Bambini morti nel fango e piccole divinità viziate

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giovedì 05 gennaio 2017, 13:30
Bambini morti nel fango e piccole divinità viziate
Mohammed: Vedere bambini piccoli, esanimi con la faccia nel fango, fa sembrare insignificante tutto il resto
di Domenico Barrilà
Il mondo è diventato estremamente piccolo, 'vediamo troppo', non abbiamo scampo. Spesso siamo impotenti, non
sappiamo cosa fare, ancora più spesso strafottenti, non vogliamo fare. Soprattutto non riusciamo ad andare oltre alle
emozioni del momento, perché le prime pagine on line dei quotidiani cambiano con inarrestabile rapidità, e a noi non
rimane che seguire l’onda. Meno male, dico sul serio, che ci sono quelli sportivi, ci somministrano dosi massicce di notizie a
basso contenuto di stress, pure stupidità, ma ci aiutano a sopportare l’insopportabile. Come la schiena della fashion blogger
oppure il suo petting con il compare. Vuoto che avanza. Vedere due bambini piccoli, esanimi con la faccia nel fango,
prima Aylan, siriano, poi in queste ore Mohammed, birmano, fa sembrare insignificante tutto il resto, e non parlo solo
di taluni cretini abitatori della politica italiana, che invece di curare il loro evidente disturbo bipolare tormentano la nostra
vita con idiozie sconfortanti. Tuttologi in guerra con se stessi, che ci usano come fossimo una comunità terapeutica di
sessanta milioni di abitanti. Bambini in fuga per la vita, bambini in fuga dalla vita, con le loro famiglie disperate e
senza approdi perché siamo tutti girati dall’altra parte. Creaturine innocenti, vittime dei giochi, per loro
incomprensibili, dei grandi. Viene voglia di leggere dell’altro, magari delle vacanze del campione milionario, che si gode la
vita alla Seychelles e durante l’anno si arrabbia perché l’allenatore lo tiene in panchina. Tiene il muso come altri
bambini, stavolta quelli viziati dell’Occidente, quelli a cui è proibito dire che Babbo Natale non esiste, altrimenti
ai genitori viene il coccolone e loro da grandi potrebbero rubare nei supermercati oppure farsi una canna, ma solo se
qualcuno gli oppone un diniego. Bambini da proteggere come se fossero dei minorati, nei modi più grotteschi e
arbitrari, quelli a cui si nasconde che il nonno è morto ma li si prende in giro raccontandogli che è andato sulla stellina, gli
stessi che da grandi ti raccontano che detestano la madre perché gli aveva impedito di vedere il corpo del nonno. Bambini
di 'proprietà', come il mitico utero delle femministe, i medesimi che guai se la maestra mette loro una nota, perché i
genitori sono sempre pronti a scrivere una contronota per spiegare che il principe aveva raccontato una versione diversa
dell’accaduto e loro credono al figlio. Ecco. Ancora gli stessi bambini che la psicologia divide a pezzi per poterli
curare meglio, ma che da anni rifiuta di capirli davvero nella loro interezza, confondendoli con i sintomi che manifestano.
Bambini o viziati, bambini trascurati e dunque vittime di malesseri che non arrivano da Marte bensì da molto vicino,
fuoco amico. Bambini che non conoscono gli altri bambini, quelli che muoiono con la faccina nel loro sudario di fango,
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/bambini-morti-nel-fango-e-piccole-divinita-viziate/
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perché se li vedono si 'impressionano', dunque è meglio distrarli coi lego oppure con la partita al campetto, dove i genitori si
picchiano a sangue se l’arbitro fischia senza chiedere il loro permesso. Bambini sottratti alle consapevolezze della vita,
ibernati, imbesuiti, così quando la incontrano si rompono i denti e le danno la colpa delle proprie sventure. Consolatorio ma
inutile. Consiglio a tutti i genitori che tengono davvero ai loro bambini di riconsegnarli al mondo, prima
possibile, perché è l’unico modo di amarli, essendo quello il luogo dove saranno chiamati a vivere, non certo negli
angusti progetti che coltivano ostinatamente i grandi. Il mondo non è un’astrazione, ma le tante cose che terranno
compagnia ai figli, comprese quelle pareti di fango dove sono caduti i tenerissimi Aylan e Mohammed. Facciamoglieli
conoscere, appartengono anche a loro, possiedono il solidissimo diritto di sapere chi sono quei piccoli martiri,
perché possano apprezzare il troppo che ricevono e smettano di considerarlo acquisito per sempre. Se ci ostineremo a
presentare loro immagini ingannevoli, li renderemo fragili, dunque inadatti a sviluppare quel sentimento sociale che
può salvare, loro stessi e i loro simili, dai muri di fango, che incontreranno più frequentemente di quanto osiamo temere.
di Domenico Barrilà
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