da fuori Regione, nonché la Commissione
per il lavoro di Organizzazione
del Comitato Centrale del PMLI
che ha inviato i propri saluti e il
compagno Giovanni Scuderi, Segretario Generale del PMLI, che
scrive:
“Cari compagni Denis Branzanti e Alessandro Fontanesi,
care compagne, cari compagni,
che, pur sotto bandiere diverse ma entrambe rosse e con la
falce e martello, commemorate
uniti Lenin davanti al suo storico
busto a Cavriago, vi giunga il mio
saluto marxista-leninista militante
e l’augurio di pieno successo di
questa encomiabile iniziativa unitaria dei nostri due Partiti, il PMLI
e il PCDI.
Tutto il PMLI è idealmente presente con voi e vi ringrazia perché dimostrate pubblicamente
alla classe dominante borghese e
al suo governo guidato dal nuovo
duce Renzi che in Italia ci sono
ancora dei comunisti fedeli a Lenin che non cesseranno mai di
combatterli.
Lenin non è solo il principale artefice della prima rivoluzione proletaria del mondo, ma un
grande Maestro del proletariato
internazionale, la cui opera continua a illuminare la strada dei veri
comunisti e di tutti gli sfruttati e
oppressi del globo.
Nel pensiero di Lenin, espresso nel “Che fare?”, “Stato e rivoluzione”, “L’imperialismo, fase
suprema del capitalismo”, noi tro-
Piazza Lenin, Cavriago (Reggio Emilia), 24 gennaio 2016. Il compagno
Denis Branzanti, Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna, che ha
tenuto il discorso commemorativo, saluta a pugno chiuso i partecipanti
all’iniziativa (foto Il Bolscevico)
viamo le giuste indicazioni per
essere degli autentici militanti
comunisti, per costruire un vero
Partito comunista, per combattere e abbattere il capitalismo e
conquistare il socialismo e il potere politico da parte del proletariato, per capire l’attuale situazione internazionale e per orientarci
sulla complessa e inedita questione dello Stato islamico, sottoposto a bombardamenti di tre
coalizioni imperialiste che vogliono avere campo libero in Medio
Oriente e spartirselo.
Il pensiero di Lenin non va visto a sé ma considerato assieme
a quello di Marx, Engels, Stalin e
Mao affinché conservi la sua attualità, eserciti tutta la sua for-
za proletaria rivoluzionaria e non
venga manipolato e rielaborato
dai revisionisti di destra e di “sinistra”.
Esso è fondamentale per
emanciparci dalla cultura borghese, dal riformismo, dal parlamentarismo e dal costituzionalismo e
per cambiare il mondo.
Essere come Lenin, fare come
Lenin: questo è il nostro imprescindibile dovere proletario rivoluzionario.
Viva Lenin, il suo pensiero e la
sua opera!
Con Lenin per sempre, contro
il capitalismo per il socialismo!
Vostro compagno di lotta
Giovanni Scuderi”
Care compagne e cari com-
pagni,
per noi Lenin è una grande
bandiera rossa della rivoluzione
proletaria, della dittatura del proletariato e dell’internazionalismo
proletario, una grande bandiera
rossa che non sbiadisce col passare del tempo, perché rimangono intatti, nella sostanza, i presupposti della sua analisi teorica
e pratica politica e la necessità
della sua applicazione alla nostra
situazione specifica.
Egli ci indica chiaramente la
via della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre nella lotta per
abbattere il capitalismo e l’imperialismo e conquistare l’Italia unita, rossa e socialista.
Per raggiungere questo obiettivo strategico non si può fare a
meno di studiare e applicare dialetticamente gli insegnamenti dei
5 Grandi Maestri, essi sono la nostra forza ideologica principale,
la nostra cultura, da loro dobbiamo trarre continuamente linfa politica, anche oggi che dobbiamo
contrastare il governo del nuovo
Mussolini Renzi, la crisi economica capitalistica che si riversa ancora sulle condizioni di vita e di lavoro delle larghe masse popolari
e lavoratrici, e l’ennesima guerra
che le potenze imperialiste hanno
scatenato in Medio Oriente dove
in questo momento hanno trovato
nello Stato islamico un ostacolo
alle loro mire conquistatrici.
E lo dobbiamo fare a maggior ragione in questo momento
storico nel quale il dissesto ideologico, politico e organizzativo
causato dalla ultracentenaria predicazione di riformisti, revisionisti
e falsi comunisti ha depotenziato,
deideologizzato e decomunistizzato le masse.
Per far fare un deciso passo in
avanti alla lotta di classe nel nostro Paese occorre costruire un
grande, forte e radicato Partito
marxista-leninista, e per costruire
un tale Partito un ruolo decisivo
lo riveste la qualità della militanza
marxista-leninista.
Lenin rappresenta una fonte preziosissima di insegnamen-
ti, grazie alla sue dure battaglie
per costruire il Partito, darvi una
corretta linea, e instillare nei suoi
aderenti una corretta concezione
della militanza.
Secondo Lenin infatti “Soltanto il partito comunista, se esso
è realmente l’avanguardia della
classe rivoluzionaria, se comprende nel suo seno i migliori
rappresentanti di questa classe, se è composto di comunisti
pienamente coscienti e devoti,
istruiti e temprati dall’esperienza di una lotta rivoluzionaria
accanita, se ha saputo legarsi
in maniera indissolubile a tutta
la vita della sua classe e, attraverso di essa, a tutta la massa
degli sfruttati, e ispirare a questa classe e a questa massa
una fiducia completa, solo un
tale partito è capace di dirigere
il proletariato nella lotta inesorabilmente implacabile, decisiva, suprema, contro tutte le forze del capitalismo” (1)
Per costruire un tale Partito Lenin condusse una lunga e
aspra serie di battaglie, dapprima
contro le tendenze economiciste
e populiste che avevano una forte
influenza nella socialdemocrazia
russa e che negavano l’essenza
stessa della lotta di classe, riconducendo il tutto a singole battaglie senza però mettere in discussione il sistema politico borghese
e negando il ruolo e la funzione
del proletariato e del suo Partito.
Dopo la sua costituzione,
nel 1898, il Partito operaio socialdemocratico russo rimaneva comunque un insieme di tanti
circoli slegati tra di loro e sostanzialmente autonomi ai quali Lenin indicò la via nell’unità politica
e organizzativa, così come indicò
nella giusta combinazione tra lavoro e legale e lavoro illegale la
via d’uscita dal fallimento della rivoluzione democratica borghese
del 1905, battendo sia la corrente
dei liquidazionisti che quella dei
legalitaristi.
SEGUE IN 9ª e 10ª
➫
HANNO PARLATO DELLA COMMEMORAZIONE DI LENIN
commemorazione di Lenin / il bolscevico 9
N. 5 - 4 febbraio 2016
Una battaglia ideologica e politica enorme quella di Lenin contro l’anarchismo, il frazionismo,
il correntismo e l’individualismo,
che minavano continuamente l’unità del Partito mettendone in discussione persino l’esistenza,
e dai quali un Partito autenticamente comunista deve necessariamente difendersi se vuol mantenere ferma e salda la propria
organizzazione bolscevica e linea
marxista-leninista.
Una delle più grandi e importanti battaglie condotte nel Partito Operaio Socialdemocratico
Russo si svolse nel 1903, nel corso del suo II Congresso che era
chiamato a decidere sull’adozione del Programma e dello Statuto e sulla nomina degli organismi
dirigenti centrali, dove la maggioranza, cioè i bolscevichi, si schierò con le tesi di Lenin sulle caratteristiche e ruolo del militante,
la composizione sociale del partito e la struttura organizzativa
del partito, mentre i menscevichi,
cioè la minoranza uscita dal Congresso, le osteggiarono in tutti i
modi, sostenendo la concezione
anarchica di voler concedere ad
ogni scioperante il titolo di appartenente al Partito.
Esiste infatti una netta linea di
demarcazione tra la giusta concezione leninista del Partito come
“reparto di avanguardia cosciente
e organizzato della classe operaia” e la concezione opportunista
anarcoide e trotzkista che lo vorrebbe invece come entità amorfa, disorganizzata e che finisce
per cancellare ogni frontiera tra
partito e classe e venire meno al
compito di elevare le masse intermedie e più arretrate al livello di
quelle avanzate e più coscienti.
Proprio su questo punto Lenin
ingaggiò una feroce polemica con
Martov e i menscevichi che volevano che nello Statuto del Partito venisse cancellata ogni differenza tra coloro che aderivano
e coloro che entravano nel Partito, tra gli elementi coscienti e attivi e coloro che davano un aiuto.
“Secondo Martov - scrive Lenin
- le frontiere del partito restano
assolutamente indeterminate,
poiché ‘ogni scioperante’ può
‘dichiararsi membro del Partito’. Quale utilità presenta questo amorfismo? La larga diffusione di un ‘appellativo’. Il
danno che essa reca è di dar
corso all’idea disorganizzatrice della confusione della classe col partito”. (2) Riferendosi a
Trotzki, sostenitore della concezione menscevica, Lenin aggiunge: “Egli ha dimenticato che il
partito dev’essere solo il reparto d’avanguardia, il dirigente
dell’immensa massa della classe operaia, che lavora tutta (o
quasi tutta) ‘sotto il controllo e
la direzione’ delle organizzazioni del partito, ma che non entra
tutta, e non deve entrare tutta,
nel ‘partito’”.(3)
Nonostante la continua opposizione degli elementi frazionisti
e individualisti Lenin fece tutto
il possibile per preservare l’unità del Partito evitando dannose
scissioni, senza però concedere
loro nulla, fino ad arrivare all’espulsione dei peggiori elementi
epurare il partito dagli elementi che si staccano dalle masse (per non parlare, s’intende,
degli elementi che disonorano
il partito agli occhi delle masse). Bisogna epurare il partito
dagli imbroglioni, dai burocrati, dai disonesti, dai comunisti
incostanti e dai menscevichi
che hanno ridipinto la «facciata», ma sono rimasti menscevichi nell’animo.” (6)
Le due bellissime torte, una dedicata a Lenin e l’altra ai 5 Maestri, realizzate da una simpatizzante alla Commemorazione (foto Il Bolscevico)
menscevichi sancita alla conferenza di Praga del 1912, ma questa non pose fine alla lotta contro
gli elementi alla Trotzki, Zinoviev,
Kamenev, Bucharin e altri che rimasero all’interno del Partito, camuffandosi da marxisti-leninisti e
venendo allo scoperto di tanto in
tanto, in particolare dopo la morte di Lenin.
Lenin era convinto che “Avendo nelle proprie file dei riformisti, dei menscevichi, non si
può vincere nella rivoluzione
proletaria, non si può difenderla.” (4). E che “Il partito è
un’unione volontaria, che si disgregherebbe inevitabilmente,
dapprima sul piano ideale e poi
anche su quello materiale, se
non espellesse quei suoi iscritti che predicano concezioni
contrarie al partito”. (5)
Per questo riteneva che il Partito andasse periodicamente epurato, come affermò nel 1921 “Se
riusciremo effettivamente ad
epurare in questo modo il partito dall’alto in basso «senza
riguardi per nessuno», la rivoluzione farà una conquista veramente grande... Per ottenere
questo miglioramento bisogna
I marxisti-leninisti italiani la
pensano come Lenin, e come
Stalin, e cioè che “Il partito dei
proletari, quale gruppo combattivo di dirigenti, deve in primo luogo essere molto più piccolo della classe dei proletari
per il numero dei suoi membri, in secondo luogo deve stare più in alto della classe dei
proletari per la sua coscienza
ed esperienza, e in terzo luogo deve essere un’organizzazione compatta … Dobbiamo
essere estremamente vigilanti e non dimenticare che il nostro partito è una fortezza le cui
porte si aprono soltanto a coloro che sono provati. “È meglio
che dieci elementi che lavorano non si chiamino membri del
partito (i veri militanti non vanno a caccia dei gradi!), piuttosto che un solo chiaccherone
abbia il diritto e la possibilità di
essere membro del partito”. (7)
Noi vogliamo quindi che
“all’appellativo” corrisponda una
sostanza, e per questo il termine “bolscevico”, che riassume e
identifica la concezione leninista
del Partito, e che venne aggiunto al nome del Partito di Lenin e
Stalin, rappresenta anche il nome
del nostro settimanale organo di
stampa, sin dalla sua nascita, avvenuta il 15 dicembre del 1969.
La militanza marxista-leninista
è uno degli elementi fondamentali e peculiari che caratterizzano
un partito autenticamente comunista, e quindi anche del PMLI, i
cui membri non sono dei semplici iscritti, ma dei militanti, dei soldati rossi, disciplinati, organizzati,
uniti e solidali tra di loro, centralizzati, che combattono ogni giorno,
come possono, sotto le bandiere
dei Maestri e del PMLI al servizio del proletariato e delle masse
contro il capitalismo e per il socialismo.
Il PMLI, come il Partito di Lenin e Stalin, non è un partito d’opinione, dove basta avere la tessera in tasca per professarsi
marxista-leninista. Il PMLI non è
nemmeno un “partito di massa”
dove basta riconoscersi nel socialismo e nel Partito che in Italia lo rappresenta per autodefinirsi un militante marxista-leninista.
Il PMLI, come è scritto a chiare
lettere nel suo Statuto, all’articolo 1 “è l’avanguardia cosciente e
organizzata del proletariato italiano, il Partito politico della classe
operaia, che dirige le lotte immediate e parziali e quelle generali e
a lungo termine dell’intera classe
e delle larghe masse popolari italiane e guida la rivoluzione socialista alla completa vittoria”.
Nelle sue file dunque vi prendono posto solo i combattenti d’avanguardia impegnati ogni giorno, ogni momento della loro vita,
senza badare a sacrifici personali, per il successo della causa rivoluzionaria.
Il militante marxista-leninista è
colui che si muove come un sol
uomo col Partito, ne condivide la
linea politica, ideologica e organizzativa, lavora attivamente in
una delle sue istanze, ne accetta e ne rispetta integralmente lo
Statuto, che costituisce la legge
suprema del Partito e lo sostiene economicamente. È vincolato
a precisi doveri che sono fissati
dall’articolo 13 dello Statuto del
PMLI, tra i quali quello di studiare e praticare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, diffonderlo
tra il proletariato e le larghe masse popolari, difendere la linea politica e la struttura organizzativa
del Partito, attenersi al centralismo democratico e osservare
una ferma disciplina proletaria,
pensare, agire e vivere da rivoluzionario, trasformare la propria
concezione del mondo, elevare la
propria coscienza politica, essere
risoluto e coraggioso nella lotta di
classe, non temere alcun sacrificio, anteporre gli interessi della rivoluzione a quelli personali, non
esitare a dare anche la vita per la
causa del proletariato.
I militanti del PMLI devono
fare a gara per essere i migliori, imparando dai nostri Maestri
e dalle compagne e dai compagni che sono più avanti e più bravi di noi e che si caricano il fardello più pesante del Partito. In
particolare i membri operai del
Partito devono impegnarsi a fondo a livello ideologico, politico,
organizzativo e pratico affinché
costituiscano davvero la testa
e l’ossatura portante del PMLI.
Dobbiamo sforzarci di acquisire le caratteristiche indicate da
Mao nelle 10 citazioni pubblicate
sul n° 27 dello scorso anno de “Il
Bolscevico”, ciascuna delle quali rappresenta un rosso punto di
riferimento.
Da esse impariamo che i marxisti-leninisti sono dei tipi particolari, diversi da tutti gli altri, per gli
ideali che li animano, per lo spirito di sacrificio e di dedizione alla
causa del proletariato e del socialismo che dimostrano, per il disinteresse personale con cui si
dedicano al lavoro politico rivoluzionario, per l’impegno che mettono nello studio e nella risoluzione dei problemi delle masse,
per il coraggio che hanno nell’affrontare anche da soli o in pochi
le dure battaglie di classe. Come
dice Lenin devono “andare fra
tutte le classi della popolazione come teorici, come propagandisti, come agitatori e come
organizzatori...” (8)
Piazza Lenin, Cavriago (Reggio
Emilia), 24 gennaio2016. Anziano
con maglietta che invoca Stalin
(foto Il Bolscevico)
Devono rispecchiare la descrizione che ne ha fatto Stalin nel suo giuramento a Lenin :
“Compagni, noi comunisti siamo gente di una fattura particolare. Siamo fatti di una materia speciale. Siamo coloro che
formano l’esercito del grande
stratega proletario, l’esercito
del compagno Lenin. Nulla è
più elevato dell’onore di appar-
tenere a questo esercito. Nulla
è più elevato dell’appellativo di
membro del partito che è stato
fondato e diretto dal compagno
Lenin. Non a tutti è dato essere
membri di un tale partito. Non a
tutti è dato sopportare i rovesci
e le tempeste che l’appartenenza a un tale partito comporta. I
figli della classe operaia, i figli
del bisogno e della lotta, i figli
delle privazioni inimmaginabili
e degli sforzi eroici, - ecco coloro che, innanzi tutto, debbono appartenere a un tale partito. Ecco perché il partito dei
leninisti, il partito dei comunisti, si chiama al tempo stesso
partito della classe operaia.
Lasciandoci, il compagno
Lenin ci ha comandato di tenere alto e serbar puro il grande
appellativo di membro del partito. Ti giuriamo, compagno Lenin, che noi adempiremo con
onore il tuo comandamento! (9)
Anche noi ce la metteremo
tutta per adempiere a tale giuramento, ma sappiamo che la buona volontà e lo spirito di sacrificio
sono necessari, indispensabili,
ma che non bastano, decisiva è
la qualità dei militanti e dei quadri
di base che incide in modo determinante nel lavoro politico sui vari
fronti di lotta e in ogni ambito influenzando in maniera positiva o
negativa la costruzione e la crescita del Partito e il suo legame
con le masse.
Per questo occorre porre l’accento più sulla qualità che sulla
quantità, che è l’unico modo per
radicare sulla roccia il nostro lavoro rivoluzionario, studiando di
più e in modo mirato, difendendo
e applicando con maggiore attenzione e risolutezza la linea ideologica, politica e organizzativa del
PMLI, lottando contro il liberalismo e impugnando saldamente
l’arma della critica e dell’autocritica, impegnandosi ad acquisire la
cultura, lo stile e la pratica marxiste-leniniste, dando la priorità alla
vita interna del Partito, elevando
la combattività interna ed esterna
al Partito, avendo una grande fiducia nelle nostre possibilità, nella linea del Partito, nelle nostre
proposte e nelle nostre capacità,
nonché nelle masse in lotta, concentrandosi nel lavoro di massa
in particolare tra il proletariato e
gli studenti, privilegiando il megafono alla tastiera.
Solo se miglioriamo il nostro
lavoro politico e la qualità dei
membri e dei quadri di base del
Partito, ispirandoci agli insegnamenti di Lenin e degli altri Maestri,
potremo veramente svolgere un
ruolo di avanguardia nella situazione politica, sindacale e sociale in cui operiamo e contribuire a
dare al Partito anche un corpo da
Gigante Rosso. Per contribuire a
10 il bolscevico / commemorazione di Lenin
N. 5 - 4 febbraio 2016
Saluto di Picerni alla commemorazione del 92° della morte di Lenin
Ispiriamoci a Lenin per opporci
alle guerre imperialiste,
abbattere il capitalismo e
conquistare il socialismo
Compagne e compagni, amiche e amici, a tutte e tutti un caloroso benvenuto alla commemorazione del 92° Anniversario della
scomparsa di Lenin, organizzata
congiuntamente dal PMLI.EmiliaRomagna e dalla Federazione di
Reggio Emilia del PCDI. Salutiamo l’Anpi di Cavriago e di Campegine e il PRC di Reggio Emilia
e di Cavriago qui presenti.
È dal 2005 che organizziamo
questa manifestazione pubblica
per ricordare il grande Maestro
del proletariato internazionale
che fu artefice, insieme a Stalin,
della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre. Negli anni, abbiamo visto la partecipazione allargarsi sempre più a compagne e
compagni anche di altre regioni,
➫ DALLA 9ª
costruire e sviluppare quel tipo di
Partito cioè di cui Marx ed Engels
tracciarono le linee fondamentali
come reparto d’avanguardia senza il quale il proletariato non può
raggiungere la propria liberazione, né nel senso della presa del
potere, né nel senso della trasformazione della società capitalista,
e che Lenin sviluppò ulteriormen-
altri partiti e altre associazioni.
Lavoriamo per creare le condizioni per trasformare questa giornata in una manifestazione nazionale.
Commemorare Lenin per noi
è tutt’altro che rituale o nostalgico. La crisi del capitalismo continua ad impazzare e ne fanno le
spese la classe operaia, le masse lavoratrici e popolari, i giovani.
Vengono colpiti i diritti sul lavoro,
le libertà democratico-borghesi e il futuro lavorativo e di vita
delle nuove generazioni per salvaguardare e ingrassare i profitti già astronomici della borghesia
monopolistica e dell’oligarchia finanziaria, con l’attivo appoggio
del governo del nuovo duce Renzi. Lo sanno bene, per dirne solo
alcuni, i lavoratori Eni che mercoledì hanno scioperato contro la
svendita degli impianti, o i lavoratori Ilva che hanno recentemente
occupato il Comune di Genova.
L’imperialismo continua a derubare le risorse dei popoli e degli
Stati oppressi e prepara attualmente una nuova avventura militare contro lo Stato Islamico che
non potrà che portare barbarie
e lutti ai popoli arabi e ai popoli europei. Tutto ciò ci ricorda che
siamo tuttora nell’epoca dell’imperialismo e della rivoluzione proletaria.
In Lenin noi possiamo trovare
la risposta a tutti i principali problemi che affliggono oggi le masse lavoratrici del nostro Paese,
e non solo, la cui soluzione fon-
ne di milioni e di decine di milioni di uomini è la più terribile
delle forze, Senza un partito di
ferro, temprato nella lotta, senza un partito che goda la fiducia di tutto quanto vi è di onesto nella sua classe, senza un
partito che sappia osservare lo
stato d’animo delle masse e influenzarlo, è impossibile condurre con successo una lotta
simile”. (11)
ti ai lavoratori e impoverendo le
masse popolari, Renzi si sta dimostrando il più fulgido paladino degli interessi degli industriali, della borghesia, delle banche,
dell’Unione Europea, della Bce e
dell’imperialismo italiano ed europeo.
Per questo occorre lottare per
affossare il Jobs Act, per garantire a tutti, a partire da donne e
giovani, il lavoro stabile, a salario
intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato, contro la “Buona
scuola” e la sua impostazione selettiva e di classe, per garantire
anche ai giovani proletari un’istruzione adeguata, contro il “Piano
casa”, per garantire a tutti il diritto
ad un alloggio, contro lo “Sblocca Italia” che devasta il territorio
italiano, per creare in tutto il Mezzogiorno una struttura economica simile a quella che possiede il
Centro-Nord.
Contro l’interventismo di Renzi che vede l’Italia impegnata con
quasi 6.000 militari in molteplici teatri di guerra, e che spinge
per un intervento militare internazionale in Libia guidato dall’Italia,
nel quadro più ampio dell’aggressione imperialista allo Stato islamico, che rischia di coinvolgere il
popolo italiano in una guerra che
serve solo agli interessi dell’imperialismo italiano.
Tutte le forze politiche, sociali,
sindacali, culturali e religiose democratiche, antimafiose e antifasciste cui sta a cuore il benessere
delle masse popolati devono unirsi per cacciare Renzi, che rappresenta una reincarnazione moderna e tecnologica di Mussolini e
Berlusconi.
Bisogna mettere in campo una
forte e tenace opposizione sociale nelle fabbriche, nelle scuole, nelle università, in tutti gli altri
luoghi di lavoro, nei movimenti di
lotta, nelle piazze per fermare la
controriforma costituzionale e abbattere il governo del nuovo duce
Renzi.
Invitiamo gli sfruttati e gli oppressi, soprattutto le operaie e
gli operai, le ragazze e i ragazzi più coscienti, informati, avanzati e combattivi a dare le ali al
loro futuro combattendo assieme
ai marxisti-leninisti contro il capitalismo, per il socialismo. Perché
la storia e i fatti dimostrano che
solo il socialismo può cambiare
l’Italia e dare il potere al proletariato, perché Il nostro è un compito duro e difficile ma se agiremo
in base alla parola d’ordine “Studiare, capire, agire, concentran-
Piazza Lenin, Cavriago (Reggio Emilia), 24 gennaio 2016. Il compano
Alessandro Fontanesi, Segretario provinciale di Reggi Emilia del PCDI,
mentre pronuncia il suo intervento (foto Il Bolscevico)
te in relazione alle nuove condizioni di lotta del proletariato nel
periodo dell’imperialismo, dimostrando che il partito è la forma
superiore dell’organizzazione di
classe del proletariato, che la dittatura del proletariato può essere
realizzata e diretta soltanto attraverso il partito marxista-leninista,
e che senza una disciplina di ferro nel partito non possono essere
realizzati i compiti della dittatura
del proletariato per schiacciare gli
sfruttatori e trasformare la società di classe in società socialista.
“La dittatura del proletariato - afferma Lenin - è una lotta tenace, cruenta e incruenta, violenta e pacifica. Militare
ed economica, pedagogica ed
amministrativa, contro le forze e le tradizioni della vecchia
società. La forza dell’abitudi-
Noi marxisti-leninisti dobbiamo fare nostre la concezione leninista della militanza e del Partito se vogliamo fare la nostra
parte anche in relazione alla lotta
contro il governo del nuovo Mussolini Renzi, con il quale si sono
ulteriormente inasprite le disparità di classe, territoriali, di genere,
lavorative e generazionali. E ancor peggio sarà tra qualche anno,
quando le controriforme costituzionali, istituzionali ed economiche produrranno le maggiori conseguenze.
Un nero disegno, piduista
e neofascista, iniziato da Craxi negli anni ‘80 del secolo scorso, passando per Berlusconi ma
anche dai governi di “centro-sinistra”.
A colpi di fiducia, leggi delega, “patti del Nazareno”, tassello dopo tassello, togliendo dirit-
damentale sta, in fin dei conti,
nell’abbattimento di questo sistema così ingiusto e così oppressivo, il capitalismo, e nella conquista della società dei lavoratori
con la classe operaia al potere,
ossia il socialismo.
Per questo, compagne e compagni, oggi da questa rossa piazza noi gridiamo:
Con Lenin per sempre contro il
capitalismo per il socialismo!
Piazza Lenin, Cavriago (Reggio
Emilia), 24 gennaio 2016. Il compagno Federico Picerni, Responsabile della Commissione giovani
del CC del PMLI mentre pronuncia
il suo saluto alla commemorazione (foto Il Bolscevico)
all’altro sostenendoci reciprocamente!
Spazziamo via il governo del
Berlusconi democristiano Renzi!
Facciamo nostri gli insegnamenti di Lenin riguardo ai membri
del Partito!
Viva l’unità di piazza del PMLI,
PCDI e tutti i sostenitori di Lenin!
Con Lenin per sempre, contro
il capitalismo, per il socialismo!
Durante la manifestazione sono stati deposti fiori rossi al busto di Lenin
che campeggia nell’omonima piazza (foto Il Bolscevico)
dosi sulle priorità sulla base delle
forze che disponiamo” in base al
principio “Studio e azione, azione
e studio” e se sapremo utilizzare
bene i cinque assi che abbiamo
in mano, rappresentati dai nostri
Maestri, col tempo i risultati certamente arriveranno.
Care compagne e compagni,
facciamo nostre queste parole di Lenin: “Piccolo gruppo
compatto, noi camminiamo per
una strada ripida e difficile tenendoci con forza per mano.
Siamo da ogni parte circondati da nemici e dobbiamo quasi
sempre marciare sotto il fuoco.
Ci siamo uniti, in virtù di una
decisione liberamente presa,
allo scopo di combattere i nostri nemici e di non sdrucciolare nel vicino pantano, i cui
abitanti, fin dal primo momento, ci hanno biasimato per aver
costituito un gruppo a parte e
preferito la via della lotta alla
via della conciliazione. Ed ecco
che taluni dei nostri si mettono
a gridare: ‘Andiamo nel pantano!’. E, se si incomincia a confonderli, ribattono: ‘Che gente
arretrata siete! Non vi vergognate di negarci la libertà d’invitarvi a seguire una via migliore?’. Oh, sí, signori, voi siete
liberi non soltanto di invitarci,
ma di andare voi stessi dove
volete, anche nel pantano; del
resto pensiamo che il vostro
posto è proprio nel pantano e
siamo pronti a darvi il nostro
aiuto per trasportarvi i vostri
penati. Ma lasciate la nostra
mano, non aggrappatevi a noi
e non insozzate la nostra grande parola della libertà, perché
anche noi siamo ‘liberi’ di andare dove vogliamo, liberi di
combattere non solo contro il
pantano, ma anche contro coloro che si incamminano verso
di esso.” (13)
Proseguiamo dunque con determinazione, tranquillità e ottimismo rivoluzionario nella nostra
Lunga Marcia politica e organizzativa!
Stiamo in cordata, stretti l’uno
Biografia
di Lenin
608 pagine
Le richieste
vanno indirizzate a:
[email protected]
Tel. e fax
055 5123164
Note
1) Lenin – Tesi sui compiti fondamentali del II Congresso dell’Internazionale comunista 1920
2) Lenin - Un passo avanti e due
indietro 1904
3) Lenin - Secondo discorso sullo
Statuto del partito, 1903, Opere complete, Vol. 6, pagg. 465-467
4) Lenin – Sulla lotta in seno
al
Partito
socialista
italiano
5) Lenin – Organizzazione di Partito e
letteratura di Partito 1905.
6) Lenin – L’epurazione del Partito
- Opere complete Vol XXVII pp 12-13
7) Stalin – La classe dei proletari e
il partito dei proletari 1905
8) Lenin – Che fare
9) Stalin - Discorso pronunciato al
II Congresso dei Soviet dell’Urss il 26
gennaio 1924, all’indomani della morte di Lenin.
10) Lenin - Lettera al gruppo dei
redattori 1899
11) Lenin - L’estremismo, malattia
infantile del comunismo 1921
12) Mao - Forze rivoluzionarie di
tutto il mondo unitevi, per combattere
l’aggressione imperialista! 1948
13) Lenin – Che fare?
PMLI / il bolscevico 11
N. 5 - 4 febbraio 2016
Comunicato della Cellula “Stalin”
Provocazione fascista
a Catania contro il PMLI
Immediata solidarietà dell’Anpi ai marxisti-leninisti
Esce anche in italiano “The Pope’s War” (La guerra del Papa) di
Matthew Fox, teologo americano
di notevole spessore, da sempre
vicino alla teologia della liberazione e a una visione antidogmatica
del cattolicesimo che, nella sua
concezione, dovrebbe tornare,
etimologicamente, a riscoprire la
propria universalità, aprendosi a
una visione non gerarchica fondata sul “popolo di Dio” invece
che sul “primato di Pietro”, riscoprendo la natura, la grandezza e
forza creativa della donna, che
invece nella visione soprattutto
ratzingeriana non ha alcun diritto,
al riconoscimento pieno di ogni
forma di sessualità.
Già ridotto al silenzio da Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la dottrina della
fede (ex-Sant’Uffizio, già Inquisizione), Fox ha continuato a scri-
miamo
Delegittizioni
le istitu ntative
se
rappre si
borghe
E
ASTI
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M. MARTENGHI
(art. 3
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destra come “Opus Dei”, “Comunione e Liberazione”, “Legione di
Cristo”, ecc., sostenendo tutte le
dittature fasciste in America latina, le forze reazionarie in Europa,
negli States e altrove.
Solo un piccolo rimpianto:
perché teologi come Fox, Boff,
Gutierrez e come Giuseppe Stoppiglia (di cui segnalo il significativo “Vedo un ramo di mandorlo...”,
Pove del Grappa, Macondo) non
si rendono finalmente conto che
la via giusta è il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, invece di
riproporre, come fa erroneamente
Fox in questo libro Chavez come
“profeta”?
Eugen Galasso – Firenze
ASTENSIONISTI DI SINISTRA,
FAUTORI DEL SOCIALISMO,
SOTTOSCRIVETE PER IL PMLI
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responsabile:
Un libro che
smaschera il papa
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le sue tesi decisamente innovatrici (troppo “radicali”, temo, per
essere accolte anche da papa
Bergoglio), Fox svela come da
sempre, prima da teologo dopo
il 1968 (fino a quell’anno era abbastanza progressista, poi, come
professore di teologia, fu spaventato dalla contestazione studentesca), poi da prefetto della citata
Congregazione e da consulente
dell’altrettanto reazionario Giovanni Paolo II (papa Wojtyla), poi
da papa (il libro è di 4 anni fa nella
sua versione originale) Ratzinger
abbia sempre perseguito un disegno reazionario, più ancora che
iper-conservatore, appoggiandosi a gruppi ecclesiali di estrema
che voi cessiate l’attività politica
e che chiudiate la Sede. Come sapete negli anni passati hanno fatto
lo stesso, arrivando fino al tentato incendio, con la sede di Acireale. Allora riuscirono nell’intento perché si trovavano di fronte
a marxisti-leninisti all’acqua di
rose, ma questa volta hanno trovato in voi il pane per i loro denti.
La migliore risposta che voi potete dare a questi vigliacchi che agiscono nottetempo e ai loro mandanti è quella di perserverare con
tranquillità e fiducia il vostro importante lavoro politico, tenendo
in primo luogo nel mirino la giunta Bianco.
Stiamo in cordata, stretti l’uno all’altro, sostenendoci reciprocamente, tenendo ben alta la
bandiera dell’antimperialismo e
dell’antifascismo”.
Molto gradita l’immediata solidarietà da parte di Santina Sconza, presidente dell’ANPI
catanese. Ella scrive tra l’altro:
“L’ANPI di Catania esprime la
solidarietà ai compagni del PMLI
nostri tesserati, sempre presenti
alle iniziative e grande contributo
per la preparazione del 25 Aprile. Siamo vicini a voi compagni”.
Committente
Cari compagni,
domenica 24 gennaio con voi
anche se non fisicamente a Cavriago per la commemorazione
del grande Maestro del proletariato.
Con Lenin per sempre!
Marcello - Francia
vere e a insegnare come sacerdote della Chiesa Presbiteriana,
ala americana della Chiesa anglicana.
In questo libro, riproponendo
reazionari di paesi come Polonia,
Ungheria e Ucraina, foraggiati
dal potentato imperialista di turno
(vedi Ue,Usa, ecc.), sono d’ispirazione per i fascisti della nostra
città e del nostro Paese. Sta agli
antifascisti ricacciarli nelle fogne.
Mettere fuori legge i gruppi
fascisti e nazisti!
Gloria eterna alle partigiane e
ai partigiani!
Teniamo alta la bandiera della Resistenza e dell’antifascismo!
Cellula “Stalin”
della provincia di Catania
del Partito marxista-leninista
italiano
26 gennaio 2015, ore 16
-------------------------------Ai compagni catanesi è giunta una lettera di “solidarietà fraterna e militante dei dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il
compagno Giovanni Scuderi per
la grave provocazione che avete subito da parte dei fascisti”. In
essa si legge tra l’altro: “Evidentemente vi odiano a morte perché l’opera della vostra Cellula
sconvolge i loro piani egemonici a Catania. Con questa vigliacca
provocazione pensano di impaurirvi, di intimidirvi nella speranza
in proprio
Dalla Francia
con Lenin
crificando le loro giovani vite per
liberare l’Italia dagli invasori nazisti e dagli aguzzini fascisti, ci
hanno lasciato un insegnamento
incancellabile: quello di difendere e mantenere sempre vivo lo
spirito della Resistenza, contro i
suoi nemici, aperti e mascherati,
che mai come oggi lavorano per
cancellarlo dalla memoria storica
del nostro popolo. Tutte le forze
politiche, sociali, sindacali, religiose antifasciste catanesi hanno
dunque il dovere di denunciare e combattere il risorgere delle squadracce fasciste e il regime
neofascista imperante, unendosi in un unico grande movimento
antifascista.
Sebbene per i marxisti-leninisti della provincia di Catania
questi atti infami non rappresentino altro che un ulteriore stimolo all’impegno antifascista, non
si può non notare che la provocazione si è consumata nei giorni precedenti il 71º Anniversario della Liberazione del campo
di concentramento di Auschwitz
da parte delle truppe dell’Armata
Rossa di Stalin, che oggi viene ricordato come “Giorno della Memoria”. Evidentemente i governi
Stampato
Nella giornata di sabato 23
gennaio, i compagni marxisti-leninisti catanesi hanno dovuto registrare una grave e intollerabile provocazione fascista nei loro
confronti. “Ignoti” hanno imbrattato la saracinesca della sede della Cellula “Stalin” con svastiche,
una croce celtica, simboli affini e
una scritta inneggiante a Mussolini e hanno manomesso la serratura della stessa. Ciò segue al
continuo tentativo di censura nei
confronti dell’Organo di stampa
del PMLI, “Il Bolscevico”, affisso settimanalmente dai compagni
all’esterno della Sede e, ultimamente, stracciato con regolarità.
Tali elementi, ovvero il più infimo prodotto della società capitalista e della reazione della grande
borghesia contro il proletariato e le
masse popolari, possono oggi agire impunemente grazie al governo
del nuovo duce Renzi. L’amministrazione Bianco, da parte sua,
è ugualmente complice di tali atti
perché nulla sta facendo contro il
proliferare dei gruppi neofascisti
sul territorio. Sa solo annaspare
quando si parla di infiltrazioni mafiose all’interno della sua giunta.
Le partigiane e i partigiani, sa-
Il PMLI sta impegnandosi al massimo per sostenere la campagna elettorale
astensionista. Si sta svenando economicamente per far giungere la sua voce anticapitalista, contro il regime neofascista e il governo Renzi, per l’Italia unita, rossa e socialista
a un maggior numero possibile di elettrici e di elettori. I militanti e i simpatizzanti attivi del
Partito stanno dando il massimo sul piano economico. Di più non possono dare.
Il PMLI fa quindi appello a tutte le astensioniste e agli astensionisti di sinistra e ai
sinceri fautori del socialismo, indipendentemente se voteranno i loro attuali partiti, per
aiutarlo economicamente, anche con piccoli contributi da uno a 5 euro. Nel supremo interesse del proletariato e della causa del socialismo.
Compagne e compagni astensionisti di sinistra e fautori del socialismo, aiutateci anche
economicamente per combattere le illusioni elettorali, parlamentari, riformiste e governative
e per creare una coscienza, una mentalità, una mobilitazione e una lotta rivoluzionarie di
massa capaci di abbattere il capitalismo e il potere della borghesia e di istituire il socialismo
e il potere del proletariato.
Consegnate i contributi nelle nostre Sedi o ai nostri militanti oppure inviate i contributi
al conto corrente postale n. 85842383, specificando la causale, intestato a: PMLI - Via A.
Del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE
Ogni euro dato per la campagna elettorale astensionista del PMLI è un euro dato per
la vittoria del proletariato sulla borghesia e sulle sue istituzioni, del socialismo sul capitalismo, del marxismo-leninismo-pensiero di Mao sul riformismo e sul revisionismo, del
PMLI sui falsi partiti comunisti.
Grazie di cuore per tutto quello che potrete fare.
Comunicato dell’Organizzazione modenese
del Partito
Il PMLI sostiene
le lotte per
le unioni civili
a fianco delle
associazioni LGBT
L’Organizzazione di Modena del PMLI appoggia con
forza l’iniziativa modenese
nell’ambito della mobilitazione nazionale “Tante piazze per
raccontare l’uguaglianza” in
programma sabato 23 gennaio
2016 in difesa delle unioni civili e dei diritti degli LGBT in
vista della discussione al Senato sul ddl Cirinnà.
Il PMLI è sempre stato a
fianco delle lotte del movimento LGBT e ne sostiene le
lotte e le rivendicazioni perché
assolutamente contro ogni ingiustizia sociale, ogni disparità di sesso, ogni atteggiamento
omofobo da parte del governo, delle istituzioni borghesi
al suo servizio, dei gruppi e
dei singoli individui. L’Italia
scandalosamente non prevede
nessun riconoscimento giuridico per le coppie dello stesso sesso e per i loro figli, allo
scopo di perpetuare un modello borghese e cattolico di famiglia, nonostante gay, lesbiche, bisessuali e transessuali
concorrano a produrre, come
Il governo
dell’Angola fa incetta
di armi italiane
Il governo dell’Angola presieduto da José Eduardo Dos Santos ha sottoscritto un accordo
con il gruppo leader nella produzione bellica italiana Finmeccanica per il valore complessivo di
212,3 milioni di euro. Nello specifico, la società di elettronica Selex ES fornirà al Centro nazionale
di sicurezza marittima stazioni
radar e sistemi di comunicazioni
che saranno installati lungo l’intera costa angolana; la controllata
Agusta Westland fornirà alla Marina militare sei elicotteri, mentre
l’azienda Whitehead Sistemi Subacquei consegnerà diversi siluri
antinave A-244S per equipaggiare i motosiluranti angolani. Il contratto prevede anche l’assistenza
e l’addestramento dei militari angolani da parte di personale Finmeccanica.
Fin dal 1977 l’Italia ha allacciato rapporti stretti col Paese
africano. Ad esempio, il 21 luglio
2014 fu il premier Matteo Renzi a
recarsi a Luanda per incontrare il
presidente Dos Santos. “L’Angola è oggi il terzo partner commerciale sub-sahariano dell’Italia: nel
2013 il valore dell’interscambio è
stato pari a 891 milioni di euro,
con 348 milioni di nostre esportazioni”, precisò la Farnesina: “La
presenza italiana è caratterizzata
tutti gli altri lavoratori, la ricchezza del paese. Come marxisti-leninisti siamo per il riconoscimento delle unioni civili
e di fatto e dell’uguaglianza
giuridica ed economica di tutti i nuclei familiari, comunque
costituiti e perché gli LGBT
abbiano gli stessi diritti politici, sociali e civili di ogni altro
cittadino italiano.
Finché esisterà il capitalismo con la sua cultura retrograda, moralista e oscurantista, le masse popolari tutte
senza distinzioni non avranno
piena libertà. Per noi marxistileninisti, l’unica via d’uscita e
di libertà è il socialismo. Ecco
perché ci auguriamo che gli
LGBT che aspirano al cambiamento sociale e ad un mondo
nuovo concorreranno alla caduta del governo neofascista
del nuovo duce Renzi, che imbroglia sui diritti civili.
L’Organizzazione
di Modena del Partito
marxista-leninista italiano
21 gennaio 2016
dall’ENI nel settore dell’energia,
da Inalca-Cremonini per l’agroalimentare, da Grimaldi e Snav per
i trasporti. Sace ha annunciato
l’apertura di due linee di credito: da 164 milioni di euro per il
completamento dei lavori di costruzione dell’autostrada Luanda-Soyo affidati all’italiana Cmc
Ravenna e di 500 milioni di dollari
riservata a Sonangol, società petrolifera angolana, per l’acquisto
di merci o servizi italiani”. Ancora una volta però furono gli affari
d’armi a stimolare maggiormente
gli appetiti italici. Ad accompagnare il presidente del Consiglio
in Angola, oltre al sottosegretario
dello Sviluppo economico Carlo
Calenda (ex assistente di Confindustria e neo rappresentante diplomatico dell’Italia a Bruxelles) e
agli amministratori delegati di ENI
e Cremonini, c’era infatti l’Ad di
Finmeccanica, Mauro Moretti.
L’ultima tappa del consolidamento della partnership politicomilitare-industriale italo-angolana
risale all’8 ottobre dello scorso
anno, quando a Luanda si tenne
la Conferenza internazionale sulla
sicurezza marittima ed energetica
(CISME), organizzata su iniziativa
di Angola, Stati Uniti e Italia, e a
cui parteciparono delegazioni
provenienti da 54 paesi insieme
ad alcune organizzazioni regionali e internazionali che si occupano
di sicurezza marittima ed esplorazione energetica.
Antonio Mazzeo – Messina
Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI
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murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze
Editore: PMLI
chiuso il 27/1/2016
ISSN: 0392-3886
ore 16,00
12 il bolscevico / cronache locali
N. 5 - 4 febbraio 2016
Biografia politica dell’AD di EXPO scelto dal PD per guidare Palazzo Marino
Chi e’ il candidato sindaco
di Milano Giuseppe Sala?
Già direttore generale del comune di Milano retto da Moratti (FI). Piace a CL, Mediobanca, Intesa, Telecom,
Pirelli e Legacoop. Egli è il candidato bipartisan della grande borghesia
‡‡Redazione di Milano
Con l’approssimarsi delle elezioni amministrative a Milano, la
maggioranza della borghesia meneghina e nazionale sembrano
già avere le idee chiare su chi dovrà ricoprire la carica di sindaco
nella capitale economica del capitalismo italiano: il candidato del
PD Giuseppe Sala. Certo formalmente verranno svolte le primarie
della “sinistra” borghese con altri
tre candidati (Pierfrancesco Majorino, Francesca Balzani e Antonio
Iannetta), e in seguito si svolgeranno le elezioni ufficiali coi vari
candidati che parteciperanno alla
contesa, ma è già evidente che i
“poteri forti” del capitale utilizzeranno i potenti mezzi economici
e mediatici di cui dispongono per
garantire una sicura vittoria al loro
prescelto.
Laureatosi nel 1983 in economia aziendale presso la rinomata
università privata Bocconi, Sala
mostra da subito le sue capacità
manageriali nella gestione e nella
pianificazione strategica nel metodico sfruttamento degli operai
della Pirelli. Nel 1994 Marco Tronchetti Provera (ad del gruppo Pirelli) lo promuove alla guida della
valutazione degli investimenti e
delle nuove iniziative di business,
oltre ad affidargli il settore della
produzione pneumatici, branca
ammiraglia della Pirelli, nominandolo nel 1998 amministratore
delegato della Pneumatici Pirelli.
Dopo quasi venti anni di fidato
servizio a garantirgli i massimi
profitti nello sfruttamento dei
lavoratori della Pirelli, nel 2002
Tronchetti Provera gli conferisce
la carica di Chief financial officer
di Telecom Italia Mobile (TIM),
impegnata a lanciare nuove tecnologie come la connettività a
banda larga mentre dal 2003 al
2006 è direttore generale di Telecom Italia Wireline e infine della
società nata dalla fusione tra Tim
e Telecom Italia. La sua esperienza manageriale attrae l’attenzione del capitale finanziario estero,
quando nel 2007 e 2008 accetterà di diventare alto consulente
per la giapponese Nomura Bank
(la banca coinvolta anche nello
scandalo del Monte Dei Paschi di
Siena) e presidente di Medhelan
Management & Finance da dove
intreccia forti legami con le grandi
banche.
Da gennaio 2009 a giugno
2010 è direttore generale del Comune di Milano sotto la giunta della destra del regime neofascista,
guidata dalla neopodestà forzista
Letizia Moratti, dove orienterà
gli investimenti pubblici e i piani
urbanistici in funzione della speculazione edilizia del capitale immobiliare e finanziario in vista dei
lucrosi affari previsti con l’EXPO.
Dando continuità a quegli stessi
famelici interessi diverrà rappresentante del Comune di Milano
nel consiglio di amministrazione
di EXPO 2015 Spa, l’azienda fondata con “generosi” stanziamenti
pubblici, al completo servizio di
interessi privati incaricata della
realizzazione, organizzazione e
gestione dell’Esposizione Universale di Milano del 2015, società
della quale Sala sarà nominato
amministratore delegato dal giugno 2010. Nel febbraio del 2012
il neopodestà “arancione” di Milano, Giuliano Pisapia, affida per
quattro mesi a Sala la presidenza
del colosso dell’energia nato dalla fusione delle ex municipalizzate di Milano, Brescia e Bergamo
A2A Spa per concludere la trattativa avviata dalla precedente presidenza di Giuliano Zuccoli, da
poco deceduto, per la spartizione
di Edison contesa con la multinazionale francese EDF; la contesa
si risolverà con la divisione di
Edison in due società, Edison alla
EDF, Edipower alla A2A.
Il 6 maggio 2013 l’allora presidente del Consiglio, Enrico Letta, lo nomina commissario unico
delegato del governo per l’EXPO.
Ha uno stipendio di circa 270mila
euro annui, più la parte variabile, e
risulta il più pagato dirigente pubblico d’Italia. Il 29 ottobre 2015
entra a far parte del Cda di Cassa
Depositi e Prestiti per meglio dirottare fondi pubblici verso gli interessi privati che ruotano attorno
ad EXPO. In relazione al suo incarico di amministratore delegato di
EXPO 2015, Sala è stato criticato
per via dei numerosi appalti che
sono stati aggiudicati, durante la
sua gestione, in modo illegittimo.
Il Comitato Antimafia di Milano
infatti ha denunciato nella sua
sesta relazione semestrale due
affidamenti diretti, da parte della
società EXPO, per lo svolgimento
Comunicato
La Comunità delle Piagge di
Firenze per i diritti di gay,
lesbiche e transessuali
Riceviamo e volentieri pubblichiamo ampi estratti.
Siamo contenti che in molte
città d’Italia tanti movimenti si
incontrino per sostenere i diritti
delle coppie e delle persone gay,
lesbiche, transessuali.
Crediamo sia importante che
nel mondo cattolico altre voci
oltre alle nostre possano esprimersi e porsi al fianco di queste
persone, affinché finisca questa
discriminazione e si possa riconoscere la giusta dignità e i pieni
diritti a chi vive in pienezza storie
di amore e di coppia.
Sono richieste in cui ci ritroviamo e non possiamo non essere
al fianco di chi vede questi diritti
negati, convinti e sicuri che questo riconoscimento non intaccherà minimamente il valore del
matrimonio, tanto meno di quello
cristiano cattolico. Crediamo che
davvero dovremmo oggi, come
famiglia cattolica, essere serenamente al fianco di queste persone
e rinunciare alla prova “muscolare” del Family Day che si sente
minacciato da queste altre forme
di rapporto di amore condiviso,
anche nella forma di famiglia, che
abitano invece le nostre comunità
umane e cristiane, portando loro
una nuova ricchezza di amore.
Alessandro Santoro,
prete, e la Comunità delle
Piagge - Firenze
di attività, in relazione alle Linee
Guida Antimafia per protocollo di
legalità, per un totale di 741.500
euro, denunciando pratiche opache e nessuna risposta precisa in
merito ai chiarimenti richiesti dal
Comitato. Inoltre sono stati indagati e arrestati diversi suoi diretti
collaboratori. Sala si è sempre dichiarato “sorpreso e dispiaciuto
dei fatti evidenziati”, fino al punto
di “meditare sulle possibili dimissioni”. Solo chiacchiere di convenienza, ovviamente. Le dimissioni
non le ha mai presentate.
Un’altra tegola sulla “onestà”
di Sala è quella della sua villa a
Zoagli, nel golfo del Tigullo, ristrutturata da tra il 2012 e il 2013
da Michele De Lucchi, l’architetto che contemporaneamente
realizzava il padiglione Zero. Per
questo incarico professionale, De
Lucchi parla di un compenso di
70 mila euro. Il legame tra Sala e
De Lucchi è però più complesso,
visto che Sala stesso spiega che
De Lucchi ha preso 110 mila euro
da Expo per tre incarichi ottenuti
ad affidamento diretto. E viene da
chiedersi perché è stato spezzettato un incarico che in realtà superava e di molto i 40 mila euro
e dunque avrebbe imposto una
gara pubblica. In realtà i soldi a
De Lucchi, sono molti di più, almeno 600 mila, sempre senza
gara, grazie alla triangolazione
con Fiera Milano.
I conti di EXPO 2015 non
sono stati ancora chiusi, ma,
secondo una stima riportata dal
“Fatto Quotidiano”, ci sarebbe
un buco che oscilla tra i 400 e i
500 milioni di euro. Il governo del
nuovo duce Renzi è già corso ai
ripari facendo rilevare alla Cassa
Depositi e Prestiti (della quale,
abbiamo detto, che Sala non a
caso è membro del CdA) le quote
di Fondazione Fiera. Ma il piano
è ancora tutto da discutere. In
ogni caso toccherà alle masse
lavoratrici e popolari pagare caro
il conto di Giuseppe Sala e compari. Per quanto riguarda il debito
pubblico - contratto dalla giunta
Pisapia per EXPO - da far paga-
re alle masse milanesi, occorrerà
alla grande borghesia, che ha
lucrato con EXPO, avere proprio
Sala come “primo cittadino” del
Comune di Milano affinché completi l’opera iniziata sette anni fa.
Sala, del resto, sarebbe un
neopodestà perfetto per la maggior parte della grande borghesia
italiana, d’altra parte è stato lui a
gestire gli appalti dell’Esposizione Universale facendo fare grossi
affari ai grandi magnati del capitale finanziario, immobiliare ed
industriale.
Ha avuto a che fare con Legacoop tramite la CMC di Ravenna,
vincitrice di appalti importanti in
EXPO, e ha consolidato pure un
rapporto, già collaudato ai tempi
della Moratti, con la lobby politico-affaristica cattolica di Comunione e Liberazione garantendo
appalti pubblici ad aziende associate alla Compagnia delle Opere
di Giorgio Vittadini.
Sala piace anche alla finanza,
alle banche, agli ultimi salotti rimasti della borghesia milanese,
alle grandi aziende statali e a
quelle private rimaste sul territorio.
Piace persino al neoduce
emerito Silvio Berlusconi, che si
guarda bene dal commentare la
discesa in campo di quello che
il fidato Bruno Ermolli portò da
Telecom a Palazzo Marino sotto
l’ultima giunta di “centro-destra”
in città.
Sala trova apprezzamenti anche tra i seguaci lombardi dell’ex
segretario nazionale PD Pierluigi
Bersani, ossia nella corrente “Sinistra e cambiamento” del ministro per l’Agricoltura Maurizio
Martina e del tesoriere del PD alla
Camera Matteo Mauri.
La candidatura a neopodestà
di Milano dell’amministratore delegato di EXPO è la congiuntura
perfetta, bipartisan, di un mondo
economico e politico che si è radunato sotto l’Esposizione Universale e che adesso trova la sua
quadratura del cerchio su Palazzo Marino.
Dopo l’ennesima vittima innocente della faida di camorra a Napoli
Protesta popolare a Forcella contro
l’abbandono dei quartieri da parte
delle
istituzioni
La giunta De Magistris vuole militarizzare la città mentre occorrono lavoro e
riqualificazione delle periferie urbane, come hanno chiesto i genitori di Maikol Russo
‡‡Redazione di Napoli
Non cessa la guerra di camorra a Napoli nelle zone caldissime
dei rioni di Forcella, Sanità e nel
popoloso quartiere di Ponticelli,
nuovo crocevia della droga nel
capoluogo campano.
Dall’inizio dell’anno il regolamento di conti fra vecchi e nuovi
clan e l’ascesa di gruppi criminali
formati da giovani e giovanissimi
sta continuando ad insanguinare
le strade partenopee sempre più
in mano alla camorra nella gestione dei suoi traffici illeciti, soprattutto quello degli stupefacenti.
Alle istituzioni nazionali e soprattutto locali che hanno abbandonato al suo destino la città con la
giunta antipopolare De Magistris
completamente in panne rispetto
alla riqualificazione dei quartieri
popolari e periferici e a un progetto serio di lavoro stabile e a salario pieno, si contrappongono le
masse in lotta che dalle zone più
povere della città stanno rialzando la testa con manifestazioni,
cortei e presìdi per denunciare lo
stato di abbandono da parte del
regime neofascista imperante.
Forte è stato il grido delle migliaia di manifestanti che giovedì
14 gennaio hanno attraversato il
quartiere di Forcella con il significativo striscione “Chiediamo alle
istituzioni: per Maikol, Genny, Luigi cosa avete fatto?”, per ricordare il giovane Maikol Giuseppe
Russo, di 27 anni, assassinato
in un bar in piazza Calenda nella notte tra il 31 dicembre e il 1
gennaio per errore da parte dei
sicari della camorra che lo avevano scambiato per un presunto
appartenente al clan avverso. Significativo il percorso del corteo,
sostenuto da decine di associa-
zioni anticamorra ma anche dai
giovani dei Centri sociali napoletani e dai disoccupati organizzati, organizzato dal movimento
“Un popolo in cammino”, che è
partito da piazza Calenda, per
percorrere via Annunziata, riversarsi poi nella centralissima corso
Umberto e concludere la manifestazione a piazza Trianon. Qui ad
accoglierli anche altri manifestanti che da mesi presidiano il teatro
“Trianon” chiuso “per mancanza
di fondi” dalla precedente giunta
regionale di “centro-destra” guidata da Stefano Caldoro.
Qui sono stati ricordati anche
Luigi Galletta e Genny Cesarano, i due giovanissimi uccisi nel
2015 in via Carbonara e piazza
S. Vincenzo alla Sanità: “Tutti ragazzi onesti – ricordano i parenti
presenti al corteo per Maikol – divenuti martiri e vittime innocenti
della camorra”. Il padre di Maikol,
Antonio, in testa al corteo, ricorda che Maikol si alzava alle 5 del
mattino per poi andare prestissimo per le strade a vendere calzini
al corso Umberto per sbarcare il
lunario; assieme alla mamma del
giovane assassinato, Carmela,
ha lanciato un chiaro messaggio: “bisogna scendere ancora in
piazza per avere risposte sociali
necessarie per combattere la camorra: in questi quartieri mancano scuole, lavoro e sicurezza”.
L’invio già a settembre di un
centinaio tra poliziotti e carabinieri su invito del neopodestà di
Napoli, subito accolto dal ministro dell’Interno Alfano, per placare la sempre più vibrante protesta delle masse popolari, non
ha risolto nella maniera più assoluta il problema della delinquenza
organizzata in città. Significativo
quanto scritto dal giornalista anticamorra Arnaldo Capezzuto,
dalle colonne de “Il Fatto quotidiano”: “giustizia, a volte è parola
solo gridata. Cadono le braccia
e lo scoramento è totale. Napoli
non merita tutto questo”.
Il vergognoso abbandono dei
quartieri e delle periferie urbane,
senza alcun piano di lavoro per i
giovani che diventano carne da
macello della camorra organizzata, l’annientamento progressivo
della scolarizzazione nei quartieri
cosiddetti “a rischio”, con un alto
tasso di evasione scolastica, non
fa altro che aumentare le gravissime responsabilità della giunta del
narcisista megalomane De Magistris che non ha saputo approntare un progetto o un piano per
riqualificare i quartieri popolari,
cominciando dal centro e finendo
alle periferie, abbandonando al
loro destino le masse popolari e
i giovani, soprattutto di Forcella,
Sanità e della zona Est dove le
faide camorristiche insanguinano
le strade da quasi due anni.
CALENDARIO
DELLE MANIFESTAZIONI
E DEGLI SCIOPERI
FEBBRAIO
5
Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs - Angem,
Alleanza Cooperative, Fipe-Confcommercio,
Confesercenti, Federturismo – Sciopero Settore
Ristorazione Collettiva
11
Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltrasporti-Uil Pulizie e multiservizi – Cns, Ciclat, Manital,
Manutencoop, Dussmann service,Team
Service, Maca e Smeraldo – Sciopero
personale servizi di pulizia,ex Lsu, Appalti
storici Istituzioni scolastiche
12
Usb-Lavoro Privato – Sciopero personale
Trasporto Aereo, Gruppo Meridiana Fly Esclusione personale Meridiana Maintenance
cronache locali / il bolscevico 13
N. 5 - 4 febbraio 2016
Corrispondenza delle masse
Provincia di Ragusa
La
redazione
di
Congresso ANPI di Borgo San Lorenzo (Firenze)
“Dialogo” denuncia
Gli antifascisti borghigiani attualizzano il sindaco di Modica
Questa rubrica pubblica interventi dei nostri lettori, non membri del PMLI. Per cui non è detto che
le loro opinioni e vedute collimino perfettamente, e in ogni caso, con quelle de “il bolscevico”
l’antifascismo
Approvato un ordine del giorno per la messa fuori legge dei gruppi nazi-fascisti
Paola Poggini, rieletta presidente della Sezione, appoggia
i “Comitati per il No” alla controriforma del Senato
Sabato 16 gennaio si è svolto il
Congresso della sezione ANPI di
Borgo San Lorenzo (Firenze). Davanti a circa 50 antifasciste e antifascisti e alla presenza di V. Bagni
dell’ANPI provinciale di Firenze i
lavori sono iniziati con l’elezione
del presidente del Congresso.
Degni di nota il saluto della rappresentante del PRC che ha
affermato: “La guerra al fascismo
non è finita, attualmente si assiste
alla rinascita di partiti e movimenti fascisti in Italia e in Europa e alcuni di essi sono al governo in Polonia, in Ungheria e in altri Paesi.
In Italia è da tenere alta la nostra
attenzione al ruolo di Casapound
che si permette di aprire sedi e manifestare in piazza nonostante le
leggi vigenti lo vietino. Su questo
l’ANPI deve avere un ruolo militante!”; e quello del rappresentante dello SPI-CGIL che ha messo
in guardia, anche lui, dall’avanzamento dei partiti e movimenti fascisti in Europa.
Dopo i saluti si è passati all’illustrazione del documento congressuale nazionale da parte del
presidente del Congresso e alla relazione politico-organizzativa della presidente uscente della Sezione
ANPI Paola Poggini. Quest’ultima, oltre a relazionare sull’intenso e significativo lavoro svolto
dall’ANPI di Borgo San Lorenzo nel campo della conoscenza e
della memoria con le scuole medie inferiori del nostro Comune e a
sollecitare la presenza attiva degli
iscritti al lavoro della Sezione ed
alle varie iniziative commemorative annuali, ha insistito molto dal
punto di vista politico sull’attualizzazione dell’antifascismo e sulla formazione dei “Comitati per il
NO” al referendum confermativo
di ottobre prossimo riguardante la
contro-riforma costituzionale operata dall’attuale governo.
Finita la relazione si è passati
agli interventi che non sono stati molti ma tutti, secondo me, ben
incentrati sul tema dell’attualizzazione dell’antifascismo. Sono
intervenuto anch’io, come iscritto all’ANPI, e ho incentrato l’intervento soprattutto sull’attualizzazione dell’antifascismo come
strumento per opporsi alle misure legislative che il governo Renzi
ha preso sulle questioni del lavoro
e sulle contro-riforme costituzionali. Ho affermato che: “Questo
governo ha fatto definitivamente
carta straccia della Costituzione.
Essere antifascisti oggi vuol dire,
oltre che opporsi alle sue controriforme, lottare ed opporsi anche al
revisionismo storico dove i nostri
valorosi partigiani vengono equiparati agli infami fascisti repubblichini ed alla presenza di gruppi nazifascisti purtroppo presenti
anche nella nostra vallata, il Mugello… Auspico una veloce presa di posizione ufficiale dell’ANPI Nazionale, che ad oggi ancora
non c’è, sulla questione del referendum confermativo”. Ho poi
concluso dicendo che: “Quanto
espresso nell’intervento è, secondo me, essenziale per tenere vivi
ed attuali gli ideali per cui lottarono e morirono i partigiani, che
non diedero certo la vita per avere un governo come quello attuale
che, tra l’altro, sta togliendo tutti i
diritti ai lavoratori, ai pensionati,
agli studenti!”.
L’intervento è stato largamente
applaudito e ha ricevuto consensi
durante e dopo il termine dei lavori congressuali da parte di un buon
numero di antifascisti. Al termine dell’intervento ho presentato
un ordine del giorno riguardante
la messa fuori-legge dei partiti e
gruppi nazifascisti in Italia secondo le disposizioni costituzionali e
le leggi vigenti sulla riorganizzazione del disciolto partito fascista e sull’istigazione all’odio razziale. L’ordine del giorno è stato
votato all’unanimità dai presenti
ed è stato assunto dalla presiden-
za del Congresso che lo trasmetterà al Congresso ANPI provinciale
di Firenze.
I lavori si sono conclusi con gli
adempimenti finali e il neo-eletto Direttivo di Sezione si è subito riunito per eleggere il nuovo
presidente della Sezione stessa.
Con voto unanime è stata rieletta
la compagna Paola Poggini, figlia
del valoroso gappista Girolamo
Poggini detto “Sangue”.
Concludo questa corrispondenza auspicando che quanto enunciato e affermato nel Congresso
di Sezione sia attuato pienamente,
facendo così fronte al nostro impegno di essere antifasciste ed antifascisti oggi, conservando e trasmettendo la memoria di quanto
avvenuto 70 e più anni fa.
W i partigiani! W la Resistenza! W l’antifascismo!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
Andrea - Borgo San Lorenzo
(Firenze)
Il carcere fiorentino di
Sollicciano è da chiudere
Riscontrate dagli ispettori della Asl gravi
carenze igienico-sanitarie e strutturali
‡‡Redazione di Firenze
Ancora una volta, il carcere
fiorentino di Sollicciano, il più
grande della Toscana, è stato oggetto di controlli da parte degli ispettori della Asl di Firenze, rispettivamente nella sezione femminile,
in quella maschile e l’Istituto “Ma-
rio Gozzini”, la struttura a custodia attenuata adiacente il carcere.
L’ultimo sopralluogo risale a
fine 2015, al termine del quale i
verbali degli ispettori hanno presentato una situazione drammatica. Gravissime le carenze igienico-sanitarie che si aggiungono a
quelle strutturali e manutentive.
A farla da padroni sono le infiltrazioni di acqua, quasi ovunque,
distacco di intonaco con formazioni di muffa, i rifiuti, l’umidità. Rilevata anche la presenza di escrementi di topi nei controsoffitti, nei
corridoi e perfino in alcune celle.
Il rapporto degli ispettori della Asl è stato perentorio, arrivando a definire lo stato di invivibilità del carcere stesso, nonostante
le ispezioni fatte negli anni passati
avessero già denunciato lo stato di
degrado del carcere.
Problemi già segnalati, che si
sono aggravati con gli anni, ma a
cui non è mai stata data una risposta risolutiva concreta da parte
delle istituzioni.
Ancora una volta i verbali della
Asl sono stati inviati alla Regione
Toscana e al Comune di Firenze
oltre che al Provveditorato delle
carceri.
Come da sempre ripete il
PMLI, occorrono provvedimenti
urgenti e adeguati per migliorare
l’agibilità degli immobili e delle
strutture carcerarie, le condizioni
di vita, di alloggio, di vitto e di salute delle detenute e dei detenuti e
favorire tutte quelle attività volte
al loro recupero sociale.
Per il PMLI le carceri vanno
comunque abolite in quanto in regime capitalistico la detenzione ha
un carattere unicamente punitivo e
non correttivo e rieducativo.
Numero di telefono e fax
della Sede centrale del
PMLI e de “Il Bolscevico”
Conto corrente postale 85842383 intestato a:
PMLI - Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze
Il numero di telefono e del fax della Sede
centrale del PMLI e de “Il Bolscevico” è il seguente 055 5123164. Usatelo liberamente,
saremo ben lieti di comunicare con chiunque è interessato al PMLI e al suo Organo.
Dal suo insediamento nel 2013
non ha mai reso alcuna relazione
annuale al Consiglio comunale
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Con lettera raccomandata del
20 gennaio scorso, la Redazione
del mensile “Dialogo” ha ritenuto
doveroso inoltrare denuncia contro il Sindaco di Modica, Ignazio
Abbate, il quale ha violato l’art.
17, comma 1, della Legge Regionale n. 7/1992 per non aver reso,
dal giorno del suo insediamento –
28 giugno 2013 – alcuna relazione
annuale al Consiglio comunale.
La denuncia è stata inoltrata
alla Regione Siciliana, Assessorato delle autonomie locali e della
funzione pubblica, Dipartimento
Regionale delle Autonomie Locali – Servizio 3, “Vigilanza e controllo degli Enti Locali – Ufficio
Ispettivo”.
Tale violazione può comportare l’applicazione dell’art. 40 della Legge n. 142/90 che disciplina
la “Rimozione e sospensione degli
amministratori di enti locali”.
Contestualmente è stato chiesto
allo stesso “Dipartimento” di esaminare la possibilità di promuovere una inchiesta amministrativa ritenendo che nel Comune di
Modica le norme sulla assunzione
in carico, la custodia e la vigilanza dei beni mobili di proprietà del
Comune non vengono rispettate in
maniera adeguata.
“Dialogo” affida la fondatezza di quest’ultima “denuncia” alla
vicenda, ricostruita nel numero di
gennaio 2016 del mensile, che riguarda la scomparsa e ricomparsa di un busto in bronzo del premio Nobel Salvatore Quasimodo.
Infatti, il busto acquistato dal Comune nel 1995, per una cifra intorno a 20 milioni, è scomparso per
anni ed è ricomparso solo per la
insistenza con cui un cittadino di
Avola ha chiesto e preteso di potere apprezzare il busto in bronzo del Poeta del quale conosceva
l’esistenza.
La vicenda evidenzia quantomeno un clima di gravissima superficialità che fa pensare ad un
disordine amministrativo che può
alimentare climi in cui è possibile anche commettere reati e nella
corrispondenza del Comune con il
cittadino di Avola, superficialità,
arroganza e maleducazione amministrativa.
Redazione del mensile
“Dialogo” - Modica (Ragusa)
Sulla crisi dei
mercati capitalistici
di Eugen Galasso
Firenze
In questi giorni, ma in realtà
già da vari mesi, quelle che eufemisticamente vengono chiamate
“turbolenze in borsa” che in realtà sono veri attacchi speculativi,
colpiscono le economie deboli e
naturalmente in particolare chi,
leggi proletariato, ha pochissimi
soldi in banca e li perde. Ovviamente ciò vale quasi solo per il
proletariato (e per una piccola
parte della borghesia mediopiccola), in quanto la borghesia
investe i propri soldi (meglio, il
proprio capitale) all’estero, leggi
Svizzera, Lichtenstein, paesi extraeuropei estranei alle crisi borsistiche indotte dagli speculatori.
Ora, da un lato possiamo dire
che “il capitale finanziario” è altro
rispetto all’economia reale o meglio si autonomizza da questa a
fini speculativi, dall’altro, in realtà,
il capitale è uno e assume forme
diverse a seconda delle circostanze storiche.
Più di un secolo fa, nel 1910,
l’”austromarxista” (in realtà revisionista
socialdemocratico)
Rudolf Hilferding in “Das Finanzkapital” (Il capitale finanziario)
si esprimeva in materia in modo
volutamente ambiguo: “La separazione del movimento verso la
concentrazione delle industrie è
fenomeno di estrema importanza
poiché grazie ad esso l’industria
è libera di assecondare le leggi
tecnologico-economiche, indipendentemente dai limiti della
proprietà individuale” dove si
valorizza quasi esclusivamente
un processo astratto di sviluppo
tecnologico, pur se (quasi una
“foglia di fico”) si evidenzia come
ciò avvenga “indipendentemente
dai limiti della proprietà individuale”, come se ciò fosse possibile.
La realtà è chiaramente un’altra: il capitalismo che si esprime
politicamente e militarmente in
forma imperialistica dal punto di
vista finanziario tende al monopolismo (pesce grosso mangia pesce piccolo) tendendo a inglobare
ogni realtà medio-piccola (banche
locali, ecc.) come dal punto di vista commerciale super-mercati,
iper-mercati e “centri commerciali”
hanno progressivamente soppiantato botteghe e piccoli negozi.
Se
Hilferding
proponeva
un’analisi estremamente ambigua, criticando solo in parte il
monopolismo (allora molto meno
accentuato, ma già “in marcia”),
oggi sappiamo come “economia reale” e “finanziaria” siano
in realtà due facce della stessa
medaglia, come dimostra, tra
l’altro, la crisi borsistica anche in
Cina, dove una cricca di potere
fascista-revisionista, si è messa
“sul mercato”, subendo a sua
volta una crisi, che talora assume le dimensioni del “crollo”, che
riflette tutte le contraddizioni del
capitalismo selvaggio in cui la
Cina si è immersa, anzi è stata
violentemente immersa, a scapito, ovviamente, del proletariato e
dei contadini poveri.
Gli speculatori, invece, ovviamente, si salvano e salveranno
sempre, investendo “fuori dalle
mura”, in zone sicure.
Ciò non toglie che un domani
la “tigre di carta” (Mao) dell’economia finanziaria non possa finalmente venire smascherata come
tale.
esteri / il bolscevico 15
N. 26 - 2 luglio 2015
stampato in pr.
Per evitare
gli attacchi
terroristici
cessare di
bombardare
l’Is
PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO
Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE
Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]
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esteri / il bolscevico 15
N. 5 - 4 febbraio 2016
Sotto l’egida dell’Onu
Formato il governo di “accordo nazionale” libico
mentre lo Stato islamico guadagna terreno
L’Italia di Renzi pronta a capeggiare un intervento armato
di una coalizione imperialista contro l’IS
“Mi congratulo con il popolo libico e il Consiglio presidenziale
per la formazione del governo di
accordo nazionale. Esorto l’HoR,
il parlamento insediato a Tobruk,
a riunirsi prontamente” e “ad approvare il governo”, scriveva l’inviato speciale dell’Onu per la Libia Martin Kobler il 19 gennaio.
Non mancava la conferma del
lieto evento da parte del ministro
degli Esteri Paolo Gentiloni che
con un tweet esultava: “Dopo
una notte di trattative è arrivato il
varo del nuovo governo libico da
parte del consiglio presidenziale
libico”. “Un passo avanti in una
situazione ancora fragile”, commentava aggiungendo: “Ora serve ok parlamento”. Quello che
sei giorni dopo non arriverà da
parte di Tobruk che rinviava ancora quello che oramai sembra
questione di giorni, l’intervento
militare imperialista in Libia su
richiesta del nuovo governo per
sostenerlo in particolare contro
l’avanzata dello Stato islamico
(Is).
Il governo nato sotto l’egida
dell’Onu in base all’accordo firmato nel dicembre scorso in Marocco da alcuni rappresentati dei
due parlamenti, quello di Tobruk,
riconosciuto dai paesi imperialisti, e quello islamista di Tripoli è
presieduto dal premier designato Fayez al Sarraj; un governo
composto da 4 vicepremier e 32
ministri.
L’esecutivo di concordia nazionale libico era in attesa di
avere il via libera dal parlamento
di Tripoli ma è prima inciampato
sul voto negativo di quello di Tobruk. Il 25 gennaio la Camera dei
Rappresentanti libica votava a
larga maggioranza contro la fiducia all’esecutivo con 89 voti contrari sui 104 presenti. Il premier
libico designato avrebbe tempo
fino a fine gennaio per presentare un nuovo governo.
La ragione della bocciatura dell’esecutivo sembra legata all’applicazione dell’articolo 8
dell’accordo politico del dicembre scorso che attribuisce al
“Consiglio di presidenza” guidato da al-Serraj le “funzioni di Comandante supremo dell’Esercito
libico”. La carica di ministro della Difesa era ambita, se non pre-
tesa dal generale Khalifa Haftar, l’attuale ministro della Difesa
del governo di Tobruk, ex agente
della Cia e lunga mano del vicino generale Al Sisi, il presidente
egiziano. La carica della Difesa
risultava depotenziata se la funzione di comandante supremo
è nelle mani del presidente del
consiglio.
Il parlamento di Tobruk negava la fiducia al governo Sarraj
ma approvava comunque l’accordo politico cercando solo di
“congelare” il passaggio dei poteri militari dal generale Khalifa
Haftar al premier Fayez al Sarraj.
Il voto contrario del parlamento di Tobruk sbarra per ora
la strada alla possibilità di una ri-
chiesta di intervento militare da
parte del governo libico. Scalpitano Francia e Gran Bretagna,
persino gli Usa finora tenutisi apparentemente in secondo piano e scalpita ancora di più Palazzo Chigi che certificava come
l’Italia fosse “pronta ai raid contro l’Isis”. Fonti governative assicuravano che “ogni azione degli
americani è concordata con noi.
L’Italia è pronta ad azioni militari:
se sarà necessario, agiremo con
i nostri alleati, su richiesta del governo e nel quadro dettato dalle risoluzioni dell’Onu”. Tiravano
il freno al ministero della Difesa dove precisavano che “non è
previsto nessun intervento militare dell’Italia in Libia, se non richiesto dal nascente governo li-
bico”, in ogni caso, “l’intervento
non sarà mai della sola Italia, ma
della coalizione internazionale di
cui l’Italia farà parte. Al momento
nulla è previsto”. Per dirla con le
parole del premier Renzi “l’Italia
c’è e farà la sua parte”, alla guida
dell’intervento imperialista.
Non appena arriverà la tanto attesa richiesta di intervento i
paesi imperialisti potranno mettere in atto le misure già studiate
per la difesa dei pozzi petroliferi il cui controllo recentemente è
“minacciato” dall’avanzata delle
forze dell’Is. Dalle basi di Sirte i
soldati dello Stato islamico hanno attaccato i pozzi di petrolio di
Ras Lanuf e al Sidra e quelli di
petrolio e di gas di Sabratha, vicino a Tripoli.
I giovani in prima fila
In piazza la Tunisia per il lavoro
Il 22 gennaio un comunicato
del ministero dell’Interno di Tunisi
annunciava la proclamazione del
“coprifuoco su tutto il territorio tunisino dalle ore 20 alle 5” per arginare gli “attacchi alle proprietà
pubbliche e private”, leggi le forti proteste di piazza che a partire
dal 16 gennaio si erano estese in
tutto il paese con i giovani in prima fila a chiedere lavoro, uguaglianza sociale e la fine della cor-
ruzione. Richieste che in parte
riecheggiavano quelle di cinque
anni fa nelle piazze che si rivoltarono contro il regime di Ben Ali. Il
coprifuoco non fermava i manifestanti che continuavano la protesta con manifestazioni e blocchi
stradali in molte città, dalla capitale Tunisi a Hidra dove era data
alle fiamme la sede delle dogane,
a El Mazouna dove i dimostranti bloccavano la linea ferroviaria
Dichiarato il coprifuoco
che collega Sfax a Tozeur.
Il primo ministro Habib Essid il
21 gennaio partecipava al vertice
economico di Davos dove nel suo
intervento accennava al fallimento della politica finora seguita a
Tunisi e annunciava la necessità
di un nuovo modello di sviluppo
basato sulla giustizia sociale che
avrebbe perseguito il suo esecutivo, in carica dall’inizio di gennaio. Il fallimento delle politiche
economiche e sociali governative
era sottolineato dalla rivolta che
in quel momento scoppiava per
le strade delle città.
L’esecutivo prometteva nuove
misure per combattere la disoccupazione, che colpisce soprattutto i giovani, promettendo almeno 5 mila assunzioni; una goccia
nel mare degli 800.000 i disoccupati, il 36% dei quali diplomati e
laureati. Prometteva anche la formazione di un comitato nazionale
per investigare sui casi di corruzione e altre misure per combatterla.
La protesta era partita da Kasserine, una città fra le più povere della Tunisia situata nel cen-
tro del paese poco lontano da
Sidi Bouzid, quella dove cinque
anni fa dopo la morte di un giovane era partita la rivolta contro
Ben Ali. Questa volta è morto un
ragazzo di 24 anni che il 16 gennaio era rimasto folgorato su un
palo della luce sul quale era salito per protestare perché il suo
nome era stato cancellato da
una lista di assunzioni del dipartimento regionale dell’Istruzione.
La sua morte aveva dato il via a
una serie di proteste e di scontri con la polizia in molte città. “È
tempo di agire. O niente potrà impedire lo scoppio di una seconda rivoluzione”, aveva sostenuto
il presidente Beji Caid Essebsi,
il 17 dicembre scorso nel quinto
anniversario dell’inizio della rivoluzione.
Il 20 gennaio manifestazioni e
marce di solidarietà si svolgevano in numerose città e nella capitale Tunisi a rivendicare il diritto al
lavoro. Le manifestazioni erano
indette dall’Unione dei diplomati disoccupati (Ucd) e dall’Unione generale degli studenti (Uget)
ed erano appoggiate dall’Unione generale dei lavoratori tunisini (Ugtt). Il sindacato ricordava
di aver già denunciato senza esito le condizioni di emarginazione
delle regioni interne del paese,
quelle più povere, e la questione
della disoccupazione.
Turchia
Retata di intellettuali che
chiedono la pace con i curdi
Arrestati 19 professori universitari. Perquisizioni in case e uffici
Tunisia, 16 gennaio 2016. Manifestazione di giovani per il lavoro
I talebani rivendicano l’attentato
all’ambasciata italiana a Kabul
Il 17 gennaio a Kabul forze della resistenza sparavano
un razzo che esplodeva vicino
all’ambasciata italiana, davanti all’edificio della Cooperazione italiana; due guardie afghane
venivano ferite. Al momento non
era chiaro se la sede di rappresentanza italiana fosse il vero
obiettivo dell’attacco dato che
nelle vicinanze si trovano molte
altre sedi diplomatiche straniere
e quella della Nato.
L’ambasciatore italiano Luciano Pezzotti assicurava che
il personale italiano presente
nella sede stava bene e affermava che “nulla lascia presumere che l’attacco fosse diretto contro l’ambasciata italiana”.
Lo smentiva due giorni dopo la
rivendicazione dei Talebani che
in un messaggio spedito all’Ansa a Islamabad in Pakistan dal
portavoce Zabihullah Mujahid si menzionava un “attacco
all’ambasciata d’Italia” a Kabul.
Era proprio la presenza militare
dell’imperialismo italiano, il suo
contributo all’occupazione del
paese e al sostegno nel governo fantoccio di Kabul, l’obiettivo
dell’attacco della resistenza afghana.
Un altro segnale che dovrebbe spingere il governo Renzi a
ritirare i soldati dal paese e riporre il tricolore imperialista; invece anche il ministro degli Esteri, il crociato Paolo Gentiloni,
minimizzava l’evento e ripeteva che “al di là del gioco di comunicazione delle rivendicazioni da parte di gruppi terroristici,
che capisco, credo che l’obiettivo fossero in generale le rappresentanze diplomatiche occidentali e la Nato, non l’Italia.
Del resto il razzo era rudimentale, non tale da essere mirato in
termini di differenze di qualche
metro, secondo le informazioni che abbiamo. Quindi direi più
un attacco contro la coalizione e
i target occidentali in genere che
non contro l’Italia. Il che non vuol
dire che non dobbiamo essere,
come sempre a Kabul, attenti
alle misure di sicurezza”. Insomma, restiamo anche a Kabul.
Il 15 gennaio la polizia turca
ha fermato 27 professori universitari, 19 dei quali sono stati arrestati perché avevano firmato un
appello per una soluzione pacifica della guerra con i curdi e avevano criticato le operazioni militari decise dal governo di Ankara e
tuttora in corso nelle regioni curde del sud-est del paese.
Gli arresti sono stati decisi
dai magistrati che si occupano
dell’inchiesta sui più di mille accademici che hanno firmato l’appello intitolato “Non saremo parte di
questo crimine”, ossia dell’offensiva militare contro i curdi, e per
questo sono indagati in base alla
legge che vieta la “propaganda
per organizzazioni terroristiche” e
a quella che punisce la “denigrazione della nazione turca”.
La caccia ai firmatari del documento era stata lanciata dal presidente turco Erdogan che nei
giorni precedenti gli arresti aveva
definito l’appello alla pace come
un “tradimento” e aveva equiparato gli accademici a una “quinta
colonna” dei terroristi. Dopo l’intervento del presidente diversi
accademici denunciavano di aver
subito minacce attraverso i social
media, al telefono e in messaggi
lasciati alle loro università e successivamente perquisizioni della
polizia nei loro uffici e abitazioni.
Diverse zone del sud-est della
Turchia dove vive la popolazione
curda sono sottoposte dal dicembre 2015 al coprifuoco totale che
copre le operazioni di esercito e
polizia contro il Movimento della
gioventù patriottica rivoluzionaria,
l’ala giovanile del Partito dei lavoratori del Kurdistan. La repressione turca è pesante in particolare in alcuni quartieri della città
di Diyarbakir e nella città di Cizre;
gli oltre 200 mila abitanti di quelle
zone vivono di fatto sotto assedio
con molte difficoltà a procurarsi il
cibo e ricevere cure mediche, con
frequenti interruzioni della fornitura di corrente elettrica e di acqua.
Da diversi mesi il presidente Erdogan è impegnato più nella repressione del popolo curdo
e nel fronteggiare l’ingresso nella
crisi regionale del collega imperialista Putin che nella guerra allo
Stato islamico. E sul piano interno non tollera alcuna opposizione e dopo aver messo in carcere
diversi giornalisti non allineati ha
puntato il dito contro gli accademici pacifisti, accusandoli di commettere “lo stesso reato di coloro
che compiono massacri”.
La repressione del dissenso ha sollevato le proteste anche da parte della sezione turca
di Amnesty International il cui responsabile ha denunciato che “le
operazioni militari in corso sotto
il coprifuoco stanno provocando
enorme sofferenza e diffuse violazioni dei diritti umani. Le autorità turche dovrebbero dare ascolto
a coloro che ne parlano, anziché
arrestarli” e che “questi arresti assieme ai commenti del presidente
Erdogan, lasciano intendere che
la repressione in corso nelle zone
curde del sud-est della Turchia si
sta estendendo a chiunque osi
criticare le attività del governo”.
Perché i comuni siano governati
dal popolo e al servizio del popolo
ci vuole il socialismo
NON VOTARE
I PARTITI
BORGHESI AL
SERVIZIO DEL
CAPITALISMO
Delegittimiamo
le istituzioni
rappresentative
borghesi
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