Putin spinge il petrolio verso 54

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Martedì 11 Ottobre 2016
PRIMO PIANO
IL PREZZO DEL GREGGIO HA SEGNATO RIALZO DEL 3%, AI MASSIMI DEGLI ULTIMI 12 MESI
Putin spinge il petrolio verso 54 $
Quotazioni del barile in rally dopo l’apertura della Russia a un congelamento o addirittura a un taglio
della produzione. Il ministro saudita ha invece ipotizzato un ritorno a 60 dollari entro la fine dell’anno
DUE ANNI DI ANDAMENTO DEL PETROLIO WTI E BRENT
di Ester Corvi
In dollari al barile
100
P
rezzi del petrolio in deciso rialzo (+3%), con
il Brent che ha toccato
ieri i massimi da un
anno (53,73 dollari al barile)
dopo le dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin,
che ha detto di essere pronto
a congelare o tagliare la produzione, in linea con quanto
deciso dall’Opec (l’Organizzazione dei Paesi produttori)
lo scorso 28 settembre. La
quotazione raggiunta è la più
alta dall’ottobre 2015, quando
il greggio toccò 54,05 dollari
al barile. Il Wti ha toccato invece 51,78 dollari (+2,8%).
Il presidente russo Vladimir
Putin, intervenendo al Forum
internazionale dell’energia a
Istanbul, ha mostrato quindi
il suo sostegno agli sforzi
internazionali per limitare la
produzione di petrolio. «Crediamo che il congelamento, o
addirittura la riduzione della
produzione, siano gli unici
modi per salvaguardare la stabilità del settore energetico»
ha detto il capo del Cremlino
durante la conferenza a Istanbul, ribadendo che Mosca «è
pronta a unirsi agli sforzi»
e che è necessario che «altri
facciano lo stesso».
Anche Alexander Novak, ministro dell’Energia russo, si è
mostrato favorevole a questa
decisione, puntualizzando che
per Mosca «è più vantaggioso»
congelare piuttosto che tagliare
l’output, ma che ben presto discuterà una nuova proposta mirata a stabilizzare la produzione
di petrolio con l’Opec. «Fino a
questo momento», ha affermato
80
Brent 51,69 $
60
40
WTI 51,13 $
20
2014
2015
2016
GRAFICA MF-MILANO FINANZA
Italia, balzo della produzione industriale ad agosto
alzo della produzione industriale in Italia
B
ad agosto: l’indice è aumentato dell’1,7%
rispetto a luglio. Questa crescita determina
nella media del trimestre giugno-agosto un
incremento dello 0,4% rispetto al trimestre
precedente. Lo ha reso noto ieri l’Istat, precisando che, corretto per gli effetti di calendario,
ad agosto l’indice è aumentato in termini tendenziali del 4,1%, il balzo maggiore dall’agosto 2011. Nella media dei primi otto mesi
dell’anno la produzione e’ aumentata dell’1%
rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
L’indice destagionalizzato mensile presenta
variazioni congiunturali positive nei raggruppamenti dei beni strumentali (+6,6%), dei beni intermedi (+3,1%) e dell’energia (+1,4%).
Novak, «non avevamo mai parlato di un taglio alla produzione,
non a Doha, né a febbraio o ad
aprile. Avevamo solo discusso
di un eventuale congelamento»
dei livelli di output.
La riunione informale
dell’Opec di Algeri, che si è
svolta a fine settembre, ha prodotto una bozza di accordo che
impegna i Paesi membri a contenere la produzione di greggio
a 32,5-33 milioni di barili al
giorno. La Russia non aveva
Segnano invece una variazione negativa i beni
di consumo (-0,5%). In termini tendenziali
gli indici corretti per gli effetti di calendario
registrano un significativo aumento nel raggruppamento dei beni strumentali (+12,5%)
e dei beni intermedi (+7,6%); diminuiscono
invece i comparti dell’energia (-4,1%) e dei
beni di consumo (-1,3%). Soddisfazione è
stata espressa dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti: «Questo dato sulla produzione
industriale è molto positivo e va messo dentro
un contesto che non è brillantissimo, perché i
dati sul commercio estero sono in sofferenza;
siccome noi abbiamo una forte componente
di export, sappiamo che è lì che dobbiamo
lavorare con maggior attenzione».
preso parte alle discussioni,
ma il Cartello ha sempre mostrato la volontà di includerla
in un eventuale accordo.
Nel frattempo i dati della Cftc
Usa (Commodity futures trading commission) evidenziano
che gli hedge fund hanno incrementato le posizioni speculative sul Wti, che hanno toccato un massimo dal maggio
2015. In rialzo del 24% circa
anche le posizioni nette lunghe
(rialziste) sul Brent. Non tutti
sono però d’accordo su questa impostazione. Per esempio
Hamza Khan, specialista del
settore commodity presso Ing
Bank, ritiene che «il massiccio posizionamento rialzista
renda il mercato vulnerabile
a sell-off speculativi».
L’Arabia Saudita ha invece
confermato il suo ottimismo
circa la buona riuscita di un
accordo sul taglio dell’output
di greggio, che potrebbe essere raggiunto nel corso del me-
eting tra i principali produttori
previsto il 30 novembre prossimo. Il ministro dell’energia
del Paese, Khalid al-Falih, ha
sottolineato che i produttori
al di fuori del cartello hanno
già espresso la loro intenzione di lavorare con l’Opec per
ridurre l’eccesso di offerta di
greggio. A suo parere, visto
di trend in forte crescita dei
prezzi, il barile potrebbe tornare a quota 60 dollari entro
la fine dell’anno.
Era presente all’evento di
Istanbul anche il ministro del
Petrolio dell’Iraq, Jabar alLuaibi, che tuttavia non prenderà parte ai dialoghi informali
che si terranno in Turchia tra
Paesi Opec e non. Il ministro
ha comunque confermato l’impegno dell’Iraq a dialogare
con tutti i produttori di greggio
per garantire la cooperazione
necessaria a dare sostegno alle quotazioni. Il ministro del
petrolio venezuelano, Eulogio del Pino, ha infine avvertito che i prezzi sono ancora
troppo bassi e non sostenibili,
invitando tutti i Paesi produttori a trovare un accordo per
stabilizzare il mercato.
Tenendo conto di questi fattori, secondo gli analisti di Intermonte Advisory e Gestione
«la tregua forse temporanea
tra Paesi produttori aumenta la
visibilità di uno scenario meno
volatile, alzando il range atteso
dal mercato sul prezzo del petrolio di circa 5 dollari in area
45-55 dollari e migliorando i
fondamentali del settore.» (riproduzione riservata)
Quotazioni, altre news e analisi su
www.milanofinanza.it/petrolio
Il commissario Ue: sul deficit vedo numeri che non ci aspettavamo. L’Eurogruppo approva la nuova tranche di aiuti alla Grecia
Moscovici sull’Italia: è presto per parlare di cifre
di Marcello Bussi
L
a Commissione europea aspetta di
vedere quali saranno le cifre precise
del bilancio programmatico per il
2017, che il governo presenterà entro
una settimana. Per ora, «non è un segreto che stiamo lavorando e in questi
giorni sono previste altre riunioni politiche», ha ricordato ieri il commissario
Ue agli Affari economici e finanziari,
Pierre Moscovici, al termine dell’Eurogruppo, la riunione dei ministri delle
Finanze dei 19 Paesi euro presieduta da
Jeroen Dijsselbloem. «Circolano cifre
che non sono quelle che ci aspettavamo», ha osservato, «quindi vedremo
alla fine quali saranno: c’è ancora tempo per parlarne». «La posizione della
Commissione è nota: pieno rispetto del
piano di stabilità e crescita con la flessibilità che prevede. All’Italia è già stata
concessa per gli investimenti, e siamo
pronti a farlo ancora
per quanto riguarda le
spese per il terremoto
e per l’accoglienza dei
rifugiati, sempre nel
quadro delle regole,
seguendo il manuale
di istruzioni: ora aspettiamo i dati». Sempre
ieri, l’Eurogruppo ha
deciso che la Grecia
ha fatto le riforme nePierre
cessarie per ottenere
Moscovici
un’altra tranche di finanziamenti da parte
dei partner internazionali. «L’attuazione del set di 15 riforme prepara la
strada a un primo finanziamento da 1,1
miliardi», si legge nella dichiarazione
finale. I progressi effettuati da Atene
nel rimborso dei debiti arretrati da parte
della pubblica amministrazione renderà
possibile un ulteriore
esborso di 1,7 miliardi
destinati allo speciale
fondo per finanziare
gli arretrati: in tutto,
dunque, 2,8 miliardi
che completano la seconda tranche da 10,3
miliardi. L’accordo fra
la Grecia e i partner
europei per un terzo
programma di aiuti da
86 miliari in cambio di
un intenso piano di riforme era stato
raggiunto nel luglio 2015 al termine di
una lunga e complessa trattativa con il
governo Tsipras. Finora il Fondo monetario internazionale non ha partecipato
a questo piano, insistendo sulla necessità di una ristrutturazione del debito
greco, che invece non tutti gli altri Paesi
e istituzioni europee coinvolte (i partner
Euro, la Commissione Ue, la Bce e il
fondo salva stati Esm) condividono. La
discussione su questo tema è stata avviata la scorsa primavera, prevedendo
misure concrete nel 2018, ma non è
stata all’ordine del giorno della riunione di ieri in Lussemburgo. Per finire,
Dijsselbloem ha affermato che spetta
alla Commissione europea decidere su
eventuali sanzioni per deficit eccessivo per Spagna e Portogallo. «Non ritengo che le sanzioni siano una misura
efficace, ma che siano uno strumento
di ultima istanza», ha aggiunto. (riproduzione riservata)