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Venerdì 27 Gennaio 2017
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Dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum, Cei (e Confindustria) frenano sul voto anticipato
Galantino non benedice le urne
Roma, Raggi in bilico. Vaccini, verso l’obbligatorietà
FRANCO ADRIANO
GIAMPIERO DI SANTO
DI
E
N
on è normale che sia
la Corte costituzionale a scrivere le leggi
elettorali. E nemmeno il fatto che a pesare nel
dibattito sulla sentenza della
Corte costituzionale sull’Italicum siano soprattutto le
parole del segretario Cei. Il
punto è che Nunzio Galantino, a fronte di un evidente
pressing sul voto, è venuto
in difesa della legislatura:
«Andare alle urne non sia
un diversivo, uno strumento
con cui Tizio si prenda la rivincita su Caio». «Mi pare che
sia sotto gli occhi di tutti che
ci siano due leggi elettorali
frutto del lavoro della magistratura», ha spiegato, «Non
è normale un Paese in cui la
magistratura detta tempi e
modi all’amministrazione,
vuol dire che la politica non
ha fatto il suo mestiere». «La
politica deve riflettere e interrogarsi su questo» ha concluso. Con Galantino e la Cei
frenano anche Confindustria
(«La crescita resta lenta, le
elezioni sono un rischio»),
Forza Italia, Sinistra italiana, la minoranza pd e i cespugli centristi.
Roma, Grillo difende la
Raggi che resta in bilico
Beppe Grillo le riconosce
di aver rispettato il codice
etico. Lei dice che risponde
solo alla magistratura. Ma il
percorso giudiziario del sindaco di Roma Virginia Raggi appare tracciato. Chiedere
alla Procura della repubblica
di Roma di patteggiare una
pena per il solo reato di falso
che sarebbe ragionevolmente
contenuta entro un anno o al
massimo 14 mesi, che scaricherebbe l’accusa di abuso
di ufficio sul solo Raffaele
Marra (oggi in carcere) e con
cui riconoscerebbe di aver
mentito. O affrontare con l’ex
capo del personale del comune di Roma, un giudizio che
la Procura sarebbe orientata
a chiedere in via immediata
(e dunque da celebrarsi entro
l’estate) per entrambi i capi
di imputazione rischiando
così una condanna che nella
migliore delle ipotesi supererebbe i tre anni. Questo è il
dilemma che impegna il M5s.
La legge Severino sui sindaci,
infatti, impone la sospensione dalle funzioni di fronte a
una condanna, anche in primo grado, che superi la pena
di 2 anni. Per tutti i reati,
tranne uno: l’abuso di ufficio,
per il quale la sospensione
è automatica quale che sia
l’entità della pena. Patteggiare per il solo reato di falso,
dunque, salverebbe dunque
la Raggi da un immediato e
automatico provvedimento
di sospensione da parte del
prefetto e la salverebbe. Se
invece Raggi dovesse propendere per un giudizio ordinario per abuso e falso e fosse
condannata a una pena che
comunque sarebbe superiore
ai tre anni, allora la sospen-
sione dalla carica di sindaco
sarebbe certa. Grillo e Raggi
hanno smentito la notizia di
una telefonata tra loro nel
corso della quale il leader
M5S avrebbe attaccato il
sindaco e l’avrebbe accusata
di averlo ingannato. «Virgi-
nia Raggi ha adempiuto ai
doveri indicati dal nostro
codice etico, da poco elogiato
pubblicamente da Nino Di
Matteo», ha scritto Grillo,
«informando tempestivamente il movimento e i cittadini
dell’invito a comparire che
ha ricevuto l’altro giorno. Il
sindaco di Roma è serena e io
non posso che esserle vicino
in un momento che umanamente capisco essere molto
difficile».
continua a pag. 4