Inquadramento diagnostico.

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LA RIABILITAZIONE DELLA PERSONA CON SINTOMATOLOGIA DOLOROSA
SECONDARIA A PATOLOGIE DELLA COLONNA LOMBO-SACRALE: inquadramento
diagnostico
Nino BASAGLIA
Dipartimento Neuroscienze/Riabilitazione
Settore di Medicina Riabilitativa “San Giorgio”
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara
1. Prevalenza della patologia e costi associati
Nei paesi occidentali la rachialgia è una patologia che, seppure non grave nella gran
parte dei casi, è molto frequente nella popolazione adulta, soprattutto giovane; infatti,
la sua incidenza annuale è massima fra la terza e la quinta decade. In Inghilterra, per
esempio, il 46% di un campione randomizzato della popolazione generale ha riferito di
avere sofferto, almeno una volta nella vita, di lombalgia. In Svezia è stato stimato che
quattro adulti su cinque hanno un episodio di rachialgia nel corso della loro vita e ogni
anno un terzo della popolazione è affetto da questa patologia. Episodi della durata di
almeno due settimane sono stati riportati dal 14% della popolazione degli Stati Uniti.
Le rachialgie inoltre costituiscono una delle principali cause di assenza dal lavoro e di
richieste di visite mediche e indagini diagnostiche. In Svezia, per esempio, le
rachialgie sono la causa più frequente di assenza dal lavoro per malattia e di
pensionamento precoce: circa il 30% delle assenze dal lavoro per malattia sono in
relazione a episodi di rachialgia e la maggior parte si verificano fra soggetti giovani. Le
statistiche dell’Istituto di Previdenza Sociale Inglese hanno rilevato, per gli anni 199192, 81 milioni di giornate pagate per indennità per malattia a causa di rachialgie, con
la stima di un aumento a 106 milioni di giorni negli anni 1993-94. Negli Stati Uniti è
stato valutato che le spese totali annuali associate alla lombalgia, inclusi i costi
sanitari diretti e quelli indiretti legati alla perdita di lavoro e pagamenti di indennità,
sono superiori a 50 miliardi di dollari, mentre i soli costi sanitari diretti sono stati
valutati superiori a 25 miliardi di dollari. In Svezia è stato stimato che il costo totale
delle rachialgie può essere valutato superiore a 3,5 miliardi di dollari. In Inghilterra
nel 1993 ci sono state circa 14 milioni di visite dei medici di medicina generale per
lombalgia. Circa 1,6 milioni di persone si sono rivolte a cliniche ospedaliere
ambulatoriali, con un aumento di cinque volte negli ultimi 10 anni. Sempre nel 1993,
1,5 milioni di persone hanno fatto un esame radiografico della colonna, un milione si
sono rivolte a dipartimenti di terapia fisica del Servizio Sanitario Inglese (NHS),
100.000 sono state ricoverate in ospedale e altre 30.000 trattate in day hospital,
mentre 24.000 hanno subito un intervento chirurgico. Il Centro per l’Economia
Sanitaria di York ha stimato che il costo annuale di tutte le prestazioni del Servizio
Sanitario Inglese per la lombalgia è stato pari a circa 480.000 milioni di sterline (circa
1.200 miliardi di lire) nel 1993.
Per quanto riguarda dati italiani le uniche informazioni disponibili affidabili riguardano i
ricoveri ordinari. In uno studio effettuato in Regione Emilia Romagna negli anni 1994,
1995, 1996, 1997 e 1998, il ricovero DRG 243 (DRG medico – Disturbi del dorso)
compare fra le prime dieci cause di ricovero, se si considera la popolazione generale.
Nel 1997 si sono registrati 16.098 ricoveri e nel 1998 14.915. Se all’interno di questo
raggruppamento si indagano le diagnosi principali indicate nelle schede di dimissione
ospedaliera, emerge che in più del 30% dei casi è la patologia della colonna lombare
(sciatalgia, lombalgia, patologia del disco intervertebrale) il motivo del ricovero,
mentre la patologia della colonna cervicale figura in meno del 10% dei casi.
Per quanto riguarda i DRG chirurgici, il DRG 215 (Interventi sulla colonna senza
complicazioni) è risultato essere la causa di 4290 ricoveri nel 1997 e di 4937 ricoveri
nel 1998; il DRG 214 (Interventi sulla colonna con complicazioni) è risultato essere la
causa di 256 ricoveri nel 1997 e di 272 ricoveri nel 1998. Anche in questi casi, la
maggior parte delle diagnosi principali indicate nelle schede di dimissione fa
riferimento a patologie della colonna lombare.
Relativamente al DRG 215, la metà dei ricoveri è avvenuta in reparti di ortopedia, e
l’altra metà in reparti di neurochirurgia; mentre per il DRG 214 (i casi più gravi o
complessi), una percentuale leggermente superiore dei ricoveri si è verificata nei
reparti di neurochirurgia (52%). Sulla base delle procedure indicate secondo i codici
ICD-9-CM, non è possibile distinguere eventuali diverse tipologie di intervento
chirurgico in quanto per entrambi i DRG (214 e 215) nell’80% dei casi circa viene
riportata unicamente la dizione “asportazione del disco intervertebrale” e
“esplorazione e decompressione del canale intervertebrale” (1).
2.- Variabilità dei comportamenti assistenziali
Dai dati relativi ai ricoveri è già possibile ipotizzare che il “problema mal di schiena” ha
approcci e soluzioni molto vari che probabilmente non sono giustificati dalla variabilità
delle caratteristiche dei singoli pazienti. Poco sappiamo di quanto accade nel settore
specialistico ambulatoriale e negli ambulatori dei medici di medicina generale. Non si
dispone di raccolte di informazioni ad hoc e dai flussi di dati correnti non è possibile
avere notizie dettagliate e specifiche: ad esempio per quanto riguarda il consumo di
farmaci. Un dato che può essere utilizzato come “indicatore sentinella” della variabilità
dei comportamenti diagnostici riguarda l’utilizzo della prestazione ambulatoriale
“Radiografia della colonna lombosacrale” (Flusso informativo regionale della Regione
Emilia Romagna dell’attività specialistica ambulatoriale 1999) che è molto diverso nei
vari ambiti provinciali con analoga struttura, per età e sesso, della popolazione.
3.- Patogenesi e diagnosi
Le cause patogenetiche vengono abitualmente distinte in meccaniche e non
meccaniche (2). Per le prime si ritiene che i sintomi originino da processi che
coinvolgono la colonna vertebrale e le strutture vicine (muscoli, legamenti, faccette
articolari, nervi, periosteo, vasi sanguigni e disco intervertebrale). L’individuazione
esatta delle strutture che determinano la lombalgia è difficile sia clinicamente, sia con
indagini strumentali (3); le cause non meccaniche fanno riferimento a patologie come
ad esempio le neoplasie, infezioni, artriti infiammatorie croniche.
Le cause possono essere anche classificate come intrinseche o vertebrale ed
estrinseche o non vertebrali. Le prime si riferiscono abitualmente ad aspetti legati alla
psiche (tensione psichica, stress, problemi emozionali,..), posture mantenute a lungo,
soprattutto “scorrette”, dischi collassati, artrosi, distorsioni con distrazioni articolari e
a spasmi muscolari. Le cause estrinseche fanno riferimento a patologie ginecologiche
(endometriosi,...), patologie intestinali (colonpatie, pancreatiti,…), patologie renoureterali (calcolosi, …), patologie vascolari (aneurismi aorta addominale, …), patologia
vascolare, patologia prostatica (prostatiti,…), ecc.
L’individuazione della causa è particolarmente difficile in quanto sono scarsamente
correlate sintomi, patologia ed evidenze radiologiche o neurofisiologiche e il dolore è
“non specifico” nell’85% delle persone lombalgiche.
La cronicizzazione è poi correlata a vari fattori, prevalentemente di tipo psicosociale
come il credere che la lombalgia sia pericolosa e potenzialmente gravemente
disabilitante, la presenza di paura di comportamenti, movimenti che scatenino il
dolore, i ridotti livelli di attività con significativa limitazione delle ADL, i sintomi
correlati a depressione o ansia, l’aspettativa nell’utilità di trattamenti “passivi” rispetto
alla partecipazione attiva (4), ai quali aggiungerei quella che io da anni definisco come
la “lombalgia da refertazione radiologica” ossia la sintomatologia innescata dal leggere
sul referto di un esame radiologico la presenza di un’ernia discale.
Particolare attenzione deve essere posta nella raccolta anamnestica dei cosiddetti
fattori di rischio di sviluppo della lombalgia quali i “fattori lavorativi fisici”, come un
lavoro manuale pesante, il sollevamento pesi e torsione del tronco, stress da postura
protratta e coatta (posizione seduta, guida veicoli,..), vibrazioni coinvolgenti l’intero
corpo; “fattori lavorativi psicosociali”, quali un lavoro monotono, assenza di
padronanza del lavoro, un lavoro poco gratificante, stress psicologico e mentale in
ambiente lavorativo; “fattori fisiologici”, come una scarsa forma fisica e una debolezza
dei muscoli del tronco; “fattori psicologici”, quali l’ansia, uno stato di depressione,
nonché “abitudini di vita” come il fumo.
La patogenesi è certamente multifattoriale e di ciò deve tenere conto il fisiatra nella
sua valutazione specialistica e nella presa in carico mediante un progetto riabilitativo
strettamente individualizzato e realizzato con specifici programmi d’intervento (5).
Bibliografia essenziale
1. Fantini MP, Campagna C, Basaglia N, Minozzi S. Linee guida cliniche per la
diagnostica e la terapia della lombalgia acuta e cronica. MR – Giorn Ital Med Riab
2000; 14/2: 15-28.
2. Andersson GBJ. The epidemiology of spinal disorders. In: Frymoyer JW (ed) The
adult spine: principles and practice. New York: Raven Press 1991; vol 1: p 107146
3. Deyo RA, Bass JE. Lifestyle and low-back pain: the influence of smoking and
obesity. Spine 1989; 14:501-506
4. Kendal NAS, Linton SJ, Main CJ. Guide to assessing psycosocial yellow flags in
acute low back pain: risk factors for long-term disability and work loss. Accident
Rehabilitation & Compensation Insurance Corporation of New Zeland and the
National Health Committee, Wellington NZ, 1997; p1-22
5. Basaglia N. Progettare la riabilitazione. Il lavoro in team interprofessionale. Milano:
Edi Ermes 2002.
(2) Atlas SJ e Nardin RA, 2003).