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USA, Italia. La differenza | 1
giovedì 24 novembre 2016, 13:30
Politica: Lezioni americane
USA, Italia. La differenza
‘Have gun, will travel’. E adesso che Trump deve soddisfare i suoi elettori...
di Giulio Colavolpe
Quarant’anni fa, un italiano in viaggio sulla Carrillo Highway, la strada a due corsie che corre lungo tutta la California da
San Francisco a Los Angeles, viene colto alle due del mattino dall’irrefrenabile desiderio di udire la voce del figlio
adolescente rimasto a Roma. Si affianca con l’auto a una cabina telefonica praticamente nel nulla, entra, infila un soldino e
parla con il centralino. Il quale, o meglio la quale, gli rende subito il soldino informandolo che nulla deve ancora perché
ancora non ha ottenuto alcun servizio. Per parlare con l’Italia ci vogliono un po’ di monete. «Ne ha» chiede lei, e lui «No». «Si
guardi in giro, veda se c’è qualcuno o qualcosa. C’è una stazione di servizio a trecento metri. Vada a cambiare poi torni».
«Che faccio, devo appendere e richiamare?». «No» risponde lei «sarò io a richiamarla fra cinque minuti». Lui va, cambia
torna. Il telefono squilla nella cabina vuota. «E’ lei che voleva parlare con l’Italia?». «Sì». Messi i soldi padre e figlio si
parlano. A un certo momento si inserisce lei: «Ha finito il suo credito, vuole continuare? », «Sì ma…». «Mi paga dopo non si
preoccupi». Chiusa la conversazione l’italiano, che stenta a credere alle proprie orecchie, viene richiamato. Mancano ancora
due dollari e trenta centesimi. Da vero signore lui mette in eccesso, lei che ha sentito cadere le monete gli dice: «Mi ha dato
di più. Posso ridarle solo l’ultima moneta» quella che ha fatto saltare il banco «e saremmo da capo. Ma se vuole fare un’altra
chiamata, le accredito quanto ha versato in più». L’italiano ringrazia, chiude, torna barcollando all’auto, si siede e
ripensa quando appena un mese prima non è riuscito a chiamare casa alle undici di sera dalla stazione centrale
della capitale del proprio Paese perché non c’erano gettoni, le gettoniere erano o sfondate o vuote, non c’era niente di
aperto in vista e comunque non c’era neanche un telefono funzionante. Le due storie sono vere. A ben guardare, gli Stati
Uniti d’America sono in buona parte tutti qui. La libera concorrenza, il rispetto per l’utente, l’efficienza. La
centralinista lavora in una società in spietata concorrenza con altri vettori, quindi sa che deve essere cortese. Sa che deve
favorire il cliente in ogni modo possibile. Sa dove ritrovarlo tra i milioni di cabine telefoniche di una nazione-continente. Lo
stesso anno il nostro italiano visita Disneyland, quel gran baraccone dove tutto è o giostra o trenino a cremagliera e si apre
appena appena agli ologrammi laser, la novità di quegli anni. Fra le attrazioni da luna park c’è uno stand di una grande
società telefonica che vuole persuadere gli utenti alla nuova tecnica della tastiera digitare invece del vecchio telefono con
la sua ruota meccanica che fa avanti e indietro a ogni numero. I due apparecchi sono fianco a fianco. Gratis si può fare una
breve conversazione con tutti e due digitando contemporaneamente sui due sistemi. Risultato, con il sistema digitale si
risparmiano 25 secondi sul tempo di chiamata. L’italiano sorride e «Che differenza fa, vale la pena di cambiare
sistema con i costi relativi?». Vale vale, sciocchino, nel tempo di tre chiamate con il vecchio sistema con il nuovo ne fai
quattro, un terzo in più. Guadagni tempo, e il tempo qui è denaro. Il dramma della libera concorrenza ed il suo
limite è che per far lavorare tutti e dare buoni risultati deve operare in un sistema chiuso, fortemente protezionistico. Se una
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/usa-italia-la-differenza/
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grande industria aeronautica progetta una nuova macchina (gli aerei si chiamano così dal punto di vista tecnico), su internet
illustra quello che gli serve con tutte le specifiche necessarie e in breve tempo gli vengono presentati una decina di
preventivi da tutte le parti del mondo. Per avere il pezzo giusto al momento giusto, un’industria può scegliere a prezzi
marginalmente convenienti uno qualsiasi di questi fornitori. La libera concorrenza che sembrano invocare gli elettori di
Donald Trump si avvantaggia di un mercato mondiale dove ogni fornitore lavora simultaneamente per più committenti,
migliora costantemente la qualità e gode del beneficio della ‘cross-fertilization’, dell’incrocio reciproco e simultaneo di
knowhow e conoscenze. Gli USA si sono molto viziati negli ultimi tempi, la produttività è pur sempre bassa, anche se
continuamente affinata, rispetto a un indianuzzo o a un cinesino che lavorano dodici ore al giorno in condizioni
raccapriccianti, spinti da una fame plurisecolare. Il salario orario minimo pur essendo ridicolmente basso rispetto agli
standard di noi europei scialacquatori, è sempre il decuplo di quello percepito dall’indianuzzo o dal cinesino. Quando Trump
parla di ricostruire il tessuto industriale americano sa di che cosa parla? Ignora che negli stabilimenti automobilistici
ormai lavorano solo dei robot? Ignora che negli stabilimenti tessili dell’estremo oriente una sola operatrice montata su
pattini a rotelle vola su e giù controllando all’istante centinaia di macchine? Ignora che la concorrenza in un sistema
industriale avanzato comprime e non fa lievitare i salari, avvalendosi di spietati sistemi di licenziamento, insicurezza
contrattuale, inesistenza assicurativa? Ignora che la California e in parte anche il Texas sopravvivono alla grande grazie al
flusso di immigrati clandestini dal Messico? Ignora che né la Grande Muraglia ha difeso la Cina, né il Vallo di
Adriano ha tenuto a bada gli Scoti, né il limes ha dissuaso i barbari d’oriente, né le Mura Aureliane hanno protetto la
capitale del mondo antico, né il Muro di Berlino ha fermato i profughi pronti a farsi mitragliare? E che gli ultimi tre muri
esistenti (Cipro, Israele, Corea) non avranno lunga vita? Un’ultima domanda da 64.000 US$ (cercare su internet) al
neoletto: come pensa di indurre il mondo finanziario americano che vive di cabale, giochi, artifici tutti severamente
scollegati da un’economia reale, a finanziare la riapertura degli stabilimenti di Detroit? Siamo sempre lì: più che
chiedersi che cosa vuol fare lui bisogna chiedersi seriamente che cosa vogliono in realtà i suoi elettori. Tornare all’era
dei pionieri? Tornare alla mitica età dell’oro? Una delle pubblicità più efficaci nella storia è quella di un cacciatore di taglie
nel Far West, pubblicata su un giornale locale verso la fine del’’800. Diceva semplicemente «Have gun, will travel»,
«Possiedo un fucile, sono disposto a viaggiare». Quanto al fucile, lì ce l’hanno tutti, mediamente un paio a testa. Ma i
tempi sono cambiati, non tanto, come vedremo, ma quel poco che basta a rimettere il gioco tutto un sistema.
di Giulio Colavolpe
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