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Sui punti nascita, Dott. Loroni: "Razionalizzare per garantire
più assistenza a madri e neonati"
Giovedì 10 Novembre 2016
Loroni, che è stato fino al 2010 direttore dell'Unità Operativa Complessa di Pediatria e
Neonatologia dell'Ausl di Ravenna, aggiunge: "Il vero problema è legato alla carenza
cronica di pediatri, figura che potrebbe scomparire"
Foto dal sito della Clinica S. Francesco
Mentre non si placa la polemica politica, la battaglia dei cittadini, rinfocolata ieri dalla presa di posizione delle Organizzazioni
sindacali confederali della Sanità, rispetto al riordino - programmato dalla Direzione della AUSL Romagna - delle strutture
ospedaliere di Ravenna, Lugo e Faenza, abbiamo voluto chiedere al dottor Leonardo Loroni, per anni direttore dell'Unità
Operativa Complessa di Pediatria e Neonatologia dell'Ausl di Ravenna e oggi esponente dell’associazione “Dalla Parte dei
Minori”, la sua posizione rispetto all'assistenza appropriata alla nascita della madre e del neonato nella Regione Emilia
Romagna e nella Azienda Sanitaria della Romagna.
Dottor Loroni, che ne pensa della riorganizzazione proposta dall'Ausl?
"Condivido la scelta della AUSL Romagna di voler razionalizzare i cosiddetti “Punti nascita” (linee d'indirizzo per la
riorganizzazione ospedaliera Azienda Ausl Romagna luglio 2016) non solo perché questa riorganizzazione è il frutto di
decisioni assunte a livello nazionale (Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010, documento del 2012 dell’AGENAS Agenzia nazionale per i servizi sanitari circa gli standard per la valutazione dei punti nascita) e perché fa riferimento alle linee
di indirizzo della Regione Emilia-Romagna per la riorganizzazione della rete ospedaliera, DM 70/2015 nel capitolo 4.4 relativo
a parti e punti nascita ma, soprattutto, perché risponde ai criteri di massima assistenza e sicurezza che si devono avere nei
confronti della madre e del bambino".
Qual è il contenuto di questi documenti?
"L'accordo Stato Regioni del 16 dicembre 2010 su ''linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della
sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali del percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo" e il
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documento dell'AGENAS su "gli standard per la valutazione dei punti nascita 2012" stabiliscono i requisiti strutturali,
tecnologici ed organizzativi per la riorganizzazione dei punti nascita e delle Unità Operative di pediatria/neonatologia e
Terapia Intensiva Neonatale.
Si prevedono punti nascita di I livello con 500-1000 parti all'anno o meno di 1000 all'anno, ma senza TIN (Terapia Intensiva
Neonatale-definiti Spoke), con standard di qualità che prevedono anche una assistenza h24 ostetrica,
pediatrica/neonatologica ed anestesiologica, ed una integrazione funzionale con lo STAM (trasporto materno-fetale) e STEN
(trasporto neonatale).
Si prevedono punti nascita di II livello con TIN (definiti Hub). Le linee di indirizzo della Regione Emilia-Romagna del 2015
mirano a realizzare tale accordo, garantendo così la migliore tutela della salute della donna e del bambino, prevedendo il
superamento dei punti nascita con meno di 1000 parti; nel DGR 2040/2015 è dato mandato alla Commissione nascita
Regionale di contribuire alla attuazione di un piano di redifinizione della rete dei punti nascita".
Non le sembra una contraddizione un aumento e miglioramento dell’assistenza che passa per la riduzione dei punti
di assistenza?
"Nella nostra Regione ci sono 12 punti nascita con meno di 1000 parti all'anno, 15 punti nascita con più di 1000 parti all'anno,
di questi 9 hanno una TIN (terapia intensiva Neonatale). Le linee di indirizzo della Regione Emilia Romagna prevedono il
superamento dei punti nascita con meno di 1000 parti all'anno, con rispetto degli standard di qualità e garantendo così la
massima assistenza e sicurezza nei confronti della madre e del bambino.
Nell'area della provincia di Ravenna sono presenti attualmente due livelli di assistenza: uno di primo livello (con parti tra 5001000/anno come nel caso di Faenza e Lugo e superiore a 1000 come nel caso di Forli) detti “Spoke” senza TIN (Terapia
Intensiva Neonatale, ma che prevedono da settembre del 2016 anche un’assistenza h24 pediatrica-neonatologica oltre a
quella ostetrica-ginecologica ed anestesiologica, ed una integrazione funzionale con lo STAM (trasporto materno-fetale) e
STEN (trasporto in emergenza neonatale), dove verrebbero assistite le mamme “a basso rischio” ed un altro di secondo livello
(definito “Hub”) dove è prevista, invece, la Terapia Intensiva Neonatale, dove devono confluire le “gravidanze a rischio” e tutti i
neonati con patologia. Ad una visione non attenta, non sembra esserci alcuna riduzione dell’assistenza che, al contrario,
assume una modalità più rispondente alle reali necessità della mamma e del bambino mettendo il professionista nella
condizione di guidare la puerpera al luogo più sicuro per lei e per il neonato, per epoca di gestazione e/o per peso fetale
stimato.
A cosa sono dovute, allora, tutte le contestazioni a cui stiamo assistendo da parte dei vari comitati, dei sindacati e
dei sindaci?
"Io credo che, come sempre accade in questi casi, ci sia un problema di comunicazione e di informazione. Prima di tutto da
parte di chi ha predisposto la riorganizzazione (AUSL) che non è riuscito a spiegare fino in fondo i motivi veri che hanno
guidato le scelte, facendo apparire la decisione come un modo che mira solo a “risparmiare”. Un fatto giusto e legittimo se
messo in relazione al recupero di energie (umane ed economiche) da mettere a disposizione dei casi più gravi ma che, al
contrario, se viene vissuto come un “risparmio” sic et simpliciter sulla pelle delle persone risulta, altresì, come un’offesa ed un
abuso.
Non sottovaluterei, poi, la posizione degli amministratori locali e delle forze politiche che, ossessionati dal consenso, hanno
una sorta di timore a collaborare per aumentare i livelli di consapevolezza dei cittadini e, anzi, si sentono presi in mezzo dalle
decisioni della AUSL. Proprio in relazione a tale atteggiamento degli amministratori, infatti, mi chiedo come sia possibile che la
AUSL abbia assunto le sue decisioni nonostante il parere critico degli operatori sanitari, senza consultazione ed informativa
con i rappresentanti politici locali e prima della conferenza territoriale, addossando - di fatto - la responsabilità alla politica?"
Stando alla sua versione dei fatti, dunque, il risparmio sarebbe “circolare” e risulterebbe a vantaggio dei cittadini?
"Certamente! Non solo, con l’accentramento dei casi “gravi” si liberano risorse umane (pediatri, neonatologi) da destinare a
chi ne ha più bisogno ma, soprattutto, si evitano i rischi legati alla bassa soglia di esperienza degli operatori che, nei punti
nascita con meno di mille parti per anno realizzano (fortunatamente) una bassa incidenza (2/3 per mille) di condizioni
d’urgenza con la conseguente scarsa expertise. Si tenga presente, poi, che insieme al conseguente adeguamento del
personale ostetrico e medico a Ravenna ci sarà, proprio grazie alla liberazione di risorse economiche, anche un
adeguamento dei posti letto di ostetricia a Ravenna e non, come paventato, una loro diminuzione".
Tutto va bene, allora?
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"Ovviamente, quando si fanno ristrutturazioni di tale portata esistono sempre dei rischi e dei problemi. Quelli che, almeno a
me, appaiono chiari - a parte le lungaggini e il troppo tempo trascorso tra il documento nazionale e le scelte della Regione e
dell’Azienda - sono fondamentalmente due.
Il primo è legato alla necessità, come già detto - per garantire alla mamma e al bambino un’adeguata assistenza al momento
del parto, oltre che per un razionale utilizzo delle risorse - di applicare fino in fondo il documento della Conferenza StatoRegioni realizzando solo “punti nascita” con parti > ai 1000 nati.
Il secondo è legato alla situazione di carenza dei pediatri ospedalieri di Ravenna e, più in generale, in tutta la AUSL
Romagna. Una carenza cronica che, collegata all’attivazione della guardia pediatrica h24 nei punti nascita con meno di 1000
parti anno, rischia di mettere a rischio le attività ambulatoriali e Day Hospital molto importanti per garantire assistenza e
continuità a bambini con malattie croniche e disabilità, distogliendo inoltre risorse da settori della pediatria, neuropsichiatria
infantile e servizi sociali in grave sofferenza. Si pensi, inoltre, che la situazione è destinata a peggiorare se sono vere le
proiezioni e le stime che danno una riduzione del numero dei pediatri, entro il 2025, dagli attuali 15mila a poco più di 8mila.
Il rischio vero, se non si pone un rimedio è che nei prossimi anni anche in Italia, com’è già accaduto nel resto d’Europa,
saremo costretti a fare a meno del medico dell’infanzia riportando le sue competenze al medico di medicina generale.
Sono queste le questioni che dovrebbero preoccupare AUSL, amministratori e cittadini. Problemi importanti se confrontati alle
pseudo-urgenze pediatriche o alla riduzione di punti nascita dove, nella quasi totalità dei casi, fortunatamente, si ricoverano
puerpere per poco più di 2 giorni, per 1 o 2, raramente, 3 volte nella vita!"
a cura di Alessandro Bongarzone
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