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Nuova Zelanda senza John Key | 1
venerdì 09 dicembre 2016, 08:00
Nuova Zelanda senza John Key
Il Primo Ministro più amato della storia del Paese dimesso a sorpresa; da lunedì 12 il Paese sarà più solo
di Gabriele Abbondanza
La notizia è di quelle importanti, tanto più che non se l’aspettava nessuno, nemmeno i suoi. Il Primo Ministro neozelandese
John Key ha annunciato le sue dimissioni lo scorso lunedì, cogliendo di sorpresa tutto il Paese, a cominciare dai
suoi compagni di partito e dal resto dell’Esecutivo di cui è alla guida. Ecco come ha esordito Key nel suo discorso ufficiale:
«Solo pochi giorni fa, c’è stato l'anniversario del mio ottavo anno come Primo Ministro e il mio decimo come leader del
Partito Nazionale. Una tale occasione mi sembra adatta non solo per fare il punto degli ultimi 10 anni, ma anche per
guardare al futuro. Essere il leader sia del mio partito che del mio Paese è stata un'esperienza incredibile. Insieme al mio
Gabinetto ed ai colleghi del caucus, abbiamo guidato il Paese attraverso la crisi economica internazionale, che è
stata probabilmente la peggiore recessione dalla Grande Depressione. Siamo stati a fianco di Christchurch quando è stata
colpita dai terremoti -il più grande disastro naturale ad aver colpito il nostro Paese dal 1931- e abbiamo pianto le vittime del
disastro della miniera del Pike River; uno dei giorni più tristi che la nostra piccola Nazione abbia subito negli ultimi tempi.
Durante il mio percorso come Primo Ministro abbiamo posizionato la Nuova Zelanda in modo che la nostra economia potesse
sfruttare le opportunità offerte da un’Asia in rapida crescita e da un mondo più interconnesso. Le riforme sono state di
vasta portata, con modifiche sostanziali alle nostre leggi fiscali, assistenziali, di pianificazione e del lavoro, per non parlare
del successo della vendita parziale di alcune aziende pubbliche, la grande revisione delle nostre agenzie di giustizia e
sicurezza e, naturalmente, la liberalizzazione del commercio. A dieci anni da quando sono diventato per la prima volta leader
del Partito Nazionale, credo che possiamo guardarci indietro e trovare un miglioramento nelle nostre relazioni etniche ed uno
slancio reale del progetto dei relativi trattati. Abbiamo una Nuova Zelanda più sicura, più aperta al mondo e più
multiculturale, una Nuova Zelanda che compete e vince sul palcoscenico del mondo». Quanto al perché delle sue
dimissioni da Primo Ministro, Key ha addotto una motivazione così semplice -almeno in apparenza- e così in contrasto con le
brutture di una certa politica, che ha contribuito non poco allo shock della notizia stessa. Il capo dell’Esecutivo, in sostanza,
ha spiegato come la sua esperienza di politico (3 mandati consecutivi) abbia ingiustamente tolto troppo tempo
alla sua famiglia ed agli affetti più in generale, motivo per il quale, soddisfatto del suo operato e forte di una popolarità
molto elevata, ha deciso di lasciare l’incarico. Della famiglia di Key si è molto parlato, in questi 8 anni, di volta in
volta grazie al ruolo di first lady della moglie Bronagh, della crescita del figlio Max, oggi giovanissimo conduttore
radiofonico ed aspirante cantante, oppure a causa delle inclinazioni artistiche della figlia maggiore Stephie, la quale ha
causato più di una volta un certo imbarazzo al partito di Governo. «In tutti questi anni ho dato tutto quello che potevo al
lavoro che ho a cuore, a questo Paese che amo. Ma tutto questo è avvenuto con un certo sacrificio delle persone che mi
sono più care, la mia famiglia. Per mia moglie Bronagh ci sono state molte notti e fine settimana trascorsi da sola, in molte
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occasioni che erano importanti per lei io non potevo esserci. Mia figlia Stephie e mio figlio Max sono passati dall’essere
adolescenti all’essere giovani adulti, mentre facevano fronte ad uno straordinario livello di pressione e restrizioni della
privacy a causa del lavoro del proprio padre. Li ringrazio per la loro tolleranza. Bronagh ed io siamo immensamente
orgogliosi di loro. La mia famiglia ha avuto anche notevoli opportunità, e le esperienze che abbiamo vissuto ci hanno
permesso di incontrare persone e di visitare luoghi da un capo all'altro del nostro Paese. Abbiamo celebrato insieme a
connazionali i loro momenti più felici, e pianto con loro nella loro tristezza. In poche parole, è stato il periodo più
significativo, appagante ed emozionante della mia vita. Ma nonostante la sorprendente carriera che ho avuto in politica, non
mi sono mai visto come un politico di carriera. Non ho certamente mai voluto misurare il mio successo in politica con la
quantità di tempo passato in Parlamento». John Key ha parlato di una sorprendente carriera e, considerata la sua vita
fino ad oggi, è difficile dargli torto. Nato nel 1961 ad Auckland da padre britannico e madre austriaca, Key si è laureato in
Economia e Commercio presso la University of Canterbury di Christchurch, oltre ad aver frequentato alcuni corsi manageriali
presso l’università di Harvard. L’uomo forte della politica neozelandese si è poi inserito nel mercato del lavoro come agente
valutario, cominciando a Wellington, per poi passare ad Auckland, Singapore e poi Londra, dove venne promosso a direttore
esecutivo delle attività valutarie globali della Merrill Lynch. Proprio il periodo londinese, segnato da stipendi e bonus
milionari, ha contribuito maggiormente all’attuale fama del Primo Ministro neozelandese, descritto come 'the
smiling assassin', l’assassino che sorride. Noto per la velocità con cui effettuava decine di licenziamenti alla volta, Key
si è guadagnato la fama di attento ma spietato cultore del risanamento dei conti aziendali. Membro del Parlamento
neozelandese ininterrottamente dal 2002, John Key ha assunto un impegno politico sempre maggiore, fino ad arrivare al
ruolo di leader dell’opposizione nel 2006. Quelli erano gli ultimi anni del quinto Governo laburista, guidato dal popolare ex
Primo Ministro Helen Clark. Il 2008 fu l’anno del primo mandato da Capo del Governo, ottenuto con una massiccia
campagna elettorale incentrata sulla promessa di radicali cambiamenti in ambito economico e di politiche nazionali. La
Nuova Zelanda stava attraversando un periodo altalenante in termini economici, mentre la maggior parte dell’opinione
pubblica considerava tramontata la pur longeva stella di Clark. Ma le politiche di John Key hanno riscosso successo e
si sono incentrate, nel corso degli anni, su temi storicamente vicini al proprio partito di appartenenza. Key ha,
infatti, orientato la politica nazionale verso una crescente privatizzazione della sanità pubblica, del sistema
scolastico e di quello pensionistico, una liberalizzazione del commercio con i partner asiatici, una controversa
posizione sui diritti delle coppie omosessuali -caratterizzata da una iniziale opposizione alle unioni civili ma anche dal parere
favorevole alle adozioni per le coppie gay- una progressiva riduzione delle emissioni di gas serra e da una politica
internazionale interventista, di supporto a quella australiana e statunitense. Le idee personali del Premier che hanno
maggiormente interessato l’opinione pubblica straniera, tuttavia, riguardano la proposta oramai affondata di riforma
della bandiera nazionale e l’apertura ad una discussione che porti verso la proclamazione di una Repubblica
neozelandese, nonostante Key si dichiari un monarchico. Oggi l’intero Paese è preda della sorpresa delle dimissioni
del Primo Ministro con gli indici di gradimento più alti e più stabili della storia del Paese: si sono visti conduttori
televisivi incapaci di annunciare correttamente la notizia o molto commossi, politologi che hanno ammesso di non aver
previsto nulla di quanto accaduto, opposizioni in Parlamento pronte a cogliere l’opportunità e membri del partito di Governo
in preda ad attacchi d’ansia, in parte giustificata, dal momento che le dimissioni saranno effettive a partire dal
prossimo 12 Dicembre, lasciando tutto in mano a Bill English, attuale vice Primo Ministro. Si vocifera anche che il
Presidente USA Barack Obama stia spingendo per far nominare Key alla guida del Fondo Monetario Internazionale. Di sicuro
molto presto si aprirà la fase più intensa delle considerazioni più prettamente politiche, ma intanto c’è ancora tempo per
salutare il Primo Ministro neozelandese con le parole a lui più vicine, quelle di suo figlio Max. «Oggi è la fine di un'epoca. Dire
che sono orgoglioso di te sarebbe solo un eufemismo. Hai raggiunto il tuo sogno di bambino e mi hai mostrato che i sogni
possono essere raggiunti davvero. La politica è un campo che polarizza intrinsecamente gli animi e, di conseguenza, il
viaggio non è stato sempre facile. Nel dirci questo, hai sempre tenuto la testa alta e sei sempre rimasto positivo in maniera
contagiosa. Sei la migliore figura di riferimento che potessi chiedere e sei anche il mio eroe. Ti voglio bene, papà».
di Gabriele Abbondanza
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