Costa Rica e Nicaragua di nuovo a L`Aja

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Costa Rica e Nicaragua di nuovo a L’Aja | 1
giovedì 26 gennaio 2017, 16:30
Dopo la sentenza del 16 dicembre 2015
Costa Rica e Nicaragua di nuovo a L’Aja
Presentato un nuovo ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia
di Mattia Baldini
Storicamente i rapporti tra Costa Rica e Nicaragua, com’è noto, non sono (quasi) mai stati caratterizzati dallo spirito di “buon
vicinato”. Questioni storiche, politiche ed economiche, unite ad uno spiccato sentimento nazionalista da entrambi i lati del
confine, hanno spesso reso più che complesse le relazioni tra i due Stati centroamericani. Da alcuni anni però, alle consuete
tensioni più o meno evidenti, è andata ad aggiungersi una controversia decisamente più concreta: la disputa di confine
riguardante una parte del territorio di Isla Calero, al confine nord-orientale tra i Stati. La disputa riguarda
precisamente una zona non più ampia di tre chilometri quadrati chiamata dai costaricensi Isla Portillos, e
conosciuta invece in Nicaragua con il nome inglese di Harbour Head. Si tratta di un’isola fluviale, creata dai sedimenti
trasportati dai fiumi Colorado e San Juan de Nicaragua, il quale tra l’altro delimita il confine tra i due Stati. Come riportato
già dal Trattato Cañas-Jerez del 1858 l’area in questione si trova in territorio costaricense, è ricompresa nella Provincia di
Limón ed è attualmente parte del parco naturale denominato Refugio de Vida Silvestre Barra del Colorado, una zona protetta
adiacente alla ben più nota destinazione turistica del parco nazionale Tortuguero. La disputa di confine ha avuto inizio
nell’ottobre 2010, quando le autorità del Nicaragua iniziarono una vasta operazione di dragaggio del fiume
San Juan de Nicaragua, provocando dure proteste da parte del Governo della Costa Rica, il quale denunciò la
possibilità di ingenti danni ambientali connessi con le attività di dragaggio, oltre alla violazione dei confini nazionali da parte
di personale dell’esercito nicaraguense. Per tutta risposta da Managua venne affermato che quella del dragaggio era in
realtà un’operazione interna allo Stato del Nicaragua, sottolineando come l’area in questione ricadesse, appunto, sotto
sovranità nicaraguense. La Costa Rica, che non possiede alcuna forza armata, reagì allora aumentanto gli effettivi di Fuerza
Pública, la forza di polizia nazionale, nell’area di Isla Calero. L’escalation era dunque iniziata. Essendo certo delle proprie
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/costa-rica-nicaragua-laja/
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ragioni il Governo del Nicaragua propose quindi alla controparte di adire alla Corte Internazione di Giustizia de L’Aja
(International Court of Justice – ICJ), proposta in un primo momento rifiutata dalla Costa Rica che preferì invece coinvolgere
l’Organizzazione degli Stati Americani (Organización de los Estados Americanos – OEA), minacciando addirittura di portare la
questione all’attenzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L’allora Segretario Generale dell’OEA, José Miguel
Insulza Salinas, decise perciò di accettare il ruolo di mediatore della controversia come richiesto dal Governo di San José.
Tuttavia, nonostante l’impegno di Insulza, il quale si recò personalmente nell’area per un approfondito sopralluogo, e
nonostante due risoluzioni dell’Assemblea Generale OEA con le quali veniva sollecitato il ritiro dall’area contesa del
personale di sicurezza di entrambi i Paesi e l’inizio di un negoziato conciliativo, il Governo nicaraguense guidato dal
Presidente Daniel Ortega non accettò mai il ruolo dell’OEA ed annunciò nel mese di novembre di voler procedere ad
informare della questione la Corte Internazionale di Giustizia. Per tutta risposta la Costa Rica presentò un ricorso alla
stessa Corte, anticipando così le medesime intenzioni nicaraguensi. A partire dal 20 novembre 2010, giorno della
presentazione del ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia, quella che in principio poteva essere considerata
semplicemente l’ennesima disputa di confine tra i due Stati centroamericani assunse invece i contorni di
un’operetta tragicomica, con esponenti dell’esercito nicaraguense pronti ad affermare davanti alle agenzie di stampa
come un non meglio precisato manipolo di «estremisti» costaricensi, legati ad interessi riconducibili al narcotraffico [sic!]
stesse esercitando considerevoli pressioni sul Governo presieduto da Laura Chinchilla Miranda per giungere ad un vero e
proprio conflitto armato con il Nicaragua. Accuse che, ovviamente, furono rispedite al mittente. Nel marzo 2011, in un clima
decisamente teso, la Corte Internazionale di Giustizia rese note alcune misure cautelari che i due Stati avrebbero dovuto
immediatamente applicare. Dette misure comprendevano essenzialmente due punti: il ritiro del personale armato da parte
di entrambi i Paesi dall’area in questione e l’astensione da ogni azione unilaterale che potesse creare tensione tra i due
contendenti e costituire perciò un possibile rischio di conflitto di armato. Inizialmente le misure cautelari vennero
effettivamente messe in pratica sia dalla Costa Rica che dal Nicaragua ma, alcuni mesi dopo, le autorità di quest’ultimo
Paese riprese con le operazioni di dragaggio del fiume San Juan de Nicaragua nella zona contesa, inviando
nuovamente personale militare nella stessa area. Finalmente, il 16 dicembre 2015, la Corte Internazionale di Giustizia
emise il suo verdetto, determinando dal punto di vista giuridico che la Isla Portillos, così come tutta la più vasta area
denominata Isla Calero, era ed è parte del territorio costaricense. Nello stesso verdetto la Corte chiarì quindi che le
azioni intraprese dalle autorità nicaraguensi, ovvero il dragaggio del fiume e la contemporanea presenza di personale
militare, potevano senza dubbio ricadere nell’ambito delle violazioni di sovranità perpetrate ai danni di un altro Stato. Per
tanto la Corte decreto che il Governo di Managua, avendo oltretutto cagionato un chiaro danno ambientale mediante le
operazioni di dragaggio nell’area, avrebbe dovuto compensare economicamente la Costa Rica. L’ammontare di tale
indennizzo avrebbe dovuto essere concordato tra i due Paesi entro un anno dalla stessa sentenza. Ma la questione, che
poteva sembrare ormai ragionevolmente conclusa, era invece ben lungi dal poter essere definita tale. Il Governo di Daniel
Ortega non ha infatti mai accettato le richieste costaricensi di 6.700.000 dollari per l’indennizzo ordinato dalla Corte e il
tempo concesso per la definizione economica dell’obbligazione è scaduto il 31 dicembre 2016. Soprattutto però,
approfittando di un punto interpretabile della stessa sentenza – nella quale veniva espressa la difficoltà di delimitare
precisamente il confine tra i due Stati in quel punto della costa, dovuta ai significativi cambiamenti fisici a cui è sottoposto
quello stesso territorio a causa dell’azione continua degli elementi naturali – l’esercito nicaraguense ha recentemente
installato un piccolo avamposto militare presso una distesa di sabbia all’estremo Nord di Isla Portillos. Secondo
il Ministero degli Esteri della Costa Rica l'esistenza dell'avamposto costituisce un’ulteriore violazione della sovranità
costaricense e la presenza di personale militare straniero in territorio nazionale rappresenta un atto deliberato di
aggressione. Il 15 gennaio 2017 lo stesso Ministro degli Esteri della Costa Rica Manuel González Sanz ha quindi
annunciato un nuovo ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia. Due le richieste per i giudici della Corte: la prima
è ovviamente quella connessa con la presenza dei militari nicaraguensi, di quali si chiede l’allontanamento immediato e la
riconferma della sovranità costaricense su quella particolare area, mentre la seconda è quella di determinare l’ammontare
dell’indennizzo economico che lo Stato del Nicaragua deve corrispondere alla Costa Rica per i danni ambientali provocato,
come detto, dalle operazioni di dragaggio del fiume. Si preannuncia quindi un’altra battaglia legale a L’Aja per porre fine,
forse definitivamente, ad una controversia che dura da ormai più di sette anni. In realtà l’esito della questione appare quasi
scontato: il Nicaragua non possiede, al momento, alcun elemento di natura giuridica capace di supportare le
pretese di sovranità su un territorio che già è stato dichiarato parte della Costa Rica. Sarà dunque interessante
osservare quali argomentazioni produrranno i giuristi e i diplomatici nicaraguensi di fronte ai giudici nelle prossime udienze.
Mentre dall’altra parte dell’aula i colleghi costaricensi probabilmente sperano già in una nuova e definitiva vittoria.
di Mattia Baldini
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