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LA QUESTIONE MORALE
Giancarla Codrignani
Anche per Bobbio la morale non ha mai una definizione univoca, perché, mentre si pone
come un assoluto, di fatto è sempre relativa. Siamo dunque sempre fermi ad Antigone:
Sofocle giustamente contrappone la verità delle relazioni umane (puoi volere che il fratello
con cui giocavi bambina vada all'inferno?) con l'ordine sociale regolato dalla legge (un re
deve o no decretare i funerali di stato per l'eroe che ha difeso la patria e condannare alla
maledizione eterna il traditore venuto in armi contro la sua città e che, per giunta, è fratello
dell'eroe?).
Chi si occupa del bene comune - anche se nessuno può davvero permettersi di sapere il
bene degli altri: forse lo credeva anche Stalin - e della giustizia - quale? summum ius? deve tener conto che anche il bene può essere relativo: per l'ottimista il bicchiere mezzo
vuoto appare mezzo pieno, pur consapevole che non è pieno come vorrebbe. E' la
condizione normale della politica davanti alle situazioni sempre intriganti: come assicurare
il lavoro a tutti, se i robot stanno sostituendo l'operaio? discutere di chi ha la colpa del ritardo?
erogare a rimedio il reddito di cittadinanza?
Non è univoca nemmeno nei casi individuali: la morale laica deve prevalere su quella
religiosa? morale il medico che pratica l'aborto o quello che obietta? morale l'uso della
sessualità matrimoniale senza il consenso della donna? morale andare su Marte mentre c'è
chi ha fame nel mondo? vuoi la pace mentre le fabbriche d'armi non hanno cassa
integrazione e l'Isis minaccia? Le risposte del diritto chiamato a dare il giudizio di legittimità
nelle controversie dividono il giusnaturalista, convinto dell'esistenza di una norma di
condotta "per natura", dal giuspositivista che la cerca nei fatti.
Eppure, soprattutto nella nostra epoca di trasformazione globale, tutti i comparti della vita
sociale sono in crisi e, davanti a tradizioni, ideologie, confini, la moralità pubblica ha bisogno
di garanzie per lil mantenimento della civiltà della relazioni.
La politica – che sarebbe la parola più bella e pulita per una coscienza normale - ha sempre
conosciuto le ombre della condizione umana e i paesi di più antica unità
hanno consolidato il senso dello Stato a prevenzione dei danni della comune corruzione e
a beneficio degli interessi comuni.
In Italia, prima dell'unità, per andare da Bologna a Modena un commerciante doveva munirsi
di passaporto ma teneva anche pronta una bustarella per ottenere facilitazioni alla dogana.
Il 19 marzo 1861 tutti gli italiani ricevettero un solo re e un solo codice: il popolo finì per
conservare le antiche abitudini e faticò a portare in Parlamento i propri diritti: furono via via
eletti rappresentanti socialisti e popolari, fu approvato il voto universale (pur senza le donne),
ma la storia dell'Ottocento portò alla tragica sequenza di una prima guerra mondiale, del
fascismo e della seconda guerra mondiale. L'abitudine delle bustarelle, delle
raccomandazioni, dei padrini mafiosi era rimasta e ricominciarono gli scandali: la Repubblica
riprodusse i vizi antichi e i nuovi partiti nati dalla Resistenza non riuscirono a cambiare
radicalmente il costume. Oggi riconosciamo di vivere in un paese corrotto, insensibile al
recupero morale (ovviamente senza generalizzare).
Carlo Bolpin si è posto interrogativi attuali sull'aggravarsi della crisi politica in corso e
rievoca la cancellazione dalla memoria dell'unico esempio, 35 anni fa, di una denuncia
politica clamorosa che portò in primo piano in Parlamento la "questione morale". Un brivido
infatti scosse l'aula di Montecitorio quando, dopo un'intervista clamorosa pubblicata
sull'Espresso, Enrico Berlinguer accusò i danni della “partitocrazia” ormai imperante e del
suo non disinteressato potere di controllo su Enti pubblici, Amministrazioni locali, Asl....
Laura Boldrini intervenendo per il trentesimo anniversario dalla morte del segretario del Pci,
ha riconosciuto che "Il suo discorso sulla questione morale fu una denuncia, non una predica.
Una denuncia precisa e circostanziata di ciò che stava accadendo nel sistema politico
italiano e nel modo di essere dei partiti". Solo che non si dice ancora quanto pesante fosse
l'avversione interna allo stesso Pci nei confronti di un uomo assolutamente dedito al bene
comune e disposto a trasformazioni ineludibili per il suo partito, che aveva due vie per uscire
dalla ben nota conventio ad excludendum: acquistare un'identità democratica insieme
dialettica e dialogante con le altre forze politiche, oppure confermare il metodo della ricerca
di “larghe intese” con i partiti di governo (il primo esempio del qual metodo tattico risale al
voto comunista favorevole all'inserimento tra i principi costituzionali del Concordato con la
Chiesa cattolica).
Enrico Berlinguer già nel febbraio del 1976, mentre stava pensando la sua strategia del
"compromesso storico", intervenendo sul voto di fiducia al V governo Moro, parlava già di
democrazia e di moralizzazione della vita politica: "non c'è stata finora la volontà di affrontare
in modo tempestivo e serio i troppi precedenti casi di malcostume, di lassismo, di colpevole
inefficienza e di corruttela nella vita politica e nell'amministrazione della cosa pubblica: dal
fenomeno intollerabile dell'evasione fiscale, agli scandali dei finanziamenti occulti e illegittimi
ai partiti governativi…. (e ai guasti) del sottogoverno, del clientelismo, delle spartizioni del
potere, delle confusioni tra pubblico e privato, delle commistioni tra potere politico e potere
economico, dell'inceppamento dei meccanismi del controllo democratico, dell'abitudine
all'impunità". Nell'intervista a Scalfari del 1981 e negli interventi immediatamente successivi
la denuncia coinvolgeva tutti i partiti, anche il suo. Fu allora che parte importante della
direzione del suo partito aprì le ostilità, internamente ben note, e Napolitano per primo
attaccò duramente l'intervento del segretario sulla questione morale. Nemmeno sul
“compromesso storico” la condivisione era stata unanime e l'originario appello “all'incontro
tra le culture popolari comunista, socialista e cattolica”, fu distorta a diventare di fatto
l'approccio con la Democrazia cristiana. Un paio d'anni dopo la sua morte Miriam Mafai
scriverà “Dimenticare Berlinguer”, senza rendersi conto che i partiti, Pci compreso, stavano
scivolando verso l'omologazione, anticamera dell'estinzione. La “linea” del Pci accettava il
moralismo astratto più dell'identità democratica e anche l'appello berlingueriano
all'Occidente perché impoverisse un poco a beneficio dei paesi poveri del Sud del mondo,
era stato stroncato dalla critica di essere infausta alla parola programmatica “austerità”. La
stessa base del partito non comprese bene il significato dell'accettazione della Nato e tanto
meno lo “strappo” dall'Unione sovietica. Si era tornati al consociativismo per salvare l'Italia
dopo il delitto Moro, mentre i pericoli del terrorismo rinnovavano l'obiettivo di escludere il
partito comunista da qualunque partecipazione al governo. Sarebbe stato auspicabile che il
Pci avesse giocato in tempo un riformismo di impronta berlingueriana; ma il divorzio dai
socialisti era un dogma irreformabile dal 1921 e fu il “riformismo” craxiano ad imporsi e a
dividere per l'ennesima volta la sinistra. Intanto si era logorata definitivamente la formapartito, mentre la partecipazione, scippata dalla televisione, cedeva il posto ad una nuova
agorà. La divisione passò tra i giovani: la sinistra radicale, che aveva sperimentato il
terrorismo dei “compagni che sbagliano” (per ragioni, a loro modo, morali), contrapposta al
partito dei funzionari e ai “fighetti” miglioristi. L'espressione “questione morale” andò perduta.
Quindi, sì, almeno simbolicamente la denuncia di Berlinguer ha a che vedere con la crisi
italiana che, nella crisi generale del mondo, ha una sua specificità.
Quando, nel 1992, arrivò "Tangentopoli", non fu solo uno dei tanti processi per corruzione
(fu anche l'anno degli attentati a Falcone e Borsellino), anche perché Craxi si era dimesso
nel '96. Poco dopo tutti quei partiti che Berlinguer aveva accusato di non fare più politica
sparirono e nessuno nemmeno ne ricorda le sigle. Come dopo il 1989 il Pci era diventato
Pds, con la graduale dissolvenza di Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli, finiva il sistema politico pensato
dai Costituenti: avanzavano le leghe e i “movimenti”, inizialmente sottovalutati (nanni moretti,
i girotondi, i “viola”) e abbandonati a se stessi. Berlusconi aveva già ottenuto il salvataggio
delle sue imprese e gli italiani invece del programma politico avrebbero accettato un
contratto firmato in TV.
La questione morale non può “passare di moda”: la corruzione dei politici impressiona, ma
la campagna contro la “casta” ha avuto come obiettivo non i corrotti, ma le istituzioni tout
court, mentre agli istituti della democrazia, in cui si dà effettività ai principi e ai diritti, deve
andare il rispetto che è loro dovuto. L'indignazione anche giusta dei cittadini non può
esaurirsi nella generalizzazione del “tutti uguali, tutti corrotti”; infatti nessuno conosce
personalmente gli attuali 945 rappresentanti del Parlamento che non sono, non possono
essere tutti corrotti e profittatori. Soprattutto perché tutti vengono eletti dai cittadini e il voto
è un diritto e un dovere e non è estraneo a quella che possiamo chiamare la “questione
morale dal basso”. I cittadini hanno il diritto di essere più correttamente informati nelle
campagne elettorali dai propri partiti (o movimenti) di riferimento, anche se tutti ormai
navigano su internet e possono trovare agevolmente notizie sui candidati. Non è accettabile
chiedere informazioni sulla denuncia dei redditi o per la scelta del dentista ed essere
sprovveduti quando con il voto decidiamo il futuro nostro e dei nostri figli. La controversa
votazione inglese che ha portato alla Brexit e, il giorno dopo, alla sottoscrizione da parte di
quattro milioni di inglesi della richiesta di ripetere la votazione ha dimostrato che molti
ignoravano la ragione vera del voto: nonostante la crescita della scolarizzazione nel 2016
noi occidentali siamo ancora disponibili all'ascolto dei mantra di nuovi pifferai. Ci sono
segnali allarmanti: oltre Brexit, i turchi hanno eletto Erdogan che ha vuotato le carceri dei
delinquenti per riempirle di giornalisti, politici e funzionari, gli americani hanno scelto Trump,
i colombiani hanno votato contro l'accordo di pace con le Farc, e l'Europa è insidiata da
governi che si oppongono all'immigrazione e da nazionalismi reazionari. Paura e ignoranza
stanno producendo, a partire dal linguaggio, reazioni violente. Recuperare, dunque, la
“questione morale” è ancora l'obiettivo principale della politica e dei partiti; non solo, però:
anche delle famiglie, delle scuole, del mondo del lavoro o perfino di facebook. Dobbiamo
affrontare grandi trasformazioni richieste dalla globalizzazione, oggi solo finanziaria e
distruttiva; ma bisogna forzare il sistema oggi bloccato ad aprirsi a trasformazioni culturali
che mettano al centro non la produzione di merci, di denaro e di consensi, ma – ed è
questione morale, civile ed economica - il benessere umano e sociale.