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Scuola, cultura, università: l’Italia investe meno degli altri Paesi europei
BY LA REDAZIONE | 7 DICEMBRE 2016 ATTUALITÀ L’investimento che lo
Stato italiano
affronta per formare i suoi cittadini rimane esiguo, anzi, si assottiglia: lo certifica l’
Ocse
attraverso i risultati dei test
Programme for international student assessment (Pisa)-Invalsi
2015 che continuano a dire che il divario di preparazione dei nostri studenti 15enni “resta nelle retrovie per le competenze tra i 35 Paesi aderenti all’organizzazione”. “l’Italia – scrive l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – investe circa
81mila euro a studente
tra i 6 e i 15 anni, vicino alla media Ocse di 84mila euro. Tra 2005 e 2013, tuttavia, la
spesa pubblica per studente è calata di circa l’11%
in termini reali, mentre
nella media Ocse
dei Paesi con dati disponibili
è cresciuta del 19%
”.
Numeri non certo incoraggianti per il mondo della
scuola
, così come per quello civile.
L’Italia stenta ad adeguarsi agli altri Paesi moderni. Il
dimensionamento scolastico
, con 4mila istituti autonomi tagliati su 12mila, l’aumento progressivo del numero di alunni per classe, gli incessanti
tagli
operati dagli ultimi governi, anche nei confronti degli enti locali, fanno parte dello stesso comun denominatore orientato al
risparmio
nel settore Istruzione. Nel computo, si possono inserire pure i sempre “magri” stipendi di docenti e Ata, oltre che dei dirigenti scolastici: ne risulta che nella Penisola ci si ritrova con un davvero
troppo esiguo investimento sull’istruzione rispetto al Pil
, tanto da confermarsi tra i più bassi del vecchio Continente.
Anche secondo i dati
Eurostat
, l’Istituto statistico della
Commissione europea
, l’Italia si trova all’
ultimo posto per la spesa pubblica destinata alla formazione tra i paesi dell’Unione europea
(7,9% nel 2014 a fronte del 10,2% medio dell’Ue). Lo Stivale si posiziona, inoltre, al
penultimo posto per la spesa destinata alla cultura
con 1,4% a POST RECENTI POST POPOLARI TAG 7 DICEMBRE 2016
Scuola, cultura, università: l’Italia investe meno degli altri Paesi europei 7 DICEMBRE 2016 0 Messina. Nel Villaggio di Babbo Natale divertimento, artigianato e beneficenza 7 DICEMBRE 2016 0 Edilizia scolastica, “Messina esempio da seguire”.
Parola di Italia Sicura COMMENTI RECENTI
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fronte del 2,1% medio dell’Unione europea. Seguendo la percentuale sul Pil, la spesa dell’Italia investita nel settore dell’
educazione
è pari al 4,1% a dispetto del 4,9% medio dell’Ue.
A livello universitario
non va meglio: l’Italia è l’unico Paese dell’Ocse che
dal 1995 non ha aumentato la spesa per studente
, contro un aumento in media del 62% degli altri. Nelle università, si registra una perenne situazione di stand by con sempre meno iscritti, troppi studenti fuori corso e un numero altissimo di cultori, assegnisti, dottori di ricerca, ricercatori (figura a esaurimento) e quasi-docenti in perenne attesa di fare il “salto” negli organici accademici.
Marcello Pacifico
, presidente
Anief
e segretario confederale
Cisal
, crede che “per ripartire e rilanciare il mondo dell’Istruzione oggi, in Italia, è indispensabile operare un’inversione di marcia: bisogna guardare a questo mondo con occhi diversi, considerando le risorse per scuola e università non più come una spesa (non lo sono mai stati), ma come un
investimento per il futuro dei cittadini di domani
. Se non cambieremo atteggiamento, resterà immutata anche la situazione, già tragica, per ammissione del
ministero dell’Economia
, secondo il quale la spesa pubblica per l’Istruzione rispetto al Pil sarà in continuo calo almeno fino al 2035, passando dal 4% al 3,2%, per poi risalire, ma solo leggermente, fino al 3,4% almeno fino al 2060”.
“Sappiamo bene che un giovane ben formato e preparato è una risorsa per il suo Paese che ha investito proprio su quella formazione, non solo per la cittadinanza, ma anche per rilanciare lo sviluppo economico. Spendere di più nell’istruzione, equivale a credere nella capacità civilizzatrice dei cittadini. Ciò risulta indispensabile per creare una società sempre più equa, basata sui principi dell’uguaglianza e della crescita”, conclude il sindacalista Anief-Cisal.
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