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29 dicembre 2016 delle ore 14:09
A quasi un anno dalla scomparsa di Giulio
Regeni una confessione "dal basso". Mezza
verità per una storia infangata
Non si sa se la "Verità per Giulio Regeni" sia
più vicina, ma fatto sta che a quasi un anno dalla
scomparsa del giovane ricercatore salta fuori
colui che è indicato come "il leader degli
ambulanti" della metropoli egiziana, che
avrebbe registrato e consegnato una telefonata
di Regeni ricevuta il 22 gennaio. L'uomo si
chiama Mohamed Abdallah, e ha rilasciato la
confessione alla versione araba dell'Huffington
Post, ripubblicata da L’Espresso da Brahim
Maarad. «L’ho denunciato e l’ho consegnato
agli Interni e ogni buon egiziano, al mio posto,
avrebbe fatto lo stesso. Solo il Ministro degli
Interni si occupa di noi ed è automatica la nostra
appartenenza a loro. Quando viene un poliziotto
a festeggiare con noi a un nostro matrimonio,
dà più prestigio». Al di là di affermazioni uscite
dagli ultimi baluardi, duri a morire, di un
militarismo endemico, la segnalazione sarebbe
insomma venuta "dal basso", per le troppe
domande che faceva il giornalista. «È illogico
che un ricercatore straniero si occupi dei
problemi degli ambulanti se non lo fa il
Ministero degli Interni», ha affermato Abdallah
nell’intervista. «Quando io l’ho segnalato ai
servizi di sicurezza, facendo saltare la sua
copertura, lo avranno ucciso le persone che lo
hanno mandato qua». Non solo vittima
insomma, ma anche infangata: colpa - per
Regeni - del suo lavoro e dell'Università di
Cambridge e di aveva permesso la sua
spedizione in Egitto. Il risultato, per ora, ci
sembra una mezza verità. Come questa
testimonianza, troppo infamante nei confronti
di un'autorità a cui si "porta rispetto", e ancora
piena di vuoti.
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