Decisione N. 202 del 15 gennaio 2014

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Decisione N. 202 del 15 gennaio 2014
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) GAMBARO
Presidente
(MI) LUCCHINI GUASTALLA
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) ORLANDI
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) SANTORO
Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(MI) VELLUZZI
Membro designato da
rappresentativa dei clienti
Associazione
Relatore SANTORO
Nella seduta del 19/12/2013 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Il ricorrente riferisce che è intestatario presso l’intermediario di un conto corrente
cointestato con lo zio defunto; successivamente al decesso del cointestatario, ha chiesto
all’intermediario “la chiusura del conto e la consegna del saldo attivo”; al riguardo, ha
proposto formale reclamo il 25.1.2013 al quale l’intermediario ha fornito riscontro negativo,
affermando che è necessaria la presentazione da parte dello stesso di una “dichiarazione
di estraneità alla successione”; non può rilasciare tale dichiarazione poiché “è figlio del
fratello già deceduto [del de cuius]”; la richiesta di documentazione avanzata
dall’intermediario, nella specie di dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si dichiari
che non è erede legittimo o testamentario o legatario del correntista defunto, non è
fondata; la propria domanda di estinzione del conto e di liquidazione del relativo saldo
trova fondamento, tra l’altro, nell’art. 5.1 delle norme regolanti il contratto e nell’art. 1854
c.c. Il ricorrente chiede di ordinare all’intermediario la chiusura e la liquidazione del saldo
attivo del conto corrente cointestato con lo zio defunto.
L’intermediario ha controdedotto che il ricorrente è titolare, a far tempo dal 17.8.2010,
presso l’intermediario di un conto corrente cointestato, con firma disgiunta, con lo zio,
deceduto il 23.8.2012; il ricorrente ha presentato, il 27.8.2012, dichiarazione sostitutiva di
atto di notorietà riferita alla circostanza che “gli unici eredi del de cuius” sono i suoi fratelli;
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successivamente il ricorrente si è recato presso l’intermediario con i “dichiarati eredi” al
fine di procedere “allo svincolo delle attività depositate sul conto” in parola; una sorella del
correntista defunto ha affermato, diversamente da quanto reso con la predetta
dichiarazione sostitutiva, che sussistono “ulteriori eredi legittimi” oltre ai fratelli del de
cuius; è disponibile alla raccolta delle firme dei “restanti eredi”; il ricorrente ha chiesto il
14.1.2013 e il 25.1.2013 la chiusura del conto corrente in discorso e la liquidazione del
relativo saldo attivo, pari al 50% delle giacenze in essere alla data del decesso,
“invocando le norme del relativo contratto”; ha riscontrato negativamente le richieste del
ricorrente poiché è necessaria la presentazione da parte del ricorrente di “idonea
documentazione dalla quale [risulti] l’estraneità [dello stesso] alla successione [dello zio]”;
sarebbe applicabile al caso de quo l’art. 48, commi 3 e 4, del d lgs. 346/90 in base al quale
“non può pagare le somme dovute agli eredi, legatari ed aventi causa, se non è stata
fornita la prova della presentazione della dichiarazione di successione e non è stato
dichiarato per iscritto dall’interessato che non vi è obbligo di presentare tale dichiarazione”;
sarebbero congeniali al caso in esame alcune decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario
secondo cui “la presentazione della dichiarazione di successione è un obbligo
fondamentale per poter disporre dei rapporti presso le banche”; per poter procedere allo
sblocco delle somme cadute in successione è tenuto ad accertare che il ricorrente non sia
erede, legatario o avente causa del de cuius; poiché la dichiarazione sostitutiva di atto
notorio presentata dal ricorrente e riferita alla sussistenza di eredi del cointestatatario non
è rispondente al vero, ha ritenuto di “dover acquisire ulteriore documentazione, dalla quale
si potesse evincere che il ricorrente non era erede del defunto”; il ricorrente ha ammesso
la sua qualità di erede quando ha dichiarato di non poter produrre la documentazione
richiesta dallo stesso intermediario in quanto “figlio di un fratello premorto del de cuius”.
DIRITTO
La controversia attiene al diritto del ricorrente alla consegna del saldo attivo del conto
corrente di cui era cointestatario insieme con lo zio defunto.
Il Collegio premette che, nei medesimi termini, esiste un precedente del Collegio di
coordinamento (n. 5305 del 18.10.2013) al quale occorre attenersi. A tale riguardo,
aderendo alle osservazioni della convenuta, occorre distinguere le problematiche
civilistiche da quelle di diritto tributario. L’intermediario resistente ritiene, infatti, che in
caso di morte di un cointestatario, la liquidazione del saldo attivo sia comunque
condizionata agli adempimenti previsti dall’art. 48 del testo unico in materia di imposta di
successioni e donazioni, avente natura imperativa, la cui violazione farebbe incorrere il
resistente nelle gravi sanzioni previste dal medesimo testo normativo. Si tratta, dunque, di
verificare se e come debbano interagire le norme applicabili al rapporto negoziale con
quelle imposte dalla normativa tributaria. Appare pacifico tra le parti che il rapporto
derivante dalla contestazione a firma disgiunta di un conto corrente bancario debba essere
considerato alla stregua di una obbligazione solidale dal lato attivo; ne discende che, in
applicazione dell’art. 1854 cod. civ., ciascun cointestatario abbia diritto a chiedere al
debitore l’adempimento per l’intero e quindi ad ottenere dall’intermediario la liquidazione
dell’intero saldo attivo del conto. Resta, allora, da verificare se – alla morte di uno dei
cointestatari – detta legittimazione in capo all’altro creditore solidale venga meno. Orbene,
non si può porre in dubbio che il decesso del cointestatario non incida su detta
legittimazione, restando quindi indiscusso il diritto del restante creditore di poter ritirare
disgiuntamente l’intera provvista risultante dal saldo del conto. Conferma di questo
assunto si trova anche nelle decisioni della Corte di Cassazione che al riguardo ha
chiaramente stabilito che “Nel caso in cui il deposito bancario sia intestato a più persone,
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con facoltà per le medesime di compiere, sino alla estinzione del rapporto, operazioni,
attive e passive, anche disgiuntamente, si realizza una solidarietà dal lato attivo
dell’obbligazione, che sopravvive alla morte di uno dei contitolari, sicché il contitolare ha
diritto di chiedere, anche dopo la morte dell'altro, l’adempimento dell'intero saldo del
libretto di deposito a risparmio e l’adempimento così conseguito libera la banca verso gli
eredi dell’altro contitolare” (cfr. Cass. civ., Sez. I, 29 ottobre 2002, n. 15231).
Tuttavia, questo Collegio non può mancare di rilevare che la questione relativa alla
legittimazione spettante al cointestatario superstite non rileva ai fini della soluzione del
caso in esame. I precedenti e, in particolare, la decisione della Suprema Corte non hanno
preso in considerazione l’incidenza della normativa fiscale in siffatte ipotesi: l’art. 48 del
t.u. in materia di imposta di successioni e donazioni, infatti, recita al comma 4: “Le aziende
e gli istituti di credito, le società e gli enti che emettono azioni, obbligazioni, cartelle,
certificati ed altri titoli di qualsiasi specie, anche provvisori, non possono provvedere ad
alcuna annotazione nelle loro scritture né ad alcuna operazione concernente i titoli
trasferiti per causa di morte, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche
dopo il termine di cinque anni di cui all’art. 27, 4° comma, della dichiarazione di
successione o integrativa con l’indicazione dei suddetti titoli, o dell’intervenuto
accertamento in rettifica o d’ufficio, e non è stato dichiarato per iscritto dall’interessato che
non vi era obbligo di presentare la dichiarazione”. La richiamata disposizione, in altri
termini, non incide sul profilo relativo alla legittimazione dei cointestatari, che resta
regolata dalle disposizioni del codice civile; essa, peraltro, impone un adempimento che
può essere qualificato alla stregua di un vero e proprio vincolo di indisponibilità della
somma. Da ciò deriva che la presentazione della denuncia di successione da parte degli
eredi, ovvero della c.d. “dichiarazione negativa” di cui all’art. 28 del medesimo t.u.,
costituisce una condizione senza la quale il debitore può legittimamente opporre il
mancato pagamento nei confronti del creditore, pur legittimato ad esigere la liquidazione
della intera somma a saldo del conto. Ciò considerato, la permanenza della legittimazione
in capo al cointestatario nonostante la morte di uno di essi, dunque, è vicenda che attiene
esclusivamente al rapporto negoziale inter partes, che non può pregiudicare le posizioni
dei terzi quale, in questo caso, deve essere considerata l’Amministrazione finanziaria.
Tanto più se i diritti dei terzi siano riconosciuti da una disposizione avente natura
imperativa, quale è certamente quella in materia tributaria. È infatti agevole osservare che,
ragionando a contrario, l’insussistenza di tale vincolo consentirebbe facili pratiche elusive
della normativa fiscale, consentendo agli eredi di evitare il pagamento dell’imposta sulla
successione, semplicemente cointestando un deposito in conto corrente. La disposizione
di cui all’art. 48, comma 4, invece, impone al debitore un vincolo dal quale deriva per
l’intermediario un vero e proprio divieto di esecuzione della prestazione (alla stregua di
un’impossibilità giuridica sopravvenuta), in funzione di interessi pubblici ritenuti preminenti
dal legislatore, almeno sino al momento in cui non sia soddisfatta la condizione
rappresentata dalla presentazione della denuncia di successione; non a caso, la normativa
speciale prevede l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 53 t.u., nel caso in cui la banca
provveda comunque alla liquidazione della quota ereditaria. Proprio per questa ragione,
deve ritenersi che il vincolo di indisponibilità, che grava sulla quota caduta nell’asse
ereditario, possa essere fatto valere anche nei confronti degli altri cointestatari, pur
legittimati, fin tanto che gli eredi non provvedano al completamento della presentazione
della documentazione successoria. Pertanto questo ABF ritiene che il ricorso non possa
trovare accoglimento.
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P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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