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PRIMO PIANO
Venerdì 10 Febbraio 2017
Le sue magre figure non sono colpa dei media faziosi. Essi che si limitano a descriverle
La Raggi si dà la zappa sui piedi
Essendo inadeguata al grave compito si copre di ridicolo
DI
GIANNI MACHEDA’S TURNAROUND
MARCO BERTONCINI
C
he Virginia Raggi
se la sia presa per gli
epiteti affibbiatile dal
suo assessore all’urbanistica è logico. Peccato per
lei che quanto espresso, con
scarsa cavalleria, da Paolo
Berdini sia condiviso da politici e amministratori, cronisti
e politologi, e corrisponda al
sentire di tanti, ma proprio
tanti, pentastellati. Così, ancora una volta, i guai i grillini
romani se li provocano da sé
soli. I voti che i cinque stelle ottengono a iosa non sono
merito loro, perché esclusivo
prodotto di errori, insipienza,
cattiva fama, dei partiti. Viceversa, i danni che patiscono
vanno addebitati proprio a
loro: sprovveduti, incapaci,
litigiosi, inesperti.
Da quando è ascesa in
Campidoglio, la sindaca si
è impelagata in un vortice
di nomine, designazioni, dimissioni, restando più volte
incastrata nelle procedure
interne al movimento. Le
decisioni assunte sono state
sovente disastrose: nei tempi,
nei metodi, nel merito.
La scuola di pensiero
prevalente, anche in casa
grillina, rinviene nella Raggi
Al Museo di zoologia di Roma la mostra «Zanne, corazze e veleni». Praticamente la storia di otto mesi della
Raggi in Campidoglio.
***
Appello della Boldrini contro le bufale. «Basta sessismi,
è ora di chiamarle bufali».
***
I parlamentari ormai lavorano un giorno e mezzo a
settimana. Rappresentano la Nazione senza vincoli di
mandato e in part-time verticale.
***
La Le Pen: «Io come Trump». È singolare come ogni
Sinistra lo sia a modo suo mentre le Destre tendano a
somigliarsi tutte.
Virginia Raggi
l’assenza delle doti, personali,
politiche, amministrative, che
sono necessarie per reggere
un ente, per piccolo che fosse.
Non ha esperienza, non ha
capacità, è sprovveduta. Reggere il più grande e incasinato comune d’Italia è impresa
superiore alle forze del più
valido fra gli amministratori:
la sproporzione è evidente nel
caso della prima cittadina a
cinque stelle. Inadeguata: così
Berdini ha ben sintetizzato.
Non si può dire che i suoi
teorici sostenitori l’abbiano
agevolata. La lotta per bande
di cui i pentastellati capitolini
danno spettacolo non ha nulla
da invidiare ai dissidi intestini di partiti come la Dc o il Psi
nella prima repubblica.
La sfiducia nei confronti
della Raggi cresce giornalmente, con i malumori, l’insoddisfazione, la rabbia. A venirle incontro sono gli ordini
di scuderia, i silenzi imposti,
l’appoggio che la diarchia di
vertice ha ritenuto di doverle
concedere, magari nell’attesa
che si possa levarle il simbolo
o sospenderla dal M5s o trovare una soluzione per porre fine
allo stillicidio di guai, figuracce, problemi.
La controffensiva attuata da Grillo e Di Maio
presenta lati penosi per un
osservatore obiettivo, ma risponde all’opinione corrente
negli attivisti grillini: la responsabilità è tutta in capo
ai mezzi d’informazione, fatti
passare per un’accolita di disinformatori che complottano,
per loro sporchi interessi e a
sostegno dei poteri forti, con-
La Costituzione «non impone al
legislatore di introdurre, per i due
rami del Parlamento, sistemi elettorali identici» ma «esige che, al fi ne
di non compromettere il corretto
funzionamento della forma di governo parlamentare, i sistemi adottati, pur se differenti, non devono
ostacolare, all’esito delle elezioni,
la formazione di maggioranze parlamentari omogenee». Lo scrivono i
giudici della Consulta nella sentenza
sull’Italicum. «Questa Corte non può
esimersi dal sottolineare che l’esito
del referendum» costituzionale dello scorso dicembre, continuano, «ha
confermato un assetto costituzionale basato sulla parità di posizione e
funzioni delle due Camere elettive».
Il sistema di capilista bloccati, poi,
previsto dall’Italicum «non determina una lesione della libertà del voto
dell’elettore». La Consulta spiega
che l’Italicum spiega che l’Italicum
è un sistema ben diverso dai criteri,
bocciati dalla Corte, del Porcellum,
che «imponevano all’elettore di una
lista di scegliere in blocco anche tutti
i numerosi candidati in essa elencati - che non aveva avuto modo né di
conoscere né di valutare». Ci sono
infatti tre differenze sostanziali: «Le
liste sono presentate in cento collegi
plurinominali di dimensioni ridotte,
e sono dunque formate da un numero assai inferiore di candidati; l’unico
candidato bloccato è il capolista, il cui
nome compare sulla scheda elettorale
© Riproduzione riservata
PILLOLE
CONTINUA DA PAG. 3
Sentenza della Consulta
sull’Italicum. Ok a leggi elettorali
differenti per Camera e Senato
tro gli incorruttibili cinque
stelle. Peccato che materiale,
occasioni e spunti ai cronisti
siano forniti dagli stessi grillini, magari intercettati (ma
loro, superbi titolari del primato della trasparenza più
rigorosa, non possono dolersi),
sovente però in piena e rustica
spontaneità.
A darsi la zappa sui piedi
è la sindaca: i mezzi d’informazione si limitano a render
noti i malanni che lei stessa
si provoca.
di Pierre de Nolac
(ciò che valorizza la sua preventiva
conoscibilità da parte degli elettori);
l’elettore può, infine, esprimere sino a
due preferenze, per candidati di sesso
diverso tra quelli che non sono capilista». «Il legittimo perseguimento
dell’obbiettivo della stabilità di Governo, di sicuro interesse costituzionale», argomentano i giudici, «provoca
in tal modo un eccessivo sacrificio dei
due principi costituzionali ricordati.
Se è vero che, nella legge n. 52 del
2015, il turno di ballottaggio fra le
liste più votate ha il compito di supplire al mancato raggiungimento, al
primo turno, della soglia minima per
il conseguimento del premio, al fine di
indicare quale sia la parte politica destinata a sostenere, in prevalenza, il
governo del Paese, tale obiettivo non
può giustificare uno sproporzionato
sacrificio dei principi costituzionali
di rappresentatività e di uguaglianza
del voto, trasformando artificialmente una lista che vanta un consenso
limitato, ed in ipotesi anche esiguo,
in maggioranza assoluta».
Boeri: in caso di malattia
reperibilità di almeno sette ore
per tutti i lavoratori
Fasce orarie di reperibilità di almeno sette ore per tutti i lavoratori, e non solo per gli impiegati pubblici. È quanto chiede il presidente
dell’Inps, Tito Boeri, secondo cui le
fasce orarie per i controlli in caso di
malattia «devono essere armonizzate tra pubblico e privato ed estese».
Nel privato attualmente le fasce di
reperibilità sono di 4 ore al giorno.
Per Boeri «non ha senso che ci siano
differenze tra lavoratori pubblici e
privati». Le fasce orarie dovrebbero
essere di almeno sette ore: in questo
modo», ha spiegato, «si potrebbero
ridurre le spese e gestire al meglio i
medici e svolgere i controlli in modo
effi ciente. «Estendere ai lavoratori
privati», afferma il segretario confederale Cisl Maurizio Bernava, «le
fasce orarie di reperibilità previste
per i lavoratori pubblici sarebbe una
forzatura e creerebbe solo confusione. La strada è quella di uniformare
le fasce di reperibilità tra pubblico e
privato e non viceversa».
Mogherini affronta Trump
Oggi l’Alta rappresentante per la
politica estera dell’Unione europea
Federica Mogherini sarà in visita
ufficiale alla Casa Bianca. Intanto, le
istituzioni europee ha reso noto che
se il diplomatico euroscettico Ted
Malloch fosse nominato ambasciatore degli Usa presso la Ue, la sua nomina potrebbe essere fermata da un
parere contrario della Commissione,
del Consiglio o di uno qualsiasi dei
suoi Stati membri. A rendere Malloch
un candidato controverso erano le sue
posizioni antieuropeiste. In un un’intervista alla Bbc il diplomatico si era
scagliato contro l’Unione europea e
aveva previsto la fine dell’euro entro
meno di due anni. Ieri, si è svolto il
bilaterale a Londra tra il presidente
del consiglio Paolo Gentiloni e la
premier britannica Theresa May.
Trump attacca i
giudici.
Si rafforza il legame tra
Usa e Italia.
***
Romeo in procura.
Quale?
***
Fiducia: la squadra di
Gentiloni non decolla.
Preferisce il treno.
***
Franceschini:
«Momenti di tensione
con i sindacati sono
normali».
Non vuole più fare il
politico?
***
D’Alema: «L’Italia è
seduta su una
polveriera».
La Francia invece sulle
centrali nucleari.
***
Totti valletto al teatro
Ariston.
Negli stadi invece si
chiamano steward.