Debole e arrogante, Hillary era il candidato

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GIOVEDI 10 NOVEMBRE 2016 • CORRIERE CANADESE
6
USA 2016
IL COMMENTO
Debole e arrogante, Hillary era il candidato peggiore
LEONARDO N.
MOLINELLI
TORONTO - Ma era davvero così
impensabile che Hillary Clinton
perdesse queste elezioni? Perché in fondo la clamorosa sconitta dell’ex segretario di Stato nella
corsa alla Casa Bianca conferma i
dubbi che hanno circondato la sua
campagna elettorale in dall’inizio.
Sin dall’inizio infatti la candidatura della ex First Lady ha creato
malumori e sollevato interrogativi.
Perché i punti deboli della candidata erano davvero troppi. Dai rapporti con Wall Street, alle indagini per il Mailgate. E poi c’erano le
decisioni sulla Libia, le chiacchiere sul ruolo della Clinton Foundation e soprattutto lo scarso appeal emotivo nei confronti dell’elettorato, oltre che un odio sordo nei
suoi confronti da parte del popolo
repubblicano.
A rendere però impopolare la
candidatura di Hillary Clinton era
soprattutto quella sensazione che
fosse una nomina imposta dall’alto. Un po’ come ricompensa per aver lasciato strada a Barack Obama
nel 2008, un po’ perché rappresentava al meglio il legame dei democratici con le élite economiche e inanziarie del Paese.
E questo, in una campagna elettorale che ha messo al centro il disprezzo del popolo verso le élite
era un handicap troppo forte. Lo
Una elettrice democratica durante le primarie
hanno dimostrato perfettamente le primarie democratiche, dove
la candidatura di Clinton ha faticato molto più del previsto contro
Bernie Sanders. Un 75 enne “socialista” che solo sulla carta doveva essere un rivale è infatti riuscito a mettere in crisi una delle macchine politiche più potenti di tutti i tempi (perché questo è, o for-
se è più giusto dire era, la famiglia
Clinton).
Il nuovo “New Deal” di Sanders
ha fatto capire che un’altra via era possibile ma che i democratici
avevano scelto le élite invece che
il popolo. Questo ha messo in crisi quella che doveva essere una cavalcata trionfale di Clinton verso
la nomination, indicando inoltre
a Trump e all’opinione pubblica i
punti deboli della candidata.
Tutto ciò è stato però possibile solamente perché questa candidatura era efettivamente debole e
con quel senso di inevitabilità dinastica che il popolo americano ha
riiutato. Wikileaks ci ha poi dimostrato che la sensazione che il partito fosse disposto a tutto pur di far
vincere le primarie a Hillary contro Bernie era una realtà. E neppure la commovente lealtà di Sanders
dopo la sconitta ha aiutato la Clinton a riconquistare tutti i voti persi per la strada.
Troppo fredda, distaccata e saccente per riuscire a vincere una
campagna che aveva ormai abbandonato i fatti per basarsi solo sulle sensazioni. E infatti ha perso
contro un bugiardo cronico, che si
vanta di evadere le tasse e di molestare le donne. Ma che sa parlare, e
irretire, il popolo.
Clinton non poteva prevalere.
Troppo acciaccata dai propri scandali per poter attaccare l’avversario e risultare credibile. E troppo convinta che quella poltrona le
spettasse di diritto per aver sopportato l’insopportabile durante il
mandato del marito. Doveva fare il
•
pieno del voto
femminile, di quello
ispanico e di quello afroamericano
e ha fallito. Doveva rappresentare
le minoranze e la classe media, lei
che incassava 250mila dollari per
un discorso a Wall Street.
E così, il destino befardo ha voluto che fosse un uomo con gli
stessi difetti del marito a toglierle
il sogno della Casa Bianca. E a interrompere deinitivamente questa
dinamica dinastica che già Obama
nel 2008 aveva fatto saltare.
Avesse parlato in campagna elettorale con l’onestà e l’umanità con
cui ieri ha commentato la sconitta adesso scriveremmo cose diverse. E il mondo sarebbe un po’ più
sicuro.
MEDITERRANEO
Da Michael Moore ai Simpson, ecco chi aveva previsto l’imprevedibile
WASHINGTON - In pochi avrebbero scommesso sull’approdo alla Casa Bianca di Donald Trump,
che con la sua retorica estrema e le
tante ombre dal passato veniva visto come il grande sfavorito di queste elezioni, con i bookmaker arrivati a bancarlo cinque volte la posta. Eppure c’è chi aveva previsto la
sua vittoria e non solo tra i suoi estimatori. Questi i nomi più illustri:
Michael Moore - Il regista americano premio Oscar nel 2003 che il
18 ottobre ha lanciato TrumpLand,
un documentario di 73 minuti contro il candidato repubblicano, era
certo della vittoria di Trump. Già
a luglio aveva annunciato “la brutta notizia” ai suoi fan: “Questo disgraziato, ignorante e pericoloso
pagliaccio “part time” e sociopatico a tempo pieno sarà il nostro
prossimo presidente. Avanti, ditelo perché dovrete dirlo per i prossimi quattro anni: PRESIDENTE
TRUMP”. Seguiva un’analisi dettagliata delle cinque ragioni per cui Hillary Clinton era destinata alla
sconitta.
Nigel Farage - Il leader degli indipendentisti britannici dell’Ukip
dopo aver promosso la Brexit si era detto certo che proprio la vittoria del “Leave” in Gran Bretagna avrebbe regalato a Trump la Casa
Bianca, dallo stesso candidato re-
A ianco, il regista
americano Michael
Moore con un cartello
di solidarietà
per i cittadini
mussulmani davanti
alla Trump Tower;
sopra, la profezia
dei Simpson
che si realizza
nella vita reale
pubblicano deinita una «Brexit al
quadrato». «Sono fortemente convinto che Trump vincerà», si era
spinto a dire.
Allan Lichtman - Il professore della American University che
dal 1984 non sbaglia un pronostico
presidenziale negli Usa era ricorso
al suo metodo delle “13 chiavi” per
assegnare correttamente la vittoria
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Every
Saturday
Evening:
a Trump con due mesi di anticipo.
Le “chiavi” di Trump si basano su
13 risposte “vero o falso” mettendo
a confronto le posizioni dei candidati e quello che supera le sei false perderà.
Piers Morgan - Il controverso columnist/editorialista dello US Mail
Online, che conosce Trump da 10
anni, si era sbilanciato in da aprile:
“Prevedo che batterà Hillary Clinton”, aveva twittato. Per poi ironizzare a giochi fatti “Riposate in pace
sondaggisti. Tutti”.
I Simpson - Addirittura nel 2000
la popolare serie animata americana prevedeva un Donald Trump
presidente degli Stati Uniti. Nell’episodio intitolato “Bart to the Future”, il maggiore dei fratelli Simpson
aveva l’opportunità di viaggiare nel
futuro e vedersi da adulto e scopriva che la sorella Lisa era diventata la prima presidente Usa donna.
«Come sapete, abbiamo ereditato
una bella crisi di bilancio dal presidente Trump», la si sentiva dire
nella scena successiva.
Una scimmia cinese e un pesce
indiano - In Cina una scimmia di
cinque anni del Parco di Shiyanhui
ribattezzata “la regina dei profeti” aveva aferrato senza esitazioni la igura in cartone di Trump
messa di fronte alle immagini dei
due candidati. Aveva già azzeccato il Portogallo vincitore agli Europei di calcio. Nello Stato indiano di
Chennai invece, un pesce di nome
Chanakya III ha scelto di mangiare da una barchetta con la foto di
Trump, preferendola inequivocabilmente a quella con l’immagine
della Clinton.
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