1. La semiotica

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Transcript 1. La semiotica

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CAPITOLO 2
Dalla
comunicazione
non verbale alla
comunicazione
mediata dal
computer
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LUMSA
Scienze
dell’Educazione
Scienze
dell’Educazione
Caterina
Cangià
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Introduzione
La comunicazione è un processo
olistico, totale, che mette in attività
posture del corpo, gestualità, mimica
facciale, sensi, organi della parola e
dell’ascolto e che avvolge gli esseri
viventi.
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Introduzione
È molto più del linguaggio verbale
perché spesso i fatti e le emozioni che
raduniamo all’interno di noi ci
sfuggono attraverso minuscoli e
sorprendenti atti di comunicazione.
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Introduzione
Diciamo senza parlare perché siamo in
relazione; quando poi usiamo le parole,
queste sono vestite di suono,
d’intonazione, di accento, di spessore e
di vibrazione della voce e vengono
confermate o smentite dai gesti, dagli
sguardi e dalle pause.
+
Introduzione
Anche quando le parole si frantumano
nel silenzio, non smettiamo di
comunicare attraverso altri linguaggi
che sottolineano, rafforzano,
sostituiscono o smentiscono il
linguaggio scritto o verbale.
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Introduzione
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Durante la danza che esegue l’ape da miele
europea per comunicare alle sue compagne
informazioni interessanti circa la presenza e la
posizione di un giacimento di cibo, vengono
compiute, con il corpo, evoluzioni
coreografiche a forma di otto per dire a quale
distanza si trova il cibo; e il numero di giri
eseguiti è poi inversamente proporzionale alla
distanza del giacimento di cibo.
L’idea che si desidera chiarire qui è
che un contenuto interno, mentale nel
caso umano, e istintivo nel caso
animale, può, nell’esprimersi, vestirsi
di innumerevoli codici. Due esempi: la
danza delle api e la direzione di
un’orchestra.
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Introduzione
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Il direttore d’orchestra comunica ai
suonatori, con movimenti delle mani,
delle braccia e del capo quando e
come intervenire perché dall’insieme
degli strumenti salga un’armonia
composta e piacevole.
+
Introduzione
Introduzione
Introduzione
L’ape e il direttore d’orchestra hanno
urgenza di comunicare un contenuto e,
per farlo, si servono di un’espressione,
mimico-tattile la prima e gestuale il
secondo (Simone 200819).
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Introduzione
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Introduzione
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Ogni linguaggio è un particolare tipo
di sistema semiotico (dal termine
greco σημεῖον semeion, che significa
“segno”), è una raccolta di segni sui
quali ci si mette d’accordo, per
esprimere, manifestare, rendere noto o
comunicare, un contenuto interno.
+
Introduzione
Introduzione
Questo è comunicare: far trasparire –
non sempre attraverso il linguaggio
verbale – un contenuto interno in
espressione esterna.
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I codici costituiscono una classe
vastissima, praticamente illimitata; tra
le esemplificazioni più comuni si citano
il sistema di segnalazione stradale, il
sistema di numerazione arabo o
romano e la LIS o Lingua dei Segni per
i sordomuti.
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Introduzione
Nell’universo della comunicazione, il
linguaggio assolve varie funzioni. La
funzione espressiva o sintomatica, prima
fra altre: l’animale esprime il suo
“sentire” attraverso richiami, grida,
manifestazioni di contentezza.
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Introduzione
Con la funzione di segnalazione, il
“mittente”, mediante una qualche
comunicazione del suo stato d’animo
tenta di evocare una qualche reazione
nel “ricevente”: il grido d’allarme di un
uccello segnala allo stormo un
pericolo.
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Introduzione
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Questa seconda funzione del
linguaggio copre la comunicazione
senza parole tra le persone. Attraverso
i cenni che facciamo con gli occhi, con
le mani, con il volto e con le labbra
comunichiamo molte cose senza
parlare.
+
Introduzione
Le altre funzioni del linguaggio,
chiamate superiori, sono la funzione
descrittiva e la funzione critica o
argomentativa.
+
Il linguaggio verbale, oggetto di estrema
complessità, è un ponte che ci rende
possibile manifestare ciò che siamo e
pensiamo, permettendoci di viaggiare
continuamente dalla forma nascosta dei
contenuti alla forma di superficie
dell’espressione. L’atto linguistico è così
complesso da richiedere uno studio
pluridimensionale.
+
Introduzione
In questo contesto si parla e si parlerà di
“lingue” al plurale, per una convinzione
essenziale: le lingue sono diverse l’una
dall’altra, ma solo superficialmente. Se
guardiamo più da vicino ci accorgiamo che
sono invece sorprendentemente simili.
Tutte presentano i mezzi per porre
domande, offrire affermazioni e per reagire
con asserzioni o negazioni.
Introduzione
Introduzione
Scopo dell’excursus sulla semiotica, sulla
comunicazione non verbale e sulla
comunicazione mediata dal computer è
presentare le novità emerse nel decennio
2000-2010. È arricchente parlarne e
potrebbe aiutare chi si interessa delle
lingue altre a diventare un glottodidatta
“praticante” oltre che “pensante”.
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Introduzione
E soprattutto non c’è nulla che, espresso in
una lingua, non possa essere espresso in
qualsiasi altra. Anche la struttura
fondamentale di una data lingua si ritrova in
tutte le altre: ogni lingua è infatti un
immenso potenziale di frasi composte da
unità frasali più piccole, a loro volta
composte da parole formate da sequenze di
suoni.
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1. La semiotica
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1. La semiotica
Il nostro è un mondo di segni, radunati in
messaggi, per esprimere significati. Scopo
della semiotica è capire i vari tipi di
messaggi e scoprire come e perché li
mandiamo. La semiotica viene definita
“scienza dei segni”, incluse le parole, il
tono della voce, i movimenti del corpo, i
gesti e molto altro.
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1. La semiotica
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Il segno, centro vivo d’interesse della
semiotica, è qualsiasi cosa – una parola, un
oggetto, un gesto o altro – che sta al posto
di qualcos’altro o di qualcun altro.
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1. La semiotica
Cenni di storia della semiotica
(solo da leggere per chi è interessato)
1. La semiotica
La semiotica studia prima di tutto i
significati e, in secondo luogo, la
comunicazione.
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1. La semiotica
Prime teorizzazioni
Peirce ha approfondito lo studio della
semiotica in contesto filosofico mentre
Ferdinand de Saussure ha esplorato aspetti
più legati alla linguistica (Preucel, 2010).
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1. La semiotica
Per Ferdinand de Saussure il segno è il
prodotto dell’interazione tra significante e
significato.
Charles Sanders Peirce
10/9/1839 – 19/4/1914
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Ferdinand de Saussure
26/11/1857 – 22/2/1913
1. La semiotica
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Per Peirce, in primo luogo vi è la presenza
stessa della cosa che è lì come segno di se
stessa. Peirce chiamava ciò
"representamen"; le cose sono
rappresentazioni. Ma in quanto le cose
funzionano come segni, esse rinviano al
loro significato, cioè rinviano a ciò che esse
significano in quanto oggetto.
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1. La semiotica
1. La semiotica
Questi due elementi: il segno e l'oggetto,
non potrebbero essere messi tra di loro in
relazione se non vi fosse un terzo elemento
che è quello più importante e decisivo e
che Peirce chiamava "interpretante”,
ovvero NOI! +
1. La semiotica
La semiotica generativa, teorizzata da
Greimas, afferma che alla base di ogni testo
vi è la
, ovvero ogni testo ha,
anche solo in potenza, una struttura, una
storia.
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1. La semiotica
Il centro degli studi si sposta, quindi,
dall’interpretazione del testo alla
comprensione delle sue componenti. Il
testo si costruisce a partire da due
dimensioni fondamentali che lo generano.
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1. La semiotica
Algirdas J. Greimas ha approfondito
l’aspetto della narratologia, mettendo in
risalto come nelle differenti culture si
riscontrino spesso le stesse tipologie di
racconto (fiabe, miti, favole e così via).
Tali dimensioni sono la sintassi e la
semantica; la prima determina la forma del
senso del testo, la seconda il contenuto.
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1. La semiotica
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1.2. Testi-disegno, testi-gesto, testi-altro e
testi-testo
D’altra parte i segni esistono perché
c’è stato qualcuno che li ha fatti e
perché c’è chi li interpreta. La seconda
funzione dei segni è allora quella di
aiutarci a comunicare a vicenda il
nostro fare-pensare-sentire-progettaresognare.
Si è affermato che il segno è qualsiasi cosa
che sta al posto di qualcos’altro o, meglio, è
la rappresentazione di qualcos’altro. La
funzione principale dei segni è perciò
quella di aiutarci a rappresentare il mondo
che ci circonda, sforzandoci di capirlo.
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1. La semiotica
La comunicazione viene così soddisfatta
attraverso la creazione di messaggi, che
coprono una tipologia molto diversificata. Si
è preso a prestito da Danesi (20043; 1994),
un termine unico e generico che li
racchiude e li generalizza. Si tratta
dell’accezione “testo” per indicare tutti i tipi
di messaggi: verbali, scritti, gestuali, mimici
e oggettuali.
1. La semiotica
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1. La semiotica
L’Autore ha esteso il termine, dal testo
formato da sole parole, a tutto ciò che
veicola significato. Così i “testi” di vari tipi
che noi costantemente produciamo sono
finestre di uguale valore spalancate sul
paesaggio della consapevolezza, della
conoscenza e della cultura.
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1. La semiotica
È la sostanza semiotica dei codici a rendere
significativi i testi. Come cambia l’ottica
dalla quale si insegnano e si imparano le
lingue dopo essere passati dalla semiotica!
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1. La semiotica
L’indice è un segno che ha una connessione
diretta ed esistenziale al proprio referente: il fumo
è indice del fuoco.
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1. La semiotica
L’icona è un segno che assomiglia in qualche
modo, per il suono o per l’aspetto, al suo
referente.
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1. La semiotica
Nella sua forma semplice, il codice è un
linguaggio artificiale composto da un
inventario di simboli e da un insieme di
regole che li governano. In questo senso,
ogni lingua può essere considerata un
codice.
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1. La semiotica
1.4. Il contesto ovvero la chiave per la
comprensione
Nella sua definizione più semplice, il contesto
è un ambiente all’interno del quale avviene la
significazione o l’operazione che collega
significante e significato. Uno stesso segno,
visto in contesti diversi, può dare avvio a
interpretazioni diverse.
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1. La semiotica
Tutti i significati della parola CALCIO
….
….
….
….
….
….
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1.5. Imparare i segni e i segnali
L’acquisizione di un comportamento
significativo e culturalmente ricco è un
fenomeno che avviene attraverso l’osmosi e
la mimesi. Per osmosi i segni vengono
appresi grazie al contatto con gli altri e
all’interazione con l’ambiente, soprattutto
durante l’infanzia.
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1. La semiotica
La mimesi è l’osmosi conscia, tipica del
cucciolo d’uomo che volutamente imita, quasi
per bisogno, le caratteristiche dell’ambiente in
vista di farle proprie e di “farsi” dell’ambiente.
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1. La semiotica
Ora, l’interpretazione si gioca sempre
all’interno del contesto che circonda e avvolge
il “testo”. Il contesto è perciò l’ambiente
all’interno del quale il testo è codificato e
decodificato, espresso e capito. E come il
“testo” comunicativo può rivestirsi di qualsiasi
codice, così il contesto può essere identificato
nell’espressione vocale, nella situazione
sociale, nell’argomento di cui si tratta e
soprattutto nella cultura.
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1. La semiotica
L’osmosi è perciò la tendenza inconscia ad
assorbire caratteristiche dell’ambiente o di
altri organismi al suo interno. I bambini
imparano il mondo, a un primo livello,
attraverso il sentire, per osmosi.
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1. La semiotica
Osmosi e mimesi fanno acquisire la cultura.
Anche quando un bambino non comunica
ancora verbalmente, pensa e si costruisce
secondo una precisa cultura (Bruner 1990).
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2. La comunicazione
interpersonale
2. La comunicazione
interpersonale
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2. La comunicazione
interpersonale
Comunicare è un atto complesso. I neonati
collaudano costantemente il proprio sistema
vocale tentando di capire quali suoni sono
capaci di emettere e a cosa possono essere
utili.
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Eppure anche quando non sono ancora in
grado di parlare i bambini comunicano in
altri mille modi: usano le mani, gli occhi, il
viso, si avvicinano e attirano l’attenzione.
Siamo naturalmente comunicativi. Sia il
linguaggio che altre forme di
comunicazione contribuiscono alla
trasmissione efficace del significato che
vogliamo trasmettere.
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2. La comunicazione
interpersonale
Come evidenzia Anolli (2006) le teorie
psicologiche classiche sulla comunicazione
contrappongono il linguaggio verbale a quello
non verbale, considerandole come due entità
distinte. Approcci più recenti considerano, invece,
l’atto linguistico il risultato di un processo di
interdipendenza semantica in cui i diversi sistemi
comunicativi, pur mantenendo la loro autonomia,
collaborano in maniera sincronica a formare il
messaggio.
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2. La comunicazione
interpersonale
Pronunciare una parola non mette in gioco
solo le nostre abilità linguistiche, ma anche
la voce, il volto e il corpo. Da entità
separate, linguaggio verbale e linguaggio
non verbale sono un prodotto unico.
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2. La comunicazione
interpersonale
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Come sottolineano Capirci e colleghe
(2010, p. 104) il gesto si può considerare
una componente “robusta” della
comunicazione nel senso che,
indipendentemente dalla quantità e dalla
qualità della produzione linguistica a cui i
bambini sono esposti, tutti si avvalgono dei
gesti per comunicare.
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2. La comunicazione
interpersonale
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Tra i 12 e i 18 mesi si evidenzia uno stretto
parallelismo tra verbalizzazioni e gesti che, in
questo periodo, sono soprattutto di tipo
rappresentativo, includono, cioè, quelle azioni
convenzionali – come salutare con la mano,
oppure dire di “no” attraverso il movimento
del capo o del dito – e quelle interattive,
ovvero legate strettamente al caregiver con cui
vengono abitualmente condivise.
Verso i 9-12 mesi di età il bambino è in
grado di compiere dei gesti che, pur
essendo molto legati al contesto di
riferimento, hanno una chiara natura
comunicativa: condivide l’attenzione e
l’azione su un oggetto con l’adulto, sposta
lo sguardo dall’oggetto all’adulto
utilizzando, spesso, gesti deittici quali
mostrare, dare, indicare e richiedere.
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2. La comunicazione
interpersonale
2.1.2. Azione e linguaggio
Lo stretto legame tra gesto e parola si
declina in modo differente a seconda
dell’età che prendiamo in considerazione.
2. La comunicazione
interpersonale
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2. La comunicazione
interpersonale
Se inizialmente – intorno agli 8 mesi – la
produzione di azioni/gesti è più
“predittiva” di quanto il bambino
comprende il linguaggio; verso i 12 mesi la
gamma di gesti/azioni è “indicativa” di
quante parole verranno prodotte verso i 2
anni (Bavin et al., 2008).
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2. La comunicazione
interpersonale
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Ad esempio, il bambino si riferisce a oggetti
esterni mentre prima era rivolto a se stesso.
L’acquisizione dei significati sarebbe, allora,
strettamente connessa alla gestualità e solo in
un secondo momento alla parola. In
particolare il bambino sembra procedere
attraverso l’assimilazione di schemi d’azione
che si consolidano, successivamente, in
etichette linguistiche corrispondenti (Capirci
et al., 2010).
Se in un primo momento – entro i 16 mesi –
sono i gesti e le azioni ad avere il primato
rispetto alla parola, il bambino passa, piano
piano, a un livello di equivalenza, fino a che
la produzione di parole non diventa
preponderante rispetto ai gesti. Questi
ultimi, da referenziali diventano sempre più
simbolici e decontestualizzati.
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2. La comunicazione
interpersonale
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La gestualità consente di ricreare il
contesto in cui il vocabolo è stato acquisito,
espediente che consente di accedere al
vocabolo stesso che, quando il bambino è
molto piccolo, non può essere
decontestualizzato dall’esperienza. Questo
perché il linguaggio non può essere
utilizzato, nei primi anni di vita, in modalità
simbolica e astratta.
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2. La comunicazione
interpersonale
2.2. Le caratteristiche della comunicazione
non verbale
Floyd (2008) rintraccia nella
comunicazione non verbale ben cinque
caratteristiche.
2. La comunicazione
interpersonale
2. La comunicazione
interpersonale
Lo studio di Stefanini et al. (2009) ha messo
in luce come anche durante i compiti di
semplice denominazione di parole i
bambini tendano ad accompagnare la
parola pronunciata con un gesto di
qualunque genere. Con il crescere in età e
con l’incremento delle competenze
linguistiche decresce il riscorso alla
gestualità.
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2. La comunicazione
interpersonale
- è presente nella maggior parte delle
conversazioni tra due o più persone
-  la comunicazione non verbale veicola spesso
più informazioni degli scambi verbali
-  i messaggi non verbali sono ritenuti più veri
rispetto a quelli verbali
-  la comunicazione non verbale è metacomunicativa 12
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2. La comunicazione
interpersonale
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L’Autore, infatti, effettua una prima distinzione
tra aspetto vocale della comunicazione e
aspetto non vocale. Nel primo aspetto è
compreso anche ciò che è più prettamente
linguistico. Quando viene pronunciato un
enunciato o una frase, vengono accompagnati
di solito da un certo tono di voce, da una
determinata intonazione e da un ritmo più o
meno veloce.
2.3. Gli aspetti vocali o fonici del linguaggio
non verbale
Anolli (2006) ha elaborato uno schema che
racchiude tutti gli elementi che formano la
comunicazione, inserendo nella
comunicazione non verbale anche alcuni
aspetti di quella verbale.
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2. La comunicazione
interpersonale
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2. La comunicazione
interpersonale
Le caratteristiche paralinguistiche a loro
volta comprendono:
a. il tono: maggiore tensione o distensione
delle corde vocali. Tese: tono acuto;
rilassate: tono grave;
b. l’intensità: volume della voce;
c. il tempo: durata, velocità di eloquio;
velocità di articolazione; pause (PIENE O
VUOTE).
2. La comunicazione
interpersonale
i riflessi: (sbadiglio, starnuto, tosse, russare);
i caratterizzatori vocali: pianto e riso;
le vocalizzazioni: “mhm”, “ah”, “oh”;
le caratteristiche extralinguistiche: peculiarità
organiche, voce nasale;
le caratteristiche paralinguistiche: sono la parte
“acustica” che accompagna la parola che
varia a seconda di ciò che esprimiamo e che
può essere una domanda, un’esclamazione o
un’affermazione).
L’enunciato o la frase pronunciata
rappresentano l’elemento linguistico o
segmentale, mentre il tono, l’intonazione e il
ritmo rappresentano gli aspetti prosodici e
paralinguistici o soprasegmentali. Si
contano cinque elementi vocali nella
comunicazione:
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2. La comunicazione
interpersonale
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2. La comunicazione
interpersonale
L’accento è il “distintivo” delle parole e, in
alcune lingue (italiano, inglese e tedesco), le
parole lo portano con disinvoltura e lo
chiamano accento mobile; in altre lingue
invece sta in posizione fissa, come in
francese.
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2. La comunicazione
interpersonale
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Accento e intonazione hanno un’importanza
rilevante nella comunicazione; se l’accento
aiuta a distinguere tra due parole che sono
identiche nei fonemi ma diverse nel
significato, l’intonazione aiuta a distinguere, in
modo sostanziale, il significato delle frasi.
Perciò, due enunciati possono essere identici
dal punto di vista segmentale, ma diversi dal
punto di vista del loro significato.
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2. La comunicazione
interpersonale
L’intonazione è anche chiamata “melodia”
dell’enunciato perché la voce, in certi
punti, si fa più acuta. La successione di alti
(picchi) e di bassi (avvallamenti), che
costituisce la melodia, si chiama curva
d’intonazione o curva intonazionale.
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È la prima cosa che i bambini di pochissimi
giorni riconosco e sanno imitare. La
funzione dell’intonazione è quella di essere
una risorsa feconda, non solo per
l’espressione, ma per la comprensione.
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2. La comunicazione
interpersonale
Nell’intonazione è necessario distinguere
l’altezza tonale (o livello tonale) delle
sillabe e il profilo intonazionale dell’intero
enunciato. Perciò, indipendentemente dal
fatto che portino l’accento, le sillabe, in una
frase, ricevono una diversa altezza tonale,
cioè vengono prodotte con voce più o
meno acuta, per dare rilievo a questo o a
quel termine.
2. La comunicazione
interpersonale
2. La comunicazione
interpersonale
È dalla melodia dell’enunciato che
scopriamo se qualcosa è detto in modo
affermativo, interrogativo o esclamativo. I
fenomeni soprasegmentali sono un veicolo
importantissimo per la comprensione della
situazione comunicativa.
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2. La comunicazione
interpersonale
In inglese, non tutte le sillabe vengono
pronunciate con lo stesso grado
d’importanza che varia in enfasi, lunghezza
e tono. In una parola di quattro sillabe, una
è pronunciata con maggior rilievo delle
altre tre e, tipicamente, una delle tre
rimaste è pronunciata con più forza delle
altre due. Quanta musica! Ogni lingua ha
vari livelli di tono riconosciuti.
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2. La comunicazione
interpersonale
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La lingua inglese ne ha quattro o cinque ed
è perciò una delle lingue più «musicali»
che esistono.
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2. La comunicazione
interpersonale
2. La comunicazione
interpersonale
In riferimento al profilo intonazionale, ogni
tipo di enunciato è caratterizzato da un
soprasegmentale che lo ricopre per intero.
Quanto sia grande l’importanza del profilo
intonazionale lo si vede dal fatto che è
indispensabile per riconoscere l’enunciato
sia dal punto di vista sintattico che
semantico e pragmatico (Simone, 200819).
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Se l’intonazione potesse raffigurarsi con le
mani, ogni volta che poniamo una
domanda, queste si muoverebbero verso
l’alto. Crystal (1995, p. 248) riporta
l’intonazione di nove modi di dire yes.
Ultima finezza musicale: l’alternanza di
sillabe accentate e non accentate produce
il ritmo in un enunciato o in una frase.
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2. La comunicazione
interpersonale
È affascinante cogliere come, con così poche
risorse, si riesca a parlare con variazioni
infinite d’intonazione. Anche se i linguisti
pensano che della pronuncia sia
indispensabile conoscere numerosi dettagli, la
fonologia consiste sostanzialmente di due
elementi: i suoni e le regole. La cosa che più
stupisce è che i bambini acquisiscono
moltissime regole senza sforzo apparente.
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2. La comunicazione
interpersonale
Un discorso a parte merita il silenzio, che
spesso comunica più delle parole. La
particolarità legata all’assenza di parole è
che accade in situazioni spesso opposte.
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2. La comunicazione
interpersonale
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2.4. Gli aspetti non vocali o non-fonici del
linguaggio non verbale
Anolli (2006) riconduce agli aspetti non
vocali non-fonici della comunicazione non
verbale la cinesica – suddivisa a sua volta
in mimica facciale, sguardo, gesti e postura,
prossemica e aptica – e la cronemica.
Cangià (1998) aggiunge anche l’aspetto del
costume. Vanno aggiunti anche il trucco, il
tatuaggio e il piercing.
Sono tutti quegli aspetti che hanno a che
fare con i movimenti del viso e del corpo,
ma anche con l’acconciatura dei nostri
capelli, con il nostro modo di vestire,
nonché con il modo in cui ci alterniamo con
l’interlocutore durante il discorso.
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2. La comunicazione
interpersonale
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2. La comunicazione
interpersonale
2.4.1. Il sistema cinesico
Con un abbraccio diciamo alle persone
care: “ti voglio bene”, ma attraverso esso
veicoliamo, da pelle a pelle, il calore del
nostro affetto. Ecco che il nostro corpo, il
nostro volto, il nostro sguardo giungono
dove le parole non riescono ad arrivare.
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2. La comunicazione
interpersonale
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2.4.1.1. La mimica facciale
I primi “comunicatori” del pensare e del
sentire sono le espressioni facciali.
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3. La comunicazione mediata
dal computer
Lettura personale.
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4. Considerazioni per
l’insegnamento/acquisizione
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Coltivare un’attenzione che discrimina e
associa i segni all’interno di uno stesso
codice porta a una crescita di
consapevolezza metalinguistica in chi vuole
acquisire una lingua altra.
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4. Considerazioni per
l’insegnamento/acquisizione
Da parte di chi offre una lingua altra è
necessaria una “esaltazione” del proprio
comportamento comunicativo perché la
pluralità di codici sfrutta tutte le risorse
semiotiche possibili.
4. Considerazioni per
l’insegnamento/acquisizione
C’è una sinergia tra codici diversi
all’interno di un contesto comunicativo!
Sempre, alla produzione di atti linguistici
comunicativi, partecipano codici di natura
non verbale. Ciò che un codice tace, viene
integrato dall’altro.
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4. Considerazioni per
l’insegnamento/acquisizione
L’attenzione al contesto insegna che il senso di
un “testo” non è fornito solo dalla sua forma
semiotica, ma dal suo contenuto, espresso in
una particolare situazione. Quando si riesce a
cogliere ciò-di-cui-si-parla, anche le forme più
difficili e sconnesse o addirittura le forme
espresse in un codice in buona parte
sconosciuto, si caricano di senso.
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4. Considerazioni per
l’insegnamento/acquisizione
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La convinzione che gesti, segnali e simboli
si acquisiscono per osmosi deve
trasformare gli ambienti di acquisizione di
lingue altre in un’isola culturale
(Finocchiaro, 1964).
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