Visualizza in PDF

Download Report

Transcript Visualizza in PDF

10
PRIMO PIANO
Venerdì 27 Gennaio 2017
Sigle del Family Day mobilitate contro la performance «Fa’afafine» portata nelle scuole
I cattolici, un incubo per Fedeli
Nuovo fronte contro il ministro per lo spettacolo gender
DI
RAFFAELE PORRISINI
A
un anno di distanza
dall’evento del Circo
Massimo, i promotori del Family Day
tornano a far parlare di sé.
Ancora una volta e nel giro di
pochi mesi, a venire impallinato dalle sigle cattoliche è
il ministro all’Istruzione Valeria Fedeli; appena insediatasi al posto di Stefania
Giannini, l’ex sindacalista
cigiellina ha dovuto fare i
conti con il fuoco aperto in
primis da Mario Adinolfi
del Popolo della famiglia.
Il motivo? Non
aver in tasca né
una laurea né
– soprattutto
– il diploma di
maturità, quasi
un paradosso
per chi guida la
scuola italiana.
In realtà, dietro
questa polemica
ci sono ben altre ragioni che
hanno spinto
l’associazionismo cattolico a
guardare con
diffidenza a Fedeli, nonostante
la cautela del
quotidiano della
Cei Avvenire; la
nuova inquilina
del Miur è infatti la prima firmataria di un
disegno di legge (n. 1680)
sull’introduzione dell’educazione di genere e prospettiva
di genere nelle scuole e nelle
università. Insomma – è la
tesi della piazza cattolica –
vuole portare la teoria gender nelle scuole.
I nodi tornano al pettine proprio in questi giorni.
Pomo della discordia, lo spettacolo teatrale Fa’afafine –
mi chiamo Alex e sono un
dinosauro fi rmato prodotto
e distribuito da Css Teatro
stabile di innovazione del
Friuli Venezia-Giulia e dal
Teatro Biondo di Palermo,
una performance del giovane
regista Giuliano Scarpinato. Si rivolge a un pubblico
di minori, bambini e ragazzi
tra gli 8 e i 16 anni, e viene
portato negli istituti.
Ma di cosa parla Fa’afafine? Il nome lo rivela: è una
parola della lingua Samoa
che definisce chi fin da bambino non si identifica in un
sesso e nemmeno nell’altro,
quel che in Gran Bretagna
viene qualificato come gender creative child.
In buona sostanza, bambini gender, nati con un sesso
ma non pienamente identificatisi e quindi convinti di
poterlo cambiare a seconda
delle giornate.
Se non altro, nei comportamenti e nelle manifestazioni esteriori.
CARTA CANTA
Facile immaginare le
reazioni che si sono scatenate, soprattuto quando
dal 23 gennaio scorso lo
spettacolo è stato messo in
programmazione per una
ventina di date tra Udine e
Lucca, fino a Roma.
Fatta la prima nel capoluogo friulano, sono iniziati
i problemi. In alcune città
come Pordenone e Rimini
sono spuntati striscioni di
Forza Nuova vicino ai teatri
che ospitavano la messa in
scena, a Pistoia la dirigente scolastica di un istituto
dopo il polverone sollevato
Cirino Pomicino entra nella ristorazione
DI
ANDREA GIACOBINO
R
osario Bifulco, amministratore
delegato della quotata Mittel, si
mette in affari con l’ex ministro
Paolo Cirino Pomicino nel business della ristorazione. Qualche giorno
fa, infatti, a Roma nello studio del notaio
Alessandro Ciccaglione è stata costituita
la Raro srl, di cui sono azionisti al 49% la
Bootes srl, Raimondo de Pasquale (20%),
Ali srl (15%), Emiliano Condello (10%),
Lucia Marotta (5%) e
Stefania Chiesi (1%).
La Bootes è una delle
holding di Bifulco e
attualmente detiene il
6,8% di Mittel, mentre la Ali è controllata
da Claudia Cirino Pomicino, figlia del politico democristiano oggi membro dell’Udc,
al cui moglie è la Marotta. La newco ha per
oggetto «l’organizzazione e la gestione di
ristoranti, trattorie, buffet, pizzerie, paninoteche, birrerie, tavole calde, pasticcerie
e drogherie» oltre alla gestione di alberghi,
l’organizzazione di fiere, la somministrazione, la produzione e il commercio di generi
alimentari. Nel consiglio d’amministrazione
di Raro, presieduto da De Pasquale, figurano gli stessi Bifulco e Cirino Pomicino.
Tra la società del politico, De Pasquale e
Condello ci sono altri business alimentario
in comune che passano dalla Ragù srl, che
gestisce alcune pizzerie al trancio.
© Riproduzione riservata
Vignetta di Claudio Cadei
ha deciso di non spedire più
i suoi ragazzi a vedere la
performance. Polemiche anche lungo la via Emilia, da
Bologna a Ravenna.
A promuovere la ferma
opposizione contro Fa’afafine è stata innanzitutto
Generazione Famiglia – La
Manif Pour Tous Italia, una
delle associazioni
più attive nell’organizzazione del
Family Day, i cui
vertici (come Filippo Savarese) fanno parte
del Comitato Difendiamo
i nostri fi gli presieduto da
Massimo Gandolfini.
È stata Generazione Fa-
Valeria Fedeli
miglia ad avviare la petizione online sulla piattaforma
CitizenGO arrivata a superare le 90mila firme (obiettivo 100mila), con la quale
si chiede al ministro Fedeli
«di impedire che le scuole
aderiscano a uno spettacolo
così chiaramente ostile al
sano sviluppo psicoaffettivo
dei nostri fi gli e dei nostri
nipoti».
L’assessore regionale alla
Scuola del Veneto Elena
Donazzan (Forza Italia) ha
protestato formalmente con
il Miur, mentre a cavalcare
la polemica ci ha pensato
anche la leader di Fratelli
d’Italia Giorgia Meloni.
A livello locale, si sono dimostrati particolarmente
attivi su questo fronte gli
esponenti della Lega Nord
(è il caso di Pistoia e Rimini)
e del Popolo della famiglia
(in Emilia-Romagna). Per il
ministro Fedeli una nuova
grana orchestrata dai cattolici più intransigenti nella
difesa dei valori etici.
© Riproduzione riservata
È L’IPOTESI ESPRESSA DAL GENERALE MARIO MORI, CHE CATTURÒ TOTÒ RIINA
Regeni strumentalizzato dalla sua università inglese
DI
A
FRANCO ADRIANO
ppare decisamente come la
più credibile fra quelle in
circolazione, a margine della doppia inchiesta in corso
in Italia e in Egitto, l’ipotesi del generale Mario Mori, secondo la quale
Giulio Regeni è stato mandato allo
sbaraglio a sua insaputa in un’operazione di infiltrazione e raccolta di
informazioni, al Cairo, orchestrata
dai servizi inglesi, con complicità interne all’università di Cambridge,
presso la quale il giovane operava
in qualità di ricercatore.
L’ex capo dei Ros dei carabinieri ed ex capo del Sisde (oggi Aisi)
che catturò Totò Riina, che secondo
Carlo Panella di Libero quotidiano mantiene tuttora contatti con gli
ambienti dei servizi segreti italiani
che si stanno occupando della vicenda Regeni, ha dichiarato a Radio24
che «Giulio Regeni era uno studente
che svolgeva un lavoro assegnato da
un’università inglese. Ma a Londra
chi ha assegnato la ricerca a Regeni
in Egitto è una professoressa, Maha
Abdel Rahman, di origine egiziana,
vicina alla Fratellanza musulmana,
certamente ostile all’attuale governo», ha rivelato Mori. «Lei voleva
scandagliare la situazione egiziana»,
dunque poteva essere anche di sua
iniziativa, «ma sono tecniche proprie
dell’intelligence inglese, che si avvale di ricercatori, imprenditori, industriali, turisti, per svolgere attività
di ricerca all’estero, praticamente a
costo zero».
Mori lancia anche un messaggio al governo italiano: «Scoprire
se ci sia una prova di quanto affermo
chiedendo notizie agli inglesi è compito del governo italiano che però,
finora, forse non lo ha fatto». «Indubbiamente chi ha accolto al Cairo
Regeni era coinvolto nell’attività di
contro-intelligence, e addirittura
Mohammed Abdallah, il capo del
sindacato libero degli ambulanti era
in contatto con gli agenti del Nsa,
la Sicurezza nazionale egiziana, i
loro servizi, come risulta oggi. Insomma», è la conclusione di Mori, «io
penso che lo abbiano venduto perché
chi lo ha mandato lì, lo ha mandato
nella bocca del leone».
Ecco perché fa accapponare la
pelle la trascrizione del video diffuso dagli inquirenti in cui Regeni,
a colloquio con il sindacalista degli
ambulanti che lo ha tradito, sembra
togliere il velo ad ogni ambiguità:
«Io sono solamente uno straniero in
Egitto. Sono un ricercatore e mi interessa procedere nella mia ricercaprogetto. Io, Giulio, il mio interesse è
questo. E mi interessa che voi come
venditori ambulanti fruiate del denaro in modo ufficiale, come previsto
dal progetto e dai britannici. Questo
è l’importante per me».
© Riproduzione riservata