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Giovedì 1 Dicembre 2016
PRIMO PIANO
È LA PRIMA RIDUZIONE IN OTTO ANNI. E SUBITO IL PETROLIO VOLA A 50 DOLLARI AL BARILE
L’Opec taglia la produzione
L’output diminuirà di 1,2 milioni di barili al giorno. La Russia partecipa all’intesa. L’Arabia Saudita
cambia politica dopo che la corsa al ribasso da lei voluta non è riuscita a eliminare la concorrenza Usa
di Marcello Bussi
I
l primo taglio alla produzione di petrolio deciso
dall’Opec negli ultimi
otto anni. L’accordo è stato raggiunto ieri a Vienna e
non appena si è capito che
era ormai a portata di mano,
i prezzi del petrolio si sono
impennati. Così il Wti è salito del 9,8% a 49,65 dollari
al barile, il Brent dell’8,5%
a 50,32dollari. Dopo tanti
incontri dell’Opec conclusi
senza successo, Paul Mumford, analista di Cavendish
Asset Management, si è detto soddisfatto della decisione del Cartello di tagliare la
produzione, sottolineando
però che i prezzi dovrebbero
stabilizzarsi dopo l’impennata di ieri. Mentre Angelo Meda, responsabile azionario di
Banor sim, ha osservato che
l’intesa «dovrebbe mettere un
pavimento al prezzo del petrolio
sull’area 45/50 dollari, mentre i
movimenti al rialzo saranno ora determinati dalla
produzione Usa di shale
oil, che sta già risalendo,
e dall’effettivo grado di
compliance dell’Opec,
visto che in passato ci
sono stati in passato
annunci di tagli che poi
nella realtà non sono stati implementati».
Non tutti sono però
convinti che il taglio
annunciato ieri sia
sufficiente a riportare
l’equilibrio nella volatilità dei prezzi del
greggio. Secondo gli
esperti di Stephens la
matematica suggerisce che
sia in corso uno squilibrio ed
è probabile che persista anche
nel 2017». Inoltre ci vorrà un
lungo periodo di bassa produzione per sgonfiare le riserve
di greggio. «Per normalizzare
le scorte alla loro media degli
ultimi dieci anni», secondo
Stephens, «l’offerta dovrebbe
S&P prevede l’estensione del Qe per tutto il 2017
tandard&Poor’s prevede che la Bce prorogherà
S
la durata del Qe, in scadenza a marzo 2017,
fino alla fine dell’anno prossimo così da limitare
l’impatto dell’irrigidimento della curva dei rendimenti emerso dopo le elezioni presidenziali negli
Usa. Nel rapporto, S&P prevede, inoltre, che la
«modesta ripresa» dell’Eurozona continuerà con
una crescita stimata all’1,4% nel 2017 e all’1,3%
nel 2018. Tuttavia, «le prospettive di inflazione
sono ancora deboli e i rendimenti dei titoli sovrani
sono in aumento dalle elezioni presidenziali negli
Usa». Lo spostamento del trend dei mercati del
capitale dai bond verso i listini azionari emerso
dopo l’elezione di Trump alla Casa Bianca «ha
portato a un consistente aumento dei rendimenti
obbligazionari a livello globale», ha sottolineato
Jean-Michel Six, capo economista per l’Europa
e il Medio Oriente di S&P Global Ratings. L’aumento generalizzato dei rendimenti obbligazionari a fronte di prospettive di inflazione ancora
deboli «comporta per la Bce una posizione diversa rispetto al periodo antecedente le elezioni negli
Usa». Nella corsa verso le elezioni statunitensi
sono emerse voci di mercato secondo cui la Bce
avrebbe iniziato un tapering, ovvero una riduzione
graduale dei volumi mensili di acquisto di titoli
del suo programma di allentamento quantitativo
a partire dal marzo 2017. L’opinione concorde
era che la ripresa economica procedesse secondo
i piani, mentre l’inflazione complessiva doveva
risalire grazie all’aumento dei prezzi dell’energia.
«Il recente aumento dei rendimenti obbligazionari
a livello globale rappresenta però, dal punto di
vista dell’area dell’euro, un irrigidimento prematuro delle condizioni finanziarie che sarà solo
in parte compensato dall’indebolimento dell’euro». Inoltre S&P ha osservato come la risposta
dell’economia dell’Eurozona all’aggressivo stimolo monetario messo in campo dalla Bce sia
stata «particolarmente debole», in parte a causa
dei livelli ancora elevati di debito privato e societario. «Il lento processo di riduzione della leva finanziaria nel settore privato dell’area dell’euro ha
ostacolato la trasmissione delle politiche monetarie all’economia reale», ha spiegato Six secondo
il quale è più difficile incentivare la crescita del
credito in economie che stanno ancora tentando
di risolvere il problema di alti livelli di debito. La
politica di tassi di interesse ultra-bassi da parte
della Bce «ha anche ridotto il servizio del debito
per il settore pubblico e privato, allentando
le condizioni di finanziamento»
TAGLI ALLA PRODUZIONE DENTRO E FUORI L’OPEC
Numero di barili al giorno
Mohammed al-Sada
PETROLIO WTI
50
In dollari al barile - INTRADAY
49
48
49,34 $
47
46
9.00
13.00
17.30
viaggiare, per circa un anno
e mezzo, a 1 milione di barili al giorno al di sotto della
domanda». I Paesi dell’Opec
◆
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◆
◆
Arabia Saudita
Russia
Iraq
Emirati Arabi Uniti
Kuwait
Venezuela
Angola
Algeria
Qatar
Ecuador
Gabon
Libia
Nigeria
Iran
Indonesia
486.000
300.000
210.000
139.000
131.000
95.000
87.000
50.000
30.000
26.000
9.000
0
0
congela a 3,8 mln
sospesa dall'Opec
GRAFICA MF-MILANO FINANZA
hanno dunque deciso una
taglio congiunto della produzione pari a 1,2 milioni di
barili al giorno, che porterà
OGGI SU MILANOFINANZA.IT
il tetto produttivo complessivo a 32,5 milioni di barili
al giorno. A venire ritirati
dal mercato saranno però in
IL SONDAGGIO
Alla domanda «Quale titolo del lusso
o
titaliano farà meglio a Natale?», i lettori hanno risposto così:
1 Ynap
24,1%
2 Moncler
46,8%
3 Luxottica
29,1%
Quanto cresce l’Italia
La salute dell’economia italiana in autunno: in uscita il dato finale sul pil del terzo
trimestre. L’analisi degli esperti a partire
dalle 11:00 su Class Cnbc (507 Sky)
www.milanofinanza.it
Le notizie più lette
future: spunti operativi
1 FtseMib
per mercoledì 30 novembre
Affari sale,
Unicredit debole
2 Piazza
Usa positivi,
Piazza Affari spicca con taglio Opec
3 Dati
Partecipate al nuovo sondaggio proposto da
MilanoFinanza online: dopo l’accordo raggiunto dall’Opec, quanto varrà un barile di
petrolio Wti a fine anno? Le vostre risposte
su www.milanofinanza.it
1 Oltre 53 dollari
2 Tra 48 e 53 dollari
3 Meno di 48 dollari
totale 1,8 milioni di barili al
giorno in quanto, ha dichiarato il presidente dell’Opec,
nonché ministro del Petrolio
del Qatar, Mohammed Bin
Saleh Al-Sada, alcuni grandi
produttori esterni all’Opec
hanno accettato di effettuare
una riduzione complessiva
di 600 mila barili al giorno,
300 mila dei quali a carico
della Russia. Sono esentati dall’iniziativa la Libia, la
Nigeria e l’Iran. I due grandi
rivali, Teheran e Riad, sono
quindi riusciti a giungere a un
compromesso.
All’Iran, che aveva chiesto
di essere esentato dal taglio
generale in virtù degli effetti disastrosi che le sanzioni
occidentali avevano prodotto
sull’economia del Paese, è
stato concesso di incrementare la produzione di petrolio fino a 3,975 milioni di barili al
giorno, mentre l’Arabia Saudita si è fatta carico di quasi la
metà del taglio totale, con una
riduzione di 486 mila barili
al giorno. L’Iraq, che inizialmente aveva cercato di tirarsi
indietro, effettuerà invece un
taglio da 210 mila barili al
giorno, portando l’output a
4,35 milioni di barili al giorno. L’accordo raggiunto ieri
segna nell’immediato una vittoria dell’Arabia Saudita, che
da tempo voleva un taglio alla
produzione. Ma in realtà è il
segnale della sconfitta della
sua strategia iniziata con il
vertice Opec del 27 novembre 2014, quando Riad riuscì
a far prevalere la decisione
di mantenere la produzione
invariata nonostante il forte
aumento dell’offerta globale
legato al boom dello shale oil
nordamericano.
L’obiettivo saudita era proprio far crollare i prezzi per
non perdere quote di mercato
a favore dei produttori di idrocarburi non convenzionali di
Usa e Canada che, sulla carta,
avrebbero dovuto finire per
cedere alla luce dei costi di
produzione molto più elevati
rispetto ai Paesi del Golfo. I
produttori di shale oil mostrarono però un’efficienza e
una resistenza imprevedibili
al tonfo dei prezzi, scesi dai
70 dollari al barile di fine
2014 ai 26-27 dollari al barile
dello scorso gennaio. Fallito
l’obiettivo di mandare fuori
mercato i concorrenti Usa,
Riad è dovuta tornare alla
tradizionale politica dei tagli
alla produzione per mantenere i prezzi alti. (riproduzione
riservata)
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