kawasaki z900 la serie infernale

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Transcript kawasaki z900 la serie infernale

NUMERO 280
28 febbraio 2017
N.137 PAGINE
News: Yamaha MT-10 Tourer Edition, Yamaha YS 125 | Attualità: Mercato Europa la moto a +13%,
Italia al primo posto | M. Clarke: Apprendere da libri e corsi | Restaurando: Honda CB 500 Four |
MotoGP: Davide Brivio su Andrea Iannone | Superbike: GP Australia nel segno di Rea | MXGP: Cairoli
vince in Qatar. Intervista a JM Bayle | Supercross USA: Atlanta
KAWASAKI Z900
LA SERIE INFERNALE
Pagine 2-19
PROVA: HONDA SH 125i E 150i
Dopo aver superato la soglia del milione
di unità vendute, Honda rinnova la coppia
SH 125i e SH 150i lasciando al momento
immutata la versione SH 300i
SUPERBIKE: DOPPIETTA DI REA
A PHILLIP ISLAND
NICO CEREGHINI:
"DUCATI DIECI ANNI DOPO"
Cambiano le regole, cambiano gli avversari, ma
a salire sul gradino più alto del podio è ancora
lui e anche quest’anno sarà l’uomo da battere
Anche Honda e Yamaha dovettero soffrire
prima di tornare al titolo. Ci vuole il grande
campione, e poi occorrono le scelte giuste
Prove
Moto.it Magazine N. 280
KAWASAKI Z900.
LA SERIE INFERNALE
di Maurizio Gissi
DOPO L'IPER NAKED Z1000R KAWASAKI PROPONE LA Z900, CHE È
UNA RADICALE EVOLUZIONE DALLA NOTA 800. RISPETTO ALLA QUALE
PESA MENO E OFFRE MAGGIORE POTENZA.
PRESTAZIONI E GUIDA CONVINCONO
L
La sigla Z900 è di quelle
evocative: 900 Z1 si chiamava la mitica Kawasaki
presentata nel 1972. Ed è
anche impegnativa per il
confronto con quella che
all'epoca si impose come la
moto di serie più potente e veloce. Sempre
di cilindrata novecento è stato un altro modello cruciale per il successo internazionale
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della marca giapponese: la GPZ 900 R del
1984, ancora una volta la moto più sportiva
del momento.
La nuova Z900 nasce nel filone naked della serie “Z”, quella rinnovata nel 2003 nelle cilindrate 1.000 e 750, e va a sostituire
la versione Z800 - costruita a partire dal
2012 - che anche l'anno scorso è stata la
Kawasaki più venduta in Italia. Fra versioni
Z750 e Z800, nel mondo, Kawasaki ne ha
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Moto.it Magazine N. 280
Prove
vendute qualcosa come duecentomila dal
2003 a oggi.
Le serie naked Kawasaki per il 2017 comprende quindi la nuova Z650, le confermate Z800e (quella depotenziata a 95 cv in
funzione della patente A2) e Z1000 R, e
infine la nuova Z900.
Quest'ultima andrà in vendita a partire da
fine febbraio allo stesso prezzo della precedente Z800, cioè 8.990 euro franco concessionario, ma con potenza salita da 113
a 125 cavalli, omologazione Euro-4 e peso
diminuito da 229 a 210 kg.
La Z900 ci sarà anche in versione Performance, al prezzo di 10.080 euro, accessoriata con silenziatore di scarico Akrapovic (a
scelta con il rivestimento in titanio oppure
in fibra di carbonio), coprisella passeggero
in tinta, deflettore strumentazione fumé e
protezione serbatoio.
.L'evoluzione rispetto alla Z800 è stata
evidente, nell'estetica ma soprattutto nella
maggiore potenza e nella superiore agilità di guida, e indispensabile per affrontare
adeguatamente la rinnovata concorrenza.
Prima fra tutte quella della Yamaha MT-09,
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Prove
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modello che l'anno scorso ha inseguito da
vicino il risultato di vendita di Kawasaki, e
che costa esattamente la stessa cifra della
Z900. Rispetto alla quale la tre cilindri Yamaha ha meno potenza e coppia da offrire,
ma si presenta anche con un peso inferiore e una dotazione elettronica superiore.
Sulla Z900 manca, ad esempio, il controllo
di trazione (come del resto sulla Z1000),
e non ci sono mappe motore selezionabili.
Kawasaki ha scelto di curare altri aspetti
per garantire prestazioni al vertice e un
prezzo competitivo.
Due obiettivi peraltro centrati: saranno poi
gli appassionati a giudicare questa strategia
commerciale.
NUOVA, A COMINCIARE DALL'ABITO
Lo stile è inconfondibilmente quello delle
ultime naked Kawasaki, più moderno e dinamico rispetto alla Z800 e meno muscoloso nei confronti dell'iper naked Z1000.
Il tipico doppio faro – stavolta con luce di
posizione separata - montato basso e proteso in avanti, è l'elemento distintivo di un
design che gioca con linee svelte e carica-
te sull'avantreno. Piace molto la maggiore essenzialità rispetto alla 800, il minore
ricorso a coperture plastiche non sempre
giustificate, così come l'idea di lasciare
parzialmente in vista il nuovo telaio. Che è
verniciato di verde in una delle tre versioni
di colore metallizzato disponibili: l'antracite/nero; le altre due sono a base nera e
bicolore nero-verde.
Il codino sparato verso l'alto incorpora
un'originale luce di coda con i led disposti a formare la lettera Z. Le verniciature e
le finiture delle plastiche appaiono curate,
e a non convincerci sono soltanto i gusci
di plastica simil alluminio che rivestono il
telaio in zona pedane e forcellone. Il terminale di scarico è giocoforza voluminoso
- colpa della Euro-4 - però lo è meno rispetto a quello della precedente Z800.
Il piccolo cruscotto LCD, a matrice negativa e con tre grafiche a scelta, passa tutte
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le informazioni necessarie, e con una discreta visibilità anche nelle condizione di
luce critica. Una serie di segmenti disposti
a raggiera segnala il regime del motore, al
centro c'è l'indicatore della marcia inserita
e più sotto troviamo le cifre del tachimetro,
oltre al doppio contachilometri parziale,
l'indicatore del consumo istantaneo e medio, quello per l'autonomia e il termometro della temperatura esterna, selezionabili
con i due pulsanti ai lati del cruscotto.
Non manca il classico indicatore Eco di Kawasaki, che segnala quando si sta consumando meno, e questo in base a regime di
giri e apertura dell'acceleratore. Il contagiri
è integrato dalle spie di cambiata, che sono
programmabili nell'accensione al regime
preferito ed escludibili.
Fra gli accessori dedicati alla Z900 segnaliamo la sella rialzata di 20 mm, in pelle a
due colori; lo spoiler copri strumentazione
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rialzato, il codino coprisella, le protezioni
motore, la presa 12V e la borsa da serbatoio. Si apprezzano le leve di freno e frizione
regolabili e il rivestimento delle due selle
con una lavorazione in rilievo. Il tappo del
carburante a filo non ha viti in vista, e sotto
la piccola sella del passeggero c'è un mini
vano per un bloccadisco e poco più.
DOWNSIZING PER CRESCERE
Il nuovo motore di 948 cc condivide il basamento e altre parti del quattro cilindri
bialbero a sedici valvole utilizzato dall'ultima Z1000, che ha cilindrata 1.043 cc. La
corsa è per entrambi i motori di 56 mm,
mentre la misura dell'alesaggio qui è stata
ridotta da 77 a 73,4 mm. Fra i cambiamenti importanti vanno segnalati l'albero
motore, gli assi a camme e le misure dei
condotti di aspirazione e scarico;
il diamentr dei corpi dell'iniezione è diminuito da 38 a 36 mm, e i pistoni adottano
la medesima tecnologia costruttiva introdotta sul motore della sovralimentata H2.
I cilindri pressofusi sono di tipo open-deck,
e a contenere le vibrazioni ci pensa un
contralbero di equilibratura.
La normativa Euro-4 ha imposto uno scarico voluminoso (la parte maggiore del quale
trova posto sotto il motore) e una complessa raccordatura dei quattro collettori che
confluiscono nel catalizzatore. Silenziare
maggiormente scarico e aspirazione non
ha fortunatamente significato la mortificazione del sound; per passare delle buone
sensazioni di forza all'udito del pilota, la
progettazione dell'airbox ha riguardato anche il tipo di sonorità d'aspirazione.
Nel reparto trasmissione meritano di essere
citati la nuova frizione servo assistita (una
camma opera meccanicamente sulla campana della frizione per alleggerire il carico
alla leva ai bassi regimi, e una seconda interviene per la funzione di antisaltellamento in staccata), e il cambio a sei marce con
le prime cinque ravvicinate e con l'ultimo
rapporto allungato in funzione overdrive.
Come già detto, la potenza è dichiarata in
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Prove
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125 cv a 9.500 giri (erano 113 per l'806 cc
della precedente Z800, e sono 142 quelli
della Z 1000) e la coppia massima è di 10
kgm a 7.700 giri. Visto che non sono previste le mappe motore differenziate e manca
anche il controllo di trazione, l'acceleratore
logicamente ha il comando a cavo d'acciaio,
TELAIO TUBOLARE ALLEGGERITO
Per la Z900 vengono dichiarati 210 kg con
il pieno di carburante: quasi una ventina in
meno rispetto alla Z800!. La lotta al peso ha
interessato ogni componente, motore compreso, e anche il nuovo telaio ha dato il suo
contributo. La nuova struttura in traliccio di
tubi d'acciaio alto resistenziali è scesa a 13,5
kg, complice la funzione semi portante del
motore, e per la sua progettazione è stato
utile il software che ha definito il telaio tubolare della potentissima Ninja H2. Anche il
nuovo forcellone bibraccio, in estruso di alluminio, ha influito nella riduzione del peso
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con i suoi 3,9 kg. Alla centralizzazione delle
masse un aiuto è arrivato anche dalla sospensione posteriore Back Link, che adotta un monoammortizzatore decentrato,
disposto quasi orizzontalmente e con rinvio progressivo, e regolabile nel precarico
molla e nel freno in estensione. Che sono
poi le medesime possibilità di taratura della
forcella a steli rovesciati da 41 mm, possibilità che riguarda però il solo stelo sinistro.
Come da tradizione sulla serie Z, i dischi
freno hanno il profilo a margherita; sulla
nuova 900 la coppia anteriore misura 300
mm (erano da 310 sulla 800) e da 250 mm
è il singolo posteriore. Le pinze anteriori
ad attacco tradizionale, marcate Nissin così
come l'unità di controllo dell'ABS, sono a
quattro pistoncini.
Sono di aspetto leggero anche le ruote a
cinque sottili razze tangenziali, da 17 pollici, che montano le Dunlop Sportmax D214
radiali 120/70 e 180/55.
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COME VA SU STRADA
Con la sella a soli 795 mm dal suolo e il telaio stretto fra le gambe, la Z900 accoglie
bene anche chi è basso di statura.
Il manubrio quasi piatto ha altezza e piega perfetta, lo si impugna naturalmente e
tutti i comandi sono al posto giusto, le leve
hanno la classica regolazione con la rotella
a cinque scatti, e il comando della frizione
è veramente leggero.
Chi è alto troverà forse le ginocchia un filo
larghe sui fianchi del serbatoio, anche arretrando al massimo sulla sella, ma in generale la sensazione è di ottimo controllo
del manubrio, e con una buona relazione
fra pedane e sella.
La comodità è più che buona per la categoria, con scarse vibrazioni a parte un
leggero picco attorno ai 6.000 giri sulle
pedane, sospensioni che assorbono bene
i tratti sconnessi, e con il solo limite che
arriva dall'evidente mancanza di un riparo
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dall'aria. Fra l'altro, fanale e strumentazione montati bassi non sono in questo senso
di aiuto. Morale, dopo i 130 orari la pressione su busto e casco inizia a farsi sentire,
e oltre i 150 si fa davvero fatica.
Ma questo fa parte del gioco.
Se la passa invece maluccio il passeggero,
perché, a parte pedane non troppo rialzate,
la sua sella è stretta, poco imbottita e non
trova appigli ai lati del codino: sono stati
esclusi solo per motivi estetici e per non
rimpicciolire il sottosella.
Dopo tre curve si è già entrati in sintonia
con la Z900, grazie a una ciclistica a punto.
Ha un avantreno non particolarmente carico, per offrire una buona maneggevolezza
a bassa velocità, e quote di sterzo scelte in
funzione della stabilità.
Tanto che, pur con una buona agilità nello
stretto, non si ha mai la sensazione di avere uno sterzo nervoso, non ci sono scuo15
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timenti nemmeno sullo sconnesso brutto,
e questo rende la vita facile anche in accelerazione. All'aumentare della velocità,
un po' di lavoro di manubrio va fatto nei
cambi di direzione veloci, ma in generale il
compromesso fra precisione e maneggevolezza è molto buono.
La Z900 si lascia guidare con naturalezza,
e ricambia con belle sensazioni nel misto,
non richiede troppo impegno e sa divertire.
Nonostante l'apparente semplicità di ammortizzatore e forcella, la taratura di base
si è dimostrata molto valida, sia dal punto
di vista del rigore nell'assorbimento come
del sostegno in frenata, e sia sul fronte del
comfort.
Un ottimo compromesso, almeno nella
guida a solo. Il comportamento della moto
con il passeggero non abbiamo avuto modo
di verificarlo durante questo primo test, organizzato da Kawasaki Europa sulle strade
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andaluse che da Almeria salgono verso la
Sierra Nevada, e poi sui tratti veloci e autostradali. Ci ritorneremo nella futura classica
prova organizzata "a casa".
Anche la frenata è in linea con l'impostazione di questa bella naked, non aggressiva
all'attacco ma potente quando serve, e con
un impianto ABS che anteriormente funziona molto bene.
Se manca un po' di feeling con l'avantreno
in curva, quando si inizia a spingere, è più
per colpa delle gomme di primo equipaggiamento che non delle misure ciclistiche
o del lavoro della forcella; mentre la mancanza del controllo di trazione, se non è un
difetto vero, richiede però più attenzione
nella guida sportiva o sul bagnato, soprattutto se ci si fosse abituati ad averlo: vista
l'attuale tendenza, probabilmente sarebbe
stato il caso di prevederlo già su questa
versione.
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UN BEL MOTORE
Abbiamo lasciato per ultimo il pezzo forte
della nuova Kawasaki. Il suo quattro cilindri
di nobile tradizione.
E' il protagonista di questa moto e convince in pieno per fluidità, quando si va via
con le marce lunghe, e per erogazione della potenza quando si dà gas.
E' tanto elastico da riprendere in sesta
marcia da meno di mille giri, a 26 km orari, senza il minimo rifiuto, come nella migliore tradizione dei grossi quadricilindrici
di Akashi. Risponde pronto all'acceleratore
senza on-off quando si parzializza, non ha
bassi da botta al manubrio, ma con una
salita di regime regolarissima e via via più
corposa a partire dai quattromila giri (95
orari in sesta).
Dai 6.000 giri in poi c'è una bella progressione, con un allungo senza cali fino poco
prima del taglio a 10.250 giri.
Anche nel misto si va via bene con le marce lunghe, perché quando si spalanca il gas
la coppia arriva subito, con un bellissimo
utilizzo fra i 4.000 e i 6.000 giri, altrimenti
basta scalare in terza, e via di spinta fuori
dalle curve. Oltre alla notevole fluidità, le
prestazioni ci sono tutte, in accelerazione
come in ripresa, e il motore ha un carattere perfettamente accordato al resto della
moto e alla sua impostazione.
Chi ama il quattro cilindri in linea non resterà insomma deluso. Il cambio ha innesti sciolti e una rapportatura giustamente
corta e ravvicinata, da naked appunto, e
la sesta non stacca troppo dalla quinta
pur essendo più demoltipicata. Da ultimo i
consumi, nel nostro giro di circa duecento
chilometri a ritmo non blando abbiamo registrato la media di 18 km/litro.
PREGI: Motore | Erogazione | Maneggevolezza | Frenata
DIFETTI: Assenza controllo di trazione |
Ospitalità Passeggero
KAWASAKI Z 900
8.990 EURO
PESO IN ORDINE DI MARCIA 210 Kg
CILINDRATA 948 cc
TEMPI 4
CILINDRI 4
RAFFREDDAMENTO a liquido
AVVIAMENTO elettrico
ALIMENTAZIONE iniezione
FRIZIONE multidisco
POTENZA 125 cv - 92 kw - 9.500 giri/min
COPPIA 10 kgm - 99 nm - 7.700 giri/min
EMISSIONI Euro 4
CAPACITÀ SERBATOIO 17 Lt
ABS Sì
PNEUMATICO ANTERIORE 120/70ZR17M/C (58W)
PNEUMATICO POSTERIORE 180/55ZR17M/C (73W)
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ABBIGLIAMENTO
Casco Arai Rebel
Giubbotto Alpinstars Valparaiso Tech Air
Pantaloni Spidi J-Flex
Stivaletti TCX
Guanti Spidi Hangar
PIÙ INFORMAZIONI
Meteo: Sereno, 8-10° C
Luogo: Almeria, Spagna
Terreno: Urbano, Extraurbano, Montagna, Autostrada
Foto: Kawasaki Europa
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Prove
HONDA SH 125I E SH 150I
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Prove
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HONDA SH 125I E SH 150I,
GLI SCOOTER DEI RECORD SI
RINNOVANO
di Umberto Mongiardini
DOPO BEN 33 ANNI DI SERVIZIO, I BEST SELLER A RUOTE ALTE DI
HONDA FANNO IL PIENO DI TECNOLOGIA
D
Dopo aver superato la soglia del milione di unità
vendute, ed aver chiuso
il 2016 come scooter più
venduti in Italia, Honda
rinnova la coppia SH 125i e
SH 150i lasciando al momento immutata la
versione SH 300i.
Rispetto alla precedente versione il restyling punta molto su design, tecnologia e
comfort di bordo, mentre le caratteristiche
tecniche rimangono pressoché invariate.
ESTETICA
L'occhio più inesperto potrebbe venir ingannato, ma chi conosce l'SH noterà al
primo colpo d'occhio che, nonostante l'impostazione stilistica sia la stessa, ora le sue
linee sono più tese. Lo scudo, al pari del
fanale anteriore incassato nel manubrio,
hanno guadagnato l'illuminazione a tecnologia LED con il già conosciuto e inconfondibile disegno ad “X”.
Così come nel frontale, anche le luci dello
stop e delle frecce perdono la classica lampadina a filamento e si guadagnano i LED.
Nel complesso le linee sono rimaste quelle classiche tracciate dal designer Maurizio
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Carbonara, guadagnando però unom stile
più moderno ed aggressivo.
CASCO INTEGRALE E PRESA A 12V
Come per il modello precedente, il progetto SH è incentrato sul garantire il massimo
comfort nel commuting urbano, dotando
così lo scooter di un sottosella di dimensioni più che generose ove è possibile alloggiare un casco integrale: cosa più unica
che rara per uno scooter a ruote alte. In
caso di spostamenti in coppia, il sottosella
è dotato di due ganci, uno per lato, per
assicurare i caschi e fissarli all’esterno in
modo sicuro..
Una modifica di carattere tecnologico,
piccola ma decisamente utile, è stata l'aggiunta di una presa a 12V alloggiata nel
vano porta oggetti (ora più capiente) ricavato dietro allo scudo. Smartphone scarico? Mai più. Il passeggero può godere
di pedane retrattili in alluminio, di un discreto spazio e di appigli integrati nel portapacchi posteriore. A questo proposito,
come nel modello precedente Honda ha
deciso di includere nella dotazione standard dei suoi nuovi SH un bauletto posteriore, parabrezza e paramani.
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Prove
TECNOLOGIA
Oltre alla già citata presa a 12V, Honda
ha voluto i suoi nuovi SH 125 e 150 della tecnologia Smart Key: grazie a questo
sistema keyless, basta tenere la chiave in
tasca e agire sul commutatore di contatto, che si illumina di blu, per poter premere il tasto di avviamento o quello di
sollevamento della sella.
MOTORE
Squadra che vince non cambia. Il noto
monocilindrico raffreddato a liquido è rimasto essenzialmente lo stesso della versione precedente, cioè il compatto eSP:
sulla versione del modello 2017 sono
però state apportate alcune modifiche
alla mappatura e all'iniezione elettronica.
Modifiche che da una parte hanno permesso di ottenere l'omologazione Euro4, e dall'altra hanno portato ad un lieve
aumento dei cavalli, facendoli passare
da 11,83 a 12,2 sempre a 8.500 giri, per
l'SH125i, mentre la potenza della versione 150 cc rimane invariata a 15 cv.
Come nella versione precedente, anche sui nuovi SH è presente la funzione
Start&Stop (disinseribile), che dopo tre
secondi di funzionamento al minimo spegne il motore: per riavviarlo è sufficiente agire sulla manopola dell'acceleratore.
Anche grazie a questa soluzione, assieme
a un serbatoio da di 7,5 litri di capacità,
l'autonomia è di circa 300 km; il consumo medio dichiarato della versione da
125 cc è di 47,4 km/l, e di 43,8 km/l per
il 150cc.
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CICLISTICA, SOSPENSIONI E FRENI
Per quanto riguarda il telaio, è stato riconfermato quello in acciaio alto resistenziale della versione precedente. Le
ruote in alluminio, equipaggiate ora con
pneumatici Michelin City Grip, sono state rinnovate nel disegno, pur mantenendo le consuete cinque razze sdoppiate.
Il loro diametro rimane di 16 pollici, così
da garantire un'ottima maneggevolezza e
stabilità anche sul pavé.
Gli ammortizzatori sono regolabili nel
precarico delle molle su 5 scatti, ed offrono alla ruota un’escursione di 83 mm.
All'anteriore, invece, la forcella telescopica con steli da 33 mm ha un corsa di
89 mm. L'impianto frenante dispone di
dischi da 240 mm, con pinza anteriore a
2 pistoncini, mentre la pinza posteriore è
a singolo pistoncino. L'ABS è di serie. Il
peso della versione 125 cc è di 136,9 kg,
e di 137,3 kg per l'SH150i.
I colori disponibili per i due nuovi SH
sono: Pearl Nightstar Black, Pearl Cool
White, Lucent Silver Metallic e Pearl
Splendor Red.
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PREZZI
Il listino prezzi, rispetto alla versione precedente, è stato leggermente ritoccato
all'insù, esattamente di 210 euro per entrambi i fratellini: l'SH125i costa dunque
3.390 euro, che diventano 3.540 per il
150. I prezzi includono il bauletto posteriore, parabrezza e paramani.
LA PROVA
Sull'SH 125i il silenzio regna sovrano. Il
motore è silenziosissimo, e le vibrazioni
sono poche ad ogni regime. Passando al
150cc invece si avverte un po' di differenza acustica. Altra differenza tra i due
motori, nonostante le similitudini siano
molte, è naturalmente l'erogazione: L'SH
125i infatti è più pronto ai bassi regimi,
mentre il 150i recupera nell'allungo, dove
si sente la sua maggiore corposità.
Sia sul pavé che sullo sconnesso gli ammortizzatori reagiscono in maniera composta, e grazie al diametro delle ruote
si viaggia in tutta tranquillità. Il comfort
di bordo comunque è alto, e solo a velocità discretamente elevate l'avantreno
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Prove
Moto.it Magazine N. 280
diventa un po' troppo leggero, e di conseguenza meno preciso: sicuramente, il
parabrezza e il bauletto non sono certo
estranei a tale comportamento.
Grazie alla ricca dotazione standard, tuttavia, la protezione dall'aria è ottima, così
come in caso di pioggia. Da notare inoltre che l'imbottitura sullo schienale del
bauletto garantisce un buon comfort anche al passeggero. L'abbinamento freni/
pneumatici (Michelin City Pilot) è davvero
vincente. Grazie al buon grip e ai freni
modulabili e progressivi, frenare anche su
superfici scivolose regala un buon feeling
a chi guida. Tirando le somme, i nuovi SH
si confermano un ottimo prodotto, sono
facili da usare e sono offerti con una dotazione completa. Con l'aggiunta della solita
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qualità curata stile giapponese, traslata alle
catene di montaggio di Atessa: gli assemblaggi sono ottimi e la tecnologia offerta è
abbondante.
Cosa ci saremmo aspettati di più? Durante
la prova abbiamo avvertito la mancanza di
un freno di stazionamento, utile quando ci
si ferma in discesa, e del cicalino per le
frecce. Ultima osservazione: i consumi dichiarati da Honda (riferentisi com'è noto al
protocollo di rilevazione standard WMTC World Motorcycle Test Cycle) difficilmente
sono ripetibili nell'uso comune: tuttavia, a
conti fatti, durante la nostra prova non ci
siamo discostati troppo da una media di 37
km/l sulla versione 150, e quasi 40 km/l
sul 125 cc, comunque piuttosto soddisfacenti.
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Prove
Moto.it Magazine N. 280
ABBIGLIAMENTO
Giacca Tucano Urbano Parka Central Park
Guanti Tucano Urbano Swift
HONDA SH 125i
3.390 EURO
PESO IN ORDINE DI MARCIA 135 Kg
CILINDRATA 125 cc
TEMPI 4
CILINDRI 1
RAFFREDDAMENTO a liquido
AVVIAMENTO elettrico
ALIMENTAZIONE iniezione
FRIZIONE automatica
POTENZA 12 cv - 9 kw - 8.500 giri/min
EMISSIONI Euro 4
CAPACITÀ SERBATOIO 7,5 Lt
ABS Sì
PNEUMATICO ANTERIORE 100/80-16 (50P)
PNEUMATICO POSTERIORE 120/80-16 (60P)
30
HONDA SH 150i
3,540 EURO
PESO IN ORDINE DI MARCIA 135 Kg
CILINDRATA 153 cc
TEMPI 4
CILINDRI 1
RAFFREDDAMENTO a liquido
AVVIAMENTO elettrico
ALIMENTAZIONE iniezione
FRIZIONE automatica
POTENZA 15 cv - 11 kw - 8.250 giri/min
COPPIA 1 kgm - 14 nm - 6.500 giri/min
EMISSIONI Euro 4
CAPACITÀ SERBATOIO 7,5 Lt
ABS Sì
PNEUMATICO ANTERIORE 100/80-16 (50P)
PNEUMATICO POSTERIORE 120/80-16 (60P)
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Moto.it Magazine N. 280
NEWS
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News
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YAMAHA MT-10 TOURER
EDITION 2017
ARRIVERÀ A MARZO UNA NUOVA VERSIONE DELLA IPER NAKED
YAMAHA MT-10, CHE DIVENTA TOURER EDITION GRAZIE AD ALCUNI
ACCESSORI QUALI AD ESEMPIO IL CUPOLINO ALTO,
LE BORSE LATERALI O IL CRUISE CONTROL
M
Mentre si attende il test di
lancio della nuova Yamaha
MT-10 SP, la casa di Iwata annuncia l'arrivo di una
nuova versione della sua
iper naked a quattro cilindri realizzata partendo dalla base delle super sportiva YZF-R1. Si tratta della MT-10
Tourer Edition, che arriverà nelle concessionarie a marzo al prezzo di 14.690 euro.
Come dichiara il suo nome, questa ver34
sione vuole offrire un livello superiore di
comfort grazie ad esempio alla dotazione
di un cupolino trasparente alto e protettivo, di nuovi paramani e di una sella più
comoda. La versatilità è aumentata grazie
alla dotazione di borse semirigide laterali
(in ABS e di medie dimensioni), ci sono poi
il supporto per il navigatore GPS, disponibile come optional, e un nuovo setting
dell'acceleratore elettronico e del controllo
di trazione. La base tecnica è comune alla
MT-10, con il motore 998 cc crossplane accreditato della potenza di 160 cavalli.
Di serie anche il cruise control, mentre la
frizione beneficia dei dispositivi di assistenza allo stacco e di anti saltellamento in
scalata. Di serie anche il quick shifter attivo
in salita di rapporto.
La ciclistica non cambia rispetto alla versione naked, se non nella taratura delle
sospensioni, la forcella rovesciata Kayaba
da 43 mm e il mono progressivo regolabili.
La MT-10 Tourer Edition sarà disponibile
nelle colorazioni Race Blu, Night Fluo e
Tech Black.
CARATTERISTICHE DEL MODELLO
Edizione speciale della MT-10, Comfort aumentato e funzionalità incrementata, Borse laterali morbide in ABS, Parabrezza alto
sportivo, Sella confortevole, Supporto per
GPS, Navigatore satellitare TomTom Rider
410 in opzione a prezzo speciale
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News
Moto.it Magazine N. 280
YAMAHA: NUOVA YS 125
PRIMA PROPOSTA DELLA GAMMA URBAN MOBILITY DI IWATA, SI GUIDA
CON PATENTE B. PREZZO D'ATTACCO
A
Arriva a sorpresa la nuova Yamaha YS 125, la prima proposta della gamma
Urban Mobility della Casa
di Iwata, che intende proporsi come alternativa
economica allo scooter; raccogliendo,
nel contempo, il testimone della storica
YBR 125, modello di discreto successo
sul mercato europeo, con 150.000 unità
vendute negli ultimi 10 anni.
Partendo dall’estetica, pur con una componentistica evidentemente e dichiaratamente basica, si nota una maggior modernità rispetto alla YBR: lo stile della
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YS ha un andamento più movimentato,
con plastiche caratterizzate da prese d’aria, un faro inedito, strumentazione mista analogico/digitale e livree giocate sul
contrasto di colori.
Dal punto di vista della sostanza, il propulsore è un 125 (52,4 x 57,9 mm di alesaggioxcorsa) monocilindrico a quattro
tempi, raffreddato ad aria, con distribuzione monoalbero a due valvole, omologato Euro-4 e capace di 7,8 kW (10,6 cv)
a 7.500 giri e 10,8 Nm a 6.000 giri.
Le doti migliori del motore sono, ovviamente, accessibilità e parsimonia: il serbatoio da 14 litri dovrebbe infatti consen37
News
Moto.it Magazine N. 280
tire, stando alle dichiarazioni di Yamaha,
un’autonomia di oltre 300 km.
La ciclistica è molto classica, con una
forcella telescopica e un monoammortizzatore a far parte del comparto sospensioni, rispettivamente con 120 e 112
mm di escursione. I cerchi da 18” calzano
pneumatici 90/90 all’anteriore e 100/80
al posteriore.
L’impianto frenante conta su un disco da
245 all’avantreno e un tamburo da 130
mm dietro Il peso si attesta a soli 129 kg
con il pieno, valore che, unito ad un’al-
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tezza della sella di soli 795 mm, rende la
YS 125 un’ottima proposta per principianti o comunque per un pubblico “casual”,
che miri a un mezzo facile e poco impegnativo per l’uso cittadino.
YS125 arriverà nelle concessionarie a
partire da marzo 2017, al prezzo di 2.790
euro f.c., nelle colorazioni Power Red,
Competition White e Midnight Black.
Contemporaneamente si renderà disponibile la gamma di accessori originali,
composta per ora di bauletto da 30 litri,
portapacchi e parabrezza sportivo.
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Attualità
Moto.it Magazine N. 280
LA MOTO IN EUROPA A +13,3%.
ITALIA PRIMA
di Maurizio Gissi
LE NUOVE VENDITE DI MOTO E SCOOTER IN EUROPA SONO RITORNATE
SOPRA AL MILIONE DI UNITÀ. IL DATO POSITIVO DEL 2016 È CHE
LA CRESCITA SI È REGISTRATA OVUNQUE.
L'ITALIA SI È RICONFERMATA COME IL PRIMO MERCATO
CONTINENTALE. I PRIMI DATI PER IL SETTORE ELETTRICO
L'
L'associazione
europea
dei costruttori di motocicli (ACEM) ha diffuso i dati
di vendita del settore "due
ruote" in Europa nel 2016.
Il bilancio di fine anno è
stato nel solco della crescita che si è sviluppata costantemente nel corso dell'annata.
Le immatricolazioni di motocicli (moto, scooter oltre 50 cc) sono salite dalle 891.219
unità del 2015 alla cifra di 1.009.529 unità
del 2016, con una differenza percentuale
pari a +13,3%.
Si è quindi rafforzato il risultato dell'anno precedente, quando il guadagno era
stato del 10,3% rispetto al 2014, e questo dopo anni nei quali la ripresa era stata
molto debole. Un risultato importante, il
superamento del milione di unità, ma che
vale circa la metà del mercato europeo del
2007, quindi prima che iniziasse la crisi
economica globale.
La seconda buona notizia è che l'aumento
delle vendite del 2016 ha riguardato praticamente tutti i 28 Paesi dell'Unione, nei
quali compare ancora il Regno Unito, con
solamente la Finlandia in calo (- 4,3%) e
con assenza di dati relativi a due micro
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mercati quali Cipro e Malta. Se si considerano i cinque mercati di riferimento, quelli che da soli valgono l'80% delle vendite
continentali, la variazione rispetto all'anno
precedente è stata decisamente positiva.
Cominciamo con l'Italia che si è confermata il mercato maggiore con 195.290 unità
(+13,5%, dopo il +9,9% ottenuto nel 2015).
La Germania ha fatto meglio, passando da
151.661 a 174.624 unità, ovvero +15,1%, salendo così al secondo posto continentale
scavalcando la Francia.
Francia che dopo un 2015 stabile (-0,1%),
ha accelerato nel 2016 totalizzando
163.335 unità immatricolate (+6,6%).
Al quarto posto si riconferma anche la Spagna, che nel 2016 ha conosciuto la ripresa
più forte (+17%), passando da 132.536 a
155.003 unità. Crescita a doppia cifra anche per il Regno Unito che totalizza 119.889
vendite e un buon +13,4%, dopo che il 2015
si era chiuso con un altro +15,5%.
Grecia e Austria seguono a distanza il gruppo di testa e segnano aumenti rispettivi del
19% e 19,6%. I mercati che hanno visto i
maggiori incrementi percentuali sono Romania (+46,9%), Svezia (+40,3% e 13.220
unità) e Irlanda (+38,9%).
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Attualità
Moto.it Magazine N. 280
CICLOMOTORI FRA ALTI E BASSI
Passando ai ciclomotori va invece osservata una situazione molto meno rosea.
Complessivamente ne sono stati venduti 327.786, in calo del 3,5% rispetto alle
339.669 unità del 2015. Sono sedici i Paesi
in negativo, l'Italia rientra fra questi seppur
con una flessione contenuta nello 0,2% e
meno di 25mila ciclomotori registrati.
Il mercato continentale maggiore del settore rimane quello francese: 89.732 ciclomotori venduti e una mini variazione di+0,1%,
Seguono Olanda (67.825 unità e +2,9%),
Germania (30.109 e -8%), Polonia (23.908
e una caduta del 21,4%) e Spagna, salita a
17.173 e +7,6%.
ANCORA POCHE LE MOTO ELETTRICHE
ACEM ha diffuso questa volta anche i numeri di vendita dei veicoli elettrici.
Un mercato continentale che ha totalizzato 22.402 mezzi venduti e che rappresenta soltanto l'1,6% del totale delle vendite.
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Quelle formate da ciclomotori e motocicli
con aggiunta dei tricicli e dei quadricicli
(ovvero 1.307.200 unità e +9.1% sul 2015).
Fra i veicoli a trazione elettrica la parte
maggiore è composta dai ciclomotori elettrici: 11.314 unità pari al 50% del totale.
Vengono poi i quadricicli, quelli che rientrano nella categoria L “leggeri” (7.148
unità pari al 32% del totale) e infine le
moto che rappresentano solo il 15,7% del
settore elettrico con 3.513 immatricolazioni. Dove l'elettrico si vende meglio è
la Francia, vengono poi Olanda, Italia,
Spagna e Germania. In Italia nel 2016 si
sono vendute 188 moto, 606 ciclomotori
e 1.582 quadricicli per un totale di 2.385
mezzi elettrici.
Francia, Austria e Germania sono i mercati più importanti per la moto elettrica,
con rispettivamente 823, 691 e 586 immatricolazioni.
LEGGI TUTTE LE CLASSIFICHE
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Tecnica
Moto.it Magazine N. 280
LIBRI, CONVEGNI E CORSI
di Massimo Clarke
LA DIFFICILE STRADA DELLA CONOSCENZA IN CAMPO MOTO
ATTRAVERSO LE PUBBLICAZIONI. E POI L’ATTIVITÀ DIDATTICA E
CULTURALE DELL'ASSOCIAZIONE CEMI
I convegni sono una importante fonte di informazioni tecniche. Quello intitolato “Prestazioni e Tecnologia”,
svoltosi in dicembre a Milano, ha avuto un notevole successo. Adesso potrebbe essere il turno di un evento
dedicato al tuning…
P
Per sapere davvero bene come sono fatti e come funzionano i motori occorre documentarsi accuratamente
in diversi settori della tecnica. Molti dei migliori libri oggi disponibili sono in inglese
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Per gli appassionati di tecnica motociclistica non è
sempre facile documentarsi come si deve, soprattutto se si conosce solo l’italiano. Per coloro che sono
alla ricerca di testi, sia base che avanzati,
attualmente non è che ci sia molto. Il Manuale della moto edito da Mondadori non è
più disponibile. Si tratta di un libro agile e
semplice ma esauriente, che ha avuto una
buona diffusione; è un vero peccato che
sia uscito di scena. Dovrebbe essere ancora
reperibile la versione americana (Modern
Motorcycle Technology) ma il traduttore ha
fatto uno sfacelo.
Diversa è la situazione per chi vuole documentarsi sul motorismo applicato al settore automobilistico. A ogni modo, per avere
un quadro completo non bastano due o tre
libri. Occorrono almeno nozioni di buon livello in settori come la metallurgia, il disegno di macchine, le lavorazioni meccaniche, i lubrificanti e i carburanti. E alcune
buone basi di fisica (meccanica, fluidodinamica, termodinamica). È consigliabile
passare ai motori solo dopo avere studiato
questi argomenti. Insomma, è necessario
procurarsi più di un libro… Questo a meno
di ritenere sufficiente un livello abbastanza
superficiale.
In inglese si trovano ottimi libri di tecnica
automobilistica e di motorismo generico; in
italiano la situazione è assai meno rosea.
Per quanto riguarda internet, c’è molto ma
non è tutto OK. Le ricerche possono dare
buoni frutti, ma occorre saperle fare. Ci
sono sicuramente interessanti pubblicazioni e interi capitoli di buoni libri, ma occhio
alle fonti!
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Tecnica
Moto.it Magazine N. 280
Tornando al settore motociclistico, per fortuna un paio di libri per i quali c’è una notevole richiesta stanno per essere ristampati.
Devo solo terminare la revisione e l’ampliamento di entrambi, da qualche tempo
introvabili. Si tratta del Motore a due tempi
di alte prestazioni e di Moto storiche, guida
al restauro, entrambi editi da Giorgio Nada.
Molti appassionati si interessano principalmente alla storia delle moto, e qui la situazione è sicuramente migliore, in particolare
per chi sa l’inglese.
Purtroppo diversi libri apparsi negli ultimi
anni sono stati scritti da chi non ha conosciuto direttamente i personaggi e le moto
di cui parla, e magari è anche scarso in
quanto a preparazione tecnica.
Si comprano lo stesso, se l’argomento interessa, ma… E comunque non c’è niente
da fare, i libri scritti da chi ha “toccato”
con mano certe realtà e ha frequentato le
aziende, gli uffici tecnici e gli stabilimenti
sono un’altra cosa. Le conoscenze acquisite di persona sono ben diverse da quelle
avute di seconda o terza mano o messe
insieme a tavolino, consultando le riviste
dell’epoca.
Una fonte di informazioni tecniche aggiornate e spesso non ottenibili altrimenti è costituita dai convegni, molto diffusi in paesi
come la Germania, ma assai meno altrove.
Da noi se ne svolge ogni tanto qualcuno di
notevole livello, anche a partecipazione internazionale, ma si tratta di eventi destinati
Un motore ad alte prestazioni durante la messa in fase di due alberi a camme speciali. Per quelli di serie
bastano i segni di riferimento, ma in questo caso servono comparatori e disco goniometrico (che consentono anche di rilevare la curva delle alzate)
I “ferri del mestiere”! I corsi di motorismo organizzati dalla associazione CEMI prevedono l’impiego di accurati
strumenti di controllo e di misura
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fondamentalmente a docenti universitari, a
tecnici di importanti aziende e a progettisti. Per chi non appartiene a questa cerchia
relativamente ristretta gli interventi sono
pressoché incomprensibili. Non di rado poi
vengono esposti i risultati di ricerche e sperimentazioni che se non sono proprio “fini
a se stesse”, poco ci manca.
Di recente l’associazione culturale CEMI,
con il patrocinio e il supporto di Moto.it ha
però organizzato un convegno motoristico
diverso, in quanto di medio livello e aperto a tutti, che ha avuto un buon successo.
L’obiettivo è quello di organizzarne un altro
il prossimo autunno e magari di allestire
anche un evento dedicato al tuning.
L’associazione CEMI ha come obiettivo
quello di fare cultura a 360° in campo motoristico e ha quindi pensato anche a chi
sulle moto vuole lavorarci. Già da anni organizza corsi di restauro delle moto stori-
che e di recente ha anche varato corsi di
tecnica motoristica di base e di motorismo
avanzato. Nella parte teorica si descrivono
la funzione e la struttura dei diversi componenti, i motivi delle varie soluzioni tecniche e il significato dei parametri motoristici; viene inoltre spiegato come e perché si
effettuano gli interventi. Un grande punto
di forza è costituito dal fatto che nella parte
pratica si formano alcuni gruppi (in genere
di quattro persone ciascuno), ognuno dei
quali lavora su di un diverso motore o effettua una determinata operazione. Questo
consente a tutti i partecipanti di intervenire
di persona, “toccando con mano” l’oggetto
del loro interesse.
Chi fosse interessato a questi corsi può
contattare la Fondazione Paganelli, che
supporta CEMI nelle sue iniziative. Il telefono è 02.6128900 e l’indirizzo mail info@
fondazionepaganelli.it
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Epoca
Moto.it Magazine N. 280
RESTAURANDO, SECONDA
PUNTATA: HONDA CB 500 FOUR
di Umberto Mongiardini
LA NUOVA RUBRICA DI MOTO.IT IN COLLABORAZIONE CON LO
SPECIALISTA SOIATTI MOTO CLASSICHE DI NOVARA. CI OCCUPEREMO
DEL RESTAURO DELLA CLASSICA, TRA LE CLASSICHE
D
Dopo il primo appuntamento di Restaurando in
cui abbiamo seguito il restauro di una Hercules K
125 GS, oggi tratteremo
del restauro di una Honda
CB 500 Four K1 del 1972.
La moto in questione è una di quelle classiche senza tempo, sempre di tendenza e
che ha fatto brillare gli occhi a chi, negli
anni '70, si avvicinava al monto delle due
ruote. Negli ultimi anni le richieste per le
appartenenti alla famiglia CB Four sono
impennate. C'è chi le ha trasformate in
cafè racer grazie alla loro versatilità, ma
anche chi, come nel nostro caso, ha voluto
valorizzare e riportare agli antichi splendori
il capolavoro della casa di Hamamatsu.
Nata dopo la CB 750 Four quando nessuno si aspettava la produzione di quadricilindriche di minore cilindrata, non deriva
direttamente dalla “sorella maggiore”, con
la quale condivide solo il numero e la disposizione dei cilindri, oltre alla distribuzione monoalbero con comando a catena, ma
nasce da un progetto a sé stante.
La base di partenza era tutto sommato più
che discreta, la componentistica era quasi
al completo; all'appello mancavano l'ambitissimo scarico originale, sostituito con una
soluzione 4 in 1, e la sella originale, che era
stata rimpiazzata da una, sempre dell'e48
poca, ma in stile cafè racer. Ad un primo
sguardo la moto non sembrava riversare in
condizioni disperate, ma dopo essere stata
lasciata ferma in un box per più di 15 anni,
l'obiettivo di Soiatti, concordato con il proprietario, era quello di renderla impeccabile, bullone dopo bullone.
Si è così partiti smontando tutte le sovrastrutture, rimuovendo anche i cerchi e motore, lasciando solo il nudo telaio.
La prima operazione di restauro ha interessato il quadricilindrico superquadro, evoluzione del 750 cc che ora prevedeva una dimensione strutturale ridotta ed un numero
inferiore di componenti.
Dopo tre lustri di fermo il motore risultava
essere bloccato, rendendo così necessaria
una revisione totale. Sono stati sostituiti i
pistoni e rialesati i cilindri.
È inoltre stata smontata completamente
la testa per la rettifica delle valvole, delle
relative sedi e si è poi proceduto con la
sostituzione dei paraolio. Sono state successivamente controllate le bronzine, l'albero motore e le bielle, terminando con la
sostituzione della catena di distribuzione e
della catena primaria.
Una volta rimontato il motore, debitamente sabbiato e con i carter e coperchi valvole
lucidati, si è passati ai carburatori che sono
stati completamente smontati, lavati con
lavaggio ad ultrasuoni e infine revisionati
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Epoca
Moto.it Magazine N. 280
con l'installazione di quattro kit di revisione
che comprendono spillo, chiusura galleggiante, polverizzatore, getto minimo, getto
massimo e guarnizioni.
Dato il lungo periodo di fermo, anche l'impianto frenante è stato sottoposto ad una
attenta operazione di ripristino con la totale revisione della pompa del freno anteriore così come della pinza. Dopo i freni si è
passati ai cerchi a cui sono stati smontati i
raggi e mozzi. I raggi sono stati spazzolati e
zincati, mentre i mozzi, così come le lame
dei cerchi, sono stati lucidati, ottenendo un
risultato pari a quello d'origine.
Parlando di cromature, gli ammortizzatori
posteriori sono stati revisionati e la molla è
stata cromata, così come i parafanghi anteriore e posteriore ed il manubrio.
Passando alla verniciatura, lavoro assai delicato per una moto con colorazioni così
specifiche, si è partiti con la totale sabbiatura del telaio che è stato riverniciato nel
classico nero lucido e con la sabbiatura del
serbatoio e fianchetti.
La scelta cromatica è ricaduta sul classico
verde Candy Jade Green a grafiche tonde,
tipico della serie K1.
Una volta completato il lavoro di carrozzeria, si è passati al rimontaggio della moto,
senza tralasciare la revisione dei tipici strumenti piccoli a fondo verde scuro e fondoscala del contagiri rosso, la sostituzione
della sella con quella originale nera piatta
a due posti con fodera saldata a frequenze
e sono state montate le marmitte originali
4 in 4.
A progetto finito la moto sembrava appena
uscita dalla catena di produzione. Vi starete però domandando quanto un restauro
di tale portata possa essere impegnativo in
termini economici. La sola componentistica
è già di per sé molto dispendiosa, a partire dallo scarico nuovo ed originale che, da
solo, ha un prezzo di svariate centinaia di
euro. Aggiungete il costo per la zincatura,
cromatura e per la verniciatura ed il totale
non è difficile da immaginare.
Per quanto riguarda la manodopera, le ore
dedicate a questo profondo restauro sono
state circa 120. A guardare le foto della moto restaurata, però, non si può certo
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dire che non ne sia valsa la pena; farebbe
invidia a qualunque collezionista o appassionato di moto storiche. Se voleste approfondire l'aspetto tecnico di questo modello
o, più ingenerale, della Famiglia CB Four,
vi consiglio di visitare l'articolo del nostro
specialista Massimo Clarke.
Grazie al supporto del Registro Storico di
Marca Honda4Fun, a fondo galleria potrete
trovare la scheda tecnica dalla CB 500 Four
e i vari codici colore in cui è stata prodotta.
Sul loro sito sono presenti tutti i documenti
che potrebbero interessarvi in fase di restauro, tra cui libretti di uso e manutenzione, schede tecniche e tanto altro.
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La Lettura
Moto.it Magazine N. 280
I RACCONTI DI MOTO.IT:
"LE PASSIONI DEBOLI"
di Antonio Privitera
IL MIGLIOR LIBRO DI FILOSOFIA È UNA MOTOCICLETTA IN MARCIA
SOTTO LA PIOGGIA...
I
Il miglior libro di filosofia è
una motocicletta in marcia
sotto la pioggia.
Dentro il temporale, dopo
la seconda onda anomala
sollevata da un perfido sedicenne con la micro car e il rivolo artico
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che giunge a segno tra le chiappe, ti ricordi
che senza dubbio l'uomo è nato per soffrire. Molta sofferenza.
Quindi molta filosofia.
Che piuttosto che partire dalle solite e
inafferrabili questioni di chi siamo, dove e
come, si risolve dentro la più prosaica do-
manda “chi me lo fa fare?”. Forse, il libero
arbitrio.
Scendendo nel particolare, il dilemma si
rispecchia nell'irresolubile mistero: perché
mio figlio, al quale sto stendendo ponti
d'oro per indurlo a guidare finalmente una
motocicletta, temporeggia, sminuisce, non
apprezza, disarma e disinnesca quell'argomento che io consideravo definitivo, la
conquista della libertà e il potere di autodeterminare, se non il futuro, quantomeno
il tragitto casa-scuola? Dico, se non vuoi
la moto per passione, almeno dovresti apprezzarla per l'indipendenza che potrebbe
garantirti; e invece, nulla.
Devastato da tanta realtà, sciolgo poi tutto
nell'acido interrogandomi se tutto questo
non sia una spia del fatto che le passioni
sono indotte, e quindi prive del requisito
della libertà, e i veri liberi siano coloro che
possiedono solo le passioni “deboli”, rapide, effimere, che infiammano il cuore e la
mente per poco e solo fino a non morirne,
che non sgomitano per farsi largo nell'indole, non formano l'esperienza, roba cruda
e acerba masticata come un chewing-gum,
poco ingombranti, le metti dove ti pare e
lì stanno senza occupare il posto di altri
entusiasmi pronti a succedere al trono di re
del momento. Ecco, le persone che vivono
queste passioni deboli non temono nulla,
nulla le coinvolge veramente, sono definitivamente libere. Un click e via.
Cinque euro e hai finito, uno share e passa
tutto, un like e hai fatto già il massimo.
Loro non possiedono, condividono.
Non immaginano ma riproducono.
Un bell'argomento per passare il venerdì.
Quei quattordicenni cui il motorino non
serve perché non saprebbero dove andare, sarebbe una libertà inutile: con uno
smartphone sono già dappertutto e al
massimo puoi insegnare loro il senso del
dovere, non certo quello del piacere che rimane annidato in un edonismo condivisivo
al quale ogni evento è legato e la profonda
emozione di stare su una moto e basta,
pure in mezzo al traffico, non è pubblica-
bile e se lo fosse avrebbe bisogno di una
quantità di caratteri tale da non ricevere
nemmeno un like.
Questo è il mio timore, di trovarmi in un
mondo di uomini spesso talmente privi di
spirito di comunicazione ed empatia da sublimarlo in video e foto sui social, delegando a chi osserva il compito di interpretare
verbalmente l'emozione mostrata in video.
Non si tratta più di comunicazione ma di
una richiesta d'aiuto o di apprezzamento in
forma binaria: si o no, like/dislike, svuotata
della complessità e pronta ad essere vissuta quante più volte possibile.
Tuttavia, ognuno è libero di fare quello
che crede, giusto? E la domanda tradisce
la presunzione di chi pontifica da queste
righe considerandosi più libero e consapevole di chi galleggia in un universo di passioni deboli.
Un attimo.
Millenni di filosofia e secoli di scienza non
hanno mai dimostrato l'esistenza del libero arbitrio, questo induce a pensare che i
comportamenti umani siano indotti da circostanze, eventi, inerzie, passioni. Tante
passioni, quindi poca filosofia.
Pensa all'ultima decisione: a volte siamo
come degli aeroplani di carta lanciati dalla
finestra, liberi ma non per questo in possesso del libero arbitrio.
Partiamo da lontano, ok? Nessuna obiezione? Bravi. Bravi perché non è vero che ai
motociclisti non piace leggere, bravi perché...
perché sì.
Quindi: un tizio del '600 diceva che per
considerare un'azione libera sarebbe necessario che la decisione di compiere quel
tale gesto sia stata autonoma e non determinata, in una sorta di regresso all'infinito
alla ricerca dell'azione puramente ispirata e
non suggerita, indotta o forzata.
Fare un giro in moto, ad esempio, non è
una scelta indipendente se è una reazione
al litigio con la moglie, scoppiato a sua volta per la bolletta della luce degna di un capannone industriale, generata dalla scelta
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La Lettura
Moto.it Magazine N. 280
di comprare la griglia elettrica per arrosto
delle dimensioni di una scrivania, acquistata perché il barbecue a carbone fa troppo
fumo e avere i pompieri ogni sabato sera
anche no... e via così all'infinito.
Ricapitolando, difficile capire se una decisione è frutto di libero arbitrio o no.
Saltiamo duecento anni e arriviamo ad un
tale che diceva che nell'universo fisico lo
stato delle cose è determinato dall'effetto
del suo passato ed è causa del suo futuro.
Lapalissiano, direi.
Ci siamo tutti? Ok, procediamo: quindi se
esistesse una mente così raffinata e potente da potere conoscere tutti gli oggetti
in natura, tutte le loro posizioni e, in ultimo, fosse pure cosi intelligente da poterne
elaborare i dati e sottoporli ad analisi per
costui non ci sarebbe alcune difficoltà a
predire il futuro in quanto, come abbiamo
visto, basterebbe capire il passato.
Quindi niente libero arbitrio, al massimo
casualità degli eventi.
La conclusione a cui giungo è che noi motociclisti appassionati siamo chiaramente
quanto di meno libero esiste al mondo:
guidati da una passione tremenda e opprimente, per goderne appieno sacrifichiamo
mogli e amanti, amici e lavoro, figli e genitori, casa e chiesa.
Nascondiamo e immoliamo sull'altare
dell'ultima novità o dell'assicurazione sempre più esosa gli ultimi denari destinati a
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qualcosa di più necessario, (l'effimero, per
esempio), o anche quando i soldi li abbiamo (come sembrano suggerire gli ultimi
dati di vendita) li impieghiamo nella nostra
adorata cavalcatura e nei suoi bardamenti
con sensi di colpa ineludibili, manco padri
separati.
Noi non possediamo libero arbitrio, la moto
ci possiede e ne siamo felici.
Contro gli uomini dalle passioni deboli abbiamo quindi perso due a zero: mentre noi
ci vantiamo di andare in moto per sentirci
liberi, loro lo sono veramente senza muoversi da casa e senza spendere una lira
in benzina, bollo, multe, accessori e tutto
quanto conosciamo bene; senza compromessi con gli affetti, senza sensi di colpa,
senza emozioni devastanti in uscita di curva o in cima alla vetta del piacere.
Mentre noi ci struggiamo nella passione di
un pomeriggio piovoso a rimirare anche in
garage, da ferma, la nostra motocicletta,
non sappiamo di essere totalmente soggiogati e pilotati. Da chi? Da lei: la moto sa
tutto, vede tutto, conosce tutto.
Del suo ristretto universo fisico conosce
ogni anfratto e quindi, secondo il signore
dell'800 è lei a conoscere il futuro e, quindi, il nostro destino. Vaglielo a spiegare a
quelli delle passioni deboli che non è colpa
nostra. Che ci piace così.
Col rivolo ghiacciato tra il destro e il sinistro, sotto il temporale.
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Turismo
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IN VIAGGIO CON CAMILLA:
UN GIRO FRA LOMBARDIA,
LIGURIA ED EMILIA
di Camilla Colombo
TANTE CURVE E PANORAMI MOZZAFIATO FRA MILANO,
PAVIA E PIACENZA
T
Tre Regioni. 360 km e 7
ore di viaggio per un classico degli amanti della motocicletta.
Questo tour, all’apparenza
facile e alla portata di tutti,
in realtà è l’occasione perfetta per mettere
alla prova la propria resistenza e la propria
passione per le due ruote. Perché le strade
da percorrere sono tortuose, i chilometri da
conquistare tanti, e i paesaggi da ammirare
molteplici.
La partenza è alle nove del mattino da Milano, con la prima tappa già in mente da
raggiungere dando gas alla nostra Bmw
R1200R, ovvero passo Penice. Più di 60
chilometri che conducono fino all’uscita
dall'autostrada A7 all’altezza di Castelnuovo Scrivia, e sembrano essere molto più
lunghi, perché scorrono dritti nel tipico paesaggio dell’Oltrepò Pavese pieno di risaie. Il divertimento inizia a farsi strada una
volta superata Salice Terme, percorrendo la
SP 461 in direzione Varzi, delizioso paesino
della valle Staffora costruito ancor prima
56
dell’anno Mille.
La parte più entusiasmante di questa prima tappa di viaggio, però, sono ovviamente i 16 chilometri che portano alle pendici
del Monte Penice e che regalano emozioni
sensoriali a chi può prestare attenzione al
paesaggio e non alla guida. In un ambiente
quasi rarefatto, ricco di verde e con poche
abitazioni, passo Penice (1.149 metri) è una
meta da scoprire sia d’inverno, con gli impianti sciistici, le scuole di sci e le piste da
bob a disposizione degli appassionati della
zona, sia durante tutto il resto dell’anno,
quando l’asfalto, non sempre in stato ottimale, è vissuto da una gran quantità di
motociclisti e ciclisti. La discesa verso Bobbio è un dolce declinare verso valle, con
lo sguardo che spazia ai monti circostanti,
al verde dei pascoli e al fiume Trebbia che
scorre vivo a fondovalle.
La cittadina dell’abbazia di San Colombano
è sempre una delizia per gli occhi, non importa quante volte la si visiti, e lo stesso si
può dire della SS45 che da Piacenza conduce fino a Genova - anche se noi, questa
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Turismo
Moto.it Magazine N. 280
volta, la lasciamo all’altezza di Loco per
proseguire sulla Strada Provinciale 17.
Quando ci si appassiona alle due ruote, si
inizia a percorrere tante strade diverse con
la foga di voler scoprire sempre più posti,
eppure, nel mio caso, devo dire che il senso di quiete, di libertà e di "casa" che ho
respirato lungo le curve della val Trebbia e
della val d'Aveto non l’ho ancora raggiunto
da nessun’altra parte. Per chi cerca pace, il
passo del Fregarolo, 1.203 metri d’altitudine, è proprio la deviazione perfetta.
La Strada Statale della val d’Aveto, la
SS586, non ha nulla da invidiare, a mio avviso, alla sua collega SS45.
Le curve anche qui sono tante, il verde
è immenso, le macchine anzi sono ancor
meno. In certi punti l’asfalto non è buono, è giusto ammetterlo, ma la bellezza
del percorso e del paesaggio riesce a far
dimenticare i difetti della via di comunicazione tra la val d’Aveto e l’alta val di Nure.
In base al periodo dell’anno in cui si affron58
ta, il passo del Tomarlo, uno dei valichi più
alti di tutto l’Appennino settentrionale, con
i suoi 1.485 metri d’altitudine, sembra essere sperduto dalla civiltà, come in novembre, immerso nella neve nei mesi invernali,
o meta frequentatissima dagli escursionisti
d’estate. Come il vicinissimo passo dello
Zovallo, che nel tratto di strada che lo collega al Tomarlo raggiunge i 1.520 metri.
I danni dell’alluvione del 2015 sono ancora
visibili in certi punti, e ricordano quanto sia
fragile il territorio appenninico solcato da
agricoltura e allevamento.
Gli ultimi 64,5 chilometri che da passo Tomarlo portano a Grazzano Visconti fateli
senza sosta, godendo del paesaggio circostante, del silenzio e del rombo della vostra due ruote. Perché ormai si ritorna alla
pianura, le colline rimangono alle spalle, e
le grandi città si fanno vicine. C'è giusto il
tempo di un caffè a Grazzano Visconti prima che il sole cali all'orizzonte: casa ormai
ci attende.
59
Editoriale
Moto.it Magazine N. 280
NICO CEREGHINI
"DUCATI DIECI ANNI DOPO"
CORSI E RICORSI STORICI: ANCHE HONDA E YAMAHA DOVETTERO
SOFFRIRE PER TANTI ANNI PRIMA DI TORNARE AL TITOLO.
CI VUOLE IL GRANDE CAMPIONE, E POI OCCORRONO LE SCELTE
TECNICHE GIUSTE E IL TEMPO PER IMPORLE
C
Ciao a tutti!
Per
tenere
allenata
la
mente –come
è raccomandato per restare giovani- ho studiato a
memoria l’elenco dei campioni del mondo della top
class; e molto spesso, quasi
tutti i giorni, lo ripercorro:
da “1949, Leslie Graham,
Gran Bretagna, AJS” fino a
“2017, Marc Marquez, Spagna, Honda”.
Sono sessantanove nomi e
cognomi, sessantanove Paesi
e sessantanove marche, tutti in fila e con qualche nota
per le tappe più importanti,
tipo i sette titoli consecutivi
di Ago e i cinque di Doohan
e Rossi, il primo titolo a due
tempi (di Ago), il primo titolo per una casa giapponese
(il medesimo, sempre Ago!),
l’ultimo titolo della 500 e il
primo della MotoGP (Rossi).
60
E scopro che ci sono corsi e
ricorsi interessanti.
Dall’unico titolo conquistato
in MotoGP dalla Ducati sono
già passati dieci anni: 2007,
Casey Stoner, Australia.
Dieci stagioni sono una vita
e sappiamo tutti come è andata, dal primo bombardone
del 2003 al gran talento di
Stoner, poi lo sviluppo rallentato da qualche rigidità e
dalla carenza di investimenti,
la fuga di Casey, il fiasco del
matrimonio con Valentino,
quindi l’Audi, i nuovi vertici
tecnici e oggi finalmente il
passo adeguato.
Ogni sportivo italiano tocca
ferro e sogna che a partire
dal 2017 sia riscatto, Lorenzo
o Dovizioso che sia.
E mi pare interessante una
considerazione: anche Honda e Yamaha, benché molto
ricche, hanno avuto lunghi
periodi critici.
Honda è sbarcata sulle cor-
se negli anni Sessanta con
uno squadrone e tanta tecnologia, dominando in tutte
le classi tranne la 500; alla
fine del ’67 si ritirò per concentrarsi sulla produzione,
e quando decise di rientrare per prendersi il titolo che
mancava, soffrì, per anni:
convinta di poter vincere col
quattro tempi, si svenò nel
famoso supermotore a pistoni ovali che esordì nel ’79, e
il tonfo fa male all’orgoglio
ancora oggi.
Con il due tempi si ripresentò
nell’82, vinse il titolo nell’83
con Spencer, poi Spencer
finì in tilt, tanto da fermarsi dopo la doppietta dell’85.
Nei nove anni successivi la
Honda ha colto due soli titoli,
con Gardner e Lawson.
E il dopo Rossi. Quando Valentino passò alla Yamaha
alla fine del 2003, alla Honda minacciarono sfracelli (ve
lo ricordate?) e invece fino al
2011 di Stoner furono bocconi amari: dominio Yamaha
con l’eccezione di Hayden
2006 (bravo lui, ma titolo
fortuito) e del 2007 firmato
Ducati.
Per Yamaha il digiuno fu ancora più lungo e più amaro.
Dopo Ago, Roberts, Lawson
e il drammatico incidente di
Rainey nel 1993, furono addirittura undici le stagioni a
secco: non bastò Cadalora, si
rivide la luce con Biaggi, ma
ci volle l’ingaggio del grande
Valentino per tornare, e stabilmente, ai titoli della MotoGP. Sarebbe andata in un
altro modo se Wayne Rainey
non fosse caduto a Misano?
Credo proprio di sì, esattamente come sarebbe andata
diversamente in Honda se a
Freddie Spencer non si fosse
spento un interruttore nella
testa. E allora la considerazione è questa: per vincere ci
vuole la tecnologia giusta ma
soprattutto ci vuole il grande
campione; e se questo, per
un motivo o per l’altro, a un
certo punto ti lascia, allora sei
fritto. Occorrono molti anni
per ritrovare dei riferimenti
sicuri, reimpostare il lavoro a
casa e quello della squadra in
pista, tornare competitivi di
nuovo. Più o meno, facendo
i conti a spanne, occorrono
circa dieci anni.
E ALLORA LA CONSIDERAZIONE È
QUESTA: PER VINCERE CI VUOLE
LA TECNOLOGIA GIUSTA MA
SOPRATTUTTO CI VUOLE IL GRANDE
CAMPIONE; E SE QUESTO,
PER UN MOTIVO O PER L’ALTRO,
A UN CERTO PUNTO TI LASCIA,
ALLORA SEI FRITTO
61
MotoGP
Moto.it Magazine N. 280
ASPETTANDO DOPOGP
DAVIDE BRIVIO: "IANNONE È
PRONTO A VINCERE"
di Giovanni Zamagni
CON IL TEAM MANAGER SUZUKI INIZIAMO ANALIZZANDO I TEST
APPENA CONCLUSI E LE AMBIZIONI DI IANNONE E RINS
C
Con il team manager Suzuki
iniziamo analizzando i test
appena conclusi. Test non
esattamente positivi per
Iannone.
«Abbiamo un po’ sofferto
all’inizio, ma poi si è chiuso bene - commenta Davide Brivio -. Alla fine abbiano fat62
to un long run e abbiamo potuto verificare
alcune cose, e siamo contenti di quello che
abbiamo fatto».
«Dopo Sepang abbiamo definito motore e
ciclistica. Ora abbiamo una base sulla quale magari porteremo delle evoluzioni (non
sul motore) man mano che la stagione prosegue. E poi abbiamo introdotto anche noi
una nuova aerodinamica».
Rins ha concluso in maniera molto positiva.
«Sì, migliora test dopo test. Sta imparando
velocemente, segue i consigli, siamo molto
contenti. Abbiamo una perfetta combinazione: Iannone, che è un pilota pronto per
vincere, e Rins che sta crescendo. Speriamo
che vadano forte!».
63
Moto.it Magazine N. 280
SUPERBIKE
GP D'AUSTRALIA
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65
Superbike
Moto.it Magazine N. 280
REA SI AGGIUDICA GARA 1
A PHILLIP ISLAND
di Carlo Baldi
REA PIEGA DAVIES E VINCE UNA GARA AVVINCENTE E COMBATTUTA.
TERZO POSTO PER SYKES. MELANDRI CADE E ACCUSA LOWES. CADUTA
ANCHE PER SAVADORI. OTTIMO QUINTO POSTO DI CAMIER
R
Rea. Ancora lui, ma questa
volta la sua vittoria non è
stata per niente scontata e
il campione del mondo ha
dovuto sudare le proverbiali sette camicie, prima per controllare un
gruppone composto da 14 piloti ed in seguito per resistere agli attacchi di Davies,
che gli ha conteso la vittoria sin sulla linea del traguardo, ed ha ceduto per soli
42 millesimi. E’ sembrata più una gara di
Moto3 che non una di Superbike, con un
lungo serpentone e distacchi al decimo di
secondo. Un bel corpo a corpo che ci ha
riportati indietro nel tempo.
Però alla fine ad emergere sono stati Rea,
Davies e Sykes, vale a dire quelli che erano
stati i protagonisti della passata stagione.
I primi della classe sapevano che per vincere bisognava risparmiare le gomme e per
ben due volte Rea è andato in testa per poi
rallentare il ritmo ed arrivare quindi con
gli pneumatici ancora performanti nei giri
decisivi. Una tattica vincente che è stata
anche adottata da Davies, rimasto sempre
nelle posizioni di rincalzo per poi emergere
imperioso nelle ultime tre tornate.
66
Tra i protagonisti è mancato Marco Melandri, caduto nel corso del quindicesimo giro
a suo dire a causa di Lowes, reo di averlo
chiuso in una curva ed averne quindi provocato la caduta.
Le immagini non hanno ripreso quanto accaduto al ravennate e quindi non possiamo
giudicare i motivi della sua caduta, che ci
ha di fatto privato di uno dei piloti in grado
di lottare per la vittoria.
Un vero peccato anche perché dopo aver
raccolto zero punti oggi, domani Marco dovrà prendere il via dalla quarta fila.
Per lui un inizio di campionato decisamente in salita.
Indipendentemente da quanto è accaduto
con Melandri, Lowes ha fatto una grande
gara, fatta di grinta (troppa?) e determinazione, ma anche di una guida concreta e
veloce che lo ha portato anche a condurre
la gara (anche se per un solo giro).
L’inglese della Yamaha ha perso contatto
con il gruppo dei primi solo a due giri dalla
fine, per poi tagliare il traguardo al quarto
posto ad un secondo da Rea.
Camier e la MV non finiscono di stupire.
L’inglese è sempre stato nelle prime po67
Superbike
Moto.it Magazine N. 280
sizioni, senza mai mollare un millimetro a
nessuno ed il suo è un quinto posto che
vale molto e che Leon ha voluto subito
condividere con la sua squadra.
Ottima anche la gara di Fores che è sempre stato nel gruppo di testa, cedendo solo
negli ultimi giri.
La top ten è completata da un concreto
Torres settimo davanti a Laverty, che in
gara ha sfruttato tutta la sua esperienza
per portare al traguardo la sua Aprilia. Cosa
che purtroppo non è riuscita a Savadori.
Il giovane pilota italiano faceva parte del
gruppone di testa ed era in piena rimonta
quando ha perso aderenza all’anteriore durante il sesto giro. Un vero peccato perché
di certo Lorenzo avrebbe potuto conquista68
re una posizione nei primi otto-dieci, con i
relativi ed importanti punti.
VdMark ha confermato quanto aveva mostrato in prova, vale a dire un affiatamento
ancora scarso con la sua R1. L’olandese ha
preceduto il debuttante Krummenacher,
bravo a centrare la top ten con la Kawasaki
privata del team Puccetti e Hayden, che
con la nuova Honda ha faticato a concludere in undicesima posizione.
Solo quindicesimo il suo team mate Bradl,
preceduto anche da De Angelis, che porta
a casa due punticini. Russo chiude sedicesimo davanti a Badovini.
Oltre a Melandri e Savadori non ha tagliato
il traguardo anche la wild card Brookes, a
causa di problemi tecnici.
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Moto.it Magazine N. 280
Superbike
LA CLASSIFICA DI GARA 1
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Superbike
Moto.it Magazine N. 280
GP D'AUSTRALIA.
QUELL'ANTIPATICO DI REA
di Carlo Baldi
DOPO GARA POLEMICO A PHILLIP ISLAND CON DAVIES CHE
REPLICA A REA E MELANDRI CHE ACCUSA APERTAMENTE LOWES DI
SCORRETTEZZA. E’ LA FINE DI UNA SBK “POLITICALLY CORRECT?”
I
Il dopo gara di Phillip Island
è stato alquanto nervoso e
non sono mancati i commenti polemici e le “frecciatine”, che hanno riguardato i tre piloti che sono
saliti sul podio, oltre a Melandri, che ha
apertamente accusato Alex Lowes di scorrettezza in merito alla sua caduta al quindicesimo giro.
Persino Davies, che ci aveva abituati ad un
self control tipicamente anglosassone, oggi
è apparso invece particolarmente nervoso.
Dopo aver commentato, a metà tra il serio
e lo scherzoso, alcune dichiarazioni di Tom
Sykes, Chaz è rimasto ad ascoltare l’intervista di Rea, per poi intervenire e contraddirlo, quando il nordirlandese ha affermato
che la Ducati è veloce quanto la Kawasaki.
“Se si guardano le velocità massime nostre e della Ducati, giro per giro, vedrete
che sono simili” ha risposto Johnny alla domanda di un giornalista.
72
Ed è a questo punto che è intervenuto il
gallese e lo ha contraddetto : “La Kawasaki ha una velocità superiore. Se vuoi ti
faccio un foglio excel con tutte le velocità
e vedrai che non è come dici tu”. Senza
perdere la calma e sempre parlando pacatamente Rea ha scosso la testa.
“Non sono assolutamente d’accordo”.
Il siparietto tra i due è dovuto al fatto che
Rea da tempo afferma che la mancanza di
velocità massima sbandierata spesso della
Ducati sia solo una scusa, per giustificare
la supremazia della Kawasaki e di Rea in
particolare.
Ovviamente questo non va giù a Chaz,
oggi particolarmente nervoso per aver perso il duello diretto con il nordirlandese.
Appare sempre più chiaro come Rea non
goda delle simpatie degli altri piloti ed in
special modo dei suoi connazionali.
Sino alla “famosa” notte di Losail dello
scorso anno (quando il nordirlandese regalò il secondo posto nel mondiale al suo
73
Superbike
Moto.it Magazine N. 280
compagno di squadra) era stato Sykes ad
accusare Rea di scorrettezze nei suoi confronti, per un clima di tensione tra i due
che si era fatto particolarmente difficile.
Ora sembra invece che sia Davies ad aver
qualche cosa da ridire al campione del
mondo. Vedremo nelle prossime gare se
questa antipatia tra i due è stata solo una
parentesi o se invece la vicenda assumerà
toni più aspri.
Aspri come sono stati i commenti di Marco
Melandri nei confronti di Alex Lowes.
Il pilota della Ducati non gliele ha certamente mandate a dire : “Tra la curva uno e
la curva due, Lowes ha cambiato direzione
molto prima del solito, guardando verso di
me, per poi venirmi volutamente addosso.
Un vero peccato, perché la gara stava andando come avevo programmato.
Stavo risparmiando le gomme per gli ultimi
giri, che sarebbero stati certamente difficili, ma me la sarei comunque giocata. Invece così pago un prezzo molto alto per colpe
non mie”. Quando si dice “parlare chiaro”.
Se qualcuno era stufo dei commenti sempre amichevoli e di circostanza dei piloti
della Superbike oggi è stato accontentato.
Quello che ha preso il via oggi a Phillip
Island si preannuncia come un campionato
avvincente non solo in pista, ma anche nel
paddock e nel dopo gara.
Segno che la competizione è aumentata,
così come il numero dei piloti di talento
che non ci stanno mai a perdere. Specialmente se a vincere è sempre lo stesso.
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Superbike
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Superbike
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LA GRIGLIA DI PARTENZA
DI GARA 2
di Carlo Baldi
ALLA LUCE DEL NUOVO REGOLAMENTO VI SPIEGHIAMO LA GRIGLIA DI
PARTENZA DI GARA2. LAVILLA :
“RIFLETTORI ACCESI SULLE SECONDE FILE”. PERÒ CHI CADE IN GARA1
VIENE DOPPIAMENTE PENALIZZATO
L
La Superpole è andata al
cannibale Rea, ma a partire in pole position sarà
Alex Lowes. Questo in base
alla nuova regola secondo
la quale le griglia di partenza della gara di
domenica tiene conto delle prime nove posizioni della gara di sabato.
I primi tre piloti, quelli saliti sul podio, pas78
sulla quarta casella, Laverty sulla quinta e
VdMark sulla sesta.
Dalla decima posizione in giù valgono ancora i risultati della Superpole, ma si deve
tener conto delle cadute di gara1 e delle
posizioni che avevano in Superpole i piloti
che non hanno concluso la gara.
Ne consegue che Melandri andrà ad occupare l’undicesimo posto e Savadori il dodicesimo, costringendo quindi Hayden (undicesimo in prova) a scalare al dodicesimo
posto, così come Reiterberger.
Questa nuova regolamentazione è stata
molto criticata, soprattutto per la sua complessità. Sinceramente anche per gli addetti ai lavori (io per primo) non è stato facile
comprenderla completamente, soprattutto
perché le variabili sono molte e la domanda sorge spontanea : cosa ne capiranno i
telespettatori che non seguono assiduamente la Superbike?
Ma soprattutto tutte queste complicazioni
valgono la candela? In altre parole quali saranno i vantaggi di questa decisione della
Dorna?
Ne abbiamo parlato con Gregorio Lavilla,
ex pilota della Superbike ed ora facente
parte della Direzione di Gara del campionato. L’intenzione della Dorna è quella di
dare visibilità alle seconde linee – ci ha dichiarato il dirigente spagnolo – a piloti e
squadre che spesso sfiorano il podio, ma
non ottengono la dovuta visibilità.
Per loro ci saranno tutti gli onori della prima fila, con un ritorno mediatico importante soprattutto per i loro sponsor. Inoltre –
ha proseguito Lavilla – chi ha vinto la prima
gara sarà costretto a partire dalla terza fila
e quindi nei primi giri vedremo più sorpassi
e di conseguenza uno spettacolo maggiore.
Tutto vero, ma a nostro parere questa regola ha anche una conseguenza probabil-
sano in terza fila, a posizioni invertite. Ecco
perché Rea prenderà il via dal nono posto,
Davies dall’ottavo e Sykes dal settimo.
Le posizioni in gara dal quarto al sesto andranno a formare la prima fila.
Quindi pole a Lowes, affiancato da Camier
e Fores. Chi ha ottenuto in gara le posizioni dalla settima alla nona partirà dalla
seconda fila. Ne consegue che Torres sarà
79
Superbike
Moto.it Magazine N. 280
mente sottovalutata, che riguarda i piloti
che non concludono gara1.
Prendiamo ad esempio Marco Melandri.
Dopo che una caduta oggi non gli ha permesso di prendere punti, domani dovrà
prendere il via dalla quarta fila. Nei primi
giri il pilota della Ducati dovrà dare il massimo per poter andare ad occupare in fretta
una delle prime posizioni ed evitare così
che i più veloci prendano il largo. Un recupero a suon di sorpassi che significa una
maggior percentuale di rischio. D’altronde sempre Lavilla lascia una porta aperta
80
ad una possibile revisione, anche se non
in questa stagione. “Noi pensiamo che sia
importante aumentare lo spettacolo e dare
più visibilità alle seconde linee e con questa regola sappiamo di poter raggiungere
questi obiettivi. Ovviamente la dovremo
monitorare ma se ci dovessimo accorgere
che c’è qualcosa che non funziona, il prossimo anno non esiteremmo a rivederla o a
cancellarla”. Diamo quindi tempo al tempo
e prima di criticare l’operato della Dorna
aspettiamo di vedere le conseguenze delle
loro decisioni.
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82
Superbike
83
Superbike
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REA FA SUA ANCHE GARA 2
di Carlo Baldi
IL FINALE DI GARA È STATO LO STESSO DI SABATO, CON REA CHE HA
PRECEDUTO DAVIES PER SOLI 25 MILLESIMI.
TERZO POSTO PER MELANDRI DOPO UNA GRANDE GARA. NONA
POSIZIONE PER SAVADORI
È
È finita come gara 1, con
Rea che si ferma a festeggiare la sua quarantesima
vittoria in Superbike a bordo pista, facendosi fotografare assieme ai suoi tifosi,
sotto la bandiera dell’Irlanda del Nord.
Per la seconda volta Davies si deve accontentare della seconda posizione, ma anche
oggi lui e la Ducati hanno dimostrato di poter competere con il campione del mondo
e la sua Kawasaki. E oggi lo ha dimostrato
anche Marco Melandri, salito sul terzo gradino del podio dopo una grande gara, nella
quale ha dimostrato talento e determinazione. Un risultato che lo ripaga in parte
della delusione di sabato.
La nuova griglia di partenza che capovolge
l’arrivo di gara 1 per quanto riguarda le prime tre file, ha mischiato un poco le carte
ed ha costretto i primi della classe a tirare fori gli artigli già nei primi giri, per non
consentire a Lowes e a Fores, velocissimi al
via, di prendere il largo.
Mentre Rea e Davies tallonavano da vicino i
fuggiaschi, Melandri iniziava la sua rimonta
e al nono giro si metteva in coda al gruppo
di testa, che in quel momento era capeggiato da Davies e Rea, che precedevano le
lepri Lowes e Fores. Ma nella sua perfetta
rincorsa alle prime posizioni Marco aveva
84
messo alla frusta le gomme, che gli hanno
presentato il conto negli ultimi due giri.
Rea e Davies invece si sono affrontati in un
testa a testa negli ultimi due giri e proprio
come ieri e a prevalere è stato ancora il
nordirlandese, che ha preceduto il rivale in
volata, questa volta per soli 25 millesimi.
Lowes porta a casa un altro quarto posto e
se quello che abbiamo visto qui in Australia è il vero Lowes e le sue gare non sono
dovute solo alla particolare conformazione
del tracciato di Phillip Island, allora la Yamaha ha trovato la sua punta di diamante,
che potrà dare molto fastidio alle Ducati
ed alle Kawasaki. Ottima anche la gara di
Fores che ha saputo approfittare della partenza dalla prima fila ed ha fatto tutta la
gara nel gruppo di testa.
Non si è invece ripetuto Camier, quinto ieri
ma oggi solo ottavo, preceduto anche da
Sykes e VdMark.
Per l’olandese della Yamaha il risultato è
da considerarsi positivo visto che ha fatto meglio di gara1, mentre Sykes è stato
certamente la grande delusione di questa
seconda gara conclusa al sesto posto.
Tom era arrivato sesto anche lo scorso
anno, segno che questa non è certo una
delle sue piste preferite.
Savadori è nono e porta a termine una gara
giudiziosa e senza errori, condizionata for85
Superbike
Moto.it Magazine N. 280
se dalla caduta di ieri che hanno portato a
Lorenzo uno zero nella classifica dei punti.
Alla fine il giovane italiano fa meglio di
Laverty, che chiude proprio alle sue spalle, dopo un buon inizio che lo avevano
visto anche in quinta posizione.
In seguito però quello del nordirlandese
dell’Aprilia è stato un lento declino sino al
decimo posto finale.
De Angelis festeggia il suo compleanno
con i cinque punti dell’undicesimo posto. Male le Honda. Hayden è caduto e
si è successivamente ritirato nel corso
del nono giro, mentre Bradl ha ripetuto il
quindicesimo posto di sabato.
Oltre a Hayden sono caduti anche i due
italiani Badovini e Russo, mentre uno
sfortunatissimo Torres non ha potuto
nemmeno completare il giro di allineamento a causa di un problema sulla sua
BMW.
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Superbike
LA CLASSIFICA DI GARA 2
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Superbike
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MARCO MELANDRI: “OGGI HO
DATO DAVVERO IL MASSIMO”
di Carlo Baldi
DOPO LA DELUSIONE DI SABATO MELANDRI È FELICE PER IL PODIO
CONQUISTATO IN GARA 2 ANCHE PERCHÉ È VENUTO DOPO UNA
GARA DIFFICILE ED UNA PARTENZA DALLA QUARTA FILA
L
Lo sognava da tempo ed
oggi è finalmente riuscito a
raggiungere il suo obiettivo, salire sul podio.
Dopo due anni di sosta non
deve essere stato facile per
Melandri riprendere il ritmo di gara e l’abitudine a combattere ad ogni curva come
ha invece dovuto fare oggi.
Partito dalla quarta fila Marco non si è mai
risparmiato ed ha dato il massimo dal primo all’ultimo giro. Dopo sei giri il suo distacco da Rea, che era in testa al gruppo
dei primi, era superiore ai due secondi ed
in pochi pensavano che il pilota della Ducati sarebbe riuscito a recuperare un simile
svantaggio al campione del mondo.
Recuperando oltre mezzo secondo al giro
Melandri non solo lo ha raggiunto, ma si è
portato in testa al gruppo.
Su questa pista la gestione delle gomme
assume un’importanza determinante, ma
oggi Marco non lo ha potuto fare. Ha dovuto correre sempre al massimo, senza poter fare calcoli. Il terzo gradino del podio lo
ripaga non solo per questa grande prestazione ma anche per il lavoro che ha fatto
assieme al suo team durante l’inverno.
La Superbike ha ritrovato un protagonista.
90
Come è andata questa gara ?
«E’ stata una gara davvero dura. Ero partito
molto bene, ma poi ho perso del tempo per
superare Sykes e Savadori. Nei primi giri ho
dovuto spingere al massimo per riprendere
il gruppo dei primi, senza risparmiarmi e
senza badare troppo all’usura delle gomme».
E nel finale? Come hai fatto con le gomme usurate
«Quando sono arrivato assieme ai primi ho
cercato di mantenere il mio ritmo e vista
l’esperienza di ieri ho preferito stare in testa al gruppo il più possibile. Purtroppo a
tre giri dalla fine Davies e Rea hanno aumentato il loro passo e le mie gomme non
mi hanno permesso di fare altrettanto. Ma
va bene così. Sono molto contento del mio
podio».
Ti ripaga della delusione di ieri?
«Mi ripaga del risultato di ieri e del lavoro che abbiamo fatto quest’inverno. E’ la
conferma che abbiamo lavorato bene e che
siamo sulla strada giusta».
Il nuovo regolamento non ti ha dato una
mano. L’anno scorso saresti partito anco91
Superbike
Moto.it Magazine N. 280
ra dalla prima fila.
«Partendo dalla quarta fila ho dovuto
stressare molto le gomme nei primi giri. Ho
dovuto fare alcuni giri davvero al massimo.
Dalla prima fila sarebbe bastato fare una
buona partenza per arrivare alla fine con le
gomme ancora performanti. Ma la regola
è la stessa per tutti e va bene così. Avevo
bisogno di fare una gara a tutta per capire
meglio la mia moto ed il lavoro che dobbiamo ancora fare».
92
Ieri Rea e Davies si sono “beccati” parlando della velocità massima della Ducati.
Rea dice che è superiore a quella della
Kawasaki. «La nostra moto va molto forte.
Qui sul rettilineo d’arrivo io riuscivo ad
essere veloce, ma per farlo dovevo uscire davvero forte dall’ultima curva. Però se
usciamo dalla scia delle due Kawasaki ufficiali non riusciamo a superarli, mentre loro
lo fanno. La velocità di punta è una cosa
sulla quale stiamo lavorando».
93
Superbike
Moto.it Magazine N. 280
LE PAGELLE DEL GP D'AUSTRALIA
di Carlo Baldi
E’ DIFFICILE ASSEGNARE DELLE INSUFFICIENZE AI PILOTI DELLA
SUPERBIKE DOPO UN WEEKEND CHE CI HA REGALATO PROVE E GARE
SPETTACOLARI, MA...
I
Il mondiale non poteva iniziare in modo migliore, ad
iniziare dal contesto nel
quale si è svolto e mi riferisco non solo al fantastico
circuito di Phillip Island, ma
anche agli oltre sessantamila sportivissimi ed appassionati australiani, che nei tre
giorni di prove e gare hanno affollato le tribune naturali del tracciato che si specchia
nel Bass Strait, il mare che divide l’Australia dalla Nuova Zelanda.
Rea torna a casa con 50 punti, gli stessi
dello scorso anno, ma la grande differenza
è che questa volta Davies è a soli 10 punti
e non a 24 come nel 2016. Inoltre queste
94
due prime gare hanno dimostrato che Melandri può puntare al titolo mondiale e che
piloti come Lowes e Fores, oltre al “solito”
Sykes, saranno ossi dure da masticare.
Il tutto in attesa che l’Aprilia dia una mano
a Savadori e Laverty e che Hayden e Bradl
rendano competitiva la nuova CBR1000RR.
PAGELLE
Jonathan Rea – 10 e lode - Cambiano le
regole, cambiano gli avversari, ma alla
fine a salire sul gradino più alto del podio
è ancora lui e anche quest’anno sarà l’uomo da battere.
In Australia Johnny ha conquistato una
doppia vittoria che porta a 40 i suoi primi
95
Superbike
Moto.it Magazine N. 280
posti, quarto nella storia della SBK, subito
dietro a Fogarty (59) Bayliss (52) e Haga
(43). La quarantesima vittoria significa
anche novantesimo podio, quinto dietro
a Corser (130) Haga (116) Fogarty (109) e
Bayliss (94). E’ inoltre il primo pilota ad
aver vinto 4 gare consecutivamente a Phillip Island (nonostante domenica abbia dovuto partire dalla terza fila).
Sta scrivendo la storia della Superbike.
Poi in gara non sbaglia niente, ma perde
due gare per un totale di soli 67 millesimi
di secondo.
A Phillip Island Rea ha qualcosa in più, ma
Davies conferma che quest’anno può e
vuole vincere il titolo.
Marco Melandri – voto 8,5 – Al contrario
di quanto gli successe in Aprilia, Marco si
è adattato subito alla Ducati e si è subito
insediato nello stretto novero dei piloti che
Chaz Davies – voto 9,5 – E’ arrivato in Au- possono lottare per il titolo mondiale.
stralia deciso a non ripetere gli errori che Ottimo terzo in Superpole, il sabato paga a
negli anni precedenti lo avevano obbligato caro prezzo la presunta scorrettezza di Loa rincorrere Rea per tutto il campionato. wes, ma domenica si esalta in una rimonta
Brilla in gara, ma non in Superpole dove che lo porta sino al podio.
chiude quarto.
Bentornato in Superbike.
96
97
Superbike
Moto.it Magazine N. 280
Alex Lowes – voto 8 – E’ stata la sorpresa in positivo di queste prime due gare. In
prova cresce in progressione sino al quarto
posto della Superpole, posizione che conferma in entrambe le gare, restando sino
alla fine in lotta per la vittoria.
Se confermerà questi risultati e questa crescita anche nelle prossime gare potrà fare
una stagione da protagonista.
Tom Sykes – voto 7 – Questa non è la
sua pista e lo si sapeva. Sabato è quasi
sorpreso di poter salire sul podio, mentre
domenica la nuova e cervellotica regola lo
costringe ad una partenza dalla terza fila
che condiziona tutta la sua gara.
Ci prova a rimontare, ma quando vede che
non ce la fa a tenere il passo dei primi tira
i remi in barca e si accontenta della sesta
posizione. Tornerà protagonista in Thailandia, ma intanto Rea e Sykes si allontanano.
Lorenzo Savadori – voto 6,5 – Merita
mezzo punto in più solo per il numero da
rodeo che fa in prova, quando la sua Apri-
98
lia imbizzarrita cerca di disarcionarlo. Cade
subito in gara1 e allora domenica si limita
a portare a portare a casa qualche punto.
Urgono rinforzi da parte della casa di Noale, perché lui li merita e con una moto più
competitiva potrebbe fare un grande salto
di qualità.
Eugene Laverty – voto 5,5 – ha ragione
quando si lamenta per la mancanza di una
valida elettronica sulla sua RSV4, però fare
tredicesimo in Superpole e ottavo e nono
in gara non sono comunque i risultati che
ci aspettiamo da lui.
Siamo però certi che se l’Aprilia ci metterà
del suo Eugene potrà tornare nelle posizioni che gli competono.
Xavi Fores – voto 7,5 - Alzi la mano chi
si aspettava un Fores così in palla, capace
di fare due gare di testa, portandosi a casa
un sesto ed un quinto posto strameritati.
La Panigale del Barni Racing team va davvero forte e lui la guida in maniera quasi
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Moto.it Magazine N. 280
Superbike
perfetta, confermandosi un pilota di poca
apparenza, ma di grande sostanza.
Bravo Barnabò ad averlo confermato.
Jordi Torres – voto 6 - Buon settimo nella
prima gara, la domenica Jordi non conclude nemmeno il giro di allineamento. Problemi di elettronica.
L’unica cosa della quale si dovrebbe occupare mamma BMW, che però sembra non
sia interessata più di tanto a supportare un
team ed un pilota che potrebbero ambire a
ben altri risultati. Se BMW continua a non
supportare, in futuro potrebbe non essere
più sopportata...
Leon Camier – voto 7 – Il binomio CamierMV continua a stupire. Dopo essersi aggiudicato la Superpole1, Leon parte in terza
fila e in gara1 è quinto dopo aver lottato
con i primi della classe.
Nella seconda fa più fatica, ma porta comunque nonna F4 all’ottavo posto. Miracolo anglo-italiano.
Nicky Hayden – voto 7 – Lotta come un
leone in gabbia. La sua CBR ancora non
ne vuole sapere di farsi guidare in pista,
ma lui tira avanti con grande caparbietà dimostrandosi un grande professionista, oltre
che un grande pilota. Forza Nicky arriveranno periodi migliori.
Stefan Bradl – voto 5 – Di certo il buon
Stefan non poteva immaginare un esordio
peggiore. Tre volte quindicesimo, due volte in gara ed una nelle qualifiche. Per ora
sembra aver capito poco della sua Fireblade e della Superbike, ma diamogli tempo.
Van der Mark – voto 6 – Fatica nelle prove ufficiali e in prova, ma poi migliora costantemente, pur restando ben lontano dal
suo compagno di squadra. Nono e settimo
in gara non sono risultati da buttare via,
ma per ora non ha ancora trovato il feeling
giusto con l sua R1.
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Superbike
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Supersport
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MONDIALE SUPERSPORT
ROLFO E WEST, SULLO STESSO
PODIO DOPO 14 ANNI
di Carlo Baldi
I LORO DESTINI SI SONO SPESSO INCROCIATI.
DUE RAGAZZI COMPLETAMENTE DIVERSI, MA CON LA STESSA TENACIA,
LA STESSA VOGLIA DI CORRERE
E LA STESSA GRANDE ABILITÀ DI GUIDA SUL BAGNATO
C
Campionato 250 GP, anno
2003. Sotto la pioggia di
Phillip Island la vittoria
va a Roberto Rolfo, che
precede Anthony West e
Fonsi Nieto. Sono passati
14 anni e nella gara del mondiale Supersport, corsa domenica sul tracciato australiano, a salire sul primo e sul terzo gradino
del podio sono stati ancora loro: Rolfo e
West, 37 anni l’italiano e 36 l’australiano.
Due piloti completamente diversi, ma le cui
strade si sono spesso incrociate. Entrambi hanno avuto i loro anni migliori in 250,
hanno corso in MotoGP senza successo e
sono poi passati alle derivate dopo qualche
stagione in Moto2. Entrambi sono due autentici maghi della pioggia..
Rolfo è un professionista vero, uno che non
lascia mai niente al caso e che ha sempre
curato moltissimo la propria preparazione
fisica. Meticoloso e buon collaudatore, il
torinese (laureato in ottica) cura molto anche la propria immagine ed i rapporti con
i media.
Proprio il contrario di West, genio e sregolatezza, capace di risultati fantastici come
di errori inspiegabili (soprattutto fuori dalla
pista). Per spiegare chi sia Anthony West
104
bisognerebbe scrivere un libro e forse non
basterebbe. L’australiano ha cambiato un
numero incredibile di campionati, moto e
squadre, senza trovare mai una collocazione stabile e lasciandosi sfuggire tutte le
grandi occasioni che era stato in grado di
crearsi. E’ stato il primo a regalare il podio
alla KTM in 250 (nel 2006 fu secondo sotto la pioggia di Donington) ma non ne ha
saputo approfittare e l’anno è saltato da
una moto all’altra in tre categorie diverse :
250 con un’Aprilia privata, MotoGP con la
Kawasaki ufficiale e poi in Supersport per
tre sole gare : due vittorie ed un secondo
posto. Ci sono tanti piloti che non hanno
mai ottenuto i suoi risultati, ma che hanno
avuto carriere decisamente migliori e soprattutto più remunerative.
Ma Anthony è fatto così. E’ uno che stupisce sempre, nel bene come nel male.
Come quando nel 2012 risultò positivo alla
metilexaneamina e venne fermato dalla
FMI. Carriera finita? Nemmeno per sogno.
Due anni dopo corre in Moto2 e vince sotto la pioggia ad Assen (come aveva fatto
nel 2003 in 250). Poi però si susseguono
stagioni in Moto2 senza mai un acuto e si
ritrova a piedi.
Nel 2016 è senza moto e nessuno lo cer-
ca, ma lui non si rassegna. Raccoglie tutti i soldi che può da amici e parenti e si
iscrive alla gara della Supersport di Phillip
Island, riuscendo nel miracolo di salire sul
terzo gradino del podio. Per fortuna qualcuno lo nota e Lucio Pedercini lo chiama
a sostituire Barrier. L’australiano lo ripaga
con i migliori risultati che la squadra italiana abbia mai ottenuto in SBK, da quando
corre con la Kawasaki, ma al termine della
stagione West non viene confermato e se
ne torna a casa. Nessuno lo chiama e allora
a Febbraio, quando i mondiali delle derivate tornano in Australia lui ci riprova. Trova,
non si sa bene dove, una vecchia Yamaha
R6, fa l’ennesima colletta e si presenta in
circuito con il “West Racing Team”, composto dagli stessi amici che gli hanno dato i
soldi per correre. Venerdì è ultimo e gira in
1’37”639, ma sabato gira in 1’34”899. Parte
ventiduesimo, in ottava ed ultima fila.
Come è andata a finire lo sapete già.
Sulla sua pagina Facebook Anthony scrive:
“Yeeeeeeeeewwwww! Terzo posto con una
moto che aveva almeno 10 HP in meno rispetto alla moto più lenta della griglia.
I miei amici hanno fatto uno sforzo incredibile e non li posso nemmeno chiamare
meccanici, perché hanno lavorato gratis
per me, solo per darmi una mano.
Grazie a loro ed ai miei tifosi, senza i quali
non avrei potuto ottenere un successo tutto “made in Australia”.
E ora cosa succederà? West spera che questa ennesima dimostrazione di talento possa servire a qualcosa e qualcuno gli offra
una sella. Ma non sarà facile.
Roberto Rolfo, invece prosegue la sua stagione nel mondiale Supersport e lo abbiamo incontrato prima che partisse per la
Tailandia, dove lo attende la seconda gara
del campionato».
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Moto.it Magazine N. 280
Supersport
Salire sullo stesso podio dopo 14 anni da
una soddisfazione particolare.
«Sono contentissimo della vittoria e di
come è venuta. Qui avevo vinto nel 2003
in 250 e quindi oggi sono stato molto felice
non solo di aver vinto, ma anche di aver
rivisto Anthony con me sul podio.
In un motociclismo pieno di ragazzi molto
giovani si fa presto a bollare come vecchio
un pilota di 37 anni, ma sia io che West
abbiamo dimostrato di saper ancora andare
forte e di essere in grado di poter salire sul
podio. Non sono più giovanissimo ma sto
bene, ho ancora tanta voglia di correre e di
vincere e quindi continuo a farlo».
In Australia sei stato veloce per tutto il
weekend «I test ufficiali erano andati molto bene ad iniziare da lunedì. I tempi erano
buoni soprattutto grazie alla mia squadra.
Sono quattro ragazzi che lavorano in modo
esagerato e posso davvero dire di poter
contare su di un team eccezionale.
Martedì mattina però Gino Rea mi ha tamponato e mi è uscita la spalla sinistra, lesionando il legamento. Poteva essere la fine
di tutto, ma per fortuna la Clinica Mobile
ha fatto un ottimo lavoro e mi ha rimesso
in sesto, anche se il dolore si è fatto sentire
sia in prova che in gara».
Vieni da un anno difficile
«Si, l’anno scorso è stato un disastro, ma
quest’anno nel mio team è cambiato tutto
e la mia MV ora è velocissima.
Lo sorso anno la F3 ha patito molto i cambi al regolamento, soprattutto per quanto ha riguardato la parte elettronica, ma
quest’anno sembra che sia tutto a posto
ed il risultato di Phillip Island lo dimostra,
perché ci sono state molte MV nelle prime
posizioni. Noi abbiamo lavorato sodo per
presentarci al meglio all’inizio della stagione. Questo successo ci ripaga del grande
impegno profuso quest’inverno».
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Supersport
Moto.it Magazine N. 280
Raccontaci questa gara, che ti ha dato la
tua prima vittoria in Supersport.
«Ero partito bene ed ero nelle prime posizioni quando la gara è stata fermata con
la bandiera rossa. Ho immaginato che il
numero dei giri sarebbe stato diminuito e
mi è dispiaciuto, perché io non amo molto
le gare sprint, soprattutto qui dove mi ero
preparato a sfruttare le gomme sulla distanza. Inoltre nella seconda manche sono
partito male, ma poi ho rimontato in fretta
sino a riprendere il gruppo di testa. A quel
punto ho gestito la situazione, ho studiato
i miei avversari ed ho atteso l’ultimo giro
per sferrare l’attacco decisivo. Il sorpasso
all’esterno all’ultima curva che in pratica mi
ha dato la vittoria mi è piaciuto molto».
Possiamo dire che 250, Moto2 e Supersport e sono le categorie dove hai dato e
stai dando il meglio? «Si, sono categorie
simili per quanto riguarda il piacere di guida. A me piace molto fare scorrere la moto
nelle curve. Ho corso anche in MotoGP
ed in Superbike, ma mi esaltano di più le
categorie di mezzo dove posso guidare in
modo fluido. E poi devo dire che questa F3
mi pace moltissimo. E’ una moto derivata
dalla serie, ma è molto “corsaiola”, con
un’impostazione racing e la possibilità di
lavorare molto sulla ciclistica. Mi piace di
più anche rispetto alle Moto2».
Visti i tuoi risultati Sepang e Phillip Island
sembrano essere i circuiti che ti piacciono
di più. «Si assolutamente. Qui in Australia
ho vinto due volte, mentre a Sepang ho
vinto una gara in Moto2.
In 250 ho vinto anche a Jerez che è un
altro dei miei circuiti favoriti, ma con Phillip Island e Sepang in effetti ho un feeling
particolare».
Se potessi tornare indietro c’è qualcosa
che cambieresti nella tua carriera?
«Probabilmente non farei il grande salto in
MotoGP nel 2005, quando mi feci ingolosire dalla classe regina, ma l’affrontai senza i presupposti necessari per fare bene.
Avrebbe dovuto essere un passo avanti, ma
si rivelò un passo indietro».
Dopo questa vittoria cosa ti aspetti dal
prosieguo del campionato? «Per ora non
108
faccio molti programmi e penso alla prossima gara in Tailandia. Una pista che mi
piace, ma dove la MV soffre un poco a causa del caldo. Per il resto è chiaro che io
corro sempre per vincere, ma quest’anno
come non mai credo ci sia tutto per fare
bene, moto, squadra e pilota. Non posso
che puntare al titolo».
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Supersport
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MXGP
GP DEL QATAR
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Motocross
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JEAN MICHEL BAYLE:
“BISOGNA AVERE LA
MENTALITÀ DEL CAMPIONE”
di Massimo Zanzani
IL MONDIALE CROSS È INIZIATO QUESTO FINE SETTIMANA IN QATAR
SENZA IL CAMPIONE FRANCESE, CHE DOPO DUE ANNI DI LAVORO
COME CONSULENTE SPORTIVO DEL TEAM HONDA, QUESTA STAGIONE
HA DECISO DI DARSI UN ALTRO TRAGUARDO
I
Il talento uno ce l’ha oppure no. E’ inutile cercarlo, perché non ci sono vie
di mezzo, o bianco o nero,
nessuna sfumatura di grigio. Jean Michel Bayle ne
ha sempre avuto da vendere, tanto che in
ogni cosa in cui si è applicato si è sempre
distinto dalla massa.
Abbiamo conosciuto le sue doti in sella alla
moto da cross, dove ha dominato prima nei
GP e poi nel gotha del cross statunitense;
poi in quella che oggi si chiama MotoGP,
dove in un baleno ha fatto parlare di sé:
ma chi ha seguito bene le sue orme sa che
il manico l’ha sempre, anche con la moto
da trial, con la bici e persino con le macchine da rally.
E questo è quanto riguarda gli sport motoristici, ma il fuoriclasse di Manosque
(paesino francese nel sud della Francia) è
talmente eccentrico e fuori dal comune
da cavarsela in ogni cosa in cui si applica, dall’informatica alla musica, a qualsiasi
sport. Per lui l’importante è sempre avere
un obbiettivo, ma una volta raggiunto, via
a cercarne un altro.
Per questo quando è arrivato in casa HRC
come direttore sportivo di Gautier Paulin e
114
Evgeny Bobryshev, non ci ha stupito vederlo applicarsi alla sua maniera, fuori dalla
norma e con lo stesso taglio professionale.
Mentre con Paulin le cose non hanno funzionato, soprattutto per via del non facile carattere del giovane francese, che alla
fine del 2015 li portò alla “separazione” in
casa, Bobby ha continuato a godere di tutta l’esperienza che Bayle gli ha trasmesso
sino a tutto lo scorso anno.
Abbiamo visto JMB lavorare assiduamente,
senza però sapere esattamente cosa facesse, e soprattutto quali preziose informazioni desse al pilota russo.
Conoscendolo, eravamo convinti che non
si proponesse come gli altri tutori presenti
nel paddock, e non ci siamo sbagliati.
Lui stesso ci ha raccontato come si è inventato anche questo suo ultimo ruolo.
«Sporting manager, è così che c’era scritto
nel mio biglietto da visita quando la HRC
mi ha proposto di dare una mano ai loro
piloti - ha spiegato JMB a Moto.it - per me
era una posizione nuova, e all’inizio non è
stato facile, perché entravo in una squadra
dove tutto era già settato, per cui c’è voluto un po’ per capire come potessi dare
il mio contributo e diventare una presenza
costante nel team. Mi sono ambientato in
115
Motocross
Moto.it Magazine N. 280
modo soddisfacente, ma non è stato semplice, perché nel mio trascorso di pilota ho
sempre avuto delle aspettative molto alte
da me stesso, e a volte ho cercato di pretendere lo stesso dai miei due piloti».
All’inizio come hai pianificato il tuo
lavoro? «Il mio obbiettivo era aiutarli sotto
ogni punto di vista, affinare le loro prestazioni e avere risultati migliori.
Sono partito su come poterli renderli più
veloci e competitivi, dal punto di vista
mentale, atletico e prendendo in considerazione il setting della moto e le migliori
traiettorie in pista da seguire valutando anche quelle degli avversari.
Quindi il primo step è stato capire di che
cosa ognuno di essi avesse bisogno, così da
avere un quadro chiaro di come poi dover
intervenire».
Com’era il tuo GP tipico?
«Iniziavo il venerdì, studiando la pista
dall’inizio alla fine sia sulla carta che sul
posto, valutando salti, curve e dove erano
previste le zone cronometrate, dopodiché
si passava al meeting coi piloti, coi quali
discutevamo la strategia per il weekend.
Sabato partivo con le prove libere analizzando tutte le sessioni a tempo per comprendere il perché nei vari punti erano
veloci o troppo lenti, cercando di capire
anche se la moto era stata settata in maniera adeguata.
Combinavo più informazioni possibili per
avere un primo riscontro sui punti da migliorare, che poi si andavano a correggere
durante la giornata».
Detto così sembra piuttosto facile, ma
sappiamo che non è così visto che ti vedevamo continuamente impegnato ad incrociare dati con tabelle, grafici, video…
«Quello che mi proponevo di fare era dare
loro più informazioni possibili, ma non
sempre è facile farlo con le parole, per
cui ricorrevo alle immagini e a dati tecnici
come i tempi, riportati sulle diverse aree
del circuito per riassumerli con grafici di
immediata comprensione.
Quando corri pensi sempre a tante cose,
senti la tensione, ecc., per cui ho cercato di ricorrere a questi mezzi per ottenere
116
delle informazioni accurate ma più semplici
possibile».
Come usavi i video?
«Avevo la possibilità di sfruttarli in molti
modi, confrontando giro dopo giro i propri
o quelli degli altri piloti, verificare i tempi da un punto all’altro, analizzare la traiettorie, e tante altre info che col passare
del tempo mi hanno permesso di centrare
sempre di più i miei obiettivi».
Non deve essere stato facile mettere assieme tutte questi dati, per questo compito sei stato facilitato dalla tua predisposizione per i nuovi media che hai sempre
avuto anche quando correvi?
«Quando ho iniziato il Mondiale cross ho
conosciuto molte persone interessanti, tra
117
Motocross
Moto.it Magazine N. 280
cui Roger De Coster, che negli anni ’90 era
già molto avanti sull’uso della tecnologia.
Quando poi passai alle corse su asfalto il
livello era ancora superiore, perché tutto
era analizzato al centesimo, dai tempi ai
dati della moto a quelli relativi alla guida,
e quindi il lavoro che ho fatto è un po’ la
somma di tutte le esperienze che ho avuto
in oltre trent’anni nello sport».
Qualche pilota ti ha seguito fino in fondo,
qualcun altro meno….
«E’ normale, e posso capirlo perché sono
stato anch’io pilota: succede quando ad un
certo punto qualcuno pensa di sapere già
tutto. Il mio lavoro comunque l’ho fatto
per il team, per cui se qualcuno a un certo
punto non voleva più usufruirne, era libero
di farlo».
E’ stato un lavoro che proseguiva anche
in allenamento, o si esauriva coi giorni
della gara? «Di solito solo durante l’evento,
ero però a disposizione nel caso qualcuno
avesse bisogno di me anche in settimana».
Cercavi di migliorare anche l’aspetto
mentale? «Certo, ma ogni pilota è diverso, ognuno ha il suo modo di lavorare, ed
è contornato da persone differenti che tu
devi rispettare, per cui devi saperti adattare a tutte queste situazioni e la strategia
non è uguale per tutti».
Trovo che in giro ci sono dei giovani talenti, ma che se non vengono coltivati da
una figura come la tua rischiano di non
arrivare dove potrebbero.
«Secondo me per guidare una moto da
cross ci vogliono tre cose: saperla usare
a livello tecnico, e devo dire che buona parte dei piloti del Mondiale lo sanno
fare; devi essere in forma ed avere l’allenamento per farlo a lungo, infine devi
avere la determinazione e lo stimolo di
voler vincere, e cioè devi avere l’attitudine
mentale del campione.
Queste tre cose sono separate una dall’al118
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Motocross
Moto.it Magazine N. 280
tra, ed è difficile trovare piloti che abbiano
tutti questi tre elementi assieme.
Certamente il terzo aspetto, quando corri ad alti livelli, è molto importante, ed è
quello che fa la differenza tra arrivare 1°
e 10°, perché è la cosa che ti fa venire la
voglia di migliorarti e di avere di più.
Ed è la stessa cosa anche quando sei campione del mondo, perché se non sei forte
sotto questo aspetto ci sarà presto qualcuno che ti starà davanti, non è facile per
nessuno ma è un qualcosa che puoi sviluppare, così come la preparazione atletica e
la tecnica di guida.
Per questo penso che il mio apporto all’ottimizzazione dell’aspetto mentale sia una
120
parte molto importante del lavoro che ho
portato avanti, il potenziale è enorme sotto
questo punto di vista».
Negli ultimi vent’anni questi tre aspetti
hanno cambiato connotazione?
«Un po’ si, grazie all’evoluzione delle moto,
che sono più accondiscendenti con i piccoli errori e che quindi permettono di andare forte anche a piloti che non hanno un
grandissimo bagaglio tecnico. D’altra parte
devono compensare con un maggior sforzo fisico, e sono più soggetti alle cadute
perché c’è più velocità, per questo oggi abbiamo molti piloti veloci che però cadono
molto e si infortunano più spesso».
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Motocross
Moto.it Magazine N. 280
infortuni che mi ha permesso di prepararmi bene e quello di oggi è il risultato del
buon lavoro che abbiamo fatto. Anche la
mia KTM ha fatto enormi progressi, ed ora
è molto competitiva per cui diciamo che è
stato proprio un inizio alla grande per tutto
il team. A dire il vero quando sono arrivato
avevo un po’ di timore per lo stato influenzale in cui mi sentivo, ma è andato tutto
bene perché la pista era piuttosto tecnica e
sono riuscito a fare la differenza pur puntando a salvare le energie per arrivare sino
alla fine con lo stesso passo.
La prima manche è stata più facile, sono
partito in testa, ho preso subito un po’ di
margine e dopo ho fatto il mio ritmo senza
problemi, mentre nella seconda pur essendo partito ancora bene ma al primo giro ho
avuto contatto con Gajser.
Ho subito rallentato perché mi pareva di
sentire un rumore venire dalla ruota dietro,
ma dopo un paio di giri ho visto che non
era nulla e quindi mi sono messo alla rincorsa di Tim ma aveva preso un po’ di margine perché era molto veloce, ho aspettato
e verso la fine ho dato fondo a tutte le
energie che mi erano rimaste e dopo averlo
raggiunto sono riuscito a scavalcarlo».
Anche lui reduce da una noiosa forma influenzale, lo sloveno ha comunque fatto
vedere di essere ancora della partita aggiudicandosi una 3ª ed una 2ª posizione
che lo hanno installato al posto d’onore in
campionato davanti al ritrovato Clement
Desalle terminato prima 3° e poi 4°.
La lista degli inseguitori è quella scritta nei
pronostici, formata in ordine di piazzamento da Evgeny Bobryshev, Romain Febvre,
Gautier Paulin, Jeremy Van Horebeek e
Jordi Tixier; usciti dallo scontro con meno
soddisfazione rispetto alle proprie aspettative invece i due Max del team Husqvarna
CAIROLI E JONASS SI
AGGIUDICANO IL GP DEL QATAR
TONY CAIROLI SI AGGIUDICA LA PRIMA MANCHE A LOSAIL DAVANTI A
DESALLE E GAJSER. PER LA MX2 VINCE JONASS
U
Un po’ per esperienza, un
po’ per scaramanzia, anche
se quella degli Internazionali d’Italia era stata una
vittoria superlativa Tony
Cairoli non si era voluto fare delle illusioni. La competitività raggiunta quest’anno
l’ufficiale KTM l’ha invece ribadita anche
nell’attesa apertura iridata dove lo aspet122
tavano sulla carta almeno una decina di
contenendoti che invece sulla pista qatariana sono stati costretti a gettare la spugna di fronte alla sua sconcertante velocità e sicurezza.
«Pensare che questa è la mia 14ª stagione
iridata mi rende questo risultato ancora più
piacevole - ha commentato il messinese
- finalmente ho avuto un inverno privo di
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Motocross
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IceOne, Anstie e Nagl, piazzatisi rispettivamente 10° e 12°.
Discorso diverso invece per Jeffrey Herlings, sofferente al polso fratturato e rimasto forzatamente nelle retrovie riuscendo
comunque a portare a casa 13 punti in attesa di poter ritornare a dare il 100%.
Doppio zero invece per Valentin Guillod,
mentre il compagno di squadra Alex Lupino
ha chiuso la trasferta 17°.
Prova di forza anche per Pauls Jonass, che
in entrambe le manche è stato formidabile
nel contenere li attacchi del grintoso Benoit Paturel, e per il belga Julien Lieber già
messosi in luce negli Internazionali d’Italia
e che ha confermato di essersi lasciato alle
124
spalle lo sfortunato incidente che l’anno
scorso costrinse a restare fermo per diversi
mesi causa la frattura del bacino tagliando
il traguardo 3° in entrambe le frazioni davanti al danese Thomas Kjer Olsen.
Grande anche Michele Cervellin, capace
di lasciarsi alle spalle la tensione della responsabilità data dal debutto con la Honda
HRC fregiandosi di un 5° posto molto soddisfacente. Solo 6° Jeremy Seewer, 8° Jorge Prado, e 14° Samuele Bernardini che si
è messo in luce con la 5ª piazza della prima
manche ma che poi è rimasto fuori dalla
zona punti per la caduta alla partenza.
LEGGI LE CLASSIFICHE
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Motocross
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SUPERCROSS
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Supercross
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AMA SUPERCROSS
ROUND 8: ATLANTA
DUNGEY TORNA ALLA VITTORIA DAVANTI A TOMAC. PRIMA
AFFERMAZIONE DI OSBORNE IN 250SX
R
Ryan Dungey firma la sua
trentatreesima
affermazione in classe regina al
Georgia Dome di Atlanta,
conquistando la seconda
vittoria della stagione ed
allungando in classifica generale davanti
a Tomac, che così accorcia la distanza in
generale dal rivale Musquin, solo quinto.
Tomac ce l’ha messa tutta, recuperando
130
bene una brutta partenza che lo ha visto
chiudere la prima tornata in nona posizione. Sul finale Tomac è riuscito ad arrivare
alle calcagna di Dungey senza però poterlo attaccare; sul podio invece è salito
Baggett, che si è difeso bene da Jason
Anderson nell’ultimo giro.
Dungey si è aggiudicato l’holeshot in finale, determinato ad impedire a Tomac di
conquistare la quarta vittoria.
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Supercross
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Alessi e Baggett lo hanno tallonato fino
alla fine del primo giro, mentre Tomac e
Musquin erano rimasti ingolfati nel traffico. Alessi ha perso rapidamente posizioni, mentre Tomac ha invece concretizzato una rimonta micidiale che lo ha visto
salire sul podio virtuale già a metà gara.
Eli ha poi passato Baggett mettendo Dungey nel mirino a suon di giri veloci, ma
non è riuscito a coronare la sua rimonta.
Con la vittoria di sabato, Dungey porta il
suo vantaggio a 25 punti sul compagno di
squadra Musquin.
La 250SX va invece a Zach Osborne, che
conquista la prima vittoria in carriera alla
sua quarantanovesima gara in carriera.
132
Nel frattempo un nuovo motociclista correrà con la tabella rossa nella categoria
250SX East per il Supercross di Toronto, dopo che Osborne ha raccolto la sua
prima vittoria in concomitanza della sua
quarantanovesima gara.
Dopo l’holeshot alla partenza ad opera di
Jordon Smith, Osborne ha rimontato fino
alla seconda posizione dopo una battaglia con Alex Martin, vincendo poco dopo
anche il duello con Smith e prendendo la
testa della gara.
Smith ha poi dato vita ad una battaglia
con Martin, finendo però a terra per un
contatto. L’incidente ha permesso a Colt
Nichols di passare in terza posizione e
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Supercross
completando il podio dietro ad Osborne
e Martin.
Brutta gara invece per il leader della generale Savatgy, che ha chiuso solo quarto
dopo una gara quasi tutta corsa nelle posizioni di metà classifica.
LEGGI LE CLASSIFICHE
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