Decisione n. 4540 del 14 luglio 2014

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Decisione N. 4540 del 14 luglio 2014
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) QUADRI
Presidente
(NA) CARRIERO
Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) MAIMERI
Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) RISPOLI FARINA
Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(NA) BARTOLOMUCCI
Membro designato da
rappresentativa dei clienti
Associazione
Relatore RISPOLI FARINA MARILENA
Nella seduta del 03/06/2014 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La ricorrente espone di avere sottoscritto, tra il 1986 e il 1988, insieme al padre, poi
deceduto il 5 gennaio 2008, buoni fruttiferi “muniti della clausola della pari facoltà di
rimborso”. Riferisce che detti buoni sono stati acquistati mediante propri risparmi personali e
sottoscritti dal padre unicamente allo scopo di agevolarne la riscossione per il caso di
proprio impedimento (seguendo il consiglio al tempo dato dall’intermediario). Gli eredi del
genitore defunto non vanterebbero pertanto alcun diritto su di essi e nessuno di loro
avrebbe fatto opposizione.
Richiede pertanto il rimborso integrale dei buoni. Cita art. 1292 c.c., decisione del Collegio
di Roma n. 708 del 9 luglio 2010, sentenza Corte di Cassazione, Sez. I, n. 15231 del 29
ottobre 2002, sentenza Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 24657/2007, Tribunale di
Cosenza del 2 luglio 2010 e del 31 gennaio 2011, Tribunale di Sassuolo 12 febbraio 2013.
L’intermediario afferma preliminarmente che la ricorrente non avrebbe mai prodotto copia
dei buoni di cui si tratta (in vero copia degli stessi risultano allegati al ricorso). Nel
confermare poi i fatti come affermati dalla ricorrente, riferisce che detti buoni, in numero di 4,
in quanto sottoscritti tra il 1986 e il 1988, apparterrebbero alle serie P e Q e pertanto
sarebbero buoni ordinari fruttiferi di durata trentennale.
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Richiama l’art. 48 della legge 286 del 24 novembre 2006, la quale “ha reintrodotto l’imposta
di successione disciplinata dal D.Lgs. 346/1990” e richiede la prova della presentazione
della domanda di successione quale condizione per il pagamento agli eredi, legatari e altri
aventi causa da parte dei debitori del defunto. Riferisce inoltre che, essendo i buoni stati
emessi prima del 2000, l’intermediario “deve procedere all’apposizione immediata del
blocco sui titoli, aprendo la pratica di successione e la clausola della pari facoltà di rimborso
deve intendersi inefficace. Il rimborso deve avvenire acquisendo la quietanza congiunta di
tutti gli aventi diritto”. Cita anche l’art. 5, comma 2, del D. Min. 19/12/2000, il quale prevede
che detti buoni fruttiferi siano indivisibili e non siano ammessi rimborsi parziali. Sulla base di
tale decreto, la resistente afferma che, per il caso di decesso dell’intestatario, è necessario
che chiunque ne abbia diritto debba presentare debita documentazione successoria.
Definita la pratica successoria, “la somma viene rimborsata congiuntamente in parti uguali a
tutti i cointestatari descritti sul titolo e la parte spettante ai defunti è rimborsata a favore dei
legittimi eredi. […] In ragione di ciò, si può dar corso allo scorporo della quota parte di un
buono munito della clausola ‘pari facoltà di rimborso’, solo se per lo stesso sia sopraggiunta
l’infruttuosità, in quanto il rimborso anticipato di un buono, […] su richiesta di uno solo degli
aventi diritto, determinerebbe un pregiudizio economico per mancato rendimento in capo
agli altri beneficiari non richiedenti.”
Tutto ciò premesso chiede il rigetto del ricorso.
In conclusione il ricorrente chiede il rimborso integrale dei buoni. In sede di reclamo chiede
inoltre che l’eventuale diniego sia adeguatamente motivato.
L’intermediario chiede il rigetto del ricorso in quanto “ha operato in modo corretto
attenendosi alle disposizioni normative vigenti in materia”.
DIRITTO
Il Collegio deve decidere in merito alla richiesta della ricorrente, di ottenere la liquidazione
del controvalore di buoni postali fruttiferi caduti in successione e dei quali è cointestataria.
Come chiarito dalla ricorrente, i buoni di cui si tratta sono stati sottoscritti tra il 1986 e il
1988 e appartengono alle serie P e Q.
Il Collegio ricorda che rileva, ai fini della decisione, la questione dei rapporti di natura
pubblicistica fra i cointestatari/eredi e l'Amministrazione finanziaria e fra la Banca e
l'Amministrazione medesima, disciplinata dal T.U. sull'imposta sulle successioni e
donazioni (d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346).
Più volte è stato affermato da questo Arbitro che alla notizia del decesso, la banca, quale
debitore del defunto, è tenuta ad acquisire prova dell'avvenuta presentazione della
dichiarazione di successione, senza la quale non può procedere al pagamento.
Come ricorda del resto anche la resistente, infatti, l’imposta di successione è stata
reintrodotta col D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla L. 24
novembre 2006, n. 286, e si applica ai trasferimenti di beni e diritti mortis causa con
aliquote variabili sulla base dell’ordine e grado di parentela tra de cuius e successore.
La presentazione della dichiarazione di successione è regolata dal D.Lgs. 31 ottobre 1990,
n. 346 e s.m.i.; per il quale gli eredi devono presentare la suddetta dichiarazione entro
dodici mesi dalla data di apertura della successione (cfr. art. 31, comma 1). Le banche, dal
canto loro, non possono né pagare le somme dovute (o consegnare i beni detenuti) agli
eredi, ai legatari ed ai loro aventi causa, né procedere ad alcuna operazione concernente i
titoli facenti parte dell’asse ereditario, se non è stata fornita la prova della presentazione
della dichiarazione di successione (cfr. art. 48, commi 3 e 4). La violazione di tale precetto
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comporta l’irrogazione di una sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento
dell’imposta o della maggiore imposta dovuta (cfr. art. 53, comma 2).
E’quindi pacifico, alla luce di tale disciplina, che la banca non può procedere al pagamento
al ricorrente delle somme cui avrebbe diritto in quanto erede.
Resta tuttavia da chiarire se, in fattispecie analoghe al caso sottoposto ad esame, in cui si
è in presenza di buoni postali fruttiferi muniti della clausola della “pari facoltà di rimborso” che attribuisce la facoltà a ciascuno dei cointestatari di pretendere il pagamento per
l’intero e a semplice presentazione del documento - le somme siano disponibili per intero
dal cointestatario non iure ereditario bensì iure proprio.
L’importo da rimborsare potrebbe ritenersi infatti retrocedibile al cointestatario sulla base
del suo potere dispositivo e indipendentemente dalla successione ereditaria, dovendo
piuttosto porsi un problema di cointestazione con eventuali altri coeredi subentranti,
risolvibile, però, sulla base delle normali regole di solidarietà interna.
La giurisprudenza di legittimità – richiamata da parte ricorrente – ha precisato che non si
può “unilateralmente modificare una clausola inserita nel titolo, posto che il vincolo
contrattuale tra l'emittente ed il sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti
dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti" (Cass. civ. sez. Un. 15.6.2007 n. 13979). La
scarsa giurisprudenza di merito esistente sul punto pare confermare questo orientamento,
condannando al rimborso del titolo nei confronti del contitolare superstite in casi in cui il
buono postale fruttifero è dotato della clausola P.F.R. (Trib. Cosenza 2.7.2010; Trib.
Cosenza 31.1.2011, richiamate dalla ricorrente; cfr. anche Trib. Genova, sez. VI,
27.02.2006).
Il Collegio ricorda che sul problema si è espresso il Collegio di Coordinamento, il quale è
pervenuto alla conclusione della natura non personale delle eccezioni fondate sull’art. 48
del d.lgs. 346/90 (decisione n. 5305 del 17 ottobre 2013).
Per il Collegio, infatti, “[…] la permanenza della legittimazione in capo ai cointestatari,
nonostante la morte di uno di essi, … è vicenda che attiene esclusivamente al rapporto
negoziale inter partes, che non può pregiudicare le posizioni dei terzi, quale in questo
caso, deve essere considerata l’Amministrazione finanziaria. Tanto più se i diritti dei terzi
siano riconosciuti da una disposizione avente natura imperativa, qual è certamente quella
in materia tributaria. È infatti agevole osservare ha rilevato il Collegio che, ragionando a
contrario, l’insussistenza di tale vincolo consentirebbe facili pratiche elusive della
normativa fiscale, consentendo agli eredi di evitare il pagamento della imposta sulla
successione, semplicemente cointestando un libretto di deposito a risparmio”. “La
disposizione di cui all’art. 48, comma 4, invece, impone al debitore un vincolo dal quale
deriva per l’intermediario un vero e proprio divieto di esecuzione della prestazione (alla
stregua di una impossibilità giuridica sopravvenuta, come descritta dall’ordinanza di
rimessione), in funzione di interessi pubblici ritenuti preminenti dal legislatore, almeno sino
al momento in cui non sia soddisfatta la condizione rappresentata dalla presentazione
della denuncia di successione; non a caso, la normativa speciale prevede l’applicazione
delle sanzioni di cui all’art. 53 t.u., nel caso in cui l’istituto di credito provveda comunque
alla liquidazione della quota ereditaria.” “Proprio per questa ragione, deve ritenersi che il
vincolo di indisponibilità che grava sulla quota caduta nell’asse ereditario, possa essere
fatto valere anche nei confronti degli altri contestatari, pur legittimati, fin tanto che gli eredi
non provvedano alla presentazione della documentazione successoria”.
Ciò posto il Collegio rileva che tali conclusioni siano condivisibili anche nella fattispecie in
esame e, di conseguenza, si orienta per il non accoglimento del ricorso.
P.Q.M.
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Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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